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Mimmo Paladino – Il Guerriero di Capestrano e il nuovo guerriero
Per la prima volta in Italia, un artista contemporaneo dà vita alla nuova sala permanente destinata ad ospitare un capolavoro archeologico di assoluta rilevanza.
Comunicato stampa
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A Chieti due grandi eventi daranno inizio al nuovo anno sotto il segno di Mimmo Paladino, del Guerriero di Capestrano (la famosa opera del VI sec. a.C.) e di un nuovo museo. Nello stesso giorno, il 26 gennaio 2011, sarà infatti presentata la nuova sala permanente del Guerriero di Capestrano realizzata da Mimmo Paladino nel Museo Nazionale Archeologico di Villa Frigerj mentre una sua mostra di sculture, incentrata sul “nuovo Guerriero”, inaugurerà il nuovo Museo della Fondazione Carichieti a Palazzo De Mayo. I due eventi sono il risultato di un fecondo e lungimirante dialogo fra pubblico e privato, fra la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo diretta dal Dott. Andrea Pessina e la Fondazione Carichieti presieduta dall’Arch. Mario Di Nisio.
Il Guerriero di Capestrano, emblema per eccellenza della plastica arcaica italica e simbolo dell’Abruzzo, sarà sospeso in una dimensione senza tempo, nell’osmotica continuità fra passato e presente. Per la prima volta in Italia, un artista contemporaneo dà vita alla nuova sala permanente destinata ad ospitare un capolavoro archeologico di assoluta rilevanza.
Mimmo Paladino, la cui produzione è innervata dal richiamo estetico e formale delle antiche civiltà, si è ispirato in modi originali al Guerriero di Capestrano anche per la sua nuova sorprendente opera, “Guerriero” (terracotta, h. m. 2,80), che sarà esposta in anteprima assoluta a Palazzo De Mayo, il nuovo museo della Fondazione Carichieti, nella mostra “Mimmo Paladino. Al di là del tempo”, curata da Gabriele Simongini.
Dunque, un doppio appuntamento in quello che si può già definire un percorso eccezionale da “museo diffuso” nella città di Chieti, dal Museo Archeologico-Villa Frigerj, diretto da Maria Ruggeri, al nuovo Palazzo De Mayo, nel segno dell’arte contemporanea con Mimmo Paladino e delle origini della civiltà italica con il Guerriero di Capestrano nella sua nuova “casa”.
La mostra a Palazzo De Mayo e la nuova sala del Guerriero al Museo Archeologico saranno inaugurate il 26 gennaio 2011. L’esposizione di sculture a Palazzo De Mayo resterà aperta al pubblico fino al 30 aprile 2011. I due eventi saranno documentati da due cataloghi distinti, editi da Allemandi e curati da Simongini, ai cui saggi si affiancheranno quelli di Andrea Pessina (per la sala del Guerriero) e di Enzo Di Martino (per la mostra a Palazzo De Mayo).
Mimmo Paladino a Chieti, Press Book
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L’INTERVENTO DI PALADINO AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE D’ABRUZZO
Come scrive Simongini nel suo ampio saggio in catalogo, “Mimmo Paladino ha scelto di entrare con rispetto, misura e circospezione nel Museo Archeologico Nazionale d‟Abruzzo-Villa Frigerj di Chieti sulla scia dell‟aura che circonda il Guerriero per dargli una nuova casa, una sala sospesa in una dimensione senza tempo.
L‟obiettivo che si pone il nostro artista è chiaro ed ambizioso e lo dichiara lui stesso: „Ho voluto quasi depurare il Guerriero dal significato che lo determina storicamente e che lo data. Chi lo guarda ne deve trarre suggestioni che vanno al di là della sua collocazione cronologica. Secondo me l’opera d’arte deve educare il gusto al guardare. In tal senso condivido quel che diceva Berenson: bisogna agevolare la formazione del gusto, che si sviluppa naturalmente, come i muscoli e il cervello, attraverso l’esercizio e l’esperienza’. E così ho tentato di aggiungere un altro valore al valore stesso dell’opera, per darle modo di esprimere tutte le sue qualità. Un po’ come se avessi fatto un pezzo di teatro’.
L‟evento pionieristico e coraggioso che ha portato alla realizzazione della nuova sala permanente del Guerriero, oltre all‟antisala grigia che fa da viatico, non è un puro e semplice allestimento ma è la creazione di uno spazio architettonico che in sé accoglie, oltre al massimo capolavoro della scultura arcaica italica, un intervento creativo discreto, misurato e minimale che va scoperto lentamente: gli aerei e leggerissimi graffiti di Paladino che quasi sfiorano le pareti come segni poetici e quindi lontanissimi da qualsiasi dimensione didascalica e storicistica. L‟artista campano trasforma la sala del Guerriero in un‟esperienza proposta al visitatore sotto il segno della contemplazione estetica, silenziosa e concentrata.
Al centro di quest’opera totale, fatta di spazi architettonici, graffiti e illuminazione ad hoc e che forse in futuro potrebbe perfino accogliere la musica, sta sempre e comunque il Guerriero di Capestrano la cui assoluta ed emblematica potenza geometrica è stata ribadita da Paladino con una mirabile intuizione spaziale: applicando la proporzione aurea, il cerchio del copricapo con il suo modulo di 65 cm. genera un‟ ellissoide (il cui asse principale è 13 volte il modulo mentre l‟altro equivale a circa sette volte e mezzo) che dà forma curva alla sala, spazio fluido, continuo, sospeso, senza angoli.
Lo spazio fluido della sala è generato dal mirabile copricapo ma al tempo stesso avvolge il Guerriero con una calda accoglienza esaltata pure dall‟accordo cromatico fra la scultura e il colore delle pareti: macinando la stessa pietra calcarea locale con cui è stato scolpito il Guerriero si è ottenuta una tinta perfettamente armonizzata con la statua e usata in diverse tonalità sia per il pavimento che per le pareti.
Per la sala del Guerriero Paladino ha pensato, magari solo da un punto di vista evocativo, alla cella, cioè alla parte interna del tempio greco o romano in cui si custodiva la statua della divinità e che diventava simbolicamente la casa del dio stesso.
Ho cercato un gesto primario – ci dice Paladino mentre accarezza le pareti incise - e l’ho individuato nel graffito, il primo segno che l’uomo ha tracciato sulle pareti della caverna, un graffio nel muro con una pietra. Ho accennato ad un’ipotetica scrittura sconosciuta. A Chieti, emergono come apparizioni sagome di teste, frecce, animali, rami, utensili, una clessidra e molto altro, con un percorso segnico sostanzialmente minimale, tanto che qualsiasi mero elenco descrittivo pare inadeguato. Sono testimoni che in qualche modo osservano il Guerriero avvolgendolo e partecipando con discrezione al suo spazio sacrale”.
Per l‟occasione la nuova sala del Guerriero firmata da Paladino è stata documentata ed interpretata dalle fotografie di Gianfranco Gorgoni pubblicate in catalogo.
Mimmo Paladino a Chieti, Press Book
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LA MOSTRA DI MIMMO PALADINO A PALAZZO DE MAYO
Il nuovo Guerriero realizzato da Paladino è il nucleo centrale della mostra di sculture che inaugura la nuova sede museale di Palazzo De Mayo della Fondazione Carichieti, nel contesto di due eventi culturali di respiro internazionale, fortemente radicati nel tessuto culturale e storico del territorio, l‟Abruzzo.
L‟opera inedita, appositamente creata dall‟artista per la mostra “Mimmo Paladino. Al di là del tempo” è il Guerriero, scultura in terracotta di mt 2,80, omaggio visionario al Guerriero di Capestrano. “Nella mia scultura – spiega Paladino - c‟è una netta impostazione geometrica che si concretizza chiaramente nella sfera posta sul copricapo. Nel complesso diventa quasi una struttura architettonica, una casa: la lancia è anche scettro e sostegno in relazione alla sfera sul copricapo che a sua volta è quasi un tetto. L‟uso della tegola, frontalmente, è ripetuto tre volte in senso architettonico e quella in alto, che si incrocia con la mano, traccia una diagonale che dalla lancia arriva fino alla sfera. Ho scelto la terracotta perché questo materiale dalle proprietà elementari e trasformative richiama la forza arcaica della pietra calcarea con cui è stato scolpito il Guerriero”.
