Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Piero Pesce – XX Secolo
Le opere dell’installazione “XX Secolo” sono realizzate con assemblaggi di cubi di Rubik raffiguranti soggetti tratti dall’universo mediatico, icone del quotidiano note a tutti e riconoscibili.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Piero Pesce, recuperando la carica provocatoria del movimento Dada (Zurigo 1916-1920) e il graffiante cinismo della Pop Art (Gran Bretagna fine degli anni ’50 – USA anni ’60), rivolge la sua attenzione agli oggetti, ai miti e ai linguaggi della società dei consumi. Vicino alla corrente internazionale e postmoderna del Neo-Pop, miscela i simboli di culture diverse rimandando al grafitismo urbano, al mondo dell’underground, ma anche ai fumetti e al web design. Le opere dell’installazione “XX Secolo” sono realizzate con assemblaggi di cubi di Rubik raffiguranti soggetti tratti dall’universo mediatico, icone del quotidiano note a tutti e riconoscibili. L’artista è un puro manipolatore e come tale, usando il cubo come base da dipingere, sottolinea il valore concettuale delle sue opere. Non solo i più disparati soggetti sono costretti a coabitare in un improbabile
spazio comune, in un riassuntivo condominio virtuale, ma in aggiunta la loro immagine è dipinta sulle facce di questi cubi, cioè su tasselli rotanti che possono far ottenere 43 miliardi di miliardi di combinazioni. L’istallazione, di fatto, può essere considerata il suo metodo risolutivo del Cubo di Rubik, anche se avulso dalle complesse teorie matematiche. Piero Pesce si distacca intenzionalmente dai miti e dalle storie che hanno caratterizzato lo scorso secolo, non dimostrando condivisione con i soggetti che rappresenta. Li affolla, invece, e li contrappone amalgamando il vero al fantastico e inseguendo, in questo modo, l’utopia della cancellazione. I suoi oggetti diventano forma , ma invece di diventare più veri mettono in crisi un’ iconologia socialmente accettata di significati e di simboli. Scorrendo le sue immagini sembra di ritornare sulle pagine de “Il secolo breve. 1914-1991” di Eric Hobsbawm (1994), come gigantesca sintesi del Novecento. In questo libro, come nelle opere di Pesce, si parla della fine dell’eurocentrismo, della globalizzazione, della disintegrazione dei vecchi modelli di relazioni umane e sociali, considerando come soggetti non i singoli stati, ma le grandi aree geo-politiche: il Primo, il Secondo e il Terzo Mondo. Attraverso il linguaggio critico e ludico che lo caratterizza, anche la carrellata di personaggi e simboli che l’artista propone rappresenta un grande riassunto del secolo che ci siamo lasciati alla spalle, con le sue contraddizioni, con le sue star, con il suo modo nuovo di vivere il pianeta. Nelle sue opere tutto sembra mescolarsi, ricombinarsi, riprodursi, nascondersi e riaffacciarsi seguendo il gioco delle possibilità o meglio la legge statistica delle probabilità. Le minuscole facce del Cubo di Rubik creano un muro fantastico, uno schermo fisso, una realtà che da virtuale diventa concreta e bidimensionale. Se dunque il muro di Berlino è caduto, ecco sorgerne un altro, una specie di barriera che attrae e respinge. Lo spettatore entra di diritto a far parte della scena personificando se stesso e partecipa ad una performance destinata sia ai principianti che ai giocatori più esperti. La grande lezione delle avanguardie storiche del Novecento arriva fino a noi in veste contemporanea e concettuale. Anche questa è in fondo un’eredità del XX Secolo: un nuovo approccio nel fare arte e nel fruirla, un’apertura a 360° verso il mondo in cui viviamo e che solo ora possiamo percorrere contemporaneamente sia in senso geografico che in senso storico. Questo piccolo cubo sfaccettato rappresenta in realtà la mente umana: duttile, variegata, creativa, seppure saldata ad un ingranaggio centrale che la mantiene unitaria. Piero Pesce ha realizzato le sue prime opere con il cubo di Rubik negli anni Novanta e nel 2001 le ha esposte a Parigi in ambito museale.
