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Jakob Kolding – Radical World
Lo Studio Dabbeni presenta la sua prima mostra personale dell’artista danese Jakob Kolding (nato nel 1971 ad Albertslund, città satellite di Copenhagen, in cui è cresciuto, è da diversi anni di base a Berlino), dal titolo “Radical World” (Mondo radicale).
Comunicato stampa
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Lo Studio Dabbeni presenta la sua prima mostra personale
dell!artista danese Jakob Kolding (nato nel 1971 ad Albertslund,
città satellite di Copenhagen, in cui è cresciuto, è da diversi anni di
base a Berlino), dal titolo “Radical World” (Mondo radicale).
L!artista aveva rappresentato, in uno dei suoi collage, un ragazzo
sullo skateboard su una scultura minimalista di Robert Morris, a
rappresentare l!individuo che, di fronte alle costrizioni imposte
dall!architettura, è in grado di trovare una personale via.“Ci sono
stati dei tentativi, attraverso la progettazione, di scoraggiare o,
all!opposto, incoraggiare certi tipi di comportamento nei quartieri?
(Quali/Come?)”, si era domandato Kolding, nella scritta a lettere
maiuscole posta sotto l!immagine. Analogamente, non a caso,
“Dominio dello spazio e resistenza” è la frase scelta dall!artista per
un poster che ha concepito espressamente per questa mostra, che
lo spettatore potrà prendere liberamente e portare via con sè.
Jakob Kolding ha compreso, e non smette di sostenere, che il
soggetto non è mai svincolato dal contesto, e che questo va
indagato in tutti i fattori che lo hanno determinato e lo
caratterizzano: storia, progettazione urbana, fenomeni di cultura
giovanile, gruppi con una precisa identità, arte. Il lavoro di Kolding si
articola su questa interconnessione tra comportamento sociale e
contesto: i lavori considerano diverse percezioni dello spazio, ma
non si tratta mai di uno spazio isolato, statico o semplicemente
fisico; è sempre visto come parte di un contesto sociale,
economico, politico e psicologico.
L!artista include nei suoi lavori riferimenti all!arte e all!architettura
modernista. Da sempre profondamente interessato alle idee
utopiche moderniste, giunge ad evidenziare le somiglianze formali e
idealmente a sovrapporre l!architettura modernista anni Sessanta e
il lavoro di alcuni artisti impegnati nel medesimo periodo.
“Ho una relazione di amore/odio (love/hate) nei confronti del
Modernismo”, afferma l!artista. Spiega di amare l!arte minimalista,
ma di trovare la natura chiusa di alcuni lavori problematica; allo
stesso modo, ama l!architettura modernista, le sue strutture, le
forme e le idee, ma ha difficoltà ad accettare alcuni dei progetti
realizzati, trovandoli troppo statici e rigidi.
Sceglie quale mezzo d!elezione il collage perchè è colpito dal fatto
che in esso ogni cosa, ogni genere di riferimento possa,
potenzialmente, venirvi incluso. Ogni singolo ritaglio apre il lavoro,
contenendo sempre riferimenti alla realtà esterna, che aggiunge
significati al lavoro e lo apre ad un!infinità di informazioni
supplementari, poste al di fuori di esso, opponendosi all!idea di
un!opera d!arte indipendente.
Le parole “Radical World” emergono da un collage che rappresenta
una figura maschile in completo scuro e bastone, il cui volto è
simile ad un sole da cui si dipartono degli ipotetici raggi, dentro il
quale appare la scritta “radical”, parola ripresa poi (sempre in
questo “volto”) nelle scritte che vengono a sovrapporsi. In un altro
lavoro, presente in mostra, una figura maschile sempre vestita in
maniera formale, di cui non appare il volto (che risulta tagliato), si
staglia su un paesaggio in cui predomina il colore giallo. Si tratta
di un paesaggio urbano vagamente romantico, in cui emerge in
lontananza il braccio verticale di una gru, sotto la quale appare la
figurina rovesciata di un altro individuo. Opposizione,
rovesciamento, ordine e disordine, realtà e irrealtà, sono elementi
ricorrenti in questi nuovi lavori. La frase “This is the Modern World”
(ripresa da un album dei Jam, dallo stesso titolo) si specchia sul
fondo di questa immagine dall!atmosfera hitchcokiana. A fare da
sfondo, ma divenendo a volte gli elementi centrali dei lavori, i
grattacieli, lo skyline di una moderna città, indagata dall!artista
nelle complesse problematiche sociali che la percorrono. È un
mondo che appare ambivalente: tra spazio sociale, fisico, e
psicologico, tra ordine e disordine, ma dichiarando un amore, da
parte dell!artista, per l!ambiente urbano visto come luogo in cui
tutto si fonde insieme.