E così, nota Gabriele Simongini nel suo saggio in catalogo, “orizzontali, verticali e diagonali segnano quindi una presenza scultorea ed architettonica dal forte impatto visivo: un nuovo Guerriero severo, ascetico, totemico, chiuso nel suo riserbo geometrico ed enigmatico”. Mentre Enzo Di Martino, che dedica un coinvolgente saggio al nuovo Guerriero, parlando di Aninis (il presunto autore del Guerriero di Capestrano) e di Paladino, scrive: “appare evidente anche a prima vista che tra i due artisti, pur separati da oltre duemila anni di storia, viene messa in atto una operazione di vero e proprio rispecchiamento, e non solo perché i due Re Guerrieri formalmente risultano somiglianti. Un‟occhiata più attenta ed insistita rivela tuttavia che la figura di Paladino è in realtà molto diversa, è più alta e più semplificata, perfino più spigolosa, le decorazioni sono infatti quasi del tutto scomparse, la struttura della forma plastica è divenuta più segnata ed essenziale. L‟intenzione non è più quella di rappresentare una figura magico-sacrale ma, partendo dal confronto, realizzare una scultura che viva nella contemporaneità”.
Il percorso espositivo della mostra riunisce anche varie opere a tema bellico e nel suo complesso potrebbe rivelarsi quasi come un “corredo” del nuovo guerriero, così come accadeva nell’antichità. Un “corredo” reinventato, immaginario, sorprendente.
Si va dall’opera monumentale “Carro” ad una sala popolata da settantacinque piccole sculture in bronzo, dall’”Elmo” al “Cavallo”, in una sorta di epico omaggio alla storia dell’uomo anche attraverso l’attività di conquista e difesa dei territori che da sempre ha caratterizzato, e caratterizza ancora, la primaria politica sociale delle civiltà. Fra le opere più significative spicca quella (Senza titolo, 2004, terracotta, impasto di colore su legno, ottone) realizzata a quattro mani con Ettore Spalletti, artista abruzzese di fama internazionale. Inoltre la sala con le 75 sculture in bronzo, comprese fra il 1984 e il 2010, costituisce già di per sé una piccola antologica della ricerca plastica di Paladino.
Al di là di ogni interpretazione troppo stringente, come scrive Simongini, “Paladino non offre mai chiavi di lettura certe, univoche, ma traccia sentieri aperti verso più direzioni interiori, verso la
Mimmo Paladino a Chieti, Press Book
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ricerca di un personale sentimento del mondo. Potremmo immaginarle radunate tutte insieme, le sculture di Paladino, in un grande rito collettivo e votivo dalle origini immemorabili e profondamente spirituali, ognuna concentrata in un gesto e nell’intuizione di una sacralità impenetrabile”.
I LUOGHI DELLE ESPOSIZIONI
La mostra di Mimmo Paladino inaugurerà le sale di PALAZZO DE MAYO, storico edificio della Città di Chieti di impianto sei-settecentesco ora sede del Museo (fortemente voluto dall‟Arch. Di Nisio) e della Fondazione Carichieti.
Di notevole impatto architettonico e di imponenti dimensioni, il Palazzo è costituito da una serie di corpi di fabbrica che dal Largo Martiri della Libertà si sviluppano lungo il Corso Marrucino fino al Vicolo chiuso S. Domenico e lungo il Vico dei Veneziani fino al Largo del Teatro Vecchio e incorpora anche alcune corti, nonché un giardino interno di circa 700 metri quadrati.
La Fondazione Carichieti con il restauro e la riqualificazione architettonica del Palazzo De Mayo restituirà alla città di Chieti uno dei migliori esempi di architettura barocca esistenti nella regione Abruzzo. Il carattere polifunzionale attribuito al complesso edilizio è, inoltre, determinante e qualificante per la rivitalizzazione e riqualificazione dell‟intero centro storico visto il ruolo culturale e sociale di notevole rilevanza che il Palazzo andrà ad assumere.
Palazzo De Mayo, infatti, una volta recuperato, non solo ospiterà la sede della Fondazione con i suoi uffici amministrativi, le sale di rappresentanza e quelle degli organi direzionali, nonché la sede del Centro Abruzzese di Studi Manzoniani e dell‟istituendo Centro Studi Alessandro Valignano, ma è destinato a diventare, come già più volte definito, una “Cittadella della cultura”, ossia luogo deputato ad accogliere un museo con più collezioni, una biblioteca, auditorium, sale per mostre permanenti e temporanee. Il Palazzo, in definitiva, sarà lo spazio ideale per l‟organizzazione e la realizzazione delle più svariate iniziative culturali: mostre di arti visive di livello internazionale, corsi di perfezionamento musicale e teatrale, incontri ed iniziative sulle più diverse espressioni della letteratura, della storia, dello spettacolo, della musica, del teatro, delle scienze naturali; quindi concerti, conferenze, presentazioni di libri e tutto ciò che sia in grado di contribuire in modo concreto allo sviluppo culturale e sociale della collettività.
LA NUOVA SALA DEL GUERRIERO DI CAPESTRANO AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE
La nuova sala del Guerriero di Capestrano, opera di Mimmo Paladino, si trova al Museo Archeologico Nazionale d‟Abruzzo di Villa Frigerj ed è stata allestita grazie ad una stretta collaborazione tra lo staff della Soprintendenza (diretto da Maria Ruggeri e composto da Ada Cardellicchio, Stefano Trocchi e Maria Teresa Piccioli) e le maestranze del Maestro.
Il Museo raccoglie le più importanti raccolte di reperti archeologici esistenti in Abruzzo ed è situato a Chieti, al centro dei giardini comunali. È ospitato in un pregevole edificio in stile neoclassico, fatto erigere nel 1830 dal barone Ferrante Frigerj su progetto dell‟architetto napoletano Enrico Riccio. Ceduto prima al comune di Chieti e successivamente allo Stato, nel 1959 è diventato sede del Museo archeologico per volere dell‟allora soprintendente Valerio Cianfarani.
L‟edificio, a pianta centrale, presenta le quattro facciate esterne rivestite da mattoni lisci al piano terreno e arricchite di pregevoli finestre con timpani al piano nobile. L‟interno è caratterizzato da una scalinata monumentale a forbice sostenuta da colonne doriche e da un‟ampia galleria centrale utilizzata in origine per il passaggio delle carrozze.
La realizzazione della nuova sala del Guerriero si inserisce in una più ampia opera di riallestimento delle esposizioni archeologiche, condotta sotto la direzione di Maria Ruggeri. Il progetto del nuovo allestimento museale si sviluppa secondo un percorso organizzato per “popoli”, evidenziando cioè la nascita di quei sistemi etnico-territoriali che in quest‟area sono percepibili, grazie alla documentazione archeologica, già nelle fasi iniziali dell‟età del Ferro.
Oltre al Guerriero di Capestrano, uno dei principali esempi di scultura non classica di tutta l‟Europa antica e certo il reperto archeologico più significativo di tutto l‟Abruzzo, al Museo sono esposti reperti di straordinario interesse storico ed archeologico, quali gli oggetti provenienti dal Santuario di Ercole Curino a Sulmona, tra cui la statuetta bronzea di Eracle in riposo, ritenuta opera del grande Lisippo; il ciclo statuario da Foruli (Scoppito-Aq); la statua colossale di Ercole Epitrapezios dall‟antica Alba Fucens; i letti funerari con decorazioni in osso dalle necropoli di Fossa; i corredi funerari delle numerose necropoli italiche di tutto l‟Abruzzo; la Collezione Numismatica e la straordinaria Collezione Pansa.
Mimmo Paladino a Chieti, Press Book
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IL GUERRIERO DI CAPESTRANO
Fin dal 1934, anno della sua occasionale scoperta, apparve subito evidente la straordinaria valenza di questa scultura di dimensioni eccezionali (oltre 2 metri), che a ragione può essere allo stesso tempo definita opera d‟arte, reperto archeologico, eccezionale testimonianza epigrafica e linguistica, nonché prodotto peculiare di quelle élites aristocratiche che, guidate da principi-guerrieri, si svilupparono in Italia centrale durante l‟Età del Ferro.
