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15
giugno 2010
fino al 14.XI.2010 Mario Merz Torino, Fondazione Merz
torino
Opere merziane, opere marziane. Un corteo di animali alieni vanno oltre la zoologia, l’estetica tradizionale, perfino oltre l’infinita serie di Fibonacci. È il viaggio di Mario Merz nell’iperuranio...
di Stefano Riba
C’è un coccodrillo
che cammina in verticale su una parete trascinandosi dietro i numeri di
Fibonacci. Ci sono mufloni, lucertole, rinoceronti, avvoltoi e altri animali
non ben definiti e definibili. Sembrano scappati dallo squarcio nella juta che
avvolge la Tenda di Gheddafi e ora pascolano liberi negli spazi della Fondazione Merz.
Corteo della
pittura non è
solo una mostra sulla pittura di Mario Merz (Milano, 1925 – Torino, 2003), ma
è molto di più, è un inno alla fantasia, al quidlibet audendi potestas oraziano. Un invito a osare oltre
le barriere del reale, che l’artista ha colto tanto da scrivere: “La pittura
prende vita nella mente ancora prima di essere fatta. Fino a poco tempo fa si
poteva diffidare dell’immaginazione, al giorno d’oggi si deve portare
nuovamente più fantasia possibile nell’arte”.
La fondazione di
via Limone diventa così uno zoo di bestie che sembrano uscite dalle pagine del Manuale
di zoologia fantastica di Jorge
Luis Borges. Già, perché gli animali di Merz sono allo stesso tempo reali e
immaginari. È utile certo, ma anche limitativo, ridurli a espressione della
serie fibonacciana che lo rese famoso (i numeri del matematico pisano sono
nella crescita circolare delle corna dei mufloni, nel corno del rinoceronte,
nel guscio della lumaca) e di quella spirale di crescita infinita che trova una
negazione vivente in “fossili viventi” come il coccodrillo o la lucertola.
Questi animali sono
difficilmente ingabbiabili, vanno oltre la critica d’arte e oltre la zoologia,
appartengono a una dimensione onirica, quasi pre-cognitiva, dove gli sproloqui
teorici e filosofici non attaccano.
La libertà estetica
di Merz era innanzitutto libertà tecnica. Chi, come Mariano Boggia, ha
collaborato con lui per decenni prima di diventare, nel febbraio scorso,
presidente della fondazione che ne porta il nome, ricorda come l’artista “lavorasse
con un senso di immediatezza in un clima di urgenza e libertà totale”. Rudi Fuchs, il curatore della
mostra, racconta di quando lo vide dipingere: “Usava pennelli zuppi di
colore e qualche bomboletta di vernice su tele non intelaiate, leggere come
lenzuola. Era così veloce che più che dipingere sembrava disegnare, ma le sue
figure avevano forme ben delineate, potenti”.
Quelle di Merz sono silhouette disegnate di getto, come
nel tentativo di afferrare qualcosa di evanescente, che ricordano la libertà
gestuale dell’Espressionismo Astratto e quella concettuale del Romanticismo
settecentesco. Forse, come suggerisce Fuchs paragonandolo a Pollock e applicando sui muri citazioni
tratte da Blake, Coleridge, Wordsworth, Merz è davvero un ibrido tra il padre
dell’Action painting e un pittore-scrittore romantico. E con uno sforzo di
fantasia non è difficile immaginare le tigri nella notte di Blake spuntare da
una foresta di fascine e sentire, nei suoi “venti preistorici”, il sibilo della
tempesta degli Stürmer und Dränger settecenteschi.
Ma in fondo le opere merziane sono opere marziane, non
vengono da un mondo di citazioni rimasticate ed estetiche predigerite, ma
dall’iperuranio platonico, da quel punto al di là del cielo, marziano appunto,
dove risiedono le idee.
che cammina in verticale su una parete trascinandosi dietro i numeri di
Fibonacci. Ci sono mufloni, lucertole, rinoceronti, avvoltoi e altri animali
non ben definiti e definibili. Sembrano scappati dallo squarcio nella juta che
avvolge la Tenda di Gheddafi e ora pascolano liberi negli spazi della Fondazione Merz.
Corteo della
pittura non è
solo una mostra sulla pittura di Mario Merz (Milano, 1925 – Torino, 2003), ma
è molto di più, è un inno alla fantasia, al quidlibet audendi potestas oraziano. Un invito a osare oltre
le barriere del reale, che l’artista ha colto tanto da scrivere: “La pittura
prende vita nella mente ancora prima di essere fatta. Fino a poco tempo fa si
poteva diffidare dell’immaginazione, al giorno d’oggi si deve portare
nuovamente più fantasia possibile nell’arte”.
La fondazione di
via Limone diventa così uno zoo di bestie che sembrano uscite dalle pagine del Manuale
di zoologia fantastica di Jorge
Luis Borges. Già, perché gli animali di Merz sono allo stesso tempo reali e
immaginari. È utile certo, ma anche limitativo, ridurli a espressione della
serie fibonacciana che lo rese famoso (i numeri del matematico pisano sono
nella crescita circolare delle corna dei mufloni, nel corno del rinoceronte,
nel guscio della lumaca) e di quella spirale di crescita infinita che trova una
negazione vivente in “fossili viventi” come il coccodrillo o la lucertola.
Questi animali sono
difficilmente ingabbiabili, vanno oltre la critica d’arte e oltre la zoologia,
appartengono a una dimensione onirica, quasi pre-cognitiva, dove gli sproloqui
teorici e filosofici non attaccano.
La libertà estetica
di Merz era innanzitutto libertà tecnica. Chi, come Mariano Boggia, ha
collaborato con lui per decenni prima di diventare, nel febbraio scorso,
presidente della fondazione che ne porta il nome, ricorda come l’artista “lavorasse
con un senso di immediatezza in un clima di urgenza e libertà totale”. Rudi Fuchs, il curatore della
mostra, racconta di quando lo vide dipingere: “Usava pennelli zuppi di
colore e qualche bomboletta di vernice su tele non intelaiate, leggere come
lenzuola. Era così veloce che più che dipingere sembrava disegnare, ma le sue
figure avevano forme ben delineate, potenti”.
Quelle di Merz sono silhouette disegnate di getto, come
nel tentativo di afferrare qualcosa di evanescente, che ricordano la libertà
gestuale dell’Espressionismo Astratto e quella concettuale del Romanticismo
settecentesco. Forse, come suggerisce Fuchs paragonandolo a Pollock e applicando sui muri citazioni
tratte da Blake, Coleridge, Wordsworth, Merz è davvero un ibrido tra il padre
dell’Action painting e un pittore-scrittore romantico. E con uno sforzo di
fantasia non è difficile immaginare le tigri nella notte di Blake spuntare da
una foresta di fascine e sentire, nei suoi “venti preistorici”, il sibilo della
tempesta degli Stürmer und Dränger settecenteschi.
Ma in fondo le opere merziane sono opere marziane, non
vengono da un mondo di citazioni rimasticate ed estetiche predigerite, ma
dall’iperuranio platonico, da quel punto al di là del cielo, marziano appunto,
dove risiedono le idee.
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Mario Merz –
Corteo della Pittura
a cura di Rudi
Fuchs
Fondazione Merz
Via Limone, 24
(Borgo San Paolo) – 10141 Torino
Orario: da
martedì a domenica ore 11-19
Ingresso:
intero € 5; ridotto € 3,50; gratuito ogni prima domenica del mese
Catalogo
Fondazione Merz
Info: tel. +39
01119719437; fax +39 01119719805; info@fondazionemerz.org; www.fondazionemerz.org
[exibart]