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10
giugno 2010
fino al 26.VI.2010 Gayle Chong Kwan Milano, Uno+Uno
milano
I castelli delle fiabe diventano fragili dimore di pane. Parigi non è altro che un ammasso di bucce d’arancio secche. Da Uno+Uno arrivano le rovine archeologiche di Gayle Chong Kwan...
Il lavoro di Gayle Chong Kwan (Edimburgo, 1973; vive a Londra),
artista di origini cino-mauriziane, è intriso di mito, leggende antiche e ha il
sapore delle favole. Come nella migliore tradizione fiabesca, nelle opere di
Chong Kwan ci si può imbattere in luoghi incantati e fortezze abbandonate.
Ma i castelli dell’artista scozzese non sono fatti di
marzapane e cioccolato come quello di Hansel e Gretel. Avanzi di cibo o pezzi
di pasta di pane sono il materiale con cui plasma le sue opere prima di
immortalarle in accattivanti scatti fotografici. In Republic, Cockaigne o in Babel, Cockaigne la ricerca di un Paese della
Cuccagna (chiara citazione da Pieter Bruegel
il Vecchio) –
dove il benessere, l’abbondanza e il piacere è a portata di tutti e cibo e
delizie d’ogni sorta sorgono ovunque in gran quantità – si mescola a un
sentimento malinconico e di decadenza.
Il cibo si offre allo spettatore nelle vesti di un
paesaggio alla portata di tutti. Ma dietro l’apparenza appetitosa e a prima
vista edulcorata dell’immagine si cela il dubbio che queste delizie non siano
più commestibili. Al tripudio alimentare si sostituiscono i rifiuti prodotti dall’odierna
società dei consumi. Scarti di un banchetto ormai terminato, i resti che
l’artista usa come scenografie per i suoi scatti sono spesso alimenti
deperibili, prossimi a un processo di irreversibile disfacimento.
Ma nelle sue immagini il tempo misteriosamente si ferma,
la realtà sembra statica e costretta in quelle forme per l’eternità. L’artista
congela la materia, arrestandone il processo di decomposizione a cui
inevitabilmente sarebbe sottoposta. Il cibo di cui i monumenti dell’artista
sono fatti funge da memento mori. Salvato all’ultimo momento dal processo che lo porterà a
corrompersi e a marcire, potrà sopravvivere solo nella realtà parallela della
fotografia.
Il Grand Tour di Gayle Chong Kwan continua con la serie
dedicata ad Atlantide, la leggendaria isola scomparsa, menzionata per la prima
volta da Platone. Bottiglie e contenitori in plastica, strappati alla loro
funzione d’uso, creano un percorso tra ruderi e rovine che sopravvive questa
volta anche in un’installazione, oltre che nelle fotografie. Le architetture di
Atlantide, monumenti surreali di un passato mitico forse mai esistito,
diventano sculture di una classicità perduta. Una realtà immaginaria e dal
sapore a tratti fantascientifico, che vive nell’attimo fugace dello scatto
fotografico.
artista di origini cino-mauriziane, è intriso di mito, leggende antiche e ha il
sapore delle favole. Come nella migliore tradizione fiabesca, nelle opere di
Chong Kwan ci si può imbattere in luoghi incantati e fortezze abbandonate.
Ma i castelli dell’artista scozzese non sono fatti di
marzapane e cioccolato come quello di Hansel e Gretel. Avanzi di cibo o pezzi
di pasta di pane sono il materiale con cui plasma le sue opere prima di
immortalarle in accattivanti scatti fotografici. In Republic, Cockaigne o in Babel, Cockaigne la ricerca di un Paese della
Cuccagna (chiara citazione da Pieter Bruegel
il Vecchio) –
dove il benessere, l’abbondanza e il piacere è a portata di tutti e cibo e
delizie d’ogni sorta sorgono ovunque in gran quantità – si mescola a un
sentimento malinconico e di decadenza.
Il cibo si offre allo spettatore nelle vesti di un
paesaggio alla portata di tutti. Ma dietro l’apparenza appetitosa e a prima
vista edulcorata dell’immagine si cela il dubbio che queste delizie non siano
più commestibili. Al tripudio alimentare si sostituiscono i rifiuti prodotti dall’odierna
società dei consumi. Scarti di un banchetto ormai terminato, i resti che
l’artista usa come scenografie per i suoi scatti sono spesso alimenti
deperibili, prossimi a un processo di irreversibile disfacimento.
Ma nelle sue immagini il tempo misteriosamente si ferma,
la realtà sembra statica e costretta in quelle forme per l’eternità. L’artista
congela la materia, arrestandone il processo di decomposizione a cui
inevitabilmente sarebbe sottoposta. Il cibo di cui i monumenti dell’artista
sono fatti funge da memento mori. Salvato all’ultimo momento dal processo che lo porterà a
corrompersi e a marcire, potrà sopravvivere solo nella realtà parallela della
fotografia.
Il Grand Tour di Gayle Chong Kwan continua con la serie
dedicata ad Atlantide, la leggendaria isola scomparsa, menzionata per la prima
volta da Platone. Bottiglie e contenitori in plastica, strappati alla loro
funzione d’uso, creano un percorso tra ruderi e rovine che sopravvive questa
volta anche in un’installazione, oltre che nelle fotografie. Le architetture di
Atlantide, monumenti surreali di un passato mitico forse mai esistito,
diventano sculture di una classicità perduta. Una realtà immaginaria e dal
sapore a tratti fantascientifico, che vive nell’attimo fugace dello scatto
fotografico.
rosa carnevale
mostra visitata il 2 giugno 2010
dal 13 maggio al 26 giugno 2010
Gayle Chong Kwan – Sensorial
Universe
Uno+Uno
Via Ausonio, 18 (zona
Sant’Agostino) – 20123 Milano
Orario: da lunedì a venerdì ore
10-13 e 15-19
Ingresso libero
Testo critico di Sergio Giusti
Info: tel. +39 028375436; info@galleriaunopiuuno.com; www.galleriaunopiuuno.com
[exibart]