Il Guerriero non può pertanto essere pienamente compreso senza collocarlo all‟interno di quel quadro che le testimonianze archeologiche ci permettono di delineare, caratterizzato da estese necropoli con tombe monumentali e ricchissimi corredi, nei quali – accanto alle armi e agli ornamenti – troviamo oggetti esotici e beni di prestigio che evidenziano i collegamenti e gli scambi esistenti tra l‟area medio-adriatica, il mondo etrusco e l‟Europa centrale.
La visione del Guerriero non può pertanto essere disgiunta da una visita all‟esposizione archeologica al fine di non smarrire i contesti storici e culturali nel quale collocarlo, ma il pregio indubbio dell‟allestimento proposto da Mimmo Paladino, che isola l‟opera senza però separarla dal resto del museo, è quello di recuperare quella sacralità che in origine ammantava questa statua, collocata come segnacolo funerario di un principe del VI secolo a.C.
Eretta all‟interno di una vasta necropoli nei pressi delle sorgenti del Tirino, forse originariamente connessa con una tomba a tumulo, l‟opera costituiva la rappresentazione di un capo guerriero divinizzato, ritratto in piedi con tutti gli attributi del suo rango militare e religioso. Il vistoso copricapo circolare accentuava la sua imponenza e assolveva alla sua funzione di prepotente marcatore del paesaggio circostante, simbolo di una classe aristocratica, che ritraeva i suoi membri secondo precise convenzioni. Queste immagini dunque, erette nelle aree di necropoli dedicate all‟aristocrazia, in luoghi visibili anche da lontano, celebravano un potere forse non solo civile ma anche religioso.
Breve descrizione della Statua del Guerriero
La statua è ricavata da un unico blocco di pietra calcarea locale e la figura appare inquadrata da due piastrini laterali, che si fondono con la base, che doveva originariamente essere infissa nel terreno. L‟elemento più caratteristico è costituito dal grande cappello circolare, realizzato in un blocco a parte e inserito sul capo del guerriero grazie ad un sistema ad incastro. È stato variamente interpretato: scudo, elmo, cappello di foggia orientale o simbolo solare. Prevale oggi una sua interpretazione quale cappello ad ampie falde e a strette fasce concentriche rosse alternate a fasce risparmiate, attributo riconducibile alla sfera sacerdotale o comunque cerimoniale. La figura di guerriero è rappresentata forte, stante sulle due poderose gambe, con i piedi appaiati, la vita stretta, le braccia portate al petto e al ventre, e le mani aperte, secondo uno schema iconografico che ritroviamo in numerose opere dell‟epoca, in un gesto comune sia all‟area medio adriatica, che a territori più lontani, quali l‟Etruria o la Germania. Il volto presenta tratti rigidi, con pupille rilevate, e appare incorniciato da una striscia rilevata, elementi che hanno fatto pensare alla presenza di una sorta di maschera funeraria o rituale. Si tratta più probabilmente di una correggia per fissare l‟ampio cappello.
La connotazione guerriera è portata in forte risalto dalla presenza del ricco equipaggiamento militare. Sui lati dei due piastrini sono raffigurate due lunghe lance con cuspide foliata, sul torace è appesa una lunga spada con elsa a croce, abbinata ad un lungo coltello. Al petto il guerriero stringe invece un‟ascia trapezoidale a occhio.
Gli elementi difensivi sono invece costituiti da una coppia di dischi-corazza in bronzo, uno sul petto e l‟altro sulla schiena, aventi la funzione di proteggere durante il combattimento i punti vitali del guerriero. Dal cinturone pendono invece due mitre a difesa della zona inguinale e lombare, con una decorazione a meandri spezzati. Sono inoltre raffigurati ornamenti personali, quali il torques a capi aperti con pendenti centrali, e alcune armille. L‟abbigliamento e i dettagli dell‟armamento sono accentuati dall‟uso del colore rosso.
Mimmo Paladino a Chieti, Press Book
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Aninis, uno scultore del VI secolo a.C. ?
Sul lato esterno del pilastrino a destra del guerriero è presente un‟iscrizione in caratteri sudpiceni, che corre in verticale su un‟unica riga. Il testo è stato così letto
“ma kuprí koram opsút ani{ni}s rakinel?ís? pomp?[úne]í”
e ha suscitato problemi interpretativi di particolare rilievo e suggestione. Se, infatti, accettassimo la lettura proposta da A. La Regina, avremmo uno dei rarissimi casi in cui è noto l‟autore di un‟opera d‟arte, lo scultore Aninis, che avrebbe realizzato questa statua eccezionale per Nevio Pompuledio, un capo guerriero dell‟età arcaica. Ad Aninis e alla sua scuola è stato proposto di attribuire anche altre sculture dell‟area medioadriatica, che presentano strette consonanze stilistiche e formali con il guerriero di Capestrano, quali il torsetto femminile sempre da Capestrano, nonché gli esemplari frammentari da Rapino e da Manoppello.
Una lettura più cauta dell‟iscrizione tende invece a vedere nel nominativo Aninis non l‟indicazione dell‟autore dell‟opera, ma l‟identità del committente: Aninis dunque non “fece” la scultura, ma la “fece fare” per un tal Pomp? da identificarsi con il personaggio ritratto. Le consonanze stilistiche di molte delle opere scultoree dell‟area adriatica non rifletterebbero dunque l‟esistenza di una vera e propria bottega artistica, ma l‟adesione ad un preciso schema iconografico/ideologico, che prevedeva che i capi delle élites fossero raffigurati secondo precisi canoni formali e con i loro attributi di rango.
I compagni del Guerriero
Nell‟antisala del Guerriero sono invece esposti alcuni esemplari di quella statuaria che rappresenta il documento archeologico più suggestivo delle culture indigene dell‟area medio-adriatica. I reperti – tra i quali la “Dama di Capestrano”, rinvenuta assieme al Guerriero – costituiscono nel loro insieme un corpus unico che non ha eguali in campo europeo per il periodo dal VII al V secolo a.C.
Essi consentono di meglio comprendere quel processo di sviluppo artistico che è stato chiaramente delineato dagli studiosi: partendo dalla stele figurativa, nella quale solo la protome appare a rilievo, mentre gli altri attributi sono incisi, si passa nel tempo ad una statuaria a tutto tondo, che ha la sua migliore espressione proprio nel Guerriero, per poi terminare il percorso con le stele a erma di Penna S.Andrea, che non affidano più il loro messaggio agli attributi guerrieri e di rango, ma alla lunga iscrizione che campeggia sul loro corpo centrale.
Tale originale percorso artistico si sviluppa indipendentemente dall‟arte greca e pare nascere grazie a influenze che dal mondo etrusco giungono in area medioadriatica, ove però si sommano ad esperienze precedenti, quali le stele garganiche, dando origine ad una produzione del tutto originale e peculiare.
Palazzo De Mayo e il Museo Archeologico-Villa Frigerj, ambedue nel centro storico, distano poche centinaia di metri l’uno dall’altro. “Così è scelta saggia –nota ancora Simongini - quella di lasciarsi andare ad una contaminazione della contemplazione che permette di vedere con moto pendolare il Guerriero di Capestrano e le sculture del nostro artista con lo sguardo pieno di quanto si è potuto osservare prima nell’uno e poi nelle altre e viceversa”.
ELENCO OPERE ESPOSTE A PALAZZO DE MAYO
Elmo, 1999, bronzo, cm.130x190x190.
“Carro”, 1999-2000, acciaio corten, cm.200x218x100.
Settantacinque sculture piccole in bronzo alte ciascuna circa 45 cm. con base in metallo.
M.Paladino- E.Spalletti, Senza titolo, 2004, terracotta, impasto di colore su legno, ottone, cm.90x45x45
Scultura, 2005, alluminio e ferro dipinto, cm.202x98x65.
Scultura, 2005, alluminio dipinto, cm.199x77x48.
Scultura, 2005, bronzo e ferro dipinto, cm.205x80x60.
Senza titolo, 2007, bronzo, cm.40x240x105.
Senza titolo, 2007, bronzo, cm.40x240x105.
Senza titolo, 2007, bronzo, cm.40x240x105.
