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Aldo Damioli – Opere su carta
Sono esposte 20 opere su carta, acquerelli e disegni, di recente produzione.
Comunicato stampa
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Srive di Damioli Elena Pontiggia:
Ci sono quadri dove sarebbe bello abitare. Per esempio la Città ideale di Leon Battista Alberti: che è ideale, ha detto qualcuno, perché l’uomo non c’è. (Non importa: a costo di rovinarla, a noi piacerebbe proprio girare per le sue strade, salire all’ultimo piano di uno dei suoi palazzi, vedere da vicino quelle costruzioni di marmo e avorio, senza graffiti, senza intemperanze di cartelli pubblicitari, senza ingombri di segnaletica).
Però non sarebbe male nemmeno vivere nell’isola della Grande-Jatte, non solo alla domenica pomeriggio, ma anche dopo: tra quegli alberi cartesiani, così educati e precisi, tra quelle figure così composte, silenziose come in una biblioteca.
Anche nei quadri di Aldo Damioli sarebbe bello abitare. Le sue sono città filosofiche, sottratte al disordine della vita, dove tutto è nitido come in un negozio di cristalli.
Intendiamoci: non sono luoghi utopici, non vogliono essere Atlantidi né Città del Sole. Damioli non si fa troppe illusioni e non crede nella felicità eterna, tanto meno nel paradiso terrestre. Crede però che con un po’ di ragionevolezza, o comunque un po’ di buon senso, si possa giungere a un accettabile status quo. Nell’arte, almeno, che è quello che ci interessa.
Così i suoi quadri non riproducono la città ideale. A occhio e croce qualche problema di traffico e di sovraffollamento dovrebbe esserci anche nelle sue VeneziaNew York o nelle sue Shanghai. Eppure lo sguardo trova riposo nei suoi grattacieli pitagorici, governati dalla simmetria e dalla ragione, dove tutto è regolato secondo numero, peso e misura. Analogamente l’addensarsi degli edifici trova sollievo nel vasto specchio iridescente dell’acqua, o nella distesa verde-oro di un parco, o nel ricamo aereo di un lungo ponte, che si disegna nell’aria come un pentagramma o una gabbia di grilli.
Damioli, insomma, non inventa luoghi irreali, ma rende piacevoli quelli che ci sono già. Il cuore della sua pittura, che è prima di tutto un’operazione concettuale, è appunto in questo regalare ordine a cose, figure, spazi.
Qualcuno ha scritto: “Eterno è il mondo delle cose che non si possono dire, a meno di dirle bene”. Non diversamente la scommessa di Damioli consiste in quel “dire bene”. Alla Bad Painting risponde con una Good Painting, che non è esercizio accademico, ma passione per la precisione e la compiutezza della forma. (Oggi, del resto, l’unica accademia ancora in vita è quella degli epigoni del moderno, perché le avanguardie hanno generato il peggiore degli accademismi: il più dogmatico, il più conformista).
La ragazza che corre in bicicletta in una corona di circonferenze duchampiane, con i capelli neri e la maglietta bianca stagliati contro il rosso pompeiano del muro, è un piccolo miracolo di perfezione. Dove il termine “perfetto” non ha un significato morale o, peggio, moralistico, ma, secondo quanto insegna l’etimologia, vuol dire “portato a compimento”.
E lo stesso si può dire del Ponte di Brooklyn, le cui arcate neogotiche da chiesa laica si alzano ad arginare il ritmico teorema delle diagonali in tensione. O, ancora, di quelle New York, o Pechino o Parigi, che sono un’enciclopedia di poliedri platonici: pezzi disposti su una scacchiera immaginaria che non prevede scacco matto, dove la mossa del cavallo è affidata alla rossa geometria di una gru, disegnata da Archimede o forse da Euclide.
La stessa cosa, infine, si verifica in certi grattacieli di mille piani, costruiti come il gioco del domino, tessera dopo tessera, con piani di dieci finestre come nelle tabelline delle scuole elementari.
