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Roma) è un sistema completo in se stesso, un organismo autonomo perché
rispondente a regole interne non del tutto svelabili. Eppure, si tratta di un
sistema niente affatto segregato dalla realtà, anche grazie all’origine
concreta delle forme (neuroni, strutture del Dna…), che vengono sublimate
nella fusione di figurazione e astrazione.
Ciò che rende straordinaria la sua pittura è la
compattezza dell’insieme, che può essere ascritta, per una volta senza
banalizzare, a un vero talento. Una capacità compositiva quasi pregressa, che
come per sinestesia coniuga tutte le possibilità della pittura, laddove
abitualmente si è costretti a scegliere quale privilegiare. Astrazione e
figurazione, come già detto, ma soprattutto intensione ed estensione vanno a
braccetto: il possente dispiegarsi della tela, la sua estensione “orizzontale”
non preclude la possibilità di colpire chi guarda con subitanee stilettate,
come colpi che sembrano espandersi perpendicolarmente al supporto.
E ancora, la convulsione della gestualità, segno
dell’inquietudine che ci attanaglia da ormai più di un secolo, convive con la
precisione del dettaglio, col grafismo che rappresenta al meglio l’epoca
postmoderna.
La mostra alla galleria Pack non si pone remore nei
confronti del visitatore, si propone anzi di assediarlo. Sin dall’ingresso:
nella prima sala, tre enormi tele dai toni scuri sembrano respingere chi entra,
per poi accoglierlo in languori e durezze che non si esauriscono nemmeno dopo
una lunga contemplazione. Ciò che in un allestimento classico potrebbe essere
un handicap, qui è un valore aggiunto. È infatti proprio l’impossibilità di
retrocedere alla giusta distanza dai dipinti che consente all’opera di
inglobare lo spettatore, di costringerlo a un nobile obbligo, quello di
confrontarsi con il tramestio della pittura di Di Fabio senza difese o
pregiudizi (il primo dei quali sarebbe, per un occhio poco attento, l’equivoco
tra decorazione e fine art).
La poetica dell’artista prende in queste nuove opere una
direzione leggermente diversa che in passato. L’astrazione è più pura, dato che
l’origine concreta delle forme è ormai solo un flebile sottotesto. Ciò che
conta è ormai il respiro di sistole e diastole del dipinto, che rompe gli
argini di qualsiasi geometria e si trasforma in pura, ondivaga ma strutturata
suggestione.
Lo stesso accade nei dipinti dai toni più accesi, esposti
nella seconda sala: il segno che li costella è ormai scarnificato, confinato
nello spazio sottile che separa segno e simbolo. Linee spezzate che ricordano
grafici diventano astratti profili di montagne, grazie al maelström in
cui navigano e alle colature che da loro si diramano.
Conclude la mostra una sala di opere più piccole e più
legate alle prove precedenti dell’artista. Con l’aggiunta di un mosaico, primo
esempio di una possibile nuova declinazione dell’arte di Di Fabio, sempre alla
ricerca di un nuovo punto di equilibrio tra fermezza e tumultuosità.
Di Fabio nella collettiva Antroposfera
La precedente personale alla Pack
La personale a Napoli nel 2007
mostra visitata il 4 maggio 2010
dal 4 maggio all’undici settembre
Alberto Di Fabio – Over the rainbow
a cura di Emanuela Nobile Mino
Galleria Pack
Foro
Buonaparte, 60 (zona Castello) – 20121 Milano
Orario: da
martedì a sabato ore 13-19.30
Ingresso
libero
Catalogo
disponibile
Info: tel. +39 0286996395; fax +39 0287390433; galleriapack@libero.it; www.galleriapack.com
[exibart]
abbondio quanti soldi butti via………
zia gelosa!! vorresti che li spenda per te?
No, non condivido questo mio ultimo commento. La pittura, a volte, è l’unica via perchè consapevole del suo essere anacronistica. Anche se Di Fabio non mi fa impazzire è sicuramente sufficiente. Forse un po’ troppo pattern, ma ci spuò stare.