Architettura, 2007, bronzo, cm.215x198x78.
“Guerriero”, 2010, terracotta, alto m.2,80.
Mimmo Paladino a Chieti, Press Book
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BIOGRAFIA DI MIMMO PALADINO
È nato nel 1948 a Paduli (Benevento) dove vive e lavora. Sul finire degli anni Settanta è stato tra gli artefici, a livello internazionale, del ritorno alla pittura.
Gli esordi, nel diffuso clima concettuale dell‟epoca, lo vedono interessato alla fotografia, ma già nel 1977 realizza due grandi murali a tempera presso la galleria Toselli di Milano e la galleria Lucio Amelio di Napoli.
Scelta importante è quella di richiamarsi alle proprie matrici storiche, da cui derivano i riferimenti costanti alla figurazione e alla scultura della sua terra, il Sannio, operando sia sul fronte aniconico sia su quello figurativo e facendoli sovente convivere all‟interno della stessa tela.
Nel 1980, su invito di Achille Bonito Oliva, espone alla Biennale di Venezia nella mostra Aperto 80. Tra gli artisti italiani ci sono anche Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi e Nicola De Maria: sono i protagonisti della Transavanguardia.
Ma è soprattutto grazie a una mostra itinerante di disegni in vari musei centroeuropei – dalla Kunsthalle di Basilea al Museum Folkwang di Essen e allo Stedelijk Museum di Amsterdam – che l‟arte di Paladino si accredita definitivamente a livello internazionale. A New York intanto, sempre nello stesso anno, due mostre personali simultanee, da Annina Nosei e da Marian Goodman, fanno conoscere il lavoro dell‟artista italiano anche negli Stati Uniti.
Le sue tele, sovente di grandi dimensioni, ma in alcuni casi anche piccole e intimiste, sono ora abitate da figure allegoriche che rimandano ad un Universo misterioso e alla sacralità di riti e gesti dimenticati, se non addirittura irrimediabilmente perduti. Questo aspetto del suo lavoro deriva, oltre che dalle tradizioni della sua terra campana, anche da sentimenti di fratellanza con Joseph Beuys.
Nel 1981 il Kunstmuseum di Basilea organizza, curata da Dieter Koepplin, una grande mostra personale di dipinti che sarà ospitata dalla Kestner-Gesellshaft di Hannover, dal Mannheimer Kunstverein di Mannheim e dal Groeninger Museum di Groeningen. Lo stesso anno una personale gli sarà dedicata anche dalla Galleria d‟ Arte Moderna di Bologna.
Sperimentatore instancabile di ogni tecnica artistica, già a partire dal 1979 Paladino si dedica all'incisione. L'acquaforte, l'acquatinta, la linoleumgrafia, la xilografia traducono efficacemente il carattere spettrale delle sue figure primordiali.
Nei primi anni 80 inizia anche a realizzare le prime sculture. Le esposizioni si susseguono e nel 1981 Paladino partecipa a A New Spirit in Painting presso la Royal Academy of Art di Londra e alla Biennale di Parigi.
L‟anno seguente, prende parte alla Biennale di Sydney e a Documenta 7 di Kassel. Nel 1982 si succedono tre importanti personali: a Humlebaeck per iniziativa del Louisiana Museum of Modern Art, a Wuppertal, presso il Museumsverein e alla Städtische Galerie di Erlangen. L‟attrazione verso territori pregnanti di ritualità porta l‟artista a compiere diversi viaggi in Brasile e, dal 1982 al 1985, si reca sovente in quel paese, dove si appropria di stilemi e soggetti tipici della cultura latino-americana.
Nonostante la riconoscibilità delle forme, Paladino si considera un artista minimale che rimette in gioco sempre gli stessi “segni”, disponibile a interagire con ogni stimolo incontrato più o meno casualmente.
Ne sono testimonianza le opere concesse per la mostra sulla Transavanguardia alla Fundaciò Joan Mirò di Barcellona nel 1983, per la rassegna New Art alla Tate Gallery di Londra nello stesso anno e per Det Italienska Transavangardet alla Lunds Konsthall di Stoccolma l‟anno successivo. Contemporaneamente, all‟artista italiano viene dedicata un‟importante personale al Harbour Museum di Newport, Los Angeles, seguita, nel 1984, da un‟altra personale al Musée Saint-Pierre/Art Contemporain di Lyon. Sempre nel 1984, Paladino espone nell‟ambito di An International Survey of Recent Painting and Sculpture al Museum of Modern Art di New York, è poi invitato all‟Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, partecipa quindi alla mostra Contemporary Italian Masters presso il Chicago Council of Fine Arts.
Il disegno è sempre parte fondante del lavoro di Paladino ed egli è figura centrale della mostra Nuovi Disegni al Kunstmuseum di Basilea nel 1983. Sempre nella città svizzera, l‟anno dopo, partecipa alla grande esposizione Skulptur im 20. Jahrhundert.
L‟artista è impegnato in importanti mostre personali, tra le quali la ricca retrospettiva che gli viene dedicata dalla Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco (1985). Altre mostre hanno luogo al Kunstnerses Hus di Oslo (1985), al Kulturhaus di Graz (1987) e alla Moderne Galerie Rupertinum di Salisburgo (1987), mentre, fra le collettive, ricordiamo A New Romanticism all‟Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, la Biennale di San Paolo, La Biennale di Parigi, la Bilder für Frankfurt al Museum für Moderne Kunst di Francoforte (1985) e Beuys zu Ehren alla Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco (1986).
Sul finire del decennio sue opere sono presenti alla XLIII Biennale di Venezia (1988) e a Presence Eternity – Traces of the Transcendental in Today’s Art presso il Martin Gropius Bau di Berlino (1990).
Sue personali si tengono inoltre a Villa delle Rose, Bologna (1990), al Belvedere di Praga – con il titolo di Bilà Hora – (1991), al Museu de Arte di San Paolo (1992), al Forte Belvedere di Firenze (1993), al Museo de Arte Contemporaneo di Monterrey (1994).
Nel 1994 la sua prima mostra antologica dell‟opera grafica, con la pubblicazione del catalogo completo del suo lavoro, è stata allestita, a cura di Enzo Di Martino, al Palacio Revillagigedo di Gijon (Spagna). È il primo artista contemporaneo italiano a tenere una mostra in Cina, alla Galleria Nazionale delle Belle Arti di Pechino (1994).
Negli anni Novanta comincia a realizzare importanti installazioni e interventi sugli spazi urbani come la installazione permanente Hortus Conclusus nel chiostro di San Domenico a Benevento (1992). Nel 1995 Napoli gli dedica una mostra alle Scuderie di Palazzo Reale, a villa Pignatelli Cortes e in Piazza Plebiscito dove installa la Montagna di Sale. Nel 1999 una grande mostra alla South London Gallery include Testimoni, un nuovo gruppo completo di 20 sculture in pietra bianca di Vicenza e Zenith, una serie di lavori in tecnica mista su alluminio. Dopo un‟installazione di Dormienti ideata nel 1998 per la Fonte delle Fate di Poggibonsi, nel 1999, presenta l‟installazione I Dormienti nel sotterraneo della Roundhouse di Londra. L‟opera si avvale di una musica scritta appositamente per l‟occasione da Brian Eno. Lo stesso anno la Royal Academy di Londra lo insignisce del titolo di Membro Onorario.
In questi anni Paladino ha realizzato le scenografie di Veglia (1992) a Benevento, con la regia di Mario Martone, La sposa di Messina di Schiller (1994) a Gibellina con la regia di Elio De Capitani e ancora Edipo Re (2000) al Teatro Argentina di Roma, nuovamente con la regia di Mario Martone. Nel 2001 viene pubblicato il catalogo generale della sua opera grafica (Opera Grafica 1974-2001), a cura di Enzo Di Martino, per Art of this Century – New York – Parigi.
Illustra l‟Illiade e l‟Odissea di Omero, pubblicato in due volumi dalla casa editrice Le Lettere di Firenze. Lo stesso anno realizza un‟installazione per la stazione della metropolitana Salvator Rosa a Napoli.
Il Centro d‟Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato gli dedica la più completa mostra retrospettiva organizzata da un museo italiano, a cura di Bruno Corà (2002).
