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Olaf Metzel – Stai zitto quando parli
Alcune delle opere in mostra sono il proseguimento dell’annosa discussione di Metzel sul tema „Giornale“. Metzel discute sui mezzi di stampa tradizionali, il loro infinito flusso di immagini e la loro caducità – perché niente è più vecchio del giornale di ieri.
Comunicato stampa
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Nella sua attuale Mostra, la Galleria Gentili presenta le opere di Olaf Metzel, alcune nuove e alcune di qualche
tempo fa. Alcune delle opere in mostra sono il proseguimento dell’annosa discussione di Metzel sul tema
„Giornale“. Già alla fine degli anni 80 esistevano delle opere da parete e una installazione con ritagli di quotidiano
italiano (ad esempio „Il balletto della crisi“, 1988; „Il messaggero“, 1989).
„Saldie“, „Veruschka“, „Dolce Vita“, „Ferie d’Agosto“, „ ´53“, „Copertina“, „Grazie“ e „Gio Ponti“ sono i titoli
delle nuove opere degli anni 2010 e 2011. Non si può non cogliere le allusioni politiche e sociali, così tipiche di
Metzel: rimane però da capire se si tratta di ritratti, opuscoli, testi o semplicemente di un ritaglio degli ultimi due
anni. Metzel discute sui mezzi di stampa tradizionali, il loro infinito flusso di immagini e la loro caducità – perché
niente è più vecchio del giornale di ieri. Come presentazione, si serve di argomenti dai più diversi aspetti della
vita di tutti i giorni. Le opere sono documenti del tempo che generalmente spariscono subito, ed in fretta, dalla
nostra vita, e finiscono appallottolati nel cestino della carta. Eppure i loro contenuti ci hanno tenuti impegnati
– spesso più della loro stessa durata.
Metzel fa apparire queste immagini in rilievo. Mediante l’uso di nuove tecniche digitali, delle lastre di alluminio
sono state stampate su entrambi i lati con diversi soggetti. Queste lastre alla fine sono state deformate– incurvate,
piegate, corrugate –, in modo da dare l’impressione di carta di giornale appallottolata o di manifesti
pubblicitari messi uno sull’altro.
Grazie alla resistenza del materiale e mediante collage, fotografia, pittura e rilievo, gli si aprono nuove possibilità,
con la lingua plastica delle immagini. Attraverso la sovrapposizione dei singoli piani, la composizione si
fa astrarre e l’immagine tridimensionale si fa contemporaneamente fissare come istantanea, sia come oggetto,
oppure, in senso classico, come rilievo.
La fotografia, rappresentata da tre opere a grande formato (1993/2003), ha per Metzel una funzione simile
a quella del disegno. Essa è scatto o idea, e cambia con la trasformazione in diversi mezzi artistici. Si puo’
trattare di una caduta da un cavallo un po’ ombroso, di un calciatore: sono situazioni di tutti i giorni, che diventano
spesso il punto di partenza di grossi progetti di scultura. Gli esempi citati sono, alla lontana, legati ad
un paesaggio marino. E’ una realtà irritante. I motivi sembrano Filmstill e costringono l’osservatore a riflettere
sull’immagine e sulla sua storia. Il gioco al limite fra film e realtà continua nell’immagine della casa che brucia
(foto di un set cinematografico, scattata agli Universal Studios di Hollywood).
„Ichhasseschule“ (2010) („Io odio la scuola“) parla dell’ambiente della classe scolastica, che integra o no lo
stato sociale da povero a ricco, da istruito a non istruito. Se delle suppellettili scarabocchiate e sgraffiate vengono
messe in un disordine creativo, inizia qualcosa di nuovo o predominano la frustrazione e la devastazione?
Qui, come in altre opere, („Milieufragen“, 2007 – „Domande sull’ambiente“) di Olaf Metzel, si tratta di abbattere
e tagliare, come un metodo di costruzione scultorea, la comparsa dell’occasionale e del casuale con la più efficace
e precisa progettazione, le fotografie riferite al momento del posto e della scena. La messa in scena, e
cioè la grande artificiosità dei collage di Metzel fatti con materiali di risulta di tutti i giorni, quali banchi di scuola,
orinatoi, o pagine di giornali, sviluppa la sua paradossale attendibilità e un’enorme forza di provocazione proprio
dal fatto che queste preparazioni fanno puntuale riferimento a problemi reali ed effettivi della società. Egli
si serve della sua conoscenza, la scultura produce lo spazio in cui trova posto.
