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Riccardo Prevosti – La malinconia e il sogno
Con questa monografia d’arte la Galleria ab/arte apre all’editoria con una pubblicazione che prelude a progetti con collaborazioni e patrocini importanti. I grandi protagonisti dell’arte italiana moderna e contemporanea saranno raccontati da scrittori e critici.
Comunicato stampa
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Innanzitutto l’omaggio ad un amico, nato dal dialogare con lui quasi quotidianamente, tra parole entusiasmanti plasmate dalla sua intelligenza, dalla sua ironia, e dalla fantasia come una struttura architettonica fatta di storie raccontate ormai da trent’anni, tanto lunga è la nostra frequentazione, sebbene in maniera a volte episodica. Abbiamo, poi, condiviso anche qualche esperienza professionale, nell’organizzare mostre d’arte, io dalla parte del critico e lui da quella espositiva con pregevoli allestimenti.
Di Riccardo Prevosti sono qui presentate, in maniera ampia e discorsiva, tutte le opere più importanti, utili alla comprensione dell’artista, aiutati e chiarificati da interventi critici. Il volume, dal ricco apparato iconografico, costituisce un eccezionale strumento per la comprensione non solo della vicenda artistica di Prevosti, ma anche, più in generale, della calcografia del secondo Novecento fino ad oggi, con le sue radici classiche e tradizionali e le immancabili evoluzioni.
Attraverso queste brevi riflessioni - agili e brevi saggi critici - vogliamo ricostruire la potenza delle emozioni che Prevosti ci dà, approfondendone l’incidere, scavandone i segni sulle lastre, tramando nei dettagli dell’espressione, nell’approccio dell’autore con il mondo dell’arte, avvertendone il dramma cosmico, l’impronta netta, precisa, inconfondibile. Soprattutto quando raffigura corpi distesi o rannicchiati, intimi, che si fondono tra neri e grigi e viola, tra riflessi su acque all’imbrunire o panneggi della mente, a rappresentare un esistenzialismo velato da tramature e rilievi che ormai sono il suo tratto distintivo e lo portano ad una sorta di drammatica ma sorprendente figurazione destrutturata.
Il suo percorso nasce nei primi anni Settanta, in una città industriale e un po’ sonnambula ma carica d’impulsi creativi destinati a rivoluzionare i concetti della sua quotidianità e di un lavoro vissuto come semplice traccia di vita. A Brescia Riccardo Prevosti s’apre all’arte con l’arrivo nella stamperia di Luigi Corsini, urbinate maestro incisore, e l’approccio alla calcografia che lo appassiona. Da allora - siamo nel 1974 - sarà un riprodurre sensazioni, un esprimere curiosità , che lo portano a una ricerca continua nell’unicità di momenti che l’incisione moltiplica e dà. In quegli anni inizia anche la sua attività espositiva, prima in collettive poi in alcune personali: la prima nel 1979 presso la Galleria Bottega d’arte in Brescia, poi il confronto costruttivo nell’ambito della Rassegna didattica di calcografia presso il chiostro di San Clemente in Brescia in collaborazione con il Centro Internazionale di Grafica di Venezia.
Riccardo Prevosti apprezza l’incidere figurativo come le astrazioni e le campiture frutto di effetti di luce su corpi o rappresentazioni crepuscolari, sogni calati in ambienti che si rifanno al surrealismo, segni intrisi di poesia, nell’estraneazione che richiama una anamnesi platonica. Una sua costante è la maniacalità della perfezione intesa come inquadratura di quanto sente e di tutto ciò che può trasmettere qualcosa. Ecco allora i diversi approcci che andrà a vivere nel suo cammino sulla strada dell’arte confrontandosi con nuove realtà culturali e con artisti di altre ispirazioni e tendenze. I viaggi in diversi luoghi che chiamerà “della memoria” - in particolare in Francia con soggiorni a Saint Dizier e a Nancy - lo vedranno frequentare ambienti artistici che rinnoveranno in lui l’entusiasmo per la sua formazione professionale in cui emerge quel carattere artistico punto d’unione tra il rapporto pittorico che esiste nel disegno, inteso come idea iniziale, e il compiuto in cui si evince l’evoluzione dell’idea originaria.