Nel 2003 partecipa insieme a Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi e Nicola De Maria alla mostra Transavanguardia 1979-1985 al Museo di Arte Contemporanea Castello di Rivoli, a cura di Ida Gianelli. Mostre personali si tengono nella Reggia di
Mimmo Paladino a Chieti, Press Book
Il Guerriero di Capestrano, emblema per eccellenza della plastica arcaica italica e simbolo dell’Abruzzo, sarà sospeso in una dimensione senza tempo, nell’osmotica continuità fra passato e presente. Per la prima volta in Italia, un artista contemporaneo dà vita alla nuova sala permanente destinata ad ospitare un capolavoro archeologico di assoluta rilevanza.
Mimmo Paladino, la cui produzione è innervata dal richiamo estetico e formale delle antiche civiltà, si è ispirato in modi originali al Guerriero di Capestrano anche per la sua nuova sorprendente opera, “Guerriero” (terracotta, h. m. 2,80), che sarà esposta in anteprima assoluta a Palazzo De Mayo, il nuovo museo della Fondazione Carichieti, nella mostra “Mimmo Paladino. Al di là del tempo”, curata da Gabriele Simongini.
Dunque, un doppio appuntamento in quello che si può già definire un percorso eccezionale da “museo diffuso” nella città di Chieti, dal Museo Archeologico-Villa Frigerj, diretto da Maria Ruggeri, al nuovo Palazzo De Mayo, nel segno dell’arte contemporanea con Mimmo Paladino e delle origini della civiltà italica con il Guerriero di Capestrano nella sua nuova “casa”.
La mostra a Palazzo De Mayo e la nuova sala del Guerriero al Museo Archeologico saranno inaugurate il 26 gennaio 2011. L’esposizione di sculture a Palazzo De Mayo resterà aperta al pubblico fino al 30 aprile 2011. I due eventi saranno documentati da due cataloghi distinti, editi da Allemandi e curati da Simongini, ai cui saggi si affiancheranno quelli di Andrea Pessina (per la sala del Guerriero) e di Enzo Di Martino (per la mostra a Palazzo De Mayo).
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L’INTERVENTO DI PALADINO AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE D’ABRUZZO
Come scrive Simongini nel suo ampio saggio in catalogo, “Mimmo Paladino ha scelto di entrare con rispetto, misura e circospezione nel Museo Archeologico Nazionale d‟Abruzzo-Villa Frigerj di Chieti sulla scia dell‟aura che circonda il Guerriero per dargli una nuova casa, una sala sospesa in una dimensione senza tempo.
L‟obiettivo che si pone il nostro artista è chiaro ed ambizioso e lo dichiara lui stesso: „Ho voluto quasi depurare il Guerriero dal significato che lo determina storicamente e che lo data. Chi lo guarda ne deve trarre suggestioni che vanno al di là della sua collocazione cronologica. Secondo me l’opera d’arte deve educare il gusto al guardare. In tal senso condivido quel che diceva Berenson: bisogna agevolare la formazione del gusto, che si sviluppa naturalmente, come i muscoli e il cervello, attraverso l’esercizio e l’esperienza’. E così ho tentato di aggiungere un altro valore al valore stesso dell’opera, per darle modo di esprimere tutte le sue qualità. Un po’ come se avessi fatto un pezzo di teatro’.
L‟evento pionieristico e coraggioso che ha portato alla realizzazione della nuova sala permanente del Guerriero, oltre all‟antisala grigia che fa da viatico, non è un puro e semplice allestimento ma è la creazione di uno spazio architettonico che in sé accoglie, oltre al massimo capolavoro della scultura arcaica italica, un intervento creativo discreto, misurato e minimale che va scoperto lentamente: gli aerei e leggerissimi graffiti di Paladino che quasi sfiorano le pareti come segni poetici e quindi lontanissimi da qualsiasi dimensione didascalica e storicistica. L‟artista campano trasforma la sala del Guerriero in un‟esperienza proposta al visitatore sotto il segno della contemplazione estetica, silenziosa e concentrata.
Al centro di quest’opera totale, fatta di spazi architettonici, graffiti e illuminazione ad hoc e che forse in futuro potrebbe perfino accogliere la musica, sta sempre e comunque il Guerriero di Capestrano la cui assoluta ed emblematica potenza geometrica è stata ribadita da Paladino con una mirabile intuizione spaziale: applicando la proporzione aurea, il cerchio del copricapo con il suo modulo di 65 cm. genera un‟ ellissoide (il cui asse principale è 13 volte il modulo mentre l‟altro equivale a circa sette volte e mezzo) che dà forma curva alla sala, spazio fluido, continuo, sospeso, senza angoli.
Lo spazio fluido della sala è generato dal mirabile copricapo ma al tempo stesso avvolge il Guerriero con una calda accoglienza esaltata pure dall‟accordo cromatico fra la scultura e il colore delle pareti: macinando la stessa pietra calcarea locale con cui è stato scolpito il Guerriero si è ottenuta una tinta perfettamente armonizzata con la statua e usata in diverse tonalità sia per il pavimento che per le pareti.
Per la sala del Guerriero Paladino ha pensato, magari solo da un punto di vista evocativo, alla cella, cioè alla parte interna del tempio greco o romano in cui si custodiva la statua della divinità e che diventava simbolicamente la casa del dio stesso.
Ho cercato un gesto primario – ci dice Paladino mentre accarezza le pareti incise - e l’ho individuato nel graffito, il primo segno che l’uomo ha tracciato sulle pareti della caverna, un graffio nel muro con una pietra. Ho accennato ad un’ipotetica scrittura sconosciuta. A Chieti, emergono come apparizioni sagome di teste, frecce, animali, rami, utensili, una clessidra e molto altro, con un percorso segnico sostanzialmente minimale, tanto che qualsiasi mero elenco descrittivo pare inadeguato. Sono testimoni che in qualche modo osservano il Guerriero avvolgendolo e partecipando con discrezione al suo spazio sacrale”.
Per l‟occasione la nuova sala del Guerriero firmata da Paladino è stata documentata ed interpretata dalle fotografie di Gianfranco Gorgoni pubblicate in catalogo.
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LA MOSTRA DI MIMMO PALADINO A PALAZZO DE MAYO
Il nuovo Guerriero realizzato da Paladino è il nucleo centrale della mostra di sculture che inaugura la nuova sede museale di Palazzo De Mayo della Fondazione Carichieti, nel contesto di due eventi culturali di respiro internazionale, fortemente radicati nel tessuto culturale e storico del territorio, l‟Abruzzo.
L‟opera inedita, appositamente creata dall‟artista per la mostra “Mimmo Paladino. Al di là del tempo” è il Guerriero, scultura in terracotta di mt 2,80, omaggio visionario al Guerriero di Capestrano. “Nella mia scultura – spiega Paladino - c‟è una netta impostazione geometrica che si concretizza chiaramente nella sfera posta sul copricapo. Nel complesso diventa quasi una struttura architettonica, una casa: la lancia è anche scettro e sostegno in relazione alla sfera sul copricapo che a sua volta è quasi un tetto. L‟uso della tegola, frontalmente, è ripetuto tre volte in senso architettonico e quella in alto, che si incrocia con la mano, traccia una diagonale che dalla lancia arriva fino alla sfera. Ho scelto la terracotta perché questo materiale dalle proprietà elementari e trasformative richiama la forza arcaica della pietra calcarea con cui è stato scolpito il Guerriero”.
E così, nota Gabriele Simongini nel suo saggio in catalogo, “orizzontali, verticali e diagonali segnano quindi una presenza scultorea ed architettonica dal forte impatto visivo: un nuovo Guerriero severo, ascetico, totemico, chiuso nel suo riserbo geometrico ed enigmatico”. Mentre Enzo Di Martino, che dedica un coinvolgente saggio al nuovo Guerriero, parlando di Aninis (il presunto autore del Guerriero di Capestrano) e di Paladino, scrive: “appare evidente anche a prima vista che tra i due artisti, pur separati da oltre duemila anni di storia, viene messa in atto una operazione di vero e proprio rispecchiamento, e non solo perché i due Re Guerrieri formalmente risultano somiglianti. Un‟occhiata più attenta ed insistita rivela tuttavia che la figura di Paladino è in realtà molto diversa, è più alta e più semplificata, perfino più spigolosa, le decorazioni sono infatti quasi del tutto scomparse, la struttura della forma plastica è divenuta più segnata ed essenziale. L‟intenzione non è più quella di rappresentare una figura magico-sacrale ma, partendo dal confronto, realizzare una scultura che viva nella contemporaneità”.
