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24
giugno 2010
fino al 26.IX.2010 Caravaggio e l’arte della fuga Genova, Villa del Principe
genova
Proseguono le celebrazioni per il quarto centenario della morte di Caravaggio, pittore “egregius in Urbe” e... altrove. Stavolta toccata e fuga a Genova, nella splendida Villa del Principe...
di Anita Pepe
Tanto
vale rassegnarsi all’overdose. Perché, accanto alla mostra dei record alle
Scuderie del Quirinale, il quarto centenario della morte di Caravaggio ha preso varie diramazioni,
costringendo a un assiduo turn over il ceppo principale. Proprio dalla rassegna
capitolina è stato infatti prelevato anzitempo il Riposo durante la fuga in
Egitto, cardine
di un itinerario segnato dal “difetto” di molti dei progetti inneggianti al
Merisi: ovvero il Maestro – spesso presente con un solo dipinto – e, dopo di
lui, il diluvio.
Eccezionale
il palcoscenico: la Villa cinquecentesca di Andrea Doria, “principe e pirata”,
a due passi dal porto e dalla stazione. Affreschi di Perin del Vaga, decori manieristi (martoriati da
secoli di rivoluzioni, saccheggi, guerre), arredi ricercati, pregevoli tele,
logge e giardini… chapeau! Meno memorabile, invece, il percorso – rigorosamente di
genere e giocoforza monotono – che, tra il pittoresco, il sublime e il
documentario, ripercorre le ville, i casini di delizie e le collezioni della
famiglia romano-genovese, da Pegli al Gianicolo, da Anzio e Nettuno ad Albano,
con tanto di marine (tra cui quelle di Agostino Tassi), rovine e scorci agresti. Chiari
l’impegno e l’impostazione, non così l’audioguida, talvolta farraginosa nel
tener separata la descrizione delle sale da quella dell’esposizione tout
court.
Stella
polare, ovviamente, Caravaggio. Il cui capolavoro (Riposo durante la fuga in Egitto), acquistato a metà del
Seicento dal principe Camillo Pamphilj per la villa Bel Respiro, rivela sullo
sfondo il retaggio veneto e, nel pentimento dell’angelo musicante, tradisce
l’originario rapporto tra paesaggio e figure. Già pienamente naturalistico San
Giuseppe col suo bel fiasco di vino, mentre la Madonna e il Bambino si
astraggono accoccolati nel sonno, in una pace che le opere successive
difficilmente avrebbero conosciuto.
Oltre
che alla tela – primo soggetto devozionale noto del lombardo – e ai concetti di
“evasione” bucolica e di “svago” impliciti nelle citate dimore patrizie, la
“fuga” evocata da questo titolo così bachiano è associata al contatto tra
Caravaggio e Genova. Scappato da Roma nell’agosto 1605 dopo l’aggressione al
notaio Mariano Pasqualone (un affare di donne, nella fattispecie tale Lena
Antognetti, cortigiana d’alto bordo nonché modella per quadri come la Madonna
dei Pellegrini),
il pittore riparò nella Superba presso Giovanni Andrea Doria, suocero di
Giovanna Colonna, nipote della marchesa Costanza Colonna Sforza, storica
protettrice dell’artista. Sostando però giusto il tempo necessario perché si
calmassero le acque, e rifiutando perfino il cospicuo compenso di 6.000 scudi
offertogli dal principe per un affresco.
E
proprio con una digressione “fuori tema” sugli ulteriori legami tra il Merisi e
il capoluogo ligustico si sarebbe potuta evitare la summenzionata consuetudine
della pièce unique.
Magari richiamando da Napoli il Martirio di Sant’Orsola, eseguito poco prima di morire
per il genovese Marcantonio Doria. O approfittando per approfondire il
dibattito sul controverso Ecce Homo di Palazzo Bianco, dove una mano dubbia ha attribuito a
Pilato i tratti di Andrea Doria (quale occasione migliore per affiancarlo al
ritratto di Sebastiano del Piombo in loco?). Un’occasione “a chilometro zero”, purtroppo… sfuggita.
vale rassegnarsi all’overdose. Perché, accanto alla mostra dei record alle
Scuderie del Quirinale, il quarto centenario della morte di Caravaggio ha preso varie diramazioni,
costringendo a un assiduo turn over il ceppo principale. Proprio dalla rassegna
capitolina è stato infatti prelevato anzitempo il Riposo durante la fuga in
Egitto, cardine
di un itinerario segnato dal “difetto” di molti dei progetti inneggianti al
Merisi: ovvero il Maestro – spesso presente con un solo dipinto – e, dopo di
lui, il diluvio.