Una delle immagini che esplica la vicenda artistica di Riccardo Prevosti è l’occhio che ammicca da una delle incisioni qui riprodotte ed esposta in una sua personale a Urbino. Un messaggio che nell’assolutezza del suo nitore è la mappa per trovare la narrazione del suo dire e del suo fare, del suo ruolo per la suggestione nell’arte. E’ il gusto del simbolico e la sensazione è quella di un terzo occhio, bianco, che ha bisogno dell’iride dello spettatore come atto di volontà ad entrare nell’arte, a non esaurire la causa, anche se occasionale, di una visita. Non solo. Le incisioni di Riccardo Prevosti aprono l’orizzonte su forme distribuite su vari piani, ad evocare idealità nascoste che fanno parte di altre dimensioni, quali il sogno, l’enigma dell’essere, il gioco di luci e di ombre. Così il suo linguaggio artistico si carica d’attesa, di un filo che snodi il labirinto dell’infinito, di Arianna che soccorre Tesèo, in un continuo scambio e movimento di toni crepuscolari.
Il racconto, come in una leggenda, si dipana in segmenti di azioni, quasi nella rappresentazione di se stesso sulle assi di un proscenio: un sipario che s’apre, una quinta che nasconde folli invenzioni, scenografie inquietanti di guerrieri o ciminiere di periferia.
Sono frammenti di un’esistenza arcana, volutamente misteriosa, che costringe, a volte - o meglio invita - a movimentare il corpo per una diversa visione dell’opera, ad una prospettiva che chiama ad altri punti focali, che non quello centrale, in una anamorfosi che spinge l’occhio - ancora l’occhio - ad entrare tra quei sipari e quelle quinte o dentro armature che sembrano evocare battaglie o ricamare incanti, espressioni della capacità demiurgica di Prevosti. E lungo il percorso espositivo l’ispirazione delle composizioni diventa il bagaglio di una frequentazione meditata con il passato, sfuggente ma foriero di uno stile identificante, realizzato soprattutto con l’uso degli effetti tonali dell’acquaforte, piegati ad una individuale maniera.
L’equilibrio è quello di una nuova figurazione, non intimista, tra cere molli, acqueforti e acquetinte, pure con sorprendenti risultati di rilievi che fanno pensare al duro lavoro su cammei finemente lavorati, dove l’inchiostro è il lievito che fa crescere una tattilità visiva e permette a Riccardo Prevosti di esprimere intuizioni ed affrontare una ricerca che coniuga la creatività ad una sapiente appropriazione della carta e del torchio.
Nelle sue incisioni c’è la purezza di un sogno: il bianco candore dell’essere appena increspato da una mano tesa verso l’infinito. In alto, la luna brilla alla luce del sole ormai tramontato e ricorda il domani che verrà, lasciato all’intuizione di chi guarda, con l’intenzione manifesta di proporre una memoria rievocativa e tracce mnestiche che hanno l’effetto di lambire il pensiero, archetipi dell’inconscio collettivo, residui di percezioni sensoriali.
L’opera di Riccardo Prevosti si presenta così nella sua estrema semplicità espressiva e si colloca fra i protagonisti dell’arte calcografica in Italia e non solo, come esponente di spicco nella reinvenzione delle realtà soverchiate da astratte impaginazioni filtrate dalla luce che si sprigiona dall’anima: la matrice. Ma se il messaggio poetico è recepibile ad una attenta lettura, non altrettanto lo è la tecnica artistica usata che sempre più, nella sua ricerca, si avvale di altri strumenti che alla calcografia vengono in soccorso, come le battute a secco realizzate con i materiali più impensabili. Il suo orizzonte artistico, infatti, trova concretezza nella sperimentazione che fin dagli anni Ottanta sarà determinante e costituirà il suo canone distintivo. Così il classico supporto delle lastre di zinco o di rame si associano - o addirittura verranno sostituite – con elementi da egli stesso assemblati con materiali di scarto presi chissà dove e che nel suo studio contribuiranno a inscenare un laboratorio come meditazione tra il suo essere e la realtà circostante.
