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Sergio Fergola – Il tempo della magia e dell’enigma
E’ un divertissement di sole sei opere. Una pièce artistica. Come in un teatro con una sorta di libretto a parete, dove tra magie ed enigmi troviamo anche l’acido corrosivo del potere, precluso dall’intelligenza che esplode nella meraviglia di un linguaggio vivissimo, quasi di stretta attualità.
Comunicato stampa
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Il ciclo di mostre che la Galleria ab/arte dedica alla storia delle arti della modernità attraverso i Maestri del Novecento, iniziato nel marzo del 2010 con l’esposizione Work in progress, proseguito con Novella Parigini e gli artisti della Dolce Vita, poi con Dopo Corrente: un’esperienza artistica nel suo evolversi, conferma l’intento di promuovere arte con eventi di qualità nell’arte, dalle avanguardie alla digital art, senza barriere e formule di tendenza tra astrazione e figurazione, informale e concettuale, mettendo in primo piano incontri diretti con il pubblico, con artisti e critici. Alla Galleria ab/arte interessano ma non bastano le rassegne pittoriche fine a se stesse, mentre stimola e intriga la ricerca e la capacità di aprire nuove prospettive di riflessione su tematiche che hanno avuto un ruolo per nulla marginale nell’arte moderna e contemporanea. Straordinarie iniziative che s’inseriscono nel programma culturale della Galleria ab/arte, nell’alfabeto dedicato ai grandi artisti dell’arte italiana - e non solo - con passione organizzativa, competenza e professionalità al fine di produrre cultura e non soltanto mercato. Ecco, allora, dopo questi appuntamenti, e un approccio al contemporaneo con l’antologica Una storia bestiale, che ab/arte continua con la mostra che inaugura la stagione 2011 dedicata all’arte moderna che diventa conferma di iniziative culturali, non tradendo i suoi principi costitutivi, giacché Il tempo della magia e dell’enigma, è un divertissement di sole sei opere. Una pièce artistica da assaporare in galleria, consapevoli di entrarvi come in un teatro e di interpretare il ruolo di spettatori aiutati da una sorta di libretto a parete, dove tra magie ed enigmi troviamo anche l’acido corrosivo del potere, precluso dall’intelligenza che esplode nella meraviglia di un linguaggio vivissimo, quasi di stretta attualità. L’iter espositivo della mostra propone una riflessione sull’arte, la cultura, la società, poi … la tenda del palcoscenico si chiuderà e non ci aspettiamo applausi, ma un silenzio che urli come un improvviso tuono. “Occhi dello spettatore - c’introduce nella lettura il critico Riccardo Barletta - a voi è riservata la gioia del colore, la finezza dei toni, la ricca densità testurale dei floccaggi, che impreziosiscono le variate superfici serigrafiche. Anime dei lettori: a voi sono riservate alcune moralità, che queste curiose immagini mi suggeriscono”.
L’artista è Sergio Fergola (1936-1996), che ha lavorato, vissuto ed esposto in varie città italiane ed estere tra cui Napoli (dove è nato), Milano, Torino, Venezia, Firenze, Parigi, Sidney e New York (sue opere al Museum of Modern Art), e che nel 1972 è invitato alla Biennale di Venezia e nel 1974 alla Biennale d’arte di Milano. Non solo. Questa mostra rappresenta, dopo trentacinque anni, il suo ritorno a Brescia, visto che vi ha esposto alla Galleria San Michele nel 1971 e nel 1976.
Fergola nel 1950 si sente vicino al Movimento Nucleare con Enrico Baj, Joe Colombo, Mario Colucci, Sergio Dangelo, Lucio Del Pezzo, Bruno di Bello, Piero Manzoni, Mario Persico. Per poi fondare il Gruppo 58 insieme a Del Pezzo, Di Bello e Persico. In questo periodo esprime la possibilità della pittura di concentrarsi sui propri mezzi espressivi tra l’immaginario e il letterario, con richiami all’espressionismo, all’esperienza compiuta studiando la manualità di Calder e l’action painting di Pollock, e a tutti gli elementi della sua formazione classica da Van Eyck al poliedrico artista di corte Cosmè Tura.