Eccezionale
il palcoscenico: la Villa cinquecentesca di Andrea Doria, “principe e pirata”,
a due passi dal porto e dalla stazione. Affreschi di Perin del Vaga, decori manieristi (martoriati da
secoli di rivoluzioni, saccheggi, guerre), arredi ricercati, pregevoli tele,
logge e giardini… chapeau! Meno memorabile, invece, il percorso – rigorosamente di
genere e giocoforza monotono – che, tra il pittoresco, il sublime e il
documentario, ripercorre le ville, i casini di delizie e le collezioni della
famiglia romano-genovese, da Pegli al Gianicolo, da Anzio e Nettuno ad Albano,
con tanto di marine (tra cui quelle di Agostino Tassi), rovine e scorci agresti. Chiari
l’impegno e l’impostazione, non così l’audioguida, talvolta farraginosa nel
tener separata la descrizione delle sale da quella dell’esposizione tout
court.
Stella
polare, ovviamente, Caravaggio. Il cui capolavoro (Riposo durante la fuga in Egitto), acquistato a metà del
Seicento dal principe Camillo Pamphilj per la villa Bel Respiro, rivela sullo
sfondo il retaggio veneto e, nel pentimento dell’angelo musicante, tradisce
l’originario rapporto tra paesaggio e figure. Già pienamente naturalistico San
Giuseppe col suo bel fiasco di vino, mentre la Madonna e il Bambino si
astraggono accoccolati nel sonno, in una pace che le opere successive
difficilmente avrebbero conosciuto.
Oltre
che alla tela – primo soggetto devozionale noto del lombardo – e ai concetti di
“evasione” bucolica e di “svago” impliciti nelle citate dimore patrizie, la
“fuga” evocata da questo titolo così bachiano è associata al contatto tra
Caravaggio e Genova. Scappato da Roma nell’agosto 1605 dopo l’aggressione al
notaio Mariano Pasqualone (un affare di donne, nella fattispecie tale Lena
Antognetti, cortigiana d’alto bordo nonché modella per quadri come la Madonna
dei Pellegrini),
il pittore riparò nella Superba presso Giovanni Andrea Doria, suocero di
Giovanna Colonna, nipote della marchesa Costanza Colonna Sforza, storica
protettrice dell’artista. Sostando però giusto il tempo necessario perché si
calmassero le acque, e rifiutando perfino il cospicuo compenso di 6.000 scudi
offertogli dal principe per un affresco.
E
proprio con una digressione “fuori tema” sugli ulteriori legami tra il Merisi e
il capoluogo ligustico si sarebbe potuta evitare la summenzionata consuetudine
della pièce unique.
Magari richiamando da Napoli il Martirio di Sant’Orsola, eseguito poco prima di morire
per il genovese Marcantonio Doria. O approfittando per approfondire il
dibattito sul controverso Ecce Homo di Palazzo Bianco, dove una mano dubbia ha attribuito a
Pilato i tratti di Andrea Doria (quale occasione migliore per affiancarlo al
ritratto di Sebastiano del Piombo in loco?). Un’occasione “a chilometro zero”, purtroppo… sfuggita.
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visitata il 27 marzo 2010
dal 25 marzo al 26 settembre 2010
Caravaggio
e l’arte della fuga. La pittura di paesaggio nelle Ville Doria Pamphilj
a cura di Massimiliano Floridi
Villa del Principe – Doria Pamphilj
Piazza Del Principe, 4 – 16126 Genova
Orario: da venerdì a mercoledì ore 10-17
Ingresso: intero € 12; ridotto € 9
Catalogo
Silvana
Editoriale
Info:
tel. +39 010255509; fax +39 0108376374; info@palazzodelprincipe.it; www.dopart.it/genova
[exibart]