25 giugno 2010

fino al 17.VII.2010 Andrea Nacciarriti Torino, Franco Soffiantino

 
Vetro, fumo e neon. Pochi elementi e tanta violenza per denunciare lo stato dell’arte. Il potere dell’artista e quello del gallerista. L’inversione dei ruoli cristallizzata nel lavoro di Nacciarriti...

di

Al centro del lavoro
del nuovo progetto di Andrea Nacciarriti
(Ostra Vetere, Ancona, 1976; vive a Milano) è il
rapporto fra artista e gallerista. Una relazione che può trasformarsi
armonicamente in sodalizio – alla ricerca del gallerista azzurro – o che può
generare scontri.

Nel sistema dell’arte
contemporanea, e soprattutto in Italia, non vi sono però veri e propri
contratti o accordi scritti che stabiliscano ruoli e doveri. E la mancanza di
tali statuti è spesso causa di diatribe legali che vedono battaglie sulla
proprietà delle opere: unici oggetti concreti frutto della creazione artistica,
da contendersi al pari dei figli in una comune coppia. Molto spesso il rapporto
fra le parti si fonda sulla reciproca stima professionale, ma può anche mutare
rapidamente, come il passaggio dell’acqua dallo stato solido a quello liquido.
Secondo questa dispersione entropica – sia nella fisica della materia che
nell’energia umana della relazione – Crystallize
è allora il titolo della mostra,
che intende indagare i meccanismi che accompagnano e seguono il momento intimo
della creazione.

Andrea Nacciarriti - Untitled [one moment please] - 2010 - azione dal vivo - courtesy Galleria Franco Soffiantino, Torino
Ribellarsi al proprio
gallerista comporta però dei rischi, e non così dissimili da quelli d’impresa
che si assume la galleria nell’esporre una precisa mostra. Nacciarriti
architetta dunque un blitz e, in pieno accordo con il gallerista –
travestendosi da squatter con altri compagni – fa irruzione nello spazio
torinese, spaccando un vetro pochi giorni prima del vernissage. L’azione, a cui
sono seguite ispezioni delle forze dell’ordine, sarebbe di per sé interessante,
se solo non fosse stata studiata a tavolino nei minimi dettagli. Perché
l’essere contro il sistema ha senso se l’azione si esprime con gesti autentici
e spontanei, altrimenti sarebbe come disseminare terrore con la macchina di
papà, fra l’altro ben assicurata.

Dalla fessura,
appoggiata alla parete di fondo, si vede una scritta al neon. È la parola ‘artist
’ sorretta da una tavola di legno,
sorta di autoritratto crocifisso che trova il suo compendio nell’ultima azione
in galleria. Si tratta di Untitled [one moment please]
, venti fumogeni che, sempre la
sera dell’inaugurazione, hanno saturato di fumo gli spazi del piano terra.
Delle azioni vandaliche di Nacciarriti non restano però che i mozziconi dei
fumogeni, l’odore del fumo e una fotografia-poster che ritrae la galleria
avvolta nella nebbia. Non ci sono purtroppo video a testimonianza delle fasi
del progetto.

Andrea Nacciarriti - Crystallize - veduta della mostra presso la Galleria Franco Soffiantino, Torino 2010
E una volta infranta
la “vetrina dell’arte”, la galleria ha dovuto ripristinare gli spazi per ovvie
questioni di sicurezza. Come dire, finita la festa, si riordina e si torna a
lavorare. Tutto come prima. La soluzione messa a punto per l’agibilità deriva
da un intervento intelligente del gallerista che, attraverso un’operazione meta-artistica,
ricopre il varco creatosi attraverso la vetrata con travi e listelli di legno
sorretti da tubi metallici da cantiere.

I tiranti sono
tuttavia orizzontali e, sfidando la gravità, sono tesi fra il dentro e il fuori,
in un costante ribaltamento degli spazi. E dei ruoli.


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in residenza a Bologna

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nelle precedente personale da Soffiantino

Nacciarriti
in mostra da Fornello


claudio
cravero

mostra visitata
il 5 giugno 2010


dal 20 maggio al 17 luglio 2010
Andrea Nacciarriti –
Crystallize

Franco Soffiantino Arte Contemporanea
Via Rossini, 23 (zona Palazzo Nuovo) – 10124 Torino
Orario: da martedì a sabato ore 11-19
; giovedì ore 14-22
Ingresso libero
Info: tel. +39 011837743; fax +39 0118134490; fsoffi@tin.it;
www.francosoffiantino.it

[exibart]

28 Commenti

  1. Andrea Nacciaritti ci prova, e il risultato non è male. Anche se però fatico a vedere una coerenza con la sua produzione precedente. Anche in questo caso sembra che una mattina abbiano deciso di parlare del sistema, domani cosa?