L’esposizione Il tempo della magia e dell’enigma va oltre l’approccio con i nuclearisti, eredi del surrealismo, il realismo esistenziale - o quanto Fergola scrive e firma nel “Manifeste de Naples” - e si configura come indagine su importanti evoluzioni artistiche che vanno dal 1956 fin verso la fine degli anni Settanta del ventesimo secolo, come rappresentazione del ruolo fondamentale avuto nella cultura artistica italiana del dopoguerra, nel corso dei primi contatti internazionali, come con le neo-avanguardie europee, dai lettristi di Isou e Pomerand (Parigi 1946) con la capacità di superare le posizioni dada-surrealiste, agli esponenti del Gruppo Cobra, agli agganci con i gruppi Phases a Parigi, Spur a Monaco e Boa a Buenos Aires, e all’aspirazione di un’arte spontanea che rifiutasse qualsiasi intellettualismo e dogmatismo teorico a favore della libera sperimentazione, tanto da considerarsi genesi dell’espressionismo astratto europeo. In quegli anni a Napoli c’era gran fermento culturale come l’esperienza della poesia visiva di Stelio Maria Martini, l’attività critica e poetica sperimentale di Emilio Villa e Luciano Caruso (intellettuale di rilievo prima ancora che artista affermato), di iniziative editoriali coraggiose come Documento Sud cui Fergola collabora, e poi Continuum, frutto di partecipazioni importanti: Edouard Jaguer, legato al movimento surrealista, e il poeta e scrittore genovese Edoardo Sanguineti, impegnato in una battaglia culturale iniziata proprio con l’esperienza avanguardistica degli anni Sessanta, fino ad essere il teorico, insieme ad Angelo Guglielmi, del movimento letterario conosciuto come Gruppo 63, che si richiamava alla teoria dello strutturalismo. Ma stringeva rapporti con il Gruppo 58 e nel gennaio 1959 firmava anch’egli il “Manifeste de Naples”, mentre alla Galerie Cordier di Parigi s’inaugura la Exposition internationale du Surréalisme e alla Tate Gallery di Londra c’è la vernice di New American Painting, sull’Espressionismo Astratto americano, organizzata dal Museum of Modern Art di New York, da cui nasce il confronto degli artisti italiani con le grandi tele di Rothko, Still, Newman e Kelly.
Il Gruppo 58 nasce per “chiudere il tormentoso rubinetto dell’inconscio e di gettare un ponte tra il presente della nostra civiltà spirituale e l’origine, dimostrando quanto questa civiltà sia ancora capace di cantare con semplicità le albe primordiali pulsanti nella memoria del suo sangue”. Fergola in quegli anni sviluppa anche i termini del problema della “natura artificialis” precisati dal Barletta stesso in un libro pubblicato nel 1961 dal titolo La natura artificialis e il Limbo interiore e abbandona il linguaggio informale per adottare la tecnica di derivazione dadaista del collage polimaterico, utilizzando oggetti della vita quotidiana e stabilisce una sinergia con il Movimento Nucleare a Milano con Enrico Baj, tanto da esporre insieme, e con il movimento nuclearista napoletano, di cui Colucci e Guido Biasi sono i principali attori, e segnare quell’arricchimento del linguaggio espressivo tra immagine e parola, tra scrittura, disegno e poesia, che gli resterà in eredità negli anni successivi, tra sperimentazione e tradizione. Nell’astrazione che “non è arte ma solo concetto filosofico e convenzionale. L’arte non è astratta benché vi possa essere una concezione astratta dell’arte. Questo neo-neoplatonismo è da tempo superato dagli avvenimenti della scienza moderna, quindi non ha più ragione d’essere come fenomeno vitale e attuale”, leggiamo nel “Manifeste de Naples” cui aderiscono anche Baj e Sanguineti, poi artisti che ritroviamo nel Gruppo 58 e altri.
In Il tempo della magia e dell’enigma Sergio Fergola raffigura complessi insiemi di significati, tra il fantastico e realtà, il letterario e il simbolico che chiama ad interrogarsi sul rituale e sulle saghe della quotidianità, in una facondia artistica ancora attuale e comunicativa, come a rivivere quanto scriveva nel 1959 a chiosa del “Manifeste de Naples”: Ancora tremanti ci rialzammo e uno di noi, avanzando verso la voragine, disse: ‘Siano le nostre opere meteore, lava e lapilli, polvere cosmica, carburo in accensione, orbite di violenza, traiettorie di sensi, intuizioni radioattive, zolfo, fosforo e mercurio...’. Ci tuffammo dal cratere nel golfo e approdammo a Cuma per chiedere l’oracolo. La Sibilla uscì dall’antro e il detto confermò ancora il fatto: Jatevenne! L’astrattismo è vecchio, e fete chiù e me!”
