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03
giugno 2010
I motivi che stanno dietro la scelta di Michael Najjar (Landau, 1966; vive a Berlino) di
scalare la più alta vetta dopo l’Everest sono strettamente legati alla fisicità
e al rapporto che quest’ultima intrattiene con quanto è artificiale par
excellence: i
mercati finanziari. L’artista tedesco non è nuovo a simili allegorie: i suoi
precedenti lavori (per esempio Bionic Angel del 2006) giocano spesso sulla
contrapposizione naturale-artificiale. Ma questa volta il progetto artistico lo
ha spinto fino a quota 6.962 metri, fin sulla vetta di Aconcagua, in Argentina.
Giunto lassù ha guardato ancora più lontano, fino a
scorgere nella morfologia delle cime innevate i grafici dei titoli azionari
circolanti all’interno dei mercati finanziari mondiali. Cosa c’è di più
innaturale di un paesaggio montuoso che rispecchia l’andamento del titolo
Lehman Brothers?
Certo è che oggi la finanza impone l’azzeramento dei
limiti e delle distanze, motivo per cui la chiave di lettura delle cime come se
fossero titoli finanziari mette in evidenza che non ha più senso interrogarsi
sul valore reale dell’economia quando virtualmente qualsiasi esperienza visiva
può divenire andamento economico. In altre parole: può capitare di vedere ciò
che non esiste (titoli) e di non vedere ciò che balza agli occhi (montagne)?
Sul primo aspetto si innescano le dinamiche dell’uomo
globale, il quale trae ciò che lo rende tale dalle imperfezioni del suo sistema
economico. Sul secondo aspetto invece si può scegliere di agire in modo
artistico, modificando l’ambiente naturale attraverso il medium digitale, come
nel caso di High Altitude, o concedendosi su una scalata, che porti fuori dagli
schemi imposti. Ma soprattutto che chiarisca il senso del limite e che illumini
il punto debole dei ragionamenti e dei loro esiti artificiali. Forse da molto
in alto è possibile dare il giusto peso a cose che qui a terra sembrano
d’enorme importanza?
La dimensione del grande, del monumentale è infatti
strettamente connessa a quella dell’estremamente piccolo, che comprende anche
il semplice, il quotidiano, rispetto al quale Michael Najjar afferma di porsi
come davanti a una sfida: un passo, un metro, un respiro profondo, e si
superano gradualmente i limiti che spesso ci auto-imponiamo, realizzando che
gli stessi limiti riguardano l’arte stessa, coinvolta e fagocitata come tutto
il resto dal collasso finanziario di un sistema ormai divenuto bulimico.
Sarà per questo che osservando la serie di scatti
realizzata da Michael Najjar la sensazione è quella di un’improvvisa mancanza
di ossigeno?
scalare la più alta vetta dopo l’Everest sono strettamente legati alla fisicità
e al rapporto che quest’ultima intrattiene con quanto è artificiale par
excellence: i
mercati finanziari. L’artista tedesco non è nuovo a simili allegorie: i suoi
precedenti lavori (per esempio Bionic Angel del 2006) giocano spesso sulla
contrapposizione naturale-artificiale. Ma questa volta il progetto artistico lo
ha spinto fino a quota 6.962 metri, fin sulla vetta di Aconcagua, in Argentina.
Giunto lassù ha guardato ancora più lontano, fino a
scorgere nella morfologia delle cime innevate i grafici dei titoli azionari
circolanti all’interno dei mercati finanziari mondiali. Cosa c’è di più
innaturale di un paesaggio montuoso che rispecchia l’andamento del titolo
Lehman Brothers?
Certo è che oggi la finanza impone l’azzeramento dei
limiti e delle distanze, motivo per cui la chiave di lettura delle cime come se
fossero titoli finanziari mette in evidenza che non ha più senso interrogarsi
sul valore reale dell’economia quando virtualmente qualsiasi esperienza visiva
può divenire andamento economico. In altre parole: può capitare di vedere ciò
che non esiste (titoli) e di non vedere ciò che balza agli occhi (montagne)?
Sul primo aspetto si innescano le dinamiche dell’uomo
globale, il quale trae ciò che lo rende tale dalle imperfezioni del suo sistema
economico. Sul secondo aspetto invece si può scegliere di agire in modo
artistico, modificando l’ambiente naturale attraverso il medium digitale, come
nel caso di High Altitude, o concedendosi su una scalata, che porti fuori dagli
schemi imposti. Ma soprattutto che chiarisca il senso del limite e che illumini
il punto debole dei ragionamenti e dei loro esiti artificiali. Forse da molto
in alto è possibile dare il giusto peso a cose che qui a terra sembrano
d’enorme importanza?
La dimensione del grande, del monumentale è infatti
strettamente connessa a quella dell’estremamente piccolo, che comprende anche
il semplice, il quotidiano, rispetto al quale Michael Najjar afferma di porsi
come davanti a una sfida: un passo, un metro, un respiro profondo, e si
superano gradualmente i limiti che spesso ci auto-imponiamo, realizzando che
gli stessi limiti riguardano l’arte stessa, coinvolta e fagocitata come tutto
il resto dal collasso finanziario di un sistema ormai divenuto bulimico.
Sarà per questo che osservando la serie di scatti
realizzata da Michael Najjar la sensazione è quella di un’improvvisa mancanza
di ossigeno?
marzia scalon
mostra visitata il 15 maggio 2010
dal 15 maggio al 26 giugno 2010
Michael
Najjar – High altitude. Financial markets between reality and simulation
Studio La Città
Lungadige Galtarossa,
21 – 37133 Verona
Orario: da
martedì a sabato ore 9-13 e 15.30-19.30
Ingresso
libero
Catalogo
disponibile
Info: tel. +39 045597549; fax +39 045597028; lacitta@studiolacitta.it; www.studiolacitta.it
[exibart]