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05
luglio 2010
fino all’1.VIII.2010 Eikoh Hosoe Milano, Carla Sozzani
milano
L’eros, la violenza, la danza, la morte negli scroll di un maestro della fotografia nipponica. Tra forme d’avanguardia e tradizione iconografica, uno sguardo radicale sugli opposti...
Eikoh Hosoe (Yonezawa, 1933; vive a Tokyo) ha, di fatto, inventato una
tecnica: ispirandosi agli scroll che illustrano il Racconto di Genji, ha deciso di stampare le sue
fotografie su rotoli di carta washi (ovvero prodotta a mano secondo tradizione) creando
continuum orizzontali di immagini. La cifra geniale di Eikoh Hosoe è la
perfetta padronanza di tecniche plurime e la loro messa in uso
nell’articolazione di discorsi radicali su temi fondamentali come l’eros, la
morte e l’irrazionale.
La Galleria Carla Sozzani espone alcuni dei suoi progetti
più densi e affascinanti, sotto il segno – molto orientale – della coesistenza
degli opposti. Ba-ra-kei (Ordalia delle rose, 1961-62) è un ritratto espanso del complesso immaginario
del grande scrittore Yukio Mishima. Mishima posa come samurai, poi come
marinaio da cabaret berlinese (in un ideale raccordo dell’iconografia
omosessuale, tra Jean Genet e la Factory di Warhol), ora in un découpage con la
venustà classica della Venere di Botticelli o della Vergine delle rocce leonardesca, e con il feticcio
San Sebastiano. Il suo emblema ricorrente, estenuato ed estetizzante, è la rosa
bianca, “simbolo di bellezza e spine”, e si sa che il bianco, nella cultura giapponese, è il
colore della morte e del lutto. Sono immagini intrise di desiderio carnale,
culto del corpo e cupio dissolvi e stabiliscono una cifra poetica ricorrente.
The Butterfly Dream (2006) è un tributo lungo trent’anni all’arte di Kazuo
Ohno, ideatore e
performer di punta del Butoh, una danza contemporanea oltranzista ispirata al
teatro No e caratterizzata da nudità, corpi dipinti di bianco, alternanza di
movimenti lenti e frenetici e tematiche outré. Hosoe segue Ohno dal teatro alle
strade fino alla campagna e sul letto di morte: la sua fotografia
mapplethorpiana, netta e composta, diviene una celebrazione della densità, del
gesto e della posa.
Se Mishima e Ohno possono essere considerati alter ego di Hosoe,
dei quali condivide riferimenti e ispirazione, con Kamaitachi (La falce della donnola, 1965) e Ukiyo-e Projections (2002-03) si immerge nella
tradizione nipponica, rifunzionalizzandola e declinandola in forme
contemporanee. Il kamaitachi è una figura della demonologia giapponese, un animale
mitico composto dagli spiriti di tre donnole che si appostano nell’oscurità e
feriscono a morte. La serie è accompagnata da una poesia di Toyochiro Miyoshi e
procede come una narrazione per evocazioni: c’è il Giappone rurale ritratto con
lo stile dei reportage e la citazione di Dodes’ka-den, ma anche il gusto espressionista
per l’accumulo di diagonali a suggerire angoscia e lo sgranato di corse nei
campi.
Dal corpo-immaginario di Mishima si giunge al
corpo-immagine, inteso come appendice tridimensionale dello sfondo: la tarda
serie dedicata all’Ukiyo-e, il “mondo fluttuante” delle immagini del Giappone
edonista e cortese, proiettate sui corpi dei ballerini, abolisce ogni evidenza
di limen.
Scroll singolari racchiudono infine le fotografie del progetto Kimono (1963). Una splendida geisha posa
per ritratti di studio: una pausa contemplativa della bellezza autosufficiente,
che non necessita altre implicazioni.
tecnica: ispirandosi agli scroll che illustrano il Racconto di Genji, ha deciso di stampare le sue
fotografie su rotoli di carta washi (ovvero prodotta a mano secondo tradizione) creando
continuum orizzontali di immagini. La cifra geniale di Eikoh Hosoe è la
perfetta padronanza di tecniche plurime e la loro messa in uso
nell’articolazione di discorsi radicali su temi fondamentali come l’eros, la
morte e l’irrazionale.
La Galleria Carla Sozzani espone alcuni dei suoi progetti
più densi e affascinanti, sotto il segno – molto orientale – della coesistenza
degli opposti. Ba-ra-kei (Ordalia delle rose, 1961-62) è un ritratto espanso del complesso immaginario
del grande scrittore Yukio Mishima. Mishima posa come samurai, poi come
marinaio da cabaret berlinese (in un ideale raccordo dell’iconografia
omosessuale, tra Jean Genet e la Factory di Warhol), ora in un découpage con la
venustà classica della Venere di Botticelli o della Vergine delle rocce leonardesca, e con il feticcio
San Sebastiano. Il suo emblema ricorrente, estenuato ed estetizzante, è la rosa
bianca, “simbolo di bellezza e spine”, e si sa che il bianco, nella cultura giapponese, è il
colore della morte e del lutto. Sono immagini intrise di desiderio carnale,
culto del corpo e cupio dissolvi e stabiliscono una cifra poetica ricorrente.
The Butterfly Dream (2006) è un tributo lungo trent’anni all’arte di Kazuo
Ohno, ideatore e
performer di punta del Butoh, una danza contemporanea oltranzista ispirata al
teatro No e caratterizzata da nudità, corpi dipinti di bianco, alternanza di
movimenti lenti e frenetici e tematiche outré. Hosoe segue Ohno dal teatro alle
strade fino alla campagna e sul letto di morte: la sua fotografia
mapplethorpiana, netta e composta, diviene una celebrazione della densità, del
gesto e della posa.
Se Mishima e Ohno possono essere considerati alter ego di Hosoe,
dei quali condivide riferimenti e ispirazione, con Kamaitachi (La falce della donnola, 1965) e Ukiyo-e Projections (2002-03) si immerge nella
tradizione nipponica, rifunzionalizzandola e declinandola in forme
contemporanee. Il kamaitachi è una figura della demonologia giapponese, un animale
mitico composto dagli spiriti di tre donnole che si appostano nell’oscurità e
feriscono a morte. La serie è accompagnata da una poesia di Toyochiro Miyoshi e
procede come una narrazione per evocazioni: c’è il Giappone rurale ritratto con
lo stile dei reportage e la citazione di Dodes’ka-den, ma anche il gusto espressionista
per l’accumulo di diagonali a suggerire angoscia e lo sgranato di corse nei
campi.
Dal corpo-immaginario di Mishima si giunge al
corpo-immagine, inteso come appendice tridimensionale dello sfondo: la tarda
serie dedicata all’Ukiyo-e, il “mondo fluttuante” delle immagini del Giappone
edonista e cortese, proiettate sui corpi dei ballerini, abolisce ogni evidenza
di limen.
Scroll singolari racchiudono infine le fotografie del progetto Kimono (1963). Una splendida geisha posa
per ritratti di studio: una pausa contemplativa della bellezza autosufficiente,
che non necessita altre implicazioni.
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a cura di Giuliana Scimé
Galleria Carla Sozzani
Corso Como, 10
(zona Stazione Garibaldi) – 20154 Milano
Orario:
martedì e da venerdì a domenica ore 10.30-19.30; mercoledì e giovedì ore
10.30-21; lunedì ore 15.30-19.30
Ingresso
libero
Info: tel. +39
02653531; fax +39 0229004080; info@galleriasozzani.org; www.galleriasozzani.org
[exibart]