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The endless end
Cosa accomuna il lavoro degli artisti che il Laboratorio KUNSTHALLE Lugano presenta in questa mostra? Senz’altro, in primis, lo sguardo lucido e l’approccio ironico e provocatorio all’epoca che stiamo attraversando.
Comunicato stampa
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Cosa accomuna il lavoro degli artisti che il Laboratorio KUNSTHALLE Lugano presenta in questa mostra? Senz’altro, in primis, lo sguardo lucido e l’approccio ironico e provocatorio all’epoca che stiamo attraversando. Un’epoca che Elodie Pong definisce “a post-everything era”, ben sapendo che nell’attimo stesso in cui è formulata, la definizione diventa obsoleta, perché ci troviamo già oltre. Un’epoca scivolosa, liquida , impossibile da afferrare perché in trasformazione di istante in istante, in cui tutto – almeno a parole, e non solo in ambito artistico – sembra finito da un pezzo, sembra finire di continuo, ma di fatto scorre senza finire mai.
E poi – e questo è un altro aspetto intrigante, che inserisce l’esposizione in un discorso critico già avviato con gli eventi dedicati a Fosco Valentini, Gregorio Pedroli e Urs Cavelti – la riflessione (o meta-riflessione) relativa alle categorie stesse dell’arte nel contesto attuale, al ruolo dell’artista, all’utilizzo del mezzo artistico e alle sue potenzialità espressive nell’affrontare temi di fondo quali l’universo dei mass media, la comunicazione, il consumo, la relazione tra individui e tra questi e una società informe ma connotata da stereotipi in grado di esercitare pressioni ingestibili.
Fra Elodie Pong, Ivana Falconi, Gianluca Monnier e Andrée Julikà Tavares si instaura così un dialogo che scaturisce da domande affini ma elaborate in modi e con mezzi diversi.
Elodie Pong, di formazione sociologa e antropologa, si concentra su sistemi e codici sociali e culturali e sul loro ruolo nella società contemporanea, una realtà contraddittoria, ibrida, sostanzialmente destrutturata. La relazione (interpersonale e con la collettività), l’identità, la comunicazione – con la sua povertà di contenuti, le sue crepe – e clichés come il femminile, il sesso, l’immaginario mediatico vengono analizzati con taglio critico evocativo e beffardo, sovente – come in The Endless End – al limite del paradosso. L’uso del video come medium si caratterizza per la potenza suggestiva: nel combinare con cura e raffinatezza immagine e parola, nella cromìa, nella scelta delle inquadrature e delle sequenze (narrazione, fermoimmagine) si esprime una ricerca estetica originale, che apre a valenze quasi pittoriche, materiche.
Anche per Gianluca Monnier e Andrée Julikà Tavares le relazioni interpersonali, i contesti socio-antropologici e soprattutto il potere inarrestabile e perverso del mondo mediatico sono il perno attorno al quale ruota un lavoro multidisciplinare improntato al video, alla fotografia, all’installazione.
Da esiti legati alla critica dei mezzi di comunicazione di massa e del loro impatto sull’individuo e sulla società, attraverso il tentativo di sublimarli per trasporli su un piano più simbolico e più etico, si passa con le opere recenti a una dimensione a sua volta più rarefatta ed estetica, che rivisita, reinterpreta e rimette in discussione, in chiave spesso giocosa e irriverente, gli stessi linguaggi artistici e stilistici (la scultura, per esempio, o un certo concettuale).
Operazione portata avanti, con modalità altre, nell’opera di Ivana Falconi, che fa uso dei mezzi artistici tradizionali in modo sorprendente, spiazzante. I lavori qui esposti consentono allo spettatore di seguire in maniera essenziale ma approfondita l’evoluzione dell’artista. L’interesse per l’oggetto e per il materiale, recuperati e tradotti in contesti nuovi; le sembianze ingannatrici (ciò che vediamo è davvero ciò che vediamo? Quel che pare innocuo è davvero innocuo?); la presa di posizione ironica nei confronti di molti luoghi comuni (il femminile e il ruolo della donna, per esempio); il meccanismo in apparenza ilare, quasi ossimorico, carico di effetto sorpresa, con cui un oggetto banale ma denso di stratificazioni associative viene manipolato e messo in scena (qui, il fucile ricoperto di strass): tutto questo porta lo spettatore a uno slittamento emozionale, a un dépaysement fra il ludico e il disturbante. Un processo che se accosta questi lavori, di impronta neo pop, a una certa toy culture, li colloca tuttavia in una nicchia sofisticata e personale.