Il percorso espositivo della mostra riunisce anche varie opere a tema bellico e nel suo complesso potrebbe rivelarsi quasi come un “corredo” del nuovo guerriero, così come accadeva nell’antichità. Un “corredo” reinventato, immaginario, sorprendente.
Si va dall’opera monumentale “Carro” ad una sala popolata da settantacinque piccole sculture in bronzo, dall’”Elmo” al “Cavallo”, in una sorta di epico omaggio alla storia dell’uomo anche attraverso l’attività di conquista e difesa dei territori che da sempre ha caratterizzato, e caratterizza ancora, la primaria politica sociale delle civiltà. Fra le opere più significative spicca quella (Senza titolo, 2004, terracotta, impasto di colore su legno, ottone) realizzata a quattro mani con Ettore Spalletti, artista abruzzese di fama internazionale. Inoltre la sala con le 75 sculture in bronzo, comprese fra il 1984 e il 2010, costituisce già di per sé una piccola antologica della ricerca plastica di Paladino.
Al di là di ogni interpretazione troppo stringente, come scrive Simongini, “Paladino non offre mai chiavi di lettura certe, univoche, ma traccia sentieri aperti verso più direzioni interiori, verso la
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ricerca di un personale sentimento del mondo. Potremmo immaginarle radunate tutte insieme, le sculture di Paladino, in un grande rito collettivo e votivo dalle origini immemorabili e profondamente spirituali, ognuna concentrata in un gesto e nell’intuizione di una sacralità impenetrabile”.
I LUOGHI DELLE ESPOSIZIONI
La mostra di Mimmo Paladino inaugurerà le sale di PALAZZO DE MAYO, storico edificio della Città di Chieti di impianto sei-settecentesco ora sede del Museo (fortemente voluto dall‟Arch. Di Nisio) e della Fondazione Carichieti.
Di notevole impatto architettonico e di imponenti dimensioni, il Palazzo è costituito da una serie di corpi di fabbrica che dal Largo Martiri della Libertà si sviluppano lungo il Corso Marrucino fino al Vicolo chiuso S. Domenico e lungo il Vico dei Veneziani fino al Largo del Teatro Vecchio e incorpora anche alcune corti, nonché un giardino interno di circa 700 metri quadrati.
La Fondazione Carichieti con il restauro e la riqualificazione architettonica del Palazzo De Mayo restituirà alla città di Chieti uno dei migliori esempi di architettura barocca esistenti nella regione Abruzzo. Il carattere polifunzionale attribuito al complesso edilizio è, inoltre, determinante e qualificante per la rivitalizzazione e riqualificazione dell‟intero centro storico visto il ruolo culturale e sociale di notevole rilevanza che il Palazzo andrà ad assumere.
Palazzo De Mayo, infatti, una volta recuperato, non solo ospiterà la sede della Fondazione con i suoi uffici amministrativi, le sale di rappresentanza e quelle degli organi direzionali, nonché la sede del Centro Abruzzese di Studi Manzoniani e dell‟istituendo Centro Studi Alessandro Valignano, ma è destinato a diventare, come già più volte definito, una “Cittadella della cultura”, ossia luogo deputato ad accogliere un museo con più collezioni, una biblioteca, auditorium, sale per mostre permanenti e temporanee. Il Palazzo, in definitiva, sarà lo spazio ideale per l‟organizzazione e la realizzazione delle più svariate iniziative culturali: mostre di arti visive di livello internazionale, corsi di perfezionamento musicale e teatrale, incontri ed iniziative sulle più diverse espressioni della letteratura, della storia, dello spettacolo, della musica, del teatro, delle scienze naturali; quindi concerti, conferenze, presentazioni di libri e tutto ciò che sia in grado di contribuire in modo concreto allo sviluppo culturale e sociale della collettività.
LA NUOVA SALA DEL GUERRIERO DI CAPESTRANO AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE
La nuova sala del Guerriero di Capestrano, opera di Mimmo Paladino, si trova al Museo Archeologico Nazionale d‟Abruzzo di Villa Frigerj ed è stata allestita grazie ad una stretta collaborazione tra lo staff della Soprintendenza (diretto da Maria Ruggeri e composto da Ada Cardellicchio, Stefano Trocchi e Maria Teresa Piccioli) e le maestranze del Maestro.
Il Museo raccoglie le più importanti raccolte di reperti archeologici esistenti in Abruzzo ed è situato a Chieti, al centro dei giardini comunali. È ospitato in un pregevole edificio in stile neoclassico, fatto erigere nel 1830 dal barone Ferrante Frigerj su progetto dell‟architetto napoletano Enrico Riccio. Ceduto prima al comune di Chieti e successivamente allo Stato, nel 1959 è diventato sede del Museo archeologico per volere dell‟allora soprintendente Valerio Cianfarani.
L‟edificio, a pianta centrale, presenta le quattro facciate esterne rivestite da mattoni lisci al piano terreno e arricchite di pregevoli finestre con timpani al piano nobile. L‟interno è caratterizzato da una scalinata monumentale a forbice sostenuta da colonne doriche e da un‟ampia galleria centrale utilizzata in origine per il passaggio delle carrozze.
La realizzazione della nuova sala del Guerriero si inserisce in una più ampia opera di riallestimento delle esposizioni archeologiche, condotta sotto la direzione di Maria Ruggeri. Il progetto del nuovo allestimento museale si sviluppa secondo un percorso organizzato per “popoli”, evidenziando cioè la nascita di quei sistemi etnico-territoriali che in quest‟area sono percepibili, grazie alla documentazione archeologica, già nelle fasi iniziali dell‟età del Ferro.
Oltre al Guerriero di Capestrano, uno dei principali esempi di scultura non classica di tutta l‟Europa antica e certo il reperto archeologico più significativo di tutto l‟Abruzzo, al Museo sono esposti reperti di straordinario interesse storico ed archeologico, quali gli oggetti provenienti dal Santuario di Ercole Curino a Sulmona, tra cui la statuetta bronzea di Eracle in riposo, ritenuta opera del grande Lisippo; il ciclo statuario da Foruli (Scoppito-Aq); la statua colossale di Ercole Epitrapezios dall‟antica Alba Fucens; i letti funerari con decorazioni in osso dalle necropoli di Fossa; i corredi funerari delle numerose necropoli italiche di tutto l‟Abruzzo; la Collezione Numismatica e la straordinaria Collezione Pansa.
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IL GUERRIERO DI CAPESTRANO
Fin dal 1934, anno della sua occasionale scoperta, apparve subito evidente la straordinaria valenza di questa scultura di dimensioni eccezionali (oltre 2 metri), che a ragione può essere allo stesso tempo definita opera d‟arte, reperto archeologico, eccezionale testimonianza epigrafica e linguistica, nonché prodotto peculiare di quelle élites aristocratiche che, guidate da principi-guerrieri, si svilupparono in Italia centrale durante l‟Età del Ferro.
Il Guerriero non può pertanto essere pienamente compreso senza collocarlo all‟interno di quel quadro che le testimonianze archeologiche ci permettono di delineare, caratterizzato da estese necropoli con tombe monumentali e ricchissimi corredi, nei quali – accanto alle armi e agli ornamenti – troviamo oggetti esotici e beni di prestigio che evidenziano i collegamenti e gli scambi esistenti tra l‟area medio-adriatica, il mondo etrusco e l‟Europa centrale.
La visione del Guerriero non può pertanto essere disgiunta da una visita all‟esposizione archeologica al fine di non smarrire i contesti storici e culturali nel quale collocarlo, ma il pregio indubbio dell‟allestimento proposto da Mimmo Paladino, che isola l‟opera senza però separarla dal resto del museo, è quello di recuperare quella sacralità che in origine ammantava questa statua, collocata come segnacolo funerario di un principe del VI secolo a.C.
