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Marina Abramovic – Lady Performance
La “regina della performance”, Marina Abramovic, commenterà di persona e per la prima volta al pubblico italiano il suo ultimo lavoro, Seven Easy Pieces con la moderazione del critico d’arte Renato Barilli. In quest’occasione l’artista sarà pronta a sottolineare i vari aspetti teorici e pratici dello spettacolo e a sostenere un dialogo ravvicinato con i presenti.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Venerdì 28 gennaio 2011 alle ore 21 presso l’Aula Magna di Santa Lucia a Bologna, la “regina della performance”, Marina Abramovic, commenterà di persona e per la prima volta al pubblico italiano il suo ultimo lavoro, Seven Easy Pieces con la moderazione del critico d’arte Renato Barilli. In quest’occasione l’artista sarà pronta a sottolineare i vari aspetti teorici e pratici dello spettacolo e a sostenere un dialogo ravvicinato con i presenti.
Questo straordinario evento è promosso dall’Università di Bologna nell’ambito di Artefiera2011 ed è organizzato da Renato Barilli, per anni docente al Dams, affiancato dal gruppo di ricercatori del Dipartimento delle Arti Visive Alessandra Borgogelli, Silvia Grandi e Paolo Granata. L’iniziativa ha la collaborazione della Cineteca di Bologna e della Galleria Lia Rumma di Milano e gode dei contributi di Illy e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
L’opera Seven Easy Pieces nasce nel 2005 quando Marina Abramovic decide di ripetere cinque performances compiute dai suoi maggiori predecessori (Vito Acconci, Joseph Beuys, Valie Export, Gina Pane, Bruce Nauman) le quali costituiscono a suo giudizio delle pietre miliari nella recente storia di questo genere, col doppio scopo di appropriarsene quasi fisicamente e di consentirne anche una registrazione più accurata, dato che quando erano state eseguite dai loro ideatori i mezzi tecnici erano ancora poveri.
Si tratta delle re-interpretazioni di Seedbed di Vito Acconci del 1972, di Body Pressure di Bruce Nauman del 1974, di Action Pants: Genital Panic di Valie Export del 1969, di The Conditioning, first action of Self-Portraits di Gina Pane del 1973 e di How to Explain Pictures to a Dead Hare di Joseph Beuys del 1965. A queste cinque pieces ne ha aggiunto due del proprio repertorio: Lips of Thomas del 1975, un omaggio a se stessa rifacendo una sua precedente performance e infine Entering the Other Side del 2005, come un gran finale che una volta tanto si pone nel segno della gioia e della speranza.
Ciascuna di esse è stata svolta dal 9 al 15 novembre 2005 presso il Solomon Guggenheim Museum di New York per la durata di sette ore continue e la regista Babette Mangolte ne ha filmato alcuni passaggi cruciali creando così l’opera. Questo capolavoro ha già conquistato i più importanti festival in Israele, Polonia, Australia, Canada, Germania, Giappone ed è stato premiato al Festival del Cinema di Berlino nel 2007 .
Seven Easy Pieces, un film di Marina Abramovic
Regia di Babette Mangolte
USA 2007, 95 min.
Produzione: Sean Kelly Gallery, New York.
Sinossi: il film documenta sette performances realizzate tra il 9 e il 15 novembre 2005 nella suggestiva cornice del Guggenheim Museum di New York da Marina Abramovic, esponente di spicco nella scena internazionale dell’arte, in cui l’artista reinterpreta cinque celebri performances storiche compiute negli anni Sessanta e Settanta da Vito Acconci, Joseph Beuys, Valie Export, Gina Pane, Bruce Nauman, più altre due della stessa Abramovic. Seven Easy Pieces ha già conquistato i più importanti festival in Israele Polonia, Australia, Canada, Giappone, ed è stato premiato al Festival del cinema di Berlino nel 2007.
MARINA ABRAMOVIC a Bologna - Notizie biografiche
La ragione che induce a offrire al pubblico bolognese e della nazione tutta questo eccezionale incontro con Marina Abramovic sta in un merito pregresso. Infatti nell’estate del 1977 si è tenuta, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, allora sita nel quartiere fieristico, a cura di Francesca Alinovi, Renato Barilli e Roberto Daolio, la Prima Settimana Internazionale della Performance, su finanziamento che veniva per intero da Artefiera, allora all’inizio della sua attività. L’evento di spicco fu rappresentato proprio da una performance che vedeva Marina Abramovic, assieme al suo compagno di allora, Ulay, porsi nudi all’ingresso della Galleria, costringendo i visitatori a strofinarsi nel passare sui corpi dell’uno o dell’altra, il tutto ripreso con video, in modo che chi era già entrato si divertiva a vedere l’impaccio o il compiacimento, nello sfregare i due magnifici nudi, di chi li seguiva.