Ancora una volta dunque, attraverso percorsi non scontati, il Laboratorio KUNSTHALLE Lugano si configura come spazio privilegiato di interazione, luogo di dibattito ricco di sfaccettature in cui affinare la consapevolezza del nostro difficile, labirintico presente.
Paola Tedeschi-Pellanda
E poi – e questo è un altro aspetto intrigante, che inserisce l’esposizione in un discorso critico già avviato con gli eventi dedicati a Fosco Valentini, Gregorio Pedroli e Urs Cavelti – la riflessione (o meta-riflessione) relativa alle categorie stesse dell’arte nel contesto attuale, al ruolo dell’artista, all’utilizzo del mezzo artistico e alle sue potenzialità espressive nell’affrontare temi di fondo quali l’universo dei mass media, la comunicazione, il consumo, la relazione tra individui e tra questi e una società informe ma connotata da stereotipi in grado di esercitare pressioni ingestibili.
Fra Elodie Pong, Ivana Falconi, Gianluca Monnier e Andrée Julikà Tavares si instaura così un dialogo che scaturisce da domande affini ma elaborate in modi e con mezzi diversi.
Elodie Pong, di formazione sociologa e antropologa, si concentra su sistemi e codici sociali e culturali e sul loro ruolo nella società contemporanea, una realtà contraddittoria, ibrida, sostanzialmente destrutturata. La relazione (interpersonale e con la collettività), l’identità, la comunicazione – con la sua povertà di contenuti, le sue crepe – e clichés come il femminile, il sesso, l’immaginario mediatico vengono analizzati con taglio critico evocativo e beffardo, sovente – come in The Endless End – al limite del paradosso. L’uso del video come medium si caratterizza per la potenza suggestiva: nel combinare con cura e raffinatezza immagine e parola, nella cromìa, nella scelta delle inquadrature e delle sequenze (narrazione, fermoimmagine) si esprime una ricerca estetica originale, che apre a valenze quasi pittoriche, materiche.
Anche per Gianluca Monnier e Andrée Julikà Tavares le relazioni interpersonali, i contesti socio-antropologici e soprattutto il potere inarrestabile e perverso del mondo mediatico sono il perno attorno al quale ruota un lavoro multidisciplinare improntato al video, alla fotografia, all’installazione.
Da esiti legati alla critica dei mezzi di comunicazione di massa e del loro impatto sull’individuo e sulla società, attraverso il tentativo di sublimarli per trasporli su un piano più simbolico e più etico, si passa con le opere recenti a una dimensione a sua volta più rarefatta ed estetica, che rivisita, reinterpreta e rimette in discussione, in chiave spesso giocosa e irriverente, gli stessi linguaggi artistici e stilistici (la scultura, per esempio, o un certo concettuale).
Operazione portata avanti, con modalità altre, nell’opera di Ivana Falconi, che fa uso dei mezzi artistici tradizionali in modo sorprendente, spiazzante. I lavori qui esposti consentono allo spettatore di seguire in maniera essenziale ma approfondita l’evoluzione dell’artista. L’interesse per l’oggetto e per il materiale, recuperati e tradotti in contesti nuovi; le sembianze ingannatrici (ciò che vediamo è davvero ciò che vediamo? Quel che pare innocuo è davvero innocuo?); la presa di posizione ironica nei confronti di molti luoghi comuni (il femminile e il ruolo della donna, per esempio); il meccanismo in apparenza ilare, quasi ossimorico, carico di effetto sorpresa, con cui un oggetto banale ma denso di stratificazioni associative viene manipolato e messo in scena (qui, il fucile ricoperto di strass): tutto questo porta lo spettatore a uno slittamento emozionale, a un dépaysement fra il ludico e il disturbante. Un processo che se accosta questi lavori, di impronta neo pop, a una certa toy culture, li colloca tuttavia in una nicchia sofisticata e personale.
Ancora una volta dunque, attraverso percorsi non scontati, il Laboratorio KUNSTHALLE Lugano si configura come spazio privilegiato di interazione, luogo di dibattito ricco di sfaccettature in cui affinare la consapevolezza del nostro difficile, labirintico presente.
Paola Tedeschi-Pellanda
29
gennaio 2011
The endless end
Dal 29 gennaio al 12 marzo 2011
arte contemporanea
Location
LABORATORIO KUNSTHALLE LUGANO
Lugano, Salita M. E A. Chiattone, 18, (Lugano)
Lugano, Salita M. E A. Chiattone, 18, (Lugano)
Orario di apertura
giovedì e venerdì ore 14.00-19.00
Sabato ore 13.00-16.00
Vernissage
29 Gennaio 2011, ore 17
Autore