La mostra che ab/arte presenta, grazie a un sapiente allestimento di Riccardo Prevosti, mette nel giusto risalto gli sviluppi dell’attività artistica di Sergio Fergola, da cui si evince il rimettere in discussione, in quegli anni, gli elementi costruttivi dell’arte - forma e colore, materia e stile - senza escludere i rudimenti di invenzione e di creazione e instaurando un nuovo rapporto con la realtà. Le tecniche privilegiate erano il frottage, l’action painting, il collage, il tachismo e il floccaggio, ed ecco allora che l’erodere, l’intaccare, il logorare, lo “scavare” nel messaggio corrosivo di Fergola in questa mostra s’avvia trasversalmente in una scena storica che percorre secoli di letteratura, di filosofia, di arte ma anche di soprusi. Sono i protagonisti di Fergola che in “sei lavori mostrano, tipologicamente, altrettanti diversi personaggi, ognuno legato a un successivo momento di ricerca del pittore napoletano. Come su sovrapposti strati, ecco che ci appaiono, via via, i periodi: veneziano, rinascimentale, di Loudon, picassiano, preraffaellita, joyciano. Un arco di circa dieci anni. Sembra una passeggiata ideale dal Vivarini al Grande Pablo”.
Sulle serigrafie, calcografie a secco e flock di Sergio Fergola - lavori del 1976 - troviamo il caos ordinato degli oggetti che richiamano a uno spazio-rempo tra simboli e parole come geroglifici. Questo è l’enigma creato da Fergola, pittore che abbandonò la Napoli degli anni Sessanta per arrivare in Francia e oltreoceano a New York a stretto contatto con il New Dada americano e la Pop Art, questo racconta l’artista Fergola come se praticasse un “curioso mestiere” che “è quello dell’archeologo”, scrive il prof. Barletta. “Scava, riscava, separa, riunisce. Due virtù: il desiderio del nuovo e la pazienza”. E queste sei opere presentano “una specie di archeologia dell’arte di Sergio Fergola (…) saccheggiatore perspicace della tradizione aulica” che “non conserva religiosamente i suoi archeologici reperti culturali. Bensì li rinnova per noi. Ne fa enigmatiche immagini per il presente. Una neo-archeologia, dunque. Ironia e nostalgia vi sono commiste …”.
In Il tempo della magia e dell’enigma c’è l’esigenza di riconsiderare alcuni aspetti critici e storiografici inerenti una stagione esclusiva dell’arte, in una fascinazione che sorprenderà, che tratterrà gli sguardi perché basta un attimo e gli occhi potrebbero rivelare un gesto, una nuova scoperta di senso. Allora, un consiglio: lasciate il tempo che scorre fuori dalla porta della Galleria ab/arte. Prendetevi tempo e datevi tempo, la magia e l’enigma nel silenzio vi attendono. Mettetevi comodi e sedetevi se volete o preparatevi un “sandwich di grazia” fergoliano come in un déjeuners su l’herbe, senza pane … ma tra due nuvole inserite il profilo di una madonna del Pollaiolo. Oppure osservate “il latteo velo, che il viso non disvela” o una lettera da leggere: quella di Asmodeo o quella che James Joyce scrisse a Ibsen. E sarà proprio qui che l’ironia si fa intelligenza “contro le mistificazioni del reale da parte del potere e dell’ignoranza”, mentre un profumo di basilico inciterà ad infiniti percorsi fino ad un après Picasso, ovvero in uno “stupro della tradizione e della modernità”. Il mistero continua.
Andrea Barretta
L’artista è Sergio Fergola (1936-1996), che ha lavorato, vissuto ed esposto in varie città italiane ed estere tra cui Napoli (dove è nato), Milano, Torino, Venezia, Firenze, Parigi, Sidney e New York (sue opere al Museum of Modern Art), e che nel 1972 è invitato alla Biennale di Venezia e nel 1974 alla Biennale d’arte di Milano. Non solo. Questa mostra rappresenta, dopo trentacinque anni, il suo ritorno a Brescia, visto che vi ha esposto alla Galleria San Michele nel 1971 e nel 1976.
Fergola nel 1950 si sente vicino al Movimento Nucleare con Enrico Baj, Joe Colombo, Mario Colucci, Sergio Dangelo, Lucio Del Pezzo, Bruno di Bello, Piero Manzoni, Mario Persico. Per poi fondare il Gruppo 58 insieme a Del Pezzo, Di Bello e Persico. In questo periodo esprime la possibilità della pittura di concentrarsi sui propri mezzi espressivi tra l’immaginario e il letterario, con richiami all’espressionismo, all’esperienza compiuta studiando la manualità di Calder e l’action painting di Pollock, e a tutti gli elementi della sua formazione classica da Van Eyck al poliedrico artista di corte Cosmè Tura.