Olaf Metzel ha preso parte ad innumerevoli mostre d’arte in Italia. Una selezione: 1989 Per gli anni novanta,
Padiglione d’Arte Contemporanea (PAC), Milano; 1998 Arte all’Arte, Associazione Arte Continua („Velodromo di
Montalcino“), 2006 Human Game. Vincitori e Vinti, Stazione Leopolda, Firenze 2007; STOP & GO, Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo, Torino.
tempo fa. Alcune delle opere in mostra sono il proseguimento dell’annosa discussione di Metzel sul tema
„Giornale“. Già alla fine degli anni 80 esistevano delle opere da parete e una installazione con ritagli di quotidiano
italiano (ad esempio „Il balletto della crisi“, 1988; „Il messaggero“, 1989).
„Saldie“, „Veruschka“, „Dolce Vita“, „Ferie d’Agosto“, „ ´53“, „Copertina“, „Grazie“ e „Gio Ponti“ sono i titoli
delle nuove opere degli anni 2010 e 2011. Non si può non cogliere le allusioni politiche e sociali, così tipiche di
Metzel: rimane però da capire se si tratta di ritratti, opuscoli, testi o semplicemente di un ritaglio degli ultimi due
anni. Metzel discute sui mezzi di stampa tradizionali, il loro infinito flusso di immagini e la loro caducità – perché
niente è più vecchio del giornale di ieri. Come presentazione, si serve di argomenti dai più diversi aspetti della
vita di tutti i giorni. Le opere sono documenti del tempo che generalmente spariscono subito, ed in fretta, dalla
nostra vita, e finiscono appallottolati nel cestino della carta. Eppure i loro contenuti ci hanno tenuti impegnati
– spesso più della loro stessa durata.
Metzel fa apparire queste immagini in rilievo. Mediante l’uso di nuove tecniche digitali, delle lastre di alluminio
sono state stampate su entrambi i lati con diversi soggetti. Queste lastre alla fine sono state deformate– incurvate,
piegate, corrugate –, in modo da dare l’impressione di carta di giornale appallottolata o di manifesti
pubblicitari messi uno sull’altro.
Grazie alla resistenza del materiale e mediante collage, fotografia, pittura e rilievo, gli si aprono nuove possibilità,
con la lingua plastica delle immagini. Attraverso la sovrapposizione dei singoli piani, la composizione si
fa astrarre e l’immagine tridimensionale si fa contemporaneamente fissare come istantanea, sia come oggetto,
oppure, in senso classico, come rilievo.
La fotografia, rappresentata da tre opere a grande formato (1993/2003), ha per Metzel una funzione simile
a quella del disegno. Essa è scatto o idea, e cambia con la trasformazione in diversi mezzi artistici. Si puo’
trattare di una caduta da un cavallo un po’ ombroso, di un calciatore: sono situazioni di tutti i giorni, che diventano
spesso il punto di partenza di grossi progetti di scultura. Gli esempi citati sono, alla lontana, legati ad
un paesaggio marino. E’ una realtà irritante. I motivi sembrano Filmstill e costringono l’osservatore a riflettere
sull’immagine e sulla sua storia. Il gioco al limite fra film e realtà continua nell’immagine della casa che brucia
(foto di un set cinematografico, scattata agli Universal Studios di Hollywood).
„Ichhasseschule“ (2010) („Io odio la scuola“) parla dell’ambiente della classe scolastica, che integra o no lo
stato sociale da povero a ricco, da istruito a non istruito. Se delle suppellettili scarabocchiate e sgraffiate vengono
messe in un disordine creativo, inizia qualcosa di nuovo o predominano la frustrazione e la devastazione?
Qui, come in altre opere, („Milieufragen“, 2007 – „Domande sull’ambiente“) di Olaf Metzel, si tratta di abbattere
e tagliare, come un metodo di costruzione scultorea, la comparsa dell’occasionale e del casuale con la più efficace
e precisa progettazione, le fotografie riferite al momento del posto e della scena. La messa in scena, e
cioè la grande artificiosità dei collage di Metzel fatti con materiali di risulta di tutti i giorni, quali banchi di scuola,
orinatoi, o pagine di giornali, sviluppa la sua paradossale attendibilità e un’enorme forza di provocazione proprio
dal fatto che queste preparazioni fanno puntuale riferimento a problemi reali ed effettivi della società. Egli
si serve della sua conoscenza, la scultura produce lo spazio in cui trova posto.
Olaf Metzel ha preso parte ad innumerevoli mostre d’arte in Italia. Una selezione: 1989 Per gli anni novanta,
Padiglione d’Arte Contemporanea (PAC), Milano; 1998 Arte all’Arte, Associazione Arte Continua („Velodromo di
Montalcino“), 2006 Human Game. Vincitori e Vinti, Stazione Leopolda, Firenze 2007; STOP & GO, Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo, Torino.
21
maggio 2011
Olaf Metzel – Stai zitto quando parli
Dal 21 maggio al 30 giugno 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA GENTILI (SEDE DEFINITIVAMENTE CHIUSA)
Prato, Via Del Carmine, 11, (Prato)
Prato, Via Del Carmine, 11, (Prato)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 14-19
Vernissage
21 Maggio 2011, ore 18:00
Autore