Il linguaggio della pittura ha sopportato troppe approssimazioni, troppe vaghezze, troppe confusioni. Damioli tenta nei suoi quadri un percorso inverso: tenta quella “full HD”, quella “risoluzione 1080p in modalità progressiva” che pretendiamo nella tecnologia, e che nell’arte nasce solo quando il rigore del pensiero si traduce in un rigore del dipingere.
Non c’è comunque bisogno di fare dello scientismo o dell’avvenirismo. Già nella filosofia aristotelica la forma è considerata come ciò che determina le cose, e che quindi si oppone alla materia, cioè all’essere nella sua indeterminatezza. E Confucio, qualche secolo prima, sosteneva che il compito più alto dell’uomo consiste nel “rettificare i nomi”, cioè nel correggere le parole, e quindi i concetti, imprecisi. (Non è un esercizio grammaticale: se un bombardamento lo chiamiamo “operazione di pace”, ognuno vede quanto sia urgente precisare le espressioni).
Damioli nella sua pittura compie qualcosa di analogo: precisa il disegno, rettifica le forme, che è un compito non meno necessario del rettificare i nomi.
Per questo le sue immagini sono talmente verosimili da non essere vere. Perché la perfezione che dipinge non si trova nella vita. Si trova, quando si trova, solo nella pittura.
Elena Pontiggia
____________________
Aldo Damioli è nato a Milano nel 1956, dove vive e lavora. Ha partecipato a numerose e importanti mostre in Italia e all’estero; ne citiamo solo alcune: nel 1997 espone alla Galleria d’Arte Moderna di Tirana, nel 1999 è tra gli artisti invitati alla XIII Quadriennale d'Arte di Roma, nel 2000 è tra gli artisti di L'altra metà del cielo, curata da Alice Rubbini e Peter Weiermair al Rupertinum di Salisburgo, che prosegue alla Kunstsammlungen di Chemnitz, per approdare nel 2001 alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna e nel 2002 al Museo d’Arte Moderna di Budapest; sempre nel 1999 partecipa alla rassegna Sui generis a cura di Alessandro Riva al PAC di Milano; nel 2004 allestisce una personale a Palazzo Frisacco di Tolmezzo, in provincia di Udine e partecipa alla XV Quadriennale di Roma. Nel 2005 partecipa alla II Biennale di Pechino, e a Fuori tema Italian feeling, in occasione della XIV Quadriennale di Roma; nel 2006 partecipa a Ironica - La leggerezza dell’ironia, a cura di Valerio Dehò ed Elena Pontiggia presso la Galleria del Gruppo Credito Valtellinese di Milano; nel 2007 è invitato alle mostre: Nuovi pittori della realtà, a cura di Maurizio Sciaccaluga al PAC di Milano e, sempre a Milano, Arte italiana 1968 – 2007 Pittura, curata da Maurizio Sciaccaluga a Palazzo Reale; nello stesso anno partecipa alla rassegna Anatomia dell’irrequietezza curata da Luca Beatrice al Palazzo della Penna di Perugia, e a Linee all’orizzonte curata da Maurizio Sciaccaluga per la Galleria d’Arte Moderna di Genova. Nel 2010 a luglio “Il paesaggio nella pittura contemporanea” (Damioli, Massini, Salvatori e Stefanoni) a cura di Alice Rubini, presso la Fondazione Magnani Rocca a Mariano di Traversatolo (Parma) e nel mese di settembre “Una lucida concettualità” (Damioli, Salvo, Stefanoni) a cura di Elena Pontiggia, presso la Galleria Tonelli di Milano. Sempre nel 2010, a dicembre, mostra personale nella Vico Gallery di Urbania. A Gennaio 2011 la personale “Opere su carta” presso L’Idioma Centro d’Arte di Ascoli Piceno.