L!intensa figura di una donna, Emmy Hennings, esponente del
gruppo Dada (e co-fondatrice del Cabaret Voltaire insieme a suo
marito Hugo Ball), che tiene in una mano una bambola di pezza
del Cabaret Voltaire, è il soggetto di un collage in cui l!artista ha
voluto mettere in luce il contrasto tra il rigoroso spazio
architettonico in cui si situa la figura, e il fluttuante paesaggio
astratto, lunare, sullo sfondo (in questo modo, ha inteso
evidenziare il rapporto tra qualcosa che è organizzato e qualcosa
che non lo è, e la loro reciproca influenza). “Ho pensato a Emma
Hennings (….) perchè Dada è stato un movimento, da un lato,
fermamente radicato nel Modernismo, dall!altro, rivoluzionario nei
confronti della logica, dell!ordine, della standardizzazione che
erano parte di esso”. Questo lavoro si dimostra esemplare nel
rappresentare ciò che appare sempre più evidente nei lavori di
Kolding: “I lavori non sono solo sullo spazio urbano. I miei ultimi
lavori sono sempre più incentrati sugli spazi mentali come
possibilità di contemplare spazi reali e immaginati”.
Negli ambienti dello Studio Dabbeni, attraverso i quali si dipanano
queste “storie”, con il peso dei loro pressanti interrogativi messi in
scena dall!artista, lo spettatore può sperimentare la sensazione di
vivere un!esperienza che provoca veramente il pensiero.
(Valentina Bucco)
dell!artista danese Jakob Kolding (nato nel 1971 ad Albertslund,
città satellite di Copenhagen, in cui è cresciuto, è da diversi anni di
base a Berlino), dal titolo “Radical World” (Mondo radicale).
L!artista aveva rappresentato, in uno dei suoi collage, un ragazzo
sullo skateboard su una scultura minimalista di Robert Morris, a
rappresentare l!individuo che, di fronte alle costrizioni imposte
dall!architettura, è in grado di trovare una personale via.“Ci sono
stati dei tentativi, attraverso la progettazione, di scoraggiare o,
all!opposto, incoraggiare certi tipi di comportamento nei quartieri?
(Quali/Come?)”, si era domandato Kolding, nella scritta a lettere
maiuscole posta sotto l!immagine. Analogamente, non a caso,
“Dominio dello spazio e resistenza” è la frase scelta dall!artista per
un poster che ha concepito espressamente per questa mostra, che
lo spettatore potrà prendere liberamente e portare via con sè.
Jakob Kolding ha compreso, e non smette di sostenere, che il
soggetto non è mai svincolato dal contesto, e che questo va
indagato in tutti i fattori che lo hanno determinato e lo
caratterizzano: storia, progettazione urbana, fenomeni di cultura
giovanile, gruppi con una precisa identità, arte. Il lavoro di Kolding si
articola su questa interconnessione tra comportamento sociale e
contesto: i lavori considerano diverse percezioni dello spazio, ma
non si tratta mai di uno spazio isolato, statico o semplicemente
fisico; è sempre visto come parte di un contesto sociale,
economico, politico e psicologico.
L!artista include nei suoi lavori riferimenti all!arte e all!architettura
modernista. Da sempre profondamente interessato alle idee
utopiche moderniste, giunge ad evidenziare le somiglianze formali e
idealmente a sovrapporre l!architettura modernista anni Sessanta e
il lavoro di alcuni artisti impegnati nel medesimo periodo.
“Ho una relazione di amore/odio (love/hate) nei confronti del
Modernismo”, afferma l!artista. Spiega di amare l!arte minimalista,
ma di trovare la natura chiusa di alcuni lavori problematica; allo
stesso modo, ama l!architettura modernista, le sue strutture, le
forme e le idee, ma ha difficoltà ad accettare alcuni dei progetti
realizzati, trovandoli troppo statici e rigidi.