Ecco allora che le sue dilazionate presenze al pubblico sono il silenzio meditativo cui attinge in una sorta di maieutica che tra luci e colori partorisce l’anima. L’arte di ricerca che persegue, da non confondersi con l’arte d’avanguardia o di neoavanguardia, che dir si voglia, è quella che non impone a se stesso e agli altri la propria tecnica, ma la tenuta di un’ansia creativa che tramuta l’estetica di un nuovo percorso, ora pervaso dalla proposizione della stampa a colori simultanei - che comunque non sacrifica al bianco e al nero - proposta da Stanley William Hayter che Prevosti inizia a studiare dopo aver conosciuto Hector Saunier, attuale direttore dell’Atelier 17, oggi Contrepoint, a Parigi.
La calcografia, dunque, nelle sue varie espressioni richiede notevole professionalità per le difficoltà esecutive ad essa connesse. Un’arte che, pur nella fondatezza del mestiere e nella fatica del lavoro manuale, trova ampia libertà di intento creativo, paradossalmente, a volte, non raggiungibile nella pittura. Questo per un artista che sia anche padrone delle tematiche e delle tecniche usate, e Riccardo Prevosti lo è.
Un artista dalla tematica ricca di poesia che porta a superare la stessa tecnica. Egli pone quest’ultima al servizio della prima e non accetta compromessi. Vero che la sua formazione professionale è stata curata da maestri incisori urbinati, ma la sua ricerca nel campo della grafica d’arte non si è fermata e non si fermerà. La maturazione creativa è sofferta, vissuta nell’animo, piccoli disegni preparatori sono solo sfoghi d’idee. Non sono la fine ma l’inizio. Si pone davanti alla lastra di zinco e la creatività irrompe nei gesti decisi, in segni che incidono, si rincorrono, si sovrappongono. Riccardo Prevosti è attento e serio, e questa monografia è solo un piccolo tassello di un cammino che lo vede protagonista di un lavoro finalizzato ad una personale nuova ricerca artistica.
Oggi Riccardo Prevosti riesce a spaziare dall’arte incisoria classica a quella con supporti polimaterici e collabora con la Galleria ab/arte di Brescia per gli allestimenti e come consulente per la calcografia.
Andrea Barretta
Di Riccardo Prevosti sono qui presentate, in maniera ampia e discorsiva, tutte le opere più importanti, utili alla comprensione dell’artista, aiutati e chiarificati da interventi critici. Il volume, dal ricco apparato iconografico, costituisce un eccezionale strumento per la comprensione non solo della vicenda artistica di Prevosti, ma anche, più in generale, della calcografia del secondo Novecento fino ad oggi, con le sue radici classiche e tradizionali e le immancabili evoluzioni.
Attraverso queste brevi riflessioni - agili e brevi saggi critici - vogliamo ricostruire la potenza delle emozioni che Prevosti ci dà, approfondendone l’incidere, scavandone i segni sulle lastre, tramando nei dettagli dell’espressione, nell’approccio dell’autore con il mondo dell’arte, avvertendone il dramma cosmico, l’impronta netta, precisa, inconfondibile. Soprattutto quando raffigura corpi distesi o rannicchiati, intimi, che si fondono tra neri e grigi e viola, tra riflessi su acque all’imbrunire o panneggi della mente, a rappresentare un esistenzialismo velato da tramature e rilievi che ormai sono il suo tratto distintivo e lo portano ad una sorta di drammatica ma sorprendente figurazione destrutturata.
Il suo percorso nasce nei primi anni Settanta, in una città industriale e un po’ sonnambula ma carica d’impulsi creativi destinati a rivoluzionare i concetti della sua quotidianità e di un lavoro vissuto come semplice traccia di vita. A Brescia Riccardo Prevosti s’apre all’arte con l’arrivo nella stamperia di Luigi Corsini, urbinate maestro incisore, e l’approccio alla calcografia che lo appassiona. Da allora - siamo nel 1974 - sarà un riprodurre sensazioni, un esprimere curiosità , che lo portano a una ricerca continua nell’unicità di momenti che l’incisione moltiplica e dà. In quegli anni inizia anche la sua attività espositiva, prima in collettive poi in alcune personali: la prima nel 1979 presso la Galleria Bottega d’arte in Brescia, poi il confronto costruttivo nell’ambito della Rassegna didattica di calcografia presso il chiostro di San Clemente in Brescia in collaborazione con il Centro Internazionale di Grafica di Venezia.