Ci sono quadri dove sarebbe bello abitare. Per esempio la Città ideale di Leon Battista Alberti: che è ideale, ha detto qualcuno, perché l’uomo non c’è. (Non importa: a costo di rovinarla, a noi piacerebbe proprio girare per le sue strade, salire all’ultimo piano di uno dei suoi palazzi, vedere da vicino quelle costruzioni di marmo e avorio, senza graffiti, senza intemperanze di cartelli pubblicitari, senza ingombri di segnaletica).
Però non sarebbe male nemmeno vivere nell’isola della Grande-Jatte, non solo alla domenica pomeriggio, ma anche dopo: tra quegli alberi cartesiani, così educati e precisi, tra quelle figure così composte, silenziose come in una biblioteca.
Anche nei quadri di Aldo Damioli sarebbe bello abitare. Le sue sono città filosofiche, sottratte al disordine della vita, dove tutto è nitido come in un negozio di cristalli.
Intendiamoci: non sono luoghi utopici, non vogliono essere Atlantidi né Città del Sole. Damioli non si fa troppe illusioni e non crede nella felicità eterna, tanto meno nel paradiso terrestre. Crede però che con un po’ di ragionevolezza, o comunque un po’ di buon senso, si possa giungere a un accettabile status quo. Nell’arte, almeno, che è quello che ci interessa.
Così i suoi quadri non riproducono la città ideale. A occhio e croce qualche problema di traffico e di sovraffollamento dovrebbe esserci anche nelle sue VeneziaNew York o nelle sue Shanghai. Eppure lo sguardo trova riposo nei suoi grattacieli pitagorici, governati dalla simmetria e dalla ragione, dove tutto è regolato secondo numero, peso e misura. Analogamente l’addensarsi degli edifici trova sollievo nel vasto specchio iridescente dell’acqua, o nella distesa verde-oro di un parco, o nel ricamo aereo di un lungo ponte, che si disegna nell’aria come un pentagramma o una gabbia di grilli.
Damioli, insomma, non inventa luoghi irreali, ma rende piacevoli quelli che ci sono già. Il cuore della sua pittura, che è prima di tutto un’operazione concettuale, è appunto in questo regalare ordine a cose, figure, spazi.
Qualcuno ha scritto: “Eterno è il mondo delle cose che non si possono dire, a meno di dirle bene”. Non diversamente la scommessa di Damioli consiste in quel “dire bene”. Alla Bad Painting risponde con una Good Painting, che non è esercizio accademico, ma passione per la precisione e la compiutezza della forma. (Oggi, del resto, l’unica accademia ancora in vita è quella degli epigoni del moderno, perché le avanguardie hanno generato il peggiore degli accademismi: il più dogmatico, il più conformista).
La ragazza che corre in bicicletta in una corona di circonferenze duchampiane, con i capelli neri e la maglietta bianca stagliati contro il rosso pompeiano del muro, è un piccolo miracolo di perfezione. Dove il termine “perfetto” non ha un significato morale o, peggio, moralistico, ma, secondo quanto insegna l’etimologia, vuol dire “portato a compimento”.
E lo stesso si può dire del Ponte di Brooklyn, le cui arcate neogotiche da chiesa laica si alzano ad arginare il ritmico teorema delle diagonali in tensione. O, ancora, di quelle New York, o Pechino o Parigi, che sono un’enciclopedia di poliedri platonici: pezzi disposti su una scacchiera immaginaria che non prevede scacco matto, dove la mossa del cavallo è affidata alla rossa geometria di una gru, disegnata da Archimede o forse da Euclide.
La stessa cosa, infine, si verifica in certi grattacieli di mille piani, costruiti come il gioco del domino, tessera dopo tessera, con piani di dieci finestre come nelle tabelline delle scuole elementari.
Il linguaggio della pittura ha sopportato troppe approssimazioni, troppe vaghezze, troppe confusioni. Damioli tenta nei suoi quadri un percorso inverso: tenta quella “full HD”, quella “risoluzione 1080p in modalità progressiva” che pretendiamo nella tecnologia, e che nell’arte nasce solo quando il rigore del pensiero si traduce in un rigore del dipingere.