Sceglie quale mezzo d!elezione il collage perchè è colpito dal fatto
che in esso ogni cosa, ogni genere di riferimento possa,
potenzialmente, venirvi incluso. Ogni singolo ritaglio apre il lavoro,
contenendo sempre riferimenti alla realtà esterna, che aggiunge
significati al lavoro e lo apre ad un!infinità di informazioni
supplementari, poste al di fuori di esso, opponendosi all!idea di
un!opera d!arte indipendente.
Le parole “Radical World” emergono da un collage che rappresenta
una figura maschile in completo scuro e bastone, il cui volto è
simile ad un sole da cui si dipartono degli ipotetici raggi, dentro il
quale appare la scritta “radical”, parola ripresa poi (sempre in
questo “volto”) nelle scritte che vengono a sovrapporsi. In un altro
lavoro, presente in mostra, una figura maschile sempre vestita in
maniera formale, di cui non appare il volto (che risulta tagliato), si
staglia su un paesaggio in cui predomina il colore giallo. Si tratta
di un paesaggio urbano vagamente romantico, in cui emerge in
lontananza il braccio verticale di una gru, sotto la quale appare la
figurina rovesciata di un altro individuo. Opposizione,
rovesciamento, ordine e disordine, realtà e irrealtà, sono elementi
ricorrenti in questi nuovi lavori. La frase “This is the Modern World”
(ripresa da un album dei Jam, dallo stesso titolo) si specchia sul
fondo di questa immagine dall!atmosfera hitchcokiana. A fare da
sfondo, ma divenendo a volte gli elementi centrali dei lavori, i
grattacieli, lo skyline di una moderna città, indagata dall!artista
nelle complesse problematiche sociali che la percorrono. È un
mondo che appare ambivalente: tra spazio sociale, fisico, e
psicologico, tra ordine e disordine, ma dichiarando un amore, da
parte dell!artista, per l!ambiente urbano visto come luogo in cui
tutto si fonde insieme.
L!intensa figura di una donna, Emmy Hennings, esponente del
gruppo Dada (e co-fondatrice del Cabaret Voltaire insieme a suo
marito Hugo Ball), che tiene in una mano una bambola di pezza
del Cabaret Voltaire, è il soggetto di un collage in cui l!artista ha
voluto mettere in luce il contrasto tra il rigoroso spazio
architettonico in cui si situa la figura, e il fluttuante paesaggio
astratto, lunare, sullo sfondo (in questo modo, ha inteso
evidenziare il rapporto tra qualcosa che è organizzato e qualcosa
che non lo è, e la loro reciproca influenza). “Ho pensato a Emma
Hennings (….) perchè Dada è stato un movimento, da un lato,
fermamente radicato nel Modernismo, dall!altro, rivoluzionario nei
confronti della logica, dell!ordine, della standardizzazione che
erano parte di esso”. Questo lavoro si dimostra esemplare nel
rappresentare ciò che appare sempre più evidente nei lavori di
Kolding: “I lavori non sono solo sullo spazio urbano. I miei ultimi
lavori sono sempre più incentrati sugli spazi mentali come
possibilità di contemplare spazi reali e immaginati”.
Negli ambienti dello Studio Dabbeni, attraverso i quali si dipanano
queste “storie”, con il peso dei loro pressanti interrogativi messi in
scena dall!artista, lo spettatore può sperimentare la sensazione di
vivere un!esperienza che provoca veramente il pensiero.
(Valentina Bucco)
22
ottobre 2009
Jakob Kolding – Radical World
Dal 22 ottobre al 05 dicembre 2009
arte contemporanea
Location
STUDIO D’ARTE CONTEMPORANEA DABBENI
Lugano, Corso Enrico Pestalozzi, 1, (Lugano)
Lugano, Corso Enrico Pestalozzi, 1, (Lugano)
Orario di apertura
Da martedì a venerdì ore 09.30 – 12.00 / 14.30 – 18.30,
sabato ore 09.30 – 12.00 / 14.30 – 17.00 / domenica e lunedì chiuso
Vernissage
22 Ottobre 2009, ore 18,00
Autore