Francesca Pietracci
Piero Pesce, absorbing the charge of the provocative Dada (Zurich 1916-1920) and the biting cynicism of Pop Art (Great Britain late 50s - USA 60s), turns his attention to objects, myths and Consumer Society’s language. Close to the international and postmodern NeoPop current, Piero Pesce mixes symbols of different cultures referring to urban graffitism, to the underground world, but also to comics and web design. The installation "XXth Century" is an assembling of Rubik's cubes depicting subjects treated by the media, the newspaper, the everyday icons and so are recognizable. The artist is a pure manipulator and as such, using the cube as a base to paint, he highlights the conceptual value of his work. Not only the most diverse subjects are forced to live together in an unlikely common space, but also, in a virtual condo, their picture is painted on the faces of these cubes, which means on rotating blocks that can get to 43 billion combinations . The installation, in fact, may be considered his method of resolving the Rubik's Cube, although unrelated to complex mathematical theories. Piero Pesce intentionally deviates from the myths
and stories that have characterized the last century, demonstrating that he does not share feelings and ideas with what and who he represents. He crowds them, he opposes them and he mixes reality with fantasy, following in this way the utopia of cancellation. His objects become shapes, but instead of becoming more real they embarrass a socially accepted iconology made of meanings and symbols. Scrolling down his images gives us the impression of reading the pages of "The Short Century. 1914-1991 ", written by Eric Hobsbawm in 1994 as a giant summary of the Twentieth century. In the book, as in Pesce’s works, the subjects are the end of Eurocentrism, Globalization and the disintegration of the old patterns of human and social relationships, considering the big geo-political areas: First, Second and Third World, instead of individual States. Through the critical and clear–headed language that characterizes his work, even the cast of characters and symbols that the artist proposes is a great summary of the century we left behind, with its contradictions, with its stars, with its new way to live the planet. In his works, everything seems to mix, recombine, replicate, hide and reappear following the play of chance, or rather the law of statistical probability. The tiny faces of the Rubik's Cube create a fantastic wall, a fixed screen, a virtual reality that becomes concrete and two-dimensional. So if the Berlin Wall has fallen, here is another one, a sort of barrier that attracts and repels. The observer gains the right to be part of the scene by personifying himself and he takes part in a performance designed for both beginners and more experienced players. The great lesson of the historical avant-gardes of the Twentieth century comes to us as contemporary and conceptual. This is actually a heritage of the Twentieth century: a new approach to the making of art and a new way to enjoy it, a 360 ° opening toward the world we live in and with which we can now go forward in a geographical and historical sense. This small faceted cube represents the human mind, flexible, diverse and creative, even if welded to a central gear that keeps it unified. Piero Pesce made his first works with the Rubik's cube in the nineties and in 2001 he exhibited it in Paris as part of a Museum exhibition.
Francesca Pietracci
translated by Gloria Maggi
spazio comune, in un riassuntivo condominio virtuale, ma in aggiunta la loro immagine è dipinta sulle facce di questi cubi, cioè su tasselli rotanti che possono far ottenere 43 miliardi di miliardi di combinazioni. L’istallazione, di fatto, può essere considerata il suo metodo risolutivo del Cubo di Rubik, anche se avulso dalle complesse teorie matematiche. Piero Pesce si distacca intenzionalmente dai miti e dalle storie che hanno caratterizzato lo scorso secolo, non dimostrando condivisione con i soggetti che rappresenta. Li affolla, invece, e li contrappone amalgamando il vero al fantastico e inseguendo, in questo modo, l’utopia della cancellazione. I suoi oggetti diventano forma , ma invece di diventare più veri mettono in crisi un’ iconologia socialmente accettata di significati e di simboli. Scorrendo le sue immagini sembra di ritornare sulle pagine de “Il secolo breve. 1914-1991” di Eric Hobsbawm (1994), come gigantesca sintesi del Novecento. In questo libro, come nelle opere di Pesce, si parla della fine dell’eurocentrismo, della globalizzazione, della disintegrazione dei vecchi modelli di relazioni umane e sociali, considerando come soggetti non i singoli stati, ma le grandi aree geo-politiche: il Primo, il Secondo e il Terzo Mondo. Attraverso il linguaggio critico e ludico che lo caratterizza, anche la carrellata di personaggi e simboli che l’artista propone rappresenta un grande riassunto del secolo che ci siamo lasciati alla spalle, con le sue contraddizioni, con le sue star, con il suo modo nuovo di vivere il pianeta. Nelle sue opere tutto sembra mescolarsi, ricombinarsi, riprodursi, nascondersi e riaffacciarsi seguendo il gioco delle possibilità o meglio la legge statistica delle probabilità. Le minuscole facce del Cubo di Rubik creano un muro fantastico, uno schermo fisso, una realtà che da virtuale diventa concreta e bidimensionale. Se dunque il muro di Berlino è caduto, ecco sorgerne un altro, una specie di barriera che attrae e respinge. Lo spettatore entra di diritto a far parte della scena personificando se stesso e partecipa ad una performance destinata sia ai principianti che ai giocatori più esperti. La grande lezione delle avanguardie storiche del Novecento arriva fino a noi in veste contemporanea e concettuale. Anche questa è in fondo un’eredità del XX Secolo: un nuovo approccio nel fare arte e nel fruirla, un’apertura a 360° verso il mondo in cui viviamo e che solo ora possiamo percorrere contemporaneamente sia in senso geografico che in senso storico. Questo piccolo cubo sfaccettato rappresenta in realtà la mente umana: duttile, variegata, creativa, seppure saldata ad un ingranaggio centrale che la mantiene unitaria. Piero Pesce ha realizzato le sue prime opere con il cubo di Rubik negli anni Novanta e nel 2001 le ha esposte a Parigi in ambito museale.
