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14
giugno 2010
fino al 9.I.2011 Tutto è connesso / Vito Acconci Rivoli (to), Castello di Rivoli
torino
Nuovi arrivi, riletture e citazioni ripercorrendo la collezione. Opere che fanno rivivere la storia di un museo parlando del presente. Il nuovo lessico di Rivoli...
26 gli anni del Castello di Rivoli, il primo museo
d’arte contemporanea in Italia. Sono dunque i tempi della maturità che –
coincidenti con il cambio direzionale – dovrebbero delineare i caratteri forti
del museo, ridefinendone l’identità.
Tutto è connesso è il titolo della rassegna su due piani del
Castello, che intende tracciare un percorso espositivo basato sulla collezione,
divenendo al tempo stesso ipotesi di nuovi allestimenti. Gli accostamenti sono
inediti ma debolmente connessi, e soprattutto non testimoniano l’essere al
mondo dell’artista, il vivere il proprio tempo. Se le radici da cui si vuol
ripartire – come sostiene il presidente Minoli – affondano nella storia, allora
la storia va preservata, non modificata con interpretazioni citazionistiche.
Invece così accade all’ingresso al primo piano,
dove l’opera di Simon Starling
sembra contemplare melanconicamente il pre-esistente cerchio di Richard Long. Nel percorso non si legge né l’idea di museo
perseguita né quella dichiarata. Molti i segni e pochi gli sguardi. Ma i punti
di vista, quelli che in mostra si rivelano autentici, dove cioè il pensiero è
testimone della singolarità che li ha generati, non sono solo degli artisti già
protagonisti della storia dell’arte.
Oltre a Penone, Anselmo, Merz e De Maria (la cui Cinque o sei lance spezzate a favore del coraggio e della
virtù del 1985 è riportata in luce
attraverso una precisa operazione di restauro murale), ci sono anche i giovani.
Da Undercorrent–red di Mona
Hatoum al nuovo video di Emily
Jacir, la rassegna sposta il punto
di vista sulla comprensione della realtà, e ciascun lavoro diventa un dono da
accogliere con l’emozione ingenua dello sguardo o del primo ascolto.
In questa direzione si colloca allora la semplicità
dei lavori immediati – che non hanno bisogno di mediazione – di Airò e Bartolini, o la severità dell’installazione di Marzia Migliora unita alla forza
simbolica dell’opera di Goshka Macuga. Mentre Migliora sembra ricreare la sacralità e la tensione di una
cattedrale spoglia costituita da parole in metallo – le stesse pronunciate da
Pier Paolo Pasolini poche ore prima della morte e che qui disegnano una gabbia
– Macuga incrocia arte, storia
e politica. In The Nature of the Beast l’artista polacca ripropone l’allestimento di Guernica presso la sede delle Nazioni Unite a New York. Il
tavolo in mostra è però anche un luogo d’incontro, una piattaforma aperta per
dibattiti pubblici (nel ciclo Gli Irregolari sarà ospite a luglio Hans Ulrich Obrist).
Se Tutto è connesso si presenta sommariamente come un tentativo di
approfondimento dell’arte nell’ultimo decennio, Film=Landscape, Video =Close
Up di Vito
Acconci al terzo
piano è conferma di un saper fare tramandato dalle precedenti direzioni. La
mostra, parte del nuovo ciclo Coinvolgimenti, è una selezione dei più
importanti film e video dell’artista americano considerato pioniere della Body
art. L’ineccepibile allestimento ripercorre la produzione compresa tra il 1969
e il 1977, periodo nel quale Acconci sembra testare il corpo come materia prima
con cui lavorare, confermando il video tra i mezzi privilegiati attraverso il
quale stabilire una relazione diretta con gli spettatori. Modulata e
intimamente connessa.
d’arte contemporanea in Italia. Sono dunque i tempi della maturità che –
coincidenti con il cambio direzionale – dovrebbero delineare i caratteri forti
del museo, ridefinendone l’identità.