Malgrado il clima già allora permissivo nei confronti del nudo al cinema e al teatro, un vice-questore fece sospendere la performance ritirando i passaporti ai due protagonisti. In seguito, la Abramovic (nata a Belgrado nel 1946) è andata crescendo in fama e ora è riconosciuta come la regina incontestabile della performance a livello mondiale.
A legarla a Bologna vanno pure ricordate le performances che, con Ulay al fianco, ha condotto nella Galleria G7, sempre all’insegna di operazioni che mettessero a dura prova la resistenza fisica e psichica dei due, come lo stare per molte ore legati assieme attraverso le chiome. Poi c’è stato il doloroso scioglimento della coppia, cui Marina ha reagito dandosi a lunghe camminate in territori desertici, sempre all’insegna del rischio personale.
Ha poi ritrovato un totale successo mondiale quando alla Biennale di Venezia del 1997 ha eseguito Balcan Baroque presentandosi issata su un cumulo di ossa, intenta a purificarle raschiandole con carta vetrata, un modo per esorcizzare le stragi che si stavano compiendo nel suo Paese. La magnifica forza di tale performance le ha permesso di ottenere il Leone d’oro.
Questa ossessione verso il paese natale dei Balcani, comprensiva del ricordo dei genitori e di ogni altro evento drammatico che vi si è verificato, le hanno ispirato una serie di video dedicati ai miti ancestrali coltivati fin dall’infanzia, di maschi che copulano con la terra, o di donne che tentano di farsi fecondare dalla pioggia, mentre lei stessa non ha esitato a presentarsi abbracciata a uno scheletro, simbolo della sua volontà di affrontare in ogni occasione i rischi più minacciosi, vita e morte congiunte in un unico vincolo.
Il culmine del suo successo è stato segnato dall’invito giuntole dal Guggenheim di New York di effettuarvi una serie di performances volte a ricordare le maggiori imprese avvenute nella breve storia di questo genere, ne sono venuti i Seven Easy Pieces che documentano altrettante performances ormai affidate alla storia, di Acconci, Beuys, Burden, Export, Pane, Nauman, chiusi da un’ultima e conclusiva prestazione di lei stessa.
La proiezione di questo film avviene alla presenza della Abramovic, la quale sarà pronta a sottolineare i vari aspetti teorici e pratici dello spettacolo e a sostenere, intervistata da Renato Barilli, un dialogo ravvicinato con i presenti.
Questo straordinario evento è promosso dall’Università di Bologna nell’ambito di Artefiera2011 ed è organizzato da Renato Barilli, per anni docente al Dams, affiancato dal gruppo di ricercatori del Dipartimento delle Arti Visive Alessandra Borgogelli, Silvia Grandi e Paolo Granata. L’iniziativa ha la collaborazione della Cineteca di Bologna e della Galleria Lia Rumma di Milano e gode dei contributi di Illy e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
L’opera Seven Easy Pieces nasce nel 2005 quando Marina Abramovic decide di ripetere cinque performances compiute dai suoi maggiori predecessori (Vito Acconci, Joseph Beuys, Valie Export, Gina Pane, Bruce Nauman) le quali costituiscono a suo giudizio delle pietre miliari nella recente storia di questo genere, col doppio scopo di appropriarsene quasi fisicamente e di consentirne anche una registrazione più accurata, dato che quando erano state eseguite dai loro ideatori i mezzi tecnici erano ancora poveri.
Si tratta delle re-interpretazioni di Seedbed di Vito Acconci del 1972, di Body Pressure di Bruce Nauman del 1974, di Action Pants: Genital Panic di Valie Export del 1969, di The Conditioning, first action of Self-Portraits di Gina Pane del 1973 e di How to Explain Pictures to a Dead Hare di Joseph Beuys del 1965. A queste cinque pieces ne ha aggiunto due del proprio repertorio: Lips of Thomas del 1975, un omaggio a se stessa rifacendo una sua precedente performance e infine Entering the Other Side del 2005, come un gran finale che una volta tanto si pone nel segno della gioia e della speranza.
Ciascuna di esse è stata svolta dal 9 al 15 novembre 2005 presso il Solomon Guggenheim Museum di New York per la durata di sette ore continue e la regista Babette Mangolte ne ha filmato alcuni passaggi cruciali creando così l’opera. Questo capolavoro ha già conquistato i più importanti festival in Israele, Polonia, Australia, Canada, Germania, Giappone ed è stato premiato al Festival del Cinema di Berlino nel 2007 .
Seven Easy Pieces, un film di Marina Abramovic
Regia di Babette Mangolte
USA 2007, 95 min.
Produzione: Sean Kelly Gallery, New York.