Riccardo Prevosti apprezza l’incidere figurativo come le astrazioni e le campiture frutto di effetti di luce su corpi o rappresentazioni crepuscolari, sogni calati in ambienti che si rifanno al surrealismo, segni intrisi di poesia, nell’estraneazione che richiama una anamnesi platonica. Una sua costante è la maniacalità della perfezione intesa come inquadratura di quanto sente e di tutto ciò che può trasmettere qualcosa. Ecco allora i diversi approcci che andrà a vivere nel suo cammino sulla strada dell’arte confrontandosi con nuove realtà culturali e con artisti di altre ispirazioni e tendenze. I viaggi in diversi luoghi che chiamerà “della memoria” - in particolare in Francia con soggiorni a Saint Dizier e a Nancy - lo vedranno frequentare ambienti artistici che rinnoveranno in lui l’entusiasmo per la sua formazione professionale in cui emerge quel carattere artistico punto d’unione tra il rapporto pittorico che esiste nel disegno, inteso come idea iniziale, e il compiuto in cui si evince l’evoluzione dell’idea originaria.
Una delle immagini che esplica la vicenda artistica di Riccardo Prevosti è l’occhio che ammicca da una delle incisioni qui riprodotte ed esposta in una sua personale a Urbino. Un messaggio che nell’assolutezza del suo nitore è la mappa per trovare la narrazione del suo dire e del suo fare, del suo ruolo per la suggestione nell’arte. E’ il gusto del simbolico e la sensazione è quella di un terzo occhio, bianco, che ha bisogno dell’iride dello spettatore come atto di volontà ad entrare nell’arte, a non esaurire la causa, anche se occasionale, di una visita. Non solo. Le incisioni di Riccardo Prevosti aprono l’orizzonte su forme distribuite su vari piani, ad evocare idealità nascoste che fanno parte di altre dimensioni, quali il sogno, l’enigma dell’essere, il gioco di luci e di ombre. Così il suo linguaggio artistico si carica d’attesa, di un filo che snodi il labirinto dell’infinito, di Arianna che soccorre Tesèo, in un continuo scambio e movimento di toni crepuscolari.
Il racconto, come in una leggenda, si dipana in segmenti di azioni, quasi nella rappresentazione di se stesso sulle assi di un proscenio: un sipario che s’apre, una quinta che nasconde folli invenzioni, scenografie inquietanti di guerrieri o ciminiere di periferia.
Sono frammenti di un’esistenza arcana, volutamente misteriosa, che costringe, a volte - o meglio invita - a movimentare il corpo per una diversa visione dell’opera, ad una prospettiva che chiama ad altri punti focali, che non quello centrale, in una anamorfosi che spinge l’occhio - ancora l’occhio - ad entrare tra quei sipari e quelle quinte o dentro armature che sembrano evocare battaglie o ricamare incanti, espressioni della capacità demiurgica di Prevosti. E lungo il percorso espositivo l’ispirazione delle composizioni diventa il bagaglio di una frequentazione meditata con il passato, sfuggente ma foriero di uno stile identificante, realizzato soprattutto con l’uso degli effetti tonali dell’acquaforte, piegati ad una individuale maniera.
L’equilibrio è quello di una nuova figurazione, non intimista, tra cere molli, acqueforti e acquetinte, pure con sorprendenti risultati di rilievi che fanno pensare al duro lavoro su cammei finemente lavorati, dove l’inchiostro è il lievito che fa crescere una tattilità visiva e permette a Riccardo Prevosti di esprimere intuizioni ed affrontare una ricerca che coniuga la creatività ad una sapiente appropriazione della carta e del torchio.