Eretta all‟interno di una vasta necropoli nei pressi delle sorgenti del Tirino, forse originariamente connessa con una tomba a tumulo, l‟opera costituiva la rappresentazione di un capo guerriero divinizzato, ritratto in piedi con tutti gli attributi del suo rango militare e religioso. Il vistoso copricapo circolare accentuava la sua imponenza e assolveva alla sua funzione di prepotente marcatore del paesaggio circostante, simbolo di una classe aristocratica, che ritraeva i suoi membri secondo precise convenzioni. Queste immagini dunque, erette nelle aree di necropoli dedicate all‟aristocrazia, in luoghi visibili anche da lontano, celebravano un potere forse non solo civile ma anche religioso.
Breve descrizione della Statua del Guerriero
La statua è ricavata da un unico blocco di pietra calcarea locale e la figura appare inquadrata da due piastrini laterali, che si fondono con la base, che doveva originariamente essere infissa nel terreno. L‟elemento più caratteristico è costituito dal grande cappello circolare, realizzato in un blocco a parte e inserito sul capo del guerriero grazie ad un sistema ad incastro. È stato variamente interpretato: scudo, elmo, cappello di foggia orientale o simbolo solare. Prevale oggi una sua interpretazione quale cappello ad ampie falde e a strette fasce concentriche rosse alternate a fasce risparmiate, attributo riconducibile alla sfera sacerdotale o comunque cerimoniale. La figura di guerriero è rappresentata forte, stante sulle due poderose gambe, con i piedi appaiati, la vita stretta, le braccia portate al petto e al ventre, e le mani aperte, secondo uno schema iconografico che ritroviamo in numerose opere dell‟epoca, in un gesto comune sia all‟area medio adriatica, che a territori più lontani, quali l‟Etruria o la Germania. Il volto presenta tratti rigidi, con pupille rilevate, e appare incorniciato da una striscia rilevata, elementi che hanno fatto pensare alla presenza di una sorta di maschera funeraria o rituale. Si tratta più probabilmente di una correggia per fissare l‟ampio cappello.
La connotazione guerriera è portata in forte risalto dalla presenza del ricco equipaggiamento militare. Sui lati dei due piastrini sono raffigurate due lunghe lance con cuspide foliata, sul torace è appesa una lunga spada con elsa a croce, abbinata ad un lungo coltello. Al petto il guerriero stringe invece un‟ascia trapezoidale a occhio.
Gli elementi difensivi sono invece costituiti da una coppia di dischi-corazza in bronzo, uno sul petto e l‟altro sulla schiena, aventi la funzione di proteggere durante il combattimento i punti vitali del guerriero. Dal cinturone pendono invece due mitre a difesa della zona inguinale e lombare, con una decorazione a meandri spezzati. Sono inoltre raffigurati ornamenti personali, quali il torques a capi aperti con pendenti centrali, e alcune armille. L‟abbigliamento e i dettagli dell‟armamento sono accentuati dall‟uso del colore rosso.
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Aninis, uno scultore del VI secolo a.C. ?
Sul lato esterno del pilastrino a destra del guerriero è presente un‟iscrizione in caratteri sudpiceni, che corre in verticale su un‟unica riga. Il testo è stato così letto
“ma kuprí koram opsút ani{ni}s rakinel?ís? pomp?[úne]í”
e ha suscitato problemi interpretativi di particolare rilievo e suggestione. Se, infatti, accettassimo la lettura proposta da A. La Regina, avremmo uno dei rarissimi casi in cui è noto l‟autore di un‟opera d‟arte, lo scultore Aninis, che avrebbe realizzato questa statua eccezionale per Nevio Pompuledio, un capo guerriero dell‟età arcaica. Ad Aninis e alla sua scuola è stato proposto di attribuire anche altre sculture dell‟area medioadriatica, che presentano strette consonanze stilistiche e formali con il guerriero di Capestrano, quali il torsetto femminile sempre da Capestrano, nonché gli esemplari frammentari da Rapino e da Manoppello.
Una lettura più cauta dell‟iscrizione tende invece a vedere nel nominativo Aninis non l‟indicazione dell‟autore dell‟opera, ma l‟identità del committente: Aninis dunque non “fece” la scultura, ma la “fece fare” per un tal Pomp? da identificarsi con il personaggio ritratto. Le consonanze stilistiche di molte delle opere scultoree dell‟area adriatica non rifletterebbero dunque l‟esistenza di una vera e propria bottega artistica, ma l‟adesione ad un preciso schema iconografico/ideologico, che prevedeva che i capi delle élites fossero raffigurati secondo precisi canoni formali e con i loro attributi di rango.
I compagni del Guerriero
Nell‟antisala del Guerriero sono invece esposti alcuni esemplari di quella statuaria che rappresenta il documento archeologico più suggestivo delle culture indigene dell‟area medio-adriatica. I reperti – tra i quali la “Dama di Capestrano”, rinvenuta assieme al Guerriero – costituiscono nel loro insieme un corpus unico che non ha eguali in campo europeo per il periodo dal VII al V secolo a.C.
Essi consentono di meglio comprendere quel processo di sviluppo artistico che è stato chiaramente delineato dagli studiosi: partendo dalla stele figurativa, nella quale solo la protome appare a rilievo, mentre gli altri attributi sono incisi, si passa nel tempo ad una statuaria a tutto tondo, che ha la sua migliore espressione proprio nel Guerriero, per poi terminare il percorso con le stele a erma di Penna S.Andrea, che non affidano più il loro messaggio agli attributi guerrieri e di rango, ma alla lunga iscrizione che campeggia sul loro corpo centrale.
Tale originale percorso artistico si sviluppa indipendentemente dall‟arte greca e pare nascere grazie a influenze che dal mondo etrusco giungono in area medioadriatica, ove però si sommano ad esperienze precedenti, quali le stele garganiche, dando origine ad una produzione del tutto originale e peculiare.
Palazzo De Mayo e il Museo Archeologico-Villa Frigerj, ambedue nel centro storico, distano poche centinaia di metri l’uno dall’altro. “Così è scelta saggia –nota ancora Simongini - quella di lasciarsi andare ad una contaminazione della contemplazione che permette di vedere con moto pendolare il Guerriero di Capestrano e le sculture del nostro artista con lo sguardo pieno di quanto si è potuto osservare prima nell’uno e poi nelle altre e viceversa”.
ELENCO OPERE ESPOSTE A PALAZZO DE MAYO
Elmo, 1999, bronzo, cm.130x190x190.
“Carro”, 1999-2000, acciaio corten, cm.200x218x100.
Settantacinque sculture piccole in bronzo alte ciascuna circa 45 cm. con base in metallo.
M.Paladino- E.Spalletti, Senza titolo, 2004, terracotta, impasto di colore su legno, ottone, cm.90x45x45
Scultura, 2005, alluminio e ferro dipinto, cm.202x98x65.
Scultura, 2005, alluminio dipinto, cm.199x77x48.
Scultura, 2005, bronzo e ferro dipinto, cm.205x80x60.
Senza titolo, 2007, bronzo, cm.40x240x105.
Senza titolo, 2007, bronzo, cm.40x240x105.
Senza titolo, 2007, bronzo, cm.40x240x105.
Architettura, 2007, bronzo, cm.215x198x78.
“Guerriero”, 2010, terracotta, alto m.2,80.
Mimmo Paladino a Chieti, Press Book
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BIOGRAFIA DI MIMMO PALADINO
È nato nel 1948 a Paduli (Benevento) dove vive e lavora. Sul finire degli anni Settanta è stato tra gli artefici, a livello internazionale, del ritorno alla pittura.
Gli esordi, nel diffuso clima concettuale dell‟epoca, lo vedono interessato alla fotografia, ma già nel 1977 realizza due grandi murali a tempera presso la galleria Toselli di Milano e la galleria Lucio Amelio di Napoli.
Scelta importante è quella di richiamarsi alle proprie matrici storiche, da cui derivano i riferimenti costanti alla figurazione e alla scultura della sua terra, il Sannio, operando sia sul fronte aniconico sia su quello figurativo e facendoli sovente convivere all‟interno della stessa tela.
