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Puerto Sebastian. Il mito di San Sebastiano nell’arte contemporanea
Giunge alla Galleria Benvenuti di Firenze la mostra organizzata all’inizio del 2010 dal Comune di Cento di Ferrara prendendo come spunto il primo centenario della stesura del “Martirio di San Sebastiano” di Gabriele d’Annunzio, mistero teatrale con musiche di Debussy che per certi versi segna l’inizio della laicizzazione della figura del santo martirizzato con le frecce, un tempo principalmente evocato quale taumaturgo contro la peste.
Comunicato stampa
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L’approdo fiorentino di Sebastiano
Giunge alla Galleria Benvenuti di Firenze la mostra organizzata all’inizio del 2010 dal Comune di Cento di Ferrara prendendo come spunto il primo centenario della stesura del “Martirio di San Sebastiano” di Gabriele d’Annunzio, mistero teatrale con musiche di Debussy che per certi versi segna l’inizio della laicizzazione della figura del santo martirizzato con le frecce, un tempo principalmente evocato quale taumaturgo contro la peste.
Il legame con Firenze, città che nelle sue chiese e nei suoi musei presenta notevoli immagini rinascimentali e barocche del santo, eseguite da pittori e scultori quali Botticelli, Perugino, Benedetto da Maiano, Bronzino, Sodoma, Santi di Tito, Rustichino e molti altri, si accentua grazie all’inserimento nella rassegna di un disegno del 1952 del fiorentino Giovanni Acci, maestro del “realismo magico” novecentesco.
Gli altri artisti sono tutti viventi, di diversa provenienza geografica e dissimile caratterizzazione stilistica, legati in gran parte al Figurativo: chiamati ad esercitarsi su questo particolare tema iconografico, alcuni di essi hanno riletto il Quattrocento di Antonello (Pellizzola, Goberti, giocando con un celebre perizoma, come ha fatto il graffitista Skim), Cosmé Tura (Bonora) e Pollaiolo (Alleruzzo), altri si sono rivolti all’evocazione di ignoti scultori lignei (Nigiani), della tomba berniniana del santo (Montanari) o del film “Sebastiane” (Dorigo), oppure si sono impegnati a costruire composizioni polimateriche (Castagnoli), ingegnosi collages (Baratella, Luggi) o sapienti fotomontaggi con la tecnica digitale (Malipiero, Andreani, Colucci e Mingotti, che con i suoi 21 anni è il più giovane partecipante della rassegna, mentre il primo è il più anziano).
Mancano solo le installazioni.
Espositori alla Biennale di Venezia (Cattani, Galliano) o cultori delle tecniche del restauro (Torresi, il quale presenta un altarolo neo-gotico), pittori, scultori, fotografi, ma altresì valenti illustratori e grafici (Cestari, Onze, Perucca, Tedeschi), questi artefici propongono via via il santo come icona gay oppure, in senso autorefenziale (l’autoritratto di Rubertelli, reggiano trapiantato a Londra), lo vedono quale metafora dell’artista deluso e ferito, incompreso e “saettato” dall’odierna crudele indifferenza dei più nei confronti delle espressioni estetiche, che può giungere a farlo raffigurare come un manichino trafitto (nel neo-metafisico olio di Minarini).
Interessante è quindi rilevare l’uso di diversi materiali esecutivi, tanto che talvolta le frecce risultano delineate in modo aggettante, usando magari gli spilloni per lavorare a maglia (l’ironico romano Bielli, narcisista e cinefilo), oppure vengono dipinti sulla tela veri e propri centri per tirare al bersaglio (il veronese Guizzardi, che rappresenta il santo “un momento prima” di essere colpito da un fucile in un quadretto quasi baconiano). Altri invece hanno fatto uso dell’acquerello e dell’acrilico, della pittura digitale, mentre un autore (il pavese Tolomelli) ha esposto il cartone per una vetrata, con i contorni delle “grigliature”.
Quindi, rispetto alla mostra di Cento si è scelto di esporre delle opere il relativo bozzetto preparatorio: ciò per dar modo di visionare interessanti “inediti”, ma anche per motivi allestitivi, considerando la maggior ampiezza delle sale del museo centese rispetto alla galleria di Firenze.
In ogni caso, la mostra ha mantenuto la caratteristica di un gioco intelligente e spregiudicato, che tra capriccioso autobiografismo (alcune immagini del santo risultano, come si è detto, veri e propri autoritratti) e scarsa adesione a significati religiosi (se non forse nel romagnolo Lenzini), può giungere persino alla dissacrazione (un paio di opere evocano pratiche sado-masochiste), seguendo una tradizione consolidata che parte dal testo dannunziano, giunge al film-scandalo “Sebastiane”, pellicola girata nel 1975 in Sardegna da Derek Jarman) e approda nell’opera di Amaducci ad una iconoclasta raffigurazione di un vigile urbano che “adora” un’immagine del suo santo-patrono..
Insomma, un puerto, quello di Sebastian, dove possono approdare manifestazioni d’arte, tra Eros e misticismo, raffinate quanto contrastanti tra loro.