Nelle sue incisioni c’è la purezza di un sogno: il bianco candore dell’essere appena increspato da una mano tesa verso l’infinito. In alto, la luna brilla alla luce del sole ormai tramontato e ricorda il domani che verrà, lasciato all’intuizione di chi guarda, con l’intenzione manifesta di proporre una memoria rievocativa e tracce mnestiche che hanno l’effetto di lambire il pensiero, archetipi dell’inconscio collettivo, residui di percezioni sensoriali.
L’opera di Riccardo Prevosti si presenta così nella sua estrema semplicità espressiva e si colloca fra i protagonisti dell’arte calcografica in Italia e non solo, come esponente di spicco nella reinvenzione delle realtà soverchiate da astratte impaginazioni filtrate dalla luce che si sprigiona dall’anima: la matrice. Ma se il messaggio poetico è recepibile ad una attenta lettura, non altrettanto lo è la tecnica artistica usata che sempre più, nella sua ricerca, si avvale di altri strumenti che alla calcografia vengono in soccorso, come le battute a secco realizzate con i materiali più impensabili. Il suo orizzonte artistico, infatti, trova concretezza nella sperimentazione che fin dagli anni Ottanta sarà determinante e costituirà il suo canone distintivo. Così il classico supporto delle lastre di zinco o di rame si associano - o addirittura verranno sostituite – con elementi da egli stesso assemblati con materiali di scarto presi chissà dove e che nel suo studio contribuiranno a inscenare un laboratorio come meditazione tra il suo essere e la realtà circostante.
Ecco allora che le sue dilazionate presenze al pubblico sono il silenzio meditativo cui attinge in una sorta di maieutica che tra luci e colori partorisce l’anima. L’arte di ricerca che persegue, da non confondersi con l’arte d’avanguardia o di neoavanguardia, che dir si voglia, è quella che non impone a se stesso e agli altri la propria tecnica, ma la tenuta di un’ansia creativa che tramuta l’estetica di un nuovo percorso, ora pervaso dalla proposizione della stampa a colori simultanei - che comunque non sacrifica al bianco e al nero - proposta da Stanley William Hayter che Prevosti inizia a studiare dopo aver conosciuto Hector Saunier, attuale direttore dell’Atelier 17, oggi Contrepoint, a Parigi.
La calcografia, dunque, nelle sue varie espressioni richiede notevole professionalità per le difficoltà esecutive ad essa connesse. Un’arte che, pur nella fondatezza del mestiere e nella fatica del lavoro manuale, trova ampia libertà di intento creativo, paradossalmente, a volte, non raggiungibile nella pittura. Questo per un artista che sia anche padrone delle tematiche e delle tecniche usate, e Riccardo Prevosti lo è.
Un artista dalla tematica ricca di poesia che porta a superare la stessa tecnica. Egli pone quest’ultima al servizio della prima e non accetta compromessi. Vero che la sua formazione professionale è stata curata da maestri incisori urbinati, ma la sua ricerca nel campo della grafica d’arte non si è fermata e non si fermerà. La maturazione creativa è sofferta, vissuta nell’animo, piccoli disegni preparatori sono solo sfoghi d’idee. Non sono la fine ma l’inizio. Si pone davanti alla lastra di zinco e la creatività irrompe nei gesti decisi, in segni che incidono, si rincorrono, si sovrappongono. Riccardo Prevosti è attento e serio, e questa monografia è solo un piccolo tassello di un cammino che lo vede protagonista di un lavoro finalizzato ad una personale nuova ricerca artistica.
Oggi Riccardo Prevosti riesce a spaziare dall’arte incisoria classica a quella con supporti polimaterici e collabora con la Galleria ab/arte di Brescia per gli allestimenti e come consulente per la calcografia.
Andrea Barretta
12
marzo 2011
Riccardo Prevosti – La malinconia e il sogno
12 marzo 2011
serata - evento
Location
GALLERIA AB/ARTE
Brescia, Vicolo San Nicola, 6, (Brescia)
Brescia, Vicolo San Nicola, 6, (Brescia)
Orario di apertura
Giovedì 15,30 - 19,30. Da venerdì a sabato
9,30 - 12,30 e 15,30 - 19,30
Vernissage
12 Marzo 2011, Ore 16,30
Autore
Curatore