Tutto è connesso è il titolo della rassegna su due piani del
Castello, che intende tracciare un percorso espositivo basato sulla collezione,
divenendo al tempo stesso ipotesi di nuovi allestimenti. Gli accostamenti sono
inediti ma debolmente connessi, e soprattutto non testimoniano l’essere al
mondo dell’artista, il vivere il proprio tempo. Se le radici da cui si vuol
ripartire – come sostiene il presidente Minoli – affondano nella storia, allora
la storia va preservata, non modificata con interpretazioni citazionistiche.
Invece così accade all’ingresso al primo piano,
dove l’opera di Simon Starling
sembra contemplare melanconicamente il pre-esistente cerchio di Richard Long. Nel percorso non si legge né l’idea di museo
perseguita né quella dichiarata. Molti i segni e pochi gli sguardi. Ma i punti
di vista, quelli che in mostra si rivelano autentici, dove cioè il pensiero è
testimone della singolarità che li ha generati, non sono solo degli artisti già
protagonisti della storia dell’arte.
Oltre a Penone, Anselmo, Merz e De Maria (la cui Cinque o sei lance spezzate a favore del coraggio e della
virtù del 1985 è riportata in luce
attraverso una precisa operazione di restauro murale), ci sono anche i giovani.
Da Undercorrent–red di Mona
Hatoum al nuovo video di Emily
Jacir, la rassegna sposta il punto
di vista sulla comprensione della realtà, e ciascun lavoro diventa un dono da
accogliere con l’emozione ingenua dello sguardo o del primo ascolto.
In questa direzione si colloca allora la semplicità
dei lavori immediati – che non hanno bisogno di mediazione – di Airò e Bartolini, o la severità dell’installazione di Marzia Migliora unita alla forza
simbolica dell’opera di Goshka Macuga. Mentre Migliora sembra ricreare la sacralità e la tensione di una
cattedrale spoglia costituita da parole in metallo – le stesse pronunciate da
Pier Paolo Pasolini poche ore prima della morte e che qui disegnano una gabbia
– Macuga incrocia arte, storia
e politica. In The Nature of the Beast l’artista polacca ripropone l’allestimento di Guernica presso la sede delle Nazioni Unite a New York. Il
tavolo in mostra è però anche un luogo d’incontro, una piattaforma aperta per
dibattiti pubblici (nel ciclo Gli Irregolari sarà ospite a luglio Hans Ulrich Obrist).
Se Tutto è connesso si presenta sommariamente come un tentativo di
approfondimento dell’arte nell’ultimo decennio, Film=Landscape, Video =Close
Up di Vito
Acconci al terzo
piano è conferma di un saper fare tramandato dalle precedenti direzioni. La
mostra, parte del nuovo ciclo Coinvolgimenti, è una selezione dei più
importanti film e video dell’artista americano considerato pioniere della Body
art. L’ineccepibile allestimento ripercorre la produzione compresa tra il 1969
e il 1977, periodo nel quale Acconci sembra testare il corpo come materia prima
con cui lavorare, confermando il video tra i mezzi privilegiati attraverso il
quale stabilire una relazione diretta con gli spettatori. Modulata e
intimamente connessa.
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dal 7 giugno al 26 settembre 2010
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a cura di Marcella Beccaria
Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea
Piazza Mafalda Di Savoia – 10098
Rivoli (TO)
Orario: da martedì a giovedì ore
10-17; da venerdì a domenica ore 10-21
Ingresso: intero € 6,50; ridotto €
4,50
Info: tel. +39
0119565222; fax +39 0119565230; info@castellodirivoli.org; www.castellodirivoli.org
[exibart]
il lavoro della migliora non è altro che la copia delle copie. arte povera in versione contemporanea, ma già datata. e pensare che qunado la migliora non seguiva ancora le mode il suo lavoro sapeva di poesia. ora evito di dire di che sa!
la marzia migliora dici? ma lo sanno tutti. lavoro privo di tutto e scopiazzato qua e là. deve solo ringraziare la potenza della galleria con cui lavora. speriamo prima o poi la lasci a casa.
quando non si hanno idee e passione propria si tira sempre fuori qualche citazione o altro di Pasolini. Ma quanti artisti hanno sbucciato Pasolini? ancora siamo lì? D’accordo che Lui è una luce nel buio, ma siamo sempre alle stesse cose, cioè a degli artisti mielosi che fanno i conti con un passato che citano a memoria perché fa cool. Che palle. Svenevole.