Nel 1980, su invito di Achille Bonito Oliva, espone alla Biennale di Venezia nella mostra Aperto 80. Tra gli artisti italiani ci sono anche Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi e Nicola De Maria: sono i protagonisti della Transavanguardia.
Ma è soprattutto grazie a una mostra itinerante di disegni in vari musei centroeuropei – dalla Kunsthalle di Basilea al Museum Folkwang di Essen e allo Stedelijk Museum di Amsterdam – che l‟arte di Paladino si accredita definitivamente a livello internazionale. A New York intanto, sempre nello stesso anno, due mostre personali simultanee, da Annina Nosei e da Marian Goodman, fanno conoscere il lavoro dell‟artista italiano anche negli Stati Uniti.
Le sue tele, sovente di grandi dimensioni, ma in alcuni casi anche piccole e intimiste, sono ora abitate da figure allegoriche che rimandano ad un Universo misterioso e alla sacralità di riti e gesti dimenticati, se non addirittura irrimediabilmente perduti. Questo aspetto del suo lavoro deriva, oltre che dalle tradizioni della sua terra campana, anche da sentimenti di fratellanza con Joseph Beuys.
Nel 1981 il Kunstmuseum di Basilea organizza, curata da Dieter Koepplin, una grande mostra personale di dipinti che sarà ospitata dalla Kestner-Gesellshaft di Hannover, dal Mannheimer Kunstverein di Mannheim e dal Groeninger Museum di Groeningen. Lo stesso anno una personale gli sarà dedicata anche dalla Galleria d‟ Arte Moderna di Bologna.
Sperimentatore instancabile di ogni tecnica artistica, già a partire dal 1979 Paladino si dedica all'incisione. L'acquaforte, l'acquatinta, la linoleumgrafia, la xilografia traducono efficacemente il carattere spettrale delle sue figure primordiali.
Nei primi anni 80 inizia anche a realizzare le prime sculture. Le esposizioni si susseguono e nel 1981 Paladino partecipa a A New Spirit in Painting presso la Royal Academy of Art di Londra e alla Biennale di Parigi.
L‟anno seguente, prende parte alla Biennale di Sydney e a Documenta 7 di Kassel. Nel 1982 si succedono tre importanti personali: a Humlebaeck per iniziativa del Louisiana Museum of Modern Art, a Wuppertal, presso il Museumsverein e alla Städtische Galerie di Erlangen. L‟attrazione verso territori pregnanti di ritualità porta l‟artista a compiere diversi viaggi in Brasile e, dal 1982 al 1985, si reca sovente in quel paese, dove si appropria di stilemi e soggetti tipici della cultura latino-americana.
Nonostante la riconoscibilità delle forme, Paladino si considera un artista minimale che rimette in gioco sempre gli stessi “segni”, disponibile a interagire con ogni stimolo incontrato più o meno casualmente.
Ne sono testimonianza le opere concesse per la mostra sulla Transavanguardia alla Fundaciò Joan Mirò di Barcellona nel 1983, per la rassegna New Art alla Tate Gallery di Londra nello stesso anno e per Det Italienska Transavangardet alla Lunds Konsthall di Stoccolma l‟anno successivo. Contemporaneamente, all‟artista italiano viene dedicata un‟importante personale al Harbour Museum di Newport, Los Angeles, seguita, nel 1984, da un‟altra personale al Musée Saint-Pierre/Art Contemporain di Lyon. Sempre nel 1984, Paladino espone nell‟ambito di An International Survey of Recent Painting and Sculpture al Museum of Modern Art di New York, è poi invitato all‟Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, partecipa quindi alla mostra Contemporary Italian Masters presso il Chicago Council of Fine Arts.
Il disegno è sempre parte fondante del lavoro di Paladino ed egli è figura centrale della mostra Nuovi Disegni al Kunstmuseum di Basilea nel 1983. Sempre nella città svizzera, l‟anno dopo, partecipa alla grande esposizione Skulptur im 20. Jahrhundert.
L‟artista è impegnato in importanti mostre personali, tra le quali la ricca retrospettiva che gli viene dedicata dalla Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco (1985). Altre mostre hanno luogo al Kunstnerses Hus di Oslo (1985), al Kulturhaus di Graz (1987) e alla Moderne Galerie Rupertinum di Salisburgo (1987), mentre, fra le collettive, ricordiamo A New Romanticism all‟Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, la Biennale di San Paolo, La Biennale di Parigi, la Bilder für Frankfurt al Museum für Moderne Kunst di Francoforte (1985) e Beuys zu Ehren alla Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco (1986).
Sul finire del decennio sue opere sono presenti alla XLIII Biennale di Venezia (1988) e a Presence Eternity – Traces of the Transcendental in Today’s Art presso il Martin Gropius Bau di Berlino (1990).
Sue personali si tengono inoltre a Villa delle Rose, Bologna (1990), al Belvedere di Praga – con il titolo di Bilà Hora – (1991), al Museu de Arte di San Paolo (1992), al Forte Belvedere di Firenze (1993), al Museo de Arte Contemporaneo di Monterrey (1994).
Nel 1994 la sua prima mostra antologica dell‟opera grafica, con la pubblicazione del catalogo completo del suo lavoro, è stata allestita, a cura di Enzo Di Martino, al Palacio Revillagigedo di Gijon (Spagna). È il primo artista contemporaneo italiano a tenere una mostra in Cina, alla Galleria Nazionale delle Belle Arti di Pechino (1994).
Negli anni Novanta comincia a realizzare importanti installazioni e interventi sugli spazi urbani come la installazione permanente Hortus Conclusus nel chiostro di San Domenico a Benevento (1992). Nel 1995 Napoli gli dedica una mostra alle Scuderie di Palazzo Reale, a villa Pignatelli Cortes e in Piazza Plebiscito dove installa la Montagna di Sale. Nel 1999 una grande mostra alla South London Gallery include Testimoni, un nuovo gruppo completo di 20 sculture in pietra bianca di Vicenza e Zenith, una serie di lavori in tecnica mista su alluminio. Dopo un‟installazione di Dormienti ideata nel 1998 per la Fonte delle Fate di Poggibonsi, nel 1999, presenta l‟installazione I Dormienti nel sotterraneo della Roundhouse di Londra. L‟opera si avvale di una musica scritta appositamente per l‟occasione da Brian Eno. Lo stesso anno la Royal Academy di Londra lo insignisce del titolo di Membro Onorario.
In questi anni Paladino ha realizzato le scenografie di Veglia (1992) a Benevento, con la regia di Mario Martone, La sposa di Messina di Schiller (1994) a Gibellina con la regia di Elio De Capitani e ancora Edipo Re (2000) al Teatro Argentina di Roma, nuovamente con la regia di Mario Martone. Nel 2001 viene pubblicato il catalogo generale della sua opera grafica (Opera Grafica 1974-2001), a cura di Enzo Di Martino, per Art of this Century – New York – Parigi.
Illustra l‟Illiade e l‟Odissea di Omero, pubblicato in due volumi dalla casa editrice Le Lettere di Firenze. Lo stesso anno realizza un‟installazione per la stazione della metropolitana Salvator Rosa a Napoli.
Il Centro d‟Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato gli dedica la più completa mostra retrospettiva organizzata da un museo italiano, a cura di Bruno Corà (2002).
Nel 2003 partecipa insieme a Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi e Nicola De Maria alla mostra Transavanguardia 1979-1985 al Museo di Arte Contemporanea Castello di Rivoli, a cura di Ida Gianelli. Mostre personali si tengono nella Reggia di
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gennaio 2011
Mimmo Paladino – Il Guerriero di Capestrano e il nuovo guerriero
26 gennaio 2011
arte contemporanea
presentazione
serata - evento
presentazione
serata - evento
Location
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE D’ABRUZZO – VILLA FRIGERJ
Chieti, Villa Comunale, 1, (Chieti)
Chieti, Villa Comunale, 1, (Chieti)
Biglietti
Intero € 2; Ridotto € 1,00 da 18 a 25 anni; Gratuito da 0 a 18 anni e da 65 anni in poi.
Orario di apertura
9.00-20.00; ultimo ingresso 19.30
Giorno di chiusura: lunedì
Vernissage
26 Gennaio 2011, ore 18
Editore
ALLEMANDI
Ufficio stampa
ROSI FONTANA
Autore
Curatore