    Il problema è che se si rimane sempre invischiati nei medesimi codici, si finisce per fare critica istituzionale con galleristi compiacenti(con soldi da investire per darsi un un certo aplomb di ricerca).

    Se tutto è organizzato con il sistema mi sembra solo una masturbazione che cita le imprese cattelaniane anni 90. O mi sbaglio?

    Santiago Sierra in belgio ha semplicemente tolto le vetrine del museo. Gesto molto più leggero ed efficace.

    Il sistema non è il male o una casta corrotta. Il punto è il dialogo e il confronto. Ma la critica istituzionale va serenamente superata.

    Altro problema è che gli artisti, in questo caso il bravo Nacciaritti, vivono una dipendenza; e ,soprattutto, sono stati formati e posti sopra percorsi di professionalizzazione forzata. A mio parere bisogna abbandonare radicalmente alcune convenzioni e alcuni codici.

    Il fine del rapporto con il sistema non è distruggerlo; perchè è chiaro che se oggi lo distruggi, domani mettono tutto a posto.

    Il punto è il confronto e il dialogo, ma se ognuno pensa solo al proprio orticello è giusto che le cose rimangano così; ognuno ha il sistema che si merita.

    E io vivo su questo confine, e mi rendo conto di quanto sia bulgaro il sistema italiano. Ma bulgaro per paura, incapacità e pigrizia. Non per cattiveria.

  2. il punto è entrare nel sistema per campare, esattamente ciò che cerca di fare Luca Rossi. Alla fine è quello che fanno tutti in maniera esplicita o più o meno subdola.

    Alzarsi una mattina e fare qualcosa di completamente diverso da ciò che si faceva la sera prima è antiprofessionale(almeno nella vostra definizione di professionalità) e allora? non è ciò che vai predicando?

    Ora parli pure tu di sistema, dai se continui così tra qulche mese smetti di sparare “convenzioni”

  3. è l’antisistema che viene inserito nel sistema.
    E’ un po’ come quando una critica viene da flash art, come quando un curatore più meno importante che fa scelte poco chiare e trasparenti si lamenta degli artisti scelti in modo poco chiaro e trasparente da un altro curatore.
    E’ una pantomima, è un modo per evitare che nasca una critica vera che non può che venire da “fuori” con il pericolo che possa contribuire a creare un’alternativa vera.

  4. il sistema, il sistema. Non è questo il punto.

    Esempio:

    I galleristi italiani non sottoscrivono condizioni chiare con gli artisti. Questo avviene principalmente perchè c’è una miriade di “giovani artisti” che per esporre accettano l’assenza di qualsiasi condizione. Di contro i galleristi improvvisano, con tante tasse da pagare e senza una critica che faccia il suo lavoro argomentandolo e spiegandolo.

    Del sistema frega poco a pochi. Ognuno pensa a se stesso cercando di mantenere al meglio le proprie relazioni amicali e professionali. Tra gli operatori italiani c’è una vaga solidarietà, ma non c’è vera collaborazione. Se esistesse veramente un sistema “collaborativo” in italia, alcuni artisti italiani (togliendo i self-made-artisti degli anni 90) avrebbero un risconto internazionale.

    Gli operatori italiani giovani e meno giovani hanno subito una formazione traumatica in un contesto avverso al contemporaneo. Parlo anche di quei giovani che hanno studiato all’estero come Bonacossa, Farronato o De Bellis. C’è una rapporto di amore-odio con il concetto di italia, quindi non c’è la capacità di aprirsi al confronto, di lavorare realmente sul linguaggio. Perchè l’altro problema è che l’italia non sta formando giovani artisti interessanti perchè gli operatori coinvolti riescono a pensare solo al mainstream internazionale. Questo crea artisti italiani come copie sbiadite degli originali…quindi poco interessanti per la scena estera….

    Esiste un ‘altrenativa, ma questa dipende dal reale interesse delle persone. Dal mettere da parte il proprio ego e il solito narcisismo italiano alla pino boresta o alla nico vascellari (due faccie della stessa medaglia).

