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Alien Oosting
La caratteristica principale del lavoro dell’artista risiede primariamente nella continua rielaborazione dello spazio in cui si trova ad operare. Lo spazio ospitante diviene in questo modo una sorta di medium poroso, un sonar anacronistico
che secerne all’interno la radicalità vibratile della propria dissonanza segreta.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Galleria Enrico Fornello è lieta di annunciare la prima personale italiana dell’artista olandese
Alien Oosting (1978, Meppel, Netherlands). La caratteristica principale del lavoro dell’artista
risiede primariamente nella continua rielaborazione dello spazio in cui si trova ad operare. Lo
spazio ospitante diviene in questo modo una sorta di medium poroso, un sonar anacronistico
che secerne all’interno la radicalità vibratile della propria dissonanza segreta. Questa catastrofe
in divenire si infiltra nel tessuto preesistente, e vi mette in opera un dispositivo di differenze
proliferanti, un principio d’attrito, un lavoro dello spazio che lo fa retrocedere dove non è mai
stato, racchiudendolo in spazi che non si appartengono, estranei nella loro compresenza. Spazi
che pongono il nulla come propria sorgente, portatori sani del germe del proprio disfacimento
preventivo, moltiplicando così i sensi e i significati o, che è lo stesso, sospendendoli tutti.
Vedendo le installazioni metonimiche messe in atto dall’artista – trapianti, innesti, condensazioni,
elisioni – non può non venire in mente ciò che Gilles Deleuze scriveva a proposito dello
spazio qualsiasi. Uno spazio assolutamente singolare che ha soltanto perduto la propria omogeneità,
cioè il principio dei propri rapporti metrici o il raccordo delle proprie parti, tanto che
le articolazioni possono farsi in modo infiniti. La strategia parassitaria di Oosting diviene così
motore di congiunzioni virtuali, puri eventi di una passibilità che tende a smantellare le determinazioni
di luogo, effetti di una sconnessione radicale che sancisce in questo modo che non
esiste misura degna di questo nome, se non è, fondamentalmente, misura dell’impossibilità di
misura.
Alien Oosting (1978, Meppel, Netherlands). La caratteristica principale del lavoro dell’artista
risiede primariamente nella continua rielaborazione dello spazio in cui si trova ad operare. Lo
spazio ospitante diviene in questo modo una sorta di medium poroso, un sonar anacronistico
che secerne all’interno la radicalità vibratile della propria dissonanza segreta. Questa catastrofe
in divenire si infiltra nel tessuto preesistente, e vi mette in opera un dispositivo di differenze
proliferanti, un principio d’attrito, un lavoro dello spazio che lo fa retrocedere dove non è mai
stato, racchiudendolo in spazi che non si appartengono, estranei nella loro compresenza. Spazi
che pongono il nulla come propria sorgente, portatori sani del germe del proprio disfacimento
preventivo, moltiplicando così i sensi e i significati o, che è lo stesso, sospendendoli tutti.
Vedendo le installazioni metonimiche messe in atto dall’artista – trapianti, innesti, condensazioni,
elisioni – non può non venire in mente ciò che Gilles Deleuze scriveva a proposito dello
spazio qualsiasi. Uno spazio assolutamente singolare che ha soltanto perduto la propria omogeneità,
cioè il principio dei propri rapporti metrici o il raccordo delle proprie parti, tanto che
le articolazioni possono farsi in modo infiniti. La strategia parassitaria di Oosting diviene così
motore di congiunzioni virtuali, puri eventi di una passibilità che tende a smantellare le determinazioni
di luogo, effetti di una sconnessione radicale che sancisce in questo modo che non
esiste misura degna di questo nome, se non è, fondamentalmente, misura dell’impossibilità di
misura.
10
maggio 2011
Alien Oosting
Dal 10 maggio al 15 luglio 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA ENRICOFORNELLO 2
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Orario di apertura
da Martedì a Sabato 14-19
Vernissage
10 Maggio 2011, ore 18
Autore