Sinossi: il film documenta sette performances realizzate tra il 9 e il 15 novembre 2005 nella suggestiva cornice del Guggenheim Museum di New York da Marina Abramovic, esponente di spicco nella scena internazionale dell’arte, in cui l’artista reinterpreta cinque celebri performances storiche compiute negli anni Sessanta e Settanta da Vito Acconci, Joseph Beuys, Valie Export, Gina Pane, Bruce Nauman, più altre due della stessa Abramovic. Seven Easy Pieces ha già conquistato i più importanti festival in Israele Polonia, Australia, Canada, Giappone, ed è stato premiato al Festival del cinema di Berlino nel 2007.
MARINA ABRAMOVIC a Bologna - Notizie biografiche
La ragione che induce a offrire al pubblico bolognese e della nazione tutta questo eccezionale incontro con Marina Abramovic sta in un merito pregresso. Infatti nell’estate del 1977 si è tenuta, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, allora sita nel quartiere fieristico, a cura di Francesca Alinovi, Renato Barilli e Roberto Daolio, la Prima Settimana Internazionale della Performance, su finanziamento che veniva per intero da Artefiera, allora all’inizio della sua attività. L’evento di spicco fu rappresentato proprio da una performance che vedeva Marina Abramovic, assieme al suo compagno di allora, Ulay, porsi nudi all’ingresso della Galleria, costringendo i visitatori a strofinarsi nel passare sui corpi dell’uno o dell’altra, il tutto ripreso con video, in modo che chi era già entrato si divertiva a vedere l’impaccio o il compiacimento, nello sfregare i due magnifici nudi, di chi li seguiva.
Malgrado il clima già allora permissivo nei confronti del nudo al cinema e al teatro, un vice-questore fece sospendere la performance ritirando i passaporti ai due protagonisti. In seguito, la Abramovic (nata a Belgrado nel 1946) è andata crescendo in fama e ora è riconosciuta come la regina incontestabile della performance a livello mondiale.
A legarla a Bologna vanno pure ricordate le performances che, con Ulay al fianco, ha condotto nella Galleria G7, sempre all’insegna di operazioni che mettessero a dura prova la resistenza fisica e psichica dei due, come lo stare per molte ore legati assieme attraverso le chiome. Poi c’è stato il doloroso scioglimento della coppia, cui Marina ha reagito dandosi a lunghe camminate in territori desertici, sempre all’insegna del rischio personale.
Ha poi ritrovato un totale successo mondiale quando alla Biennale di Venezia del 1997 ha eseguito Balcan Baroque presentandosi issata su un cumulo di ossa, intenta a purificarle raschiandole con carta vetrata, un modo per esorcizzare le stragi che si stavano compiendo nel suo Paese. La magnifica forza di tale performance le ha permesso di ottenere il Leone d’oro.
Questa ossessione verso il paese natale dei Balcani, comprensiva del ricordo dei genitori e di ogni altro evento drammatico che vi si è verificato, le hanno ispirato una serie di video dedicati ai miti ancestrali coltivati fin dall’infanzia, di maschi che copulano con la terra, o di donne che tentano di farsi fecondare dalla pioggia, mentre lei stessa non ha esitato a presentarsi abbracciata a uno scheletro, simbolo della sua volontà di affrontare in ogni occasione i rischi più minacciosi, vita e morte congiunte in un unico vincolo.
Il culmine del suo successo è stato segnato dall’invito giuntole dal Guggenheim di New York di effettuarvi una serie di performances volte a ricordare le maggiori imprese avvenute nella breve storia di questo genere, ne sono venuti i Seven Easy Pieces che documentano altrettante performances ormai affidate alla storia, di Acconci, Beuys, Burden, Export, Pane, Nauman, chiusi da un’ultima e conclusiva prestazione di lei stessa.
La proiezione di questo film avviene alla presenza della Abramovic, la quale sarà pronta a sottolineare i vari aspetti teorici e pratici dello spettacolo e a sostenere, intervistata da Renato Barilli, un dialogo ravvicinato con i presenti.
28
gennaio 2011
Marina Abramovic – Lady Performance
28 gennaio 2011
performance - happening
incontro - conferenza
serata - evento
incontro - conferenza
serata - evento
Location
AULA MAGNA DI SANTA LUCIA
Bologna, Via Castiglione, 36, (Bologna)
Bologna, Via Castiglione, 36, (Bologna)
Biglietti
L’ingresso alla serata di venerdì 28 nell’Aula Magna di Santa Lucia è gratuito ad inviti, che si potranno ritirare a partire da mercoledì 26 gennaio 2011, ore 9-12,30 (al massimo due a persona) presso il l’Urp dell’Università di Bologna in Largo Trombetti 1. L’ingresso alle repliche di sabato 29 ore 20 e domenica 30 ore 14 presso il Cinema Lumière (via Azzo Gardino 65) della Cineteca di Bologna, partner dell’iniziativa è gratuito con tessera FICC.
Vernissage
28 Gennaio 2011, ore 21 su invito Aula Magna
Ufficio stampa
CULTURALIA
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