  5. sistema non sognifica mutua solidarietà o avere la coscenza di farne parte, vuol dire perseguire un fine comune ad esempio portare avanti un numero esiguio di artisti in modo da far arricchire un numero ancora piu piccolo di persone. Alla ruota di un automobile nessuno ha mai presentato la sonda dell’iniezione, non si conoscono e funzionano indipendentemente l’una dall’altra ma fanno parte dello stesso sistema automobile.
    E in tutto questo l’arte, gli artisti e le opere sono assolutamente marginali, uno o l’altro non fa differenza.
    Esempio della demenza degli spettattori è una affermazione dipo la tua:”l’italia non sta formando giovani artisti interessanti…” che tradotto significa che riesci a posare lo sguardo solo dove ti dicono di guardare.

  6. Ma dai..sempre questa storia che i geni incompresi e gli artisti migliori sono nascosti e là dove non guarda mai nessuno….

    Dove sarebbero questi artisti? Dove devo guardare?

    La realtà è che oggi bisognerebbe ridefinire e mettere in discussione una certa definizione di artista. E questo se sei italiano e vuoi fare l’artista non lo si riesce mai a fare…perchè solitamente sei tremendamente sentimentale (la cara cultura famiglia italiana) e narcisista…l’ego e il narcisismo sono terribili.

    Vengo da liste a basilea. Nelle nuove generazioni c’è una professionalizzazione soffocante, la realtà è già più avanti e quindi si finisce per essere buoni designer o arredatori di interni.

    Guardiamo i momenti di sperimentazione per i giovani: biennale di carrara: andreotta calò estrae senza ausili tecnici un cubo di marmo (opera processo di r. long, arte povera), biscotti propone un’ analisi storica sugli anarchici a carrara. Idee perfette e intelligenti. Questo tipo di urgenze potrebbero essere di decine e decine di giovani artisti in italia e nel mondo…solo in italia: il lavoro di biscotti poteva essere di Di Massimo o sulla memoria e quindi di Angioletti…il cubo poteva essere di Vascellari….per fare veloci esempi. E stiamo sicuramente guardando tra il meglio che è disponibile.

    Insomma non c’è spazio per osare. Ma non è colpa dei curatori, piuttosto di un clima chiuso che non permette confronto critico e tempi di riflessione. Alternative ci sono, ma bisogna avere il desiderio di coglierle, al contrario è meglio lasciar stare.

  7. Demenza degli spettatori?
    Segnalo invece un’ottima rassegna a Venezia a fianco la Fondazione Vedova, presso il Magazzino del Sale 3 alle Zattere. Organizzata da A+A, presenta alcune ottime opere di studenti dell’Accademia. Chi vuole respirare aria (inaspettatamente) fresca, faccia un salto. Poi se ne parla…
    Più grave è vedere queste buone leve estinte in breve tempo.

  8. CaroLucaRossi, guarda che l’hai detto che i galleristi improvvisano fanno scelte bla bla
    bla…main stream….late comers…e via discorrendo. Guarda da altre parti per esempio dove c’è meno professionalizzazione, sempre parafrasandoti con rispetto. Non è questione di geni incompresi ma di non geni compresi troppo bene grazie anche al lavoro di una critica che fuziona benissimo e fa il mestiere per cui è stata creata.
    La demenza degli spettatori è quella che conduce un branco di pecoroni, che sanno seguire alla lettera le indicazioni dei pastori, verso i soliti pascoli.
    Pascolate Gente…Pascolate

  9. d’accordo con lucarossi. copie e ricopie di qualcosa gia’ fatto e gia’ visto. e copie e ricopie tra gli artisti stessi. chi ha studiato un po’ di storia dell’arte lo vede, non veniteci a raccontare balle

  10. caro daniele,

    Soffiantino ha accumulato una certa agiatezza che gli permette di sostenere questi progetti e darsi una certo aplomb. E per fortuna, visto che in italia sono pochi gli spazi che possono dare queste opportunità. Queste realtà,insieme alla nonni genitori foundation, agiscono come una sorta di ammortizzatore sociale.

  11. Caro Luca Rossi, ma di cosa stai parlando?
    Parlare di non coerenza e soprattutto di “nonni genitori foundation” mi sembra proprio fuori luogo. ma lo conosci Nacciarriti? conosci il suo lavoro? perchè innanzitutto è del suo lavoro che dovresti parlare e non dovresti preoccuparti delle sue finanze.
    E poi Daniele Capra “ma Soffiantino cosa vende alla fine? Il fumo?” è un commento che forse non meriterebbe nemmeno la mia attenzione.
    Vi contraddite tutti, continuamente, in ogni commento. Altro che la non coerenza di Nacciarriti…

  12. Alzarsi una mattina e fare qualcosa di completamente diverso da ciò che si faceva la sera prima è antiprofessionale…ma a Torino sono dei campioni in questo. si va dove tira il vento e ciò che prima ti dava solidarietà lavorativa non serve più. un esempio? la Mangione..è andata dove l’arte dava solidità..e poi proprio vero grazie alla nonni genitori foundation tutto si può. con i soldi degli altri è tutto più facile.

    alèèè..ooooo…

  13. Clitoride:

    Non ho parlato di nonni genitori foundation per Nacciaritti. Fate attenzione perchè vedete quello che avete negli occhi. Ho parlato della fondazione per un discorso più ampio.