Non c’è comunque bisogno di fare dello scientismo o dell’avvenirismo. Già nella filosofia aristotelica la forma è considerata come ciò che determina le cose, e che quindi si oppone alla materia, cioè all’essere nella sua indeterminatezza. E Confucio, qualche secolo prima, sosteneva che il compito più alto dell’uomo consiste nel “rettificare i nomi”, cioè nel correggere le parole, e quindi i concetti, imprecisi. (Non è un esercizio grammaticale: se un bombardamento lo chiamiamo “operazione di pace”, ognuno vede quanto sia urgente precisare le espressioni).
Damioli nella sua pittura compie qualcosa di analogo: precisa il disegno, rettifica le forme, che è un compito non meno necessario del rettificare i nomi.
Per questo le sue immagini sono talmente verosimili da non essere vere. Perché la perfezione che dipinge non si trova nella vita. Si trova, quando si trova, solo nella pittura.
Elena Pontiggia
____________________
Aldo Damioli è nato a Milano nel 1956, dove vive e lavora. Ha partecipato a numerose e importanti mostre in Italia e all’estero; ne citiamo solo alcune: nel 1997 espone alla Galleria d’Arte Moderna di Tirana, nel 1999 è tra gli artisti invitati alla XIII Quadriennale d'Arte di Roma, nel 2000 è tra gli artisti di L'altra metà del cielo, curata da Alice Rubbini e Peter Weiermair al Rupertinum di Salisburgo, che prosegue alla Kunstsammlungen di Chemnitz, per approdare nel 2001 alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna e nel 2002 al Museo d’Arte Moderna di Budapest; sempre nel 1999 partecipa alla rassegna Sui generis a cura di Alessandro Riva al PAC di Milano; nel 2004 allestisce una personale a Palazzo Frisacco di Tolmezzo, in provincia di Udine e partecipa alla XV Quadriennale di Roma. Nel 2005 partecipa alla II Biennale di Pechino, e a Fuori tema Italian feeling, in occasione della XIV Quadriennale di Roma; nel 2006 partecipa a Ironica - La leggerezza dell’ironia, a cura di Valerio Dehò ed Elena Pontiggia presso la Galleria del Gruppo Credito Valtellinese di Milano; nel 2007 è invitato alle mostre: Nuovi pittori della realtà, a cura di Maurizio Sciaccaluga al PAC di Milano e, sempre a Milano, Arte italiana 1968 – 2007 Pittura, curata da Maurizio Sciaccaluga a Palazzo Reale; nello stesso anno partecipa alla rassegna Anatomia dell’irrequietezza curata da Luca Beatrice al Palazzo della Penna di Perugia, e a Linee all’orizzonte curata da Maurizio Sciaccaluga per la Galleria d’Arte Moderna di Genova. Nel 2010 a luglio “Il paesaggio nella pittura contemporanea” (Damioli, Massini, Salvatori e Stefanoni) a cura di Alice Rubini, presso la Fondazione Magnani Rocca a Mariano di Traversatolo (Parma) e nel mese di settembre “Una lucida concettualità” (Damioli, Salvo, Stefanoni) a cura di Elena Pontiggia, presso la Galleria Tonelli di Milano. Sempre nel 2010, a dicembre, mostra personale nella Vico Gallery di Urbania. A Gennaio 2011 la personale “Opere su carta” presso L’Idioma Centro d’Arte di Ascoli Piceno.
08
gennaio 2011
Aldo Damioli – Opere su carta
Dall'otto al 27 gennaio 2011
arte contemporanea
Location
L’IDIOMA CENTRO D’ARTE
Ascoli Piceno, Via Delle Torri, 23, (Ascoli Piceno)
Ascoli Piceno, Via Delle Torri, 23, (Ascoli Piceno)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 18 - 20
Vernissage
8 Gennaio 2011, ore 18,00
Autore