L’esposizione Il tempo della magia e dell’enigma va oltre l’approccio con i nuclearisti, eredi del surrealismo, il realismo esistenziale - o quanto Fergola scrive e firma nel “Manifeste de Naples” - e si configura come indagine su importanti evoluzioni artistiche che vanno dal 1956 fin verso la fine degli anni Settanta del ventesimo secolo, come rappresentazione del ruolo fondamentale avuto nella cultura artistica italiana del dopoguerra, nel corso dei primi contatti internazionali, come con le neo-avanguardie europee, dai lettristi di Isou e Pomerand (Parigi 1946) con la capacità di superare le posizioni dada-surrealiste, agli esponenti del Gruppo Cobra, agli agganci con i gruppi Phases a Parigi, Spur a Monaco e Boa a Buenos Aires, e all’aspirazione di un’arte spontanea che rifiutasse qualsiasi intellettualismo e dogmatismo teorico a favore della libera sperimentazione, tanto da considerarsi genesi dell’espressionismo astratto europeo. In quegli anni a Napoli c’era gran fermento culturale come l’esperienza della poesia visiva di Stelio Maria Martini, l’attività critica e poetica sperimentale di Emilio Villa e Luciano Caruso (intellettuale di rilievo prima ancora che artista affermato), di iniziative editoriali coraggiose come Documento Sud cui Fergola collabora, e poi Continuum, frutto di partecipazioni importanti: Edouard Jaguer, legato al movimento surrealista, e il poeta e scrittore genovese Edoardo Sanguineti, impegnato in una battaglia culturale iniziata proprio con l’esperienza avanguardistica degli anni Sessanta, fino ad essere il teorico, insieme ad Angelo Guglielmi, del movimento letterario conosciuto come Gruppo 63, che si richiamava alla teoria dello strutturalismo. Ma stringeva rapporti con il Gruppo 58 e nel gennaio 1959 firmava anch’egli il “Manifeste de Naples”, mentre alla Galerie Cordier di Parigi s’inaugura la Exposition internationale du Surréalisme e alla Tate Gallery di Londra c’è la vernice di New American Painting, sull’Espressionismo Astratto americano, organizzata dal Museum of Modern Art di New York, da cui nasce il confronto degli artisti italiani con le grandi tele di Rothko, Still, Newman e Kelly.
Il Gruppo 58 nasce per “chiudere il tormentoso rubinetto dell’inconscio e di gettare un ponte tra il presente della nostra civiltà spirituale e l’origine, dimostrando quanto questa civiltà sia ancora capace di cantare con semplicità le albe primordiali pulsanti nella memoria del suo sangue”. Fergola in quegli anni sviluppa anche i termini del problema della “natura artificialis” precisati dal Barletta stesso in un libro pubblicato nel 1961 dal titolo La natura artificialis e il Limbo interiore e abbandona il linguaggio informale per adottare la tecnica di derivazione dadaista del collage polimaterico, utilizzando oggetti della vita quotidiana e stabilisce una sinergia con il Movimento Nucleare a Milano con Enrico Baj, tanto da esporre insieme, e con il movimento nuclearista napoletano, di cui Colucci e Guido Biasi sono i principali attori, e segnare quell’arricchimento del linguaggio espressivo tra immagine e parola, tra scrittura, disegno e poesia, che gli resterà in eredità negli anni successivi, tra sperimentazione e tradizione. Nell’astrazione che “non è arte ma solo concetto filosofico e convenzionale. L’arte non è astratta benché vi possa essere una concezione astratta dell’arte. Questo neo-neoplatonismo è da tempo superato dagli avvenimenti della scienza moderna, quindi non ha più ragione d’essere come fenomeno vitale e attuale”, leggiamo nel “Manifeste de Naples” cui aderiscono anche Baj e Sanguineti, poi artisti che ritroviamo nel Gruppo 58 e altri.