    Non c’è niente di male ad ammettere che galleristi illuminati e nonni-genitori sostengano i giovani artisti in un paese che ha poche strutture (penso anche solo ai fondi regionali in francia).

    Conosco il lavoro di Nacciaritti e visito periodicamente il suo sito. Si tratta di un buon lavoro che passa da un’idea ad un ‘altra. C’è una sensibilità di fondo che è comune a decine e decine di artisti. Quello che bisognerebbe mettere in discussione è proprio questo buono standard omologato. Questo standard “smart” che sembra funzionale ad un certo ordine precostituito.

    Perchè mi sembra che si debba raggiungere questo buono standard e poi contare solo sulle relazioni pubbliche e private. Le relazioni diventano materia inconsapevole.

    Poi in italia contano poco anche le relazioni, visto che il linguaggio è affaticato e non ci sono riscontri sovranazionali. Nico Vascellari ha fatto 10 personali in ITALIA dal 2006 al 2010, mentre le sue apparizioni estere stentano e sembrano semplicemente fisiologiche (qualche contatto in spazi secondari piuttosto che la personale a NY ottenuta con la borsa di studio avuta a Roma…)

    Il punto è il linguaggio. Vascellari come altri è stato costretto ad una storicizzazione precoce che ha cristallizzato il suo lavoro in uno stadio non maturo e non interessante per un confronto sovranazionale…

    In italia capita sempre così (le personalità consolidate sono artisti self made formati all’estero) , e costoro, gli artisti del quartierino italiano sanno solo ripetere che io vorrei aspirare a tutto questo, che sono frustrato e invidioso….questa è tipico italiano….preferiamo scegliere una mediocrità generale piuttosto che metterci in discussione ed aspirare a qualcosa di meglio….

  14. La mia boutade ha fatto segno. Molti di voi sono cosi incazzati e convinti da non saper nemmeno ridere. Maddai, siete patetici!
    Non penso che questo intervento sia il migliore di Nacciarriti (questa è un’opinione), ma mi sembra indiscutibile che abbia del talento. Soffiantino poi è di sicuro galleria di prim’ordine.
    Ma Luca, hai ragione quando parli della fondazione nonni&co, ma ti dimentichi di tutti quegli artisti che si fanno il culo facendo i camerieri, i grafici, i corniciai, gli imbianchini eccetera!

  15. Caro Daniele,

    ho presente tutti.

    Per quanto riguarda i giovani il talento dovrebbe avere a che fare con il mettersi in una situazione di pericolo, di difficoltà. Troppo facile giocare abilmente con certi codici….lo smart relativism (e non mi riferisco prettamente ad A.N.) è molto facile: citazione colta da wikipedia+ formalizzazione corretta prendendo spunto, semmai, da Moussoscope…

    Lo smart relativism è assolutamente apprezzabile e rispettabile..ma si tratta di una forma di artigianato contemporaneo…ripeto: i giovani non dovrebbero trastullarsi in questa bambagia..non avrebbe senso.

    Il problema vero è che i giovani artisti sono costretti da subito su un percorso di professionalizzazione forzata. Anche il fumo di Nacciaritti è professionalizzazione forzata. Per questi motivi, in una prima fase, bisogna avere la sensibilità di bypassare il sistema senza però eliminare il dialogo con il sistema*….

    Questo equilibrio è molto difficile in italia perchè viviamo complessi di inferiorità verso la scena internazionale e quindi tendiamo a scimmiottare tale scena. Questo anche a livello curatoriale; ma anche come galleristi o collezionisti. Finiamo per essere copie sbiadite degli originali. Quindi poco interessanti.

    Senza contare che non ci sono spazi di confronto critico. Questo di exibart è il solo, anche se parziale.

    Un confronto critico aperto e leale (con il blog faccio quello che posso) sarebbe prezioso per tutti. Invece c’è questa clache snob che preferisce fare finta di niente, e i giovani artisti non capiscono che appoggiare questo atteggiamento significa fare il proprio male……

    Basta guardarci indietro, dove sono finite le promesse anni 90?

