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21
giugno 2010
fino al 10.VII.2010 Renato Leotta Torino, Barriera
torino
Elementi fisici, tra classico e moderno, dialogano prospetticamente. Riformulazioni dello spazio modificano la percezione dell’ambiente, creando percorsi praticabili. È la forza dello specchio...
Mirror Project è il nuovo ciclo di mostre organizzate da Barriera in cui
gli artisti, di concerto con il curatore Emanuele Catellani, realizzano lavori
site specific. Mirror perché i progetti nascono dalla specularità, sempre più contaminante,
dei ruoli curatore/artista. Figure distinte ma che in questo caso,
incrociandosi, danno vita a una lingua che utilizza i codici del
metalinguaggio.
Per la prima edizione di questo dialogo aperto, senza cioè
barriere – per ricordare il nome dello spazio e del quartiere – Catellani
invita Renato Leotta (Torino, 1982). L’artista sembra disseminare all’interno dello spazio
espositivo diversi elementi che, principalmente di natura architettonica,
scardinano ogni percezione di praticabilità, deframmentando il contesto e
rivelando potenzialità nascoste.
Ripensare e intervenire su un luogo significa anzitutto
analizzare la storia di quella precisa architettura che, stratificata, ha
creato depositi di tempo accumulati. E il ragionamento di Leotta, oltre a
indagare le origini razionaliste dell’edificio, pare fondarsi sulla ripresa e
creazione di moduli impossibili sull’esempio di Roger Penrose. Sono immagini di solidi molto
simili al design e che, non fisicamente costruibili, rimandano alle visioni e
alle geometrie matematiche di György Kepes.
Nel trattato The new landscape in art and science, Kepes teorizza un nuovo modo di
vedere gli spazi e le cose che ci circondano, sostenendo che “la percezione
di unità isolate diventa subordinata alla percezione delle relazioni e dei
processi”. In
questa direzione – più allucinata, neuronica e visionaria se si pensa invece
alle funzionalità dell’architettura – Leotta dà forma in galleria alla
proiezione di una sola linea. Dalla pianta cartacea il progetto acquista così
volume, inserendosi nello spazio. E nascono traiettorie nuove in mezzo a una
pluralità di elementi raccolti che, se da un lato costituiscono delle
“stazioni”, dall’altro non cancellano l’esperienza della percezione d’insieme.
Il tragitto è segnato da piastre e parallelepipedi di
cemento, mattoni, pelle e plastica: materiali industriali organizzati secondo
l’immaginario della classicità, in cui il nylon diventa panneggio o la striscia
d’ottone è letta come lamina dorata bizantina. La durezza e la povertà di
alcuni elementi plastici non stride, ma anzi dialoga e si fonde con le restanti
parti, nutrendosi di leggerezza e solidità. Dove i materiali sul percorso si
innalzano, prendono forma dei basamenti che impongono al percorso delle soste.
Tappe o pause, sono punti di osservazione su disegni e
stampe collocate a parete che non necessitano del reale sostegno di plinti e
piedistalli. Se il basamento ha tra le sue funzioni quella di sostenere, nel
lavoro di Leotta trattiene solo visivamente gli oggetti che cerca di eludere.
gli artisti, di concerto con il curatore Emanuele Catellani, realizzano lavori
site specific. Mirror perché i progetti nascono dalla specularità, sempre più contaminante,
dei ruoli curatore/artista. Figure distinte ma che in questo caso,
incrociandosi, danno vita a una lingua che utilizza i codici del
metalinguaggio.
Per la prima edizione di questo dialogo aperto, senza cioè
barriere – per ricordare il nome dello spazio e del quartiere – Catellani
invita Renato Leotta (Torino, 1982). L’artista sembra disseminare all’interno dello spazio
espositivo diversi elementi che, principalmente di natura architettonica,
scardinano ogni percezione di praticabilità, deframmentando il contesto e
rivelando potenzialità nascoste.
Ripensare e intervenire su un luogo significa anzitutto
analizzare la storia di quella precisa architettura che, stratificata, ha
creato depositi di tempo accumulati. E il ragionamento di Leotta, oltre a
indagare le origini razionaliste dell’edificio, pare fondarsi sulla ripresa e
creazione di moduli impossibili sull’esempio di Roger Penrose. Sono immagini di solidi molto
simili al design e che, non fisicamente costruibili, rimandano alle visioni e
alle geometrie matematiche di György Kepes.
Nel trattato The new landscape in art and science, Kepes teorizza un nuovo modo di
vedere gli spazi e le cose che ci circondano, sostenendo che “la percezione
di unità isolate diventa subordinata alla percezione delle relazioni e dei
processi”. In
questa direzione – più allucinata, neuronica e visionaria se si pensa invece
alle funzionalità dell’architettura – Leotta dà forma in galleria alla
proiezione di una sola linea. Dalla pianta cartacea il progetto acquista così
volume, inserendosi nello spazio. E nascono traiettorie nuove in mezzo a una
pluralità di elementi raccolti che, se da un lato costituiscono delle
“stazioni”, dall’altro non cancellano l’esperienza della percezione d’insieme.
Il tragitto è segnato da piastre e parallelepipedi di
cemento, mattoni, pelle e plastica: materiali industriali organizzati secondo
l’immaginario della classicità, in cui il nylon diventa panneggio o la striscia
d’ottone è letta come lamina dorata bizantina. La durezza e la povertà di
alcuni elementi plastici non stride, ma anzi dialoga e si fonde con le restanti
parti, nutrendosi di leggerezza e solidità. Dove i materiali sul percorso si
innalzano, prendono forma dei basamenti che impongono al percorso delle soste.
Tappe o pause, sono punti di osservazione su disegni e
stampe collocate a parete che non necessitano del reale sostegno di plinti e
piedistalli. Se il basamento ha tra le sue funzioni quella di sostenere, nel
lavoro di Leotta trattiene solo visivamente gli oggetti che cerca di eludere.
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mostra visitata
il 5 giugno 2010
dal 27 maggio al 10 luglio 2010
Mirror Project #1 – Renato Leotta
a cura di Emanuele Catellani
Associazione Barriera
Via
Crescentino, 25 (zona Barriera di Milano) – 10154 Torino
Orario: da
lunedì a venerdì ore 15-19; sabato ore 10-13
Ingresso
libero
Info: tel./fax
+39 0112876485; barriera@associazione.com; www.associazionebarriera.com
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