Lucio Scardino
Giunge alla Galleria Benvenuti di Firenze la mostra organizzata all’inizio del 2010 dal Comune di Cento di Ferrara prendendo come spunto il primo centenario della stesura del “Martirio di San Sebastiano” di Gabriele d’Annunzio, mistero teatrale con musiche di Debussy che per certi versi segna l’inizio della laicizzazione della figura del santo martirizzato con le frecce, un tempo principalmente evocato quale taumaturgo contro la peste.
Il legame con Firenze, città che nelle sue chiese e nei suoi musei presenta notevoli immagini rinascimentali e barocche del santo, eseguite da pittori e scultori quali Botticelli, Perugino, Benedetto da Maiano, Bronzino, Sodoma, Santi di Tito, Rustichino e molti altri, si accentua grazie all’inserimento nella rassegna di un disegno del 1952 del fiorentino Giovanni Acci, maestro del “realismo magico” novecentesco.
Gli altri artisti sono tutti viventi, di diversa provenienza geografica e dissimile caratterizzazione stilistica, legati in gran parte al Figurativo: chiamati ad esercitarsi su questo particolare tema iconografico, alcuni di essi hanno riletto il Quattrocento di Antonello (Pellizzola, Goberti, giocando con un celebre perizoma, come ha fatto il graffitista Skim), Cosmé Tura (Bonora) e Pollaiolo (Alleruzzo), altri si sono rivolti all’evocazione di ignoti scultori lignei (Nigiani), della tomba berniniana del santo (Montanari) o del film “Sebastiane” (Dorigo), oppure si sono impegnati a costruire composizioni polimateriche (Castagnoli), ingegnosi collages (Baratella, Luggi) o sapienti fotomontaggi con la tecnica digitale (Malipiero, Andreani, Colucci e Mingotti, che con i suoi 21 anni è il più giovane partecipante della rassegna, mentre il primo è il più anziano).
Mancano solo le installazioni.
Espositori alla Biennale di Venezia (Cattani, Galliano) o cultori delle tecniche del restauro (Torresi, il quale presenta un altarolo neo-gotico), pittori, scultori, fotografi, ma altresì valenti illustratori e grafici (Cestari, Onze, Perucca, Tedeschi), questi artefici propongono via via il santo come icona gay oppure, in senso autorefenziale (l’autoritratto di Rubertelli, reggiano trapiantato a Londra), lo vedono quale metafora dell’artista deluso e ferito, incompreso e “saettato” dall’odierna crudele indifferenza dei più nei confronti delle espressioni estetiche, che può giungere a farlo raffigurare come un manichino trafitto (nel neo-metafisico olio di Minarini).
Interessante è quindi rilevare l’uso di diversi materiali esecutivi, tanto che talvolta le frecce risultano delineate in modo aggettante, usando magari gli spilloni per lavorare a maglia (l’ironico romano Bielli, narcisista e cinefilo), oppure vengono dipinti sulla tela veri e propri centri per tirare al bersaglio (il veronese Guizzardi, che rappresenta il santo “un momento prima” di essere colpito da un fucile in un quadretto quasi baconiano). Altri invece hanno fatto uso dell’acquerello e dell’acrilico, della pittura digitale, mentre un autore (il pavese Tolomelli) ha esposto il cartone per una vetrata, con i contorni delle “grigliature”.
Quindi, rispetto alla mostra di Cento si è scelto di esporre delle opere il relativo bozzetto preparatorio: ciò per dar modo di visionare interessanti “inediti”, ma anche per motivi allestitivi, considerando la maggior ampiezza delle sale del museo centese rispetto alla galleria di Firenze.
In ogni caso, la mostra ha mantenuto la caratteristica di un gioco intelligente e spregiudicato, che tra capriccioso autobiografismo (alcune immagini del santo risultano, come si è detto, veri e propri autoritratti) e scarsa adesione a significati religiosi (se non forse nel romagnolo Lenzini), può giungere persino alla dissacrazione (un paio di opere evocano pratiche sado-masochiste), seguendo una tradizione consolidata che parte dal testo dannunziano, giunge al film-scandalo “Sebastiane”, pellicola girata nel 1975 in Sardegna da Derek Jarman) e approda nell’opera di Amaducci ad una iconoclasta raffigurazione di un vigile urbano che “adora” un’immagine del suo santo-patrono..
Insomma, un puerto, quello di Sebastian, dove possono approdare manifestazioni d’arte, tra Eros e misticismo, raffinate quanto contrastanti tra loro.
Lucio Scardino
07
aprile 2011
Puerto Sebastian. Il mito di San Sebastiano nell’arte contemporanea
Dal 07 al 27 aprile 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA BENVENUTI
Firenze, Via Maggio, 11, (Firenze)
Firenze, Via Maggio, 11, (Firenze)
Orario di apertura
da lunedi a sabato ore 10-12.30 e 15.30-19
Vernissage
7 Aprile 2011, 18.00
Autore
Curatore