    * bypassare il sistema significa mettere in discussione alcuni codici e alcune convenzioni. Direi quasi una certa definizione di artista. Questo sarebbe solo un metodo, non certo il fine.

  16. Dovresti, a mio modestissimo parere, guardare verso quelli di cui ne leggi ne puoi scrivere su flash art. Già che ci sei acquista o prendi in prestito un buon vocabolario/dizionario e cerca sotto la voce “artigianato”.
    La tua alternativa non è un’alternativa è solo un modo di penetrare nel sistema, forse anche tu hai bisogno di prendere le distanze da mamme&nonni foundation…chissà. E’ facile cercare l’alternativa nella bambagia

  17. ma se questo “smart relativism” fa arrivare questi artisti dove sono – non nella top ten di obrist ma cmq in una galleria “giusta” – chi glielo fa fare di Rischiare??? ma lo sapete la disoccupazione che c’e’ in giro?

    quindi… no Rischio, piuttosto Raschio(il fondo)

  18. per puzzolo e livio:

    credo che l’artigianato possa essere fantastico e forse una risorsa in questa crisi nera. Pensiamo a quelle ragazze che iniziano a cucirsi i vestiti e si stanno facendo la loro collezione…il bello della crisi.

    Il problema nasce quando l’arte contemporanea, con i giovani, vorrebbe rendere pretenzioso una certo artigianato contemporaneo. Non posso avere Liam Gillik? Chiamo Luca Ranini dello Iuav per avere qualcosa di simile….allora meglio l’ikea: essenziale, utile e non pretenziosa. Ma meglio ancora diventare indipendenti da una certa definizione anacronistica di artista. Da una certo narcisismo pretenzioso, italiano ma non solo.

  19. Luca Rossi, ciao, concordo. Anche sulla necessità di confronto. Se ne fa da anni, però, e qui e altrove, basta solo non fermarsi, e a volte tu pure ti accontenti dei soliti accrditati, noti..

    Comunque…Approfondisci?
    Quali i critici italiani coraggiosi e non omologati?
    Quali gli artisti che vedi sulla buona strada?
    gallerie? sp. no-profit? Blog e webmagazine?

    Eddai, diamo qualche nota positiva… propositiva, soprattutto

  20. Il problema è che in italia la posta in gioco è così bassa che forse non vale la pena neanche non essere omologati. Cosa fare con luca rossi? “Invitarlo” o no? Io vorrei uscire da queste dinamiche sterili e basarmi su quelle persone che non vogliono mentire a se stesse. Perchè io in fondo pongo semplicemente dei dubbi, delle critiche opinabili…in italia, questo non lo fa nessuno…mi stavano invitando ad un confronto a milano, in una sede interessante, e all’ultimo è decaduto tutto….

    Ma ripeto, il punto è non mentire a se stessi. E oggi vedo molti artisti, curatori e critici che stanno mentendo a se stessi.

    Le cose più illuminate le vedo all’estero. Mi piace la lista di H U Obrist, dei 30 artisti più interessanti. In italia apprezzo molto la programmazione della fondazione trussardi perchè anche se blockbuster sempre molto curata, insolita e intelligente. Belli Seghal e Dean.

    Flash Art ultimamente (apparte alcune scelte inevitabili) mi piace perchè fotografa bene la fase di crisi: a luglio in copertina c’è il disegnatore Pazienza.

    Moussoscope (Mousse + Kaleidoscope) passa artisti mainstream-colti e internazionali. Costoro sono più che altro sfumature della vera opera d’arte: Moussocope stessa. Alcuni sono anche interessanti. Ma non si riesce ad uscire da certi codici, ormai anche internazionalmente affaticati.

    In generale si passa da mostre “giovani” fatte da oggettini-opere formalizzati in modo accattivante ad una certa spettacolarità pop. In entrambi i casi andiamo bene solo quando si propongono o si copiano valori consolidati (molti artisti italiani stanno rileggendo semplicemente l’arte povera). Non si tratta di essere originali ma di sprecare sistematicamente l’opportunità di essere diversi o sinceramente uguali. Ecco non ci sono urgenze sincere, per molti c’è come una forma di creatività forzata, di narcisismo neo-pop…la cosa rimane stucchevole.

  21. caro morimura, il punto è proprio questo…me ne frega molto relativamente, ma a commento precedente rispondo. Non confondere sempre il mio scrivere con dei contenuti; spesso si tratta solo di un esercizio fine a se stesso che potremo dire autistico; ora sono in piscina a 2000 metri. ; )

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