Francesca Pietracci
Piero Pesce, absorbing the charge of the provocative Dada (Zurich 1916-1920) and the biting cynicism of Pop Art (Great Britain late 50s - USA 60s), turns his attention to objects, myths and Consumer Society’s language. Close to the international and postmodern NeoPop current, Piero Pesce mixes symbols of different cultures referring to urban graffitism, to the underground world, but also to comics and web design. The installation "XXth Century" is an assembling of Rubik's cubes depicting subjects treated by the media, the newspaper, the everyday icons and so are recognizable. The artist is a pure manipulator and as such, using the cube as a base to paint, he highlights the conceptual value of his work. Not only the most diverse subjects are forced to live together in an unlikely common space, but also, in a virtual condo, their picture is painted on the faces of these cubes, which means on rotating blocks that can get to 43 billion combinations . The installation, in fact, may be considered his method of resolving the Rubik's Cube, although unrelated to complex mathematical theories. Piero Pesce intentionally deviates from the myths
and stories that have characterized the last century, demonstrating that he does not share feelings and ideas with what and who he represents. He crowds them, he opposes them and he mixes reality with fantasy, following in this way the utopia of cancellation. His objects become shapes, but instead of becoming more real they embarrass a socially accepted iconology made of meanings and symbols. Scrolling down his images gives us the impression of reading the pages of "The Short Century. 1914-1991 ", written by Eric Hobsbawm in 1994 as a giant summary of the Twentieth century. In the book, as in Pesce’s works, the subjects are the end of Eurocentrism, Globalization and the disintegration of the old patterns of human and social relationships, considering the big geo-political areas: First, Second and Third World, instead of individual States. Through the critical and clear–headed language that characterizes his work, even the cast of characters and symbols that the artist proposes is a great summary of the century we left behind, with its contradictions, with its stars, with its new way to live the planet. In his works, everything seems to mix, recombine, replicate, hide and reappear following the play of chance, or rather the law of statistical probability. The tiny faces of the Rubik's Cube create a fantastic wall, a fixed screen, a virtual reality that becomes concrete and two-dimensional. So if the Berlin Wall has fallen, here is another one, a sort of barrier that attracts and repels. The observer gains the right to be part of the scene by personifying himself and he takes part in a performance designed for both beginners and more experienced players. The great lesson of the historical avant-gardes of the Twentieth century comes to us as contemporary and conceptual. This is actually a heritage of the Twentieth century: a new approach to the making of art and a new way to enjoy it, a 360 ° opening toward the world we live in and with which we can now go forward in a geographical and historical sense. This small faceted cube represents the human mind, flexible, diverse and creative, even if welded to a central gear that keeps it unified. Piero Pesce made his first works with the Rubik's cube in the nineties and in 2001 he exhibited it in Paris as part of a Museum exhibition.
Francesca Pietracci
translated by Gloria Maggi
02
febbraio 2011
Piero Pesce – XX Secolo
Dal 02 al 14 febbraio 2011
arte contemporanea
Location
PALAZZO VALENTINI
Roma, Via Iv Novembre, 119a, (Roma)
Roma, Via Iv Novembre, 119a, (Roma)
Orario di apertura
lunedì/venerdì ore 10:00 /19:00 - sabato ore 10:00/13:00 - domenica e festivi chiuso
Vernissage
2 Febbraio 2011, ore 17-20 Sala Egon Von Fürstenberg
Autore
Curatore