In Il tempo della magia e dell’enigma Sergio Fergola raffigura complessi insiemi di significati, tra il fantastico e realtà, il letterario e il simbolico che chiama ad interrogarsi sul rituale e sulle saghe della quotidianità, in una facondia artistica ancora attuale e comunicativa, come a rivivere quanto scriveva nel 1959 a chiosa del “Manifeste de Naples”: Ancora tremanti ci rialzammo e uno di noi, avanzando verso la voragine, disse: ‘Siano le nostre opere meteore, lava e lapilli, polvere cosmica, carburo in accensione, orbite di violenza, traiettorie di sensi, intuizioni radioattive, zolfo, fosforo e mercurio...’. Ci tuffammo dal cratere nel golfo e approdammo a Cuma per chiedere l’oracolo. La Sibilla uscì dall’antro e il detto confermò ancora il fatto: Jatevenne! L’astrattismo è vecchio, e fete chiù e me!”
La mostra che ab/arte presenta, grazie a un sapiente allestimento di Riccardo Prevosti, mette nel giusto risalto gli sviluppi dell’attività artistica di Sergio Fergola, da cui si evince il rimettere in discussione, in quegli anni, gli elementi costruttivi dell’arte - forma e colore, materia e stile - senza escludere i rudimenti di invenzione e di creazione e instaurando un nuovo rapporto con la realtà. Le tecniche privilegiate erano il frottage, l’action painting, il collage, il tachismo e il floccaggio, ed ecco allora che l’erodere, l’intaccare, il logorare, lo “scavare” nel messaggio corrosivo di Fergola in questa mostra s’avvia trasversalmente in una scena storica che percorre secoli di letteratura, di filosofia, di arte ma anche di soprusi. Sono i protagonisti di Fergola che in “sei lavori mostrano, tipologicamente, altrettanti diversi personaggi, ognuno legato a un successivo momento di ricerca del pittore napoletano. Come su sovrapposti strati, ecco che ci appaiono, via via, i periodi: veneziano, rinascimentale, di Loudon, picassiano, preraffaellita, joyciano. Un arco di circa dieci anni. Sembra una passeggiata ideale dal Vivarini al Grande Pablo”.
Sulle serigrafie, calcografie a secco e flock di Sergio Fergola - lavori del 1976 - troviamo il caos ordinato degli oggetti che richiamano a uno spazio-rempo tra simboli e parole come geroglifici. Questo è l’enigma creato da Fergola, pittore che abbandonò la Napoli degli anni Sessanta per arrivare in Francia e oltreoceano a New York a stretto contatto con il New Dada americano e la Pop Art, questo racconta l’artista Fergola come se praticasse un “curioso mestiere” che “è quello dell’archeologo”, scrive il prof. Barletta. “Scava, riscava, separa, riunisce. Due virtù: il desiderio del nuovo e la pazienza”. E queste sei opere presentano “una specie di archeologia dell’arte di Sergio Fergola (…) saccheggiatore perspicace della tradizione aulica” che “non conserva religiosamente i suoi archeologici reperti culturali. Bensì li rinnova per noi. Ne fa enigmatiche immagini per il presente. Una neo-archeologia, dunque. Ironia e nostalgia vi sono commiste …”.
In Il tempo della magia e dell’enigma c’è l’esigenza di riconsiderare alcuni aspetti critici e storiografici inerenti una stagione esclusiva dell’arte, in una fascinazione che sorprenderà, che tratterrà gli sguardi perché basta un attimo e gli occhi potrebbero rivelare un gesto, una nuova scoperta di senso. Allora, un consiglio: lasciate il tempo che scorre fuori dalla porta della Galleria ab/arte. Prendetevi tempo e datevi tempo, la magia e l’enigma nel silenzio vi attendono. Mettetevi comodi e sedetevi se volete o preparatevi un “sandwich di grazia” fergoliano come in un déjeuners su l’herbe, senza pane … ma tra due nuvole inserite il profilo di una madonna del Pollaiolo. Oppure osservate “il latteo velo, che il viso non disvela” o una lettera da leggere: quella di Asmodeo o quella che James Joyce scrisse a Ibsen. E sarà proprio qui che l’ironia si fa intelligenza “contro le mistificazioni del reale da parte del potere e dell’ignoranza”, mentre un profumo di basilico inciterà ad infiniti percorsi fino ad un après Picasso, ovvero in uno “stupro della tradizione e della modernità”. Il mistero continua.
Andrea Barretta
05
marzo 2011
Sergio Fergola – Il tempo della magia e dell’enigma
Dal 05 marzo al 23 aprile 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA AB/ARTE
Brescia, Vicolo San Nicola, 6, (Brescia)
Brescia, Vicolo San Nicola, 6, (Brescia)
Orario di apertura
Giovedì 15,30 - 19,30. Da venerdì a sabato
9,30 - 12,30 e 15,30 - 19,30.
Vernissage
5 Marzo 2011, Ore 18,30
Autore
Curatore