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Giuseppe Cuccio – Tracce Future
mostra personale
Comunicato stampa
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UN’OFFICINA DELL’ARTE di Eliana Mauro
Prima che abbiano inizio le operazioni di allestimento di una mostra la visita di rito ne anticipa una più diretta conoscenza.
L’atelier di Giuseppe Cuccio, greve di un disordine da laboratorio, colpisce per le pareti bianche sulle quali meglio e più si stagliano immediatamente figure a tutto tondo. Da una parte si vedono raccoglitori di grande dimensione che attendono di essere sfogliati e qualche cassa dove sono ancora conservate alcune opere che provengono da un recente viaggio per una personale.
L’ordine è quello che generalmente attribuiamo alle officine dell’arte: un autentico dinamismo armonico.
Di contro la varietà dei materiali che l’artista utilizza crea diversi punti fermi e rende al tempo stesso comprensibili, come da sempre conosciuti, gesti e forme che moltiplicano, per difetto, lo spazio.
Come per tutte le cose, si tratta di uno spazio reso vibrante dagli anfratti e dalle pieghe della materia usata, dai colori di pietre scelte accuratamente (come tutti gli scultori fanno in ogni tempo), di bronzi la cui modalità di fusione viene definita e seguita con cura e dedizione.
Pietre e gessi, variamente trattati, si impongono come categorie-guida nella riconoscibilità dei diversi periodi e delle diverse espressioni di un’arte personale che, nelle variabili della materia e nelle sue infinite possibilità di modellazione, mette in scena il proprio divenire.
Sistemate su diversi piani prospettici, lì le opere, e il loro modellato, manifestano inconfessata la passione per la creazione (delle forme), per un’espressione dinamica dove l’idea classica, nel divenire specchio del presente, risulta commista ad un pensiero essoterico, quello stesso pensiero che guida tutti verso lo stesso fine.
Nel fondo della sala-laboratorio, mentre si procede fra due ali di sculture, le grandi figure bianche delle opere giovanili affermano la necessità del continuo andare e venire che ogni giorno l’artista deve compiere per confrontarsi con la necessità dell’atto creativo. Una necessità che è connaturata al significato stesso della sua opera.
Dal figurativismo astratto delle prime opere in gesso (corpi librati nello spazio che subiscono la geometria del cosmo nelle arterie squadrate o, piuttosto, schiacciati come antichi graffiti risorgenti nella dimensione spazio- temporale a loro ignota), al levigato realismo dei ritratti, dalle effigi della temuta Medusa con il profilo di una giovane donna (da sempre conosciuta) all’espressività dei corpi dalle sagome eterne (i “tronchi” tanto amati dall’artista) in tutto domina, e chiaramente si legge, il rapporto semplice/complesso che ne governa l’opera.
L’uscita dal laboratorio nella piazzetta urbana su cui si apre l’ampia porta a vetri dà, alla fine della visita, il senso della continuità e dello scorrere dell’arte nella vita.
LA MATERIA DEL SENTIRE di Ettore Sessa
Esili confini fra i diversi campi delle arti visuali delimitano l’operato degli artisti più completi. È tuttavia opinabile non voler riconoscere una priorità disciplinare nel carattere della realizzazione di un prodotto d’arte visuale. Tale priorità, nel disvelare il sentire più profondo dell’autore, suggerisce il prevalere, secondo le singole personalità, della componente scultorea, di quella pittorica o, infine, di quella grafica, nella logica del fare artistico dei diversi soggetti creativi. Per Giuseppe Cuccio creazione artistica è modellazione introspettiva del proprio sentire che nell’atto di riverberarsi all’esterno traduce l’idea in forme plastiche, al di là della categoria esecutiva. Idee di corpi, di membrature, di organismi in equilibrio, di segmenti umani e di azioni o posture corporee vibrano della stessa drammaticità plastica, statica o dinamica che sia, tanto nelle rappresentazioni grafiche o pittoriche quanto nelle pietre scolpite, nelle fusioni o nella modellazione gessosa e dell’argilla.
Il suo mondo di subliminali squadrature corporee, silenti anche quando in preda a tensioni muscolari, rimanda alle geometrie nascoste della scolastica figurativa di Villard de Honnecourt senza nessuna volontaria citazione, ma con un pathos che pur rilanciando il senso di appartenenza alla cultura antica pre elladica ricorda gli slanci di audacia e vitalità di Antoine Bourdelle come pure l’energia pulsante di Auguste Rodin, non senza l’affiorare di un senso di inquieta fragilità esistenziale che è propria dei più enigmatici soggetti, in perenne esilio dalla realtà, della poetica di Salvator Dalì. Allo stesso modo le sue attonite figure totemiche emanano quel magnetismo arcaicizzante che è proprio delle culture cicladica e minoica e che, ancorandone il fare artistico ad una condizione vivificante della ricerca delle proprie origini, sembra compatibile con quel senso di grave mediterraneità metastorica che assicura robustezza concettuale al sentimento della classicità di Aristide Maillol.
Nella sua produzione artistica Giuseppe Cuccio esprime la volontà di far sì che la materia e il sentire diventino un unico elemento di rivelazione della condizione riflessiva dell’esistenza.
Cenni biografici
Giuseppe Cuccio , conseguito il diploma del liceo classico, il diploma dell’Accademia di Belle Arti nella sezione scultura ,docente per la materia Discipline Plastiche presso il Liceo Artistico “Damiani Almeyda” di Palermo, ha partecipato ad alcune mostre in Italia e tra i diversi riconoscimenti è stato premiato a Milano “artista dell’anno 2009” ( Premio delle Arti Premio della Cultura) . La sua ricerca espressiva è comprensiva della scultura della pittura della grafica e del disegno.
Sue opere sono in dotazione in collezioni private ed in musei.
L'artista vive ed opera a Palermo, in via Trentacoste n. 25 ed a Milano in via Luosi, 42 (studio) telefono - 3384503505
e-mail: cucciogiuseppe@libero.it.
Prima che abbiano inizio le operazioni di allestimento di una mostra la visita di rito ne anticipa una più diretta conoscenza.
L’atelier di Giuseppe Cuccio, greve di un disordine da laboratorio, colpisce per le pareti bianche sulle quali meglio e più si stagliano immediatamente figure a tutto tondo. Da una parte si vedono raccoglitori di grande dimensione che attendono di essere sfogliati e qualche cassa dove sono ancora conservate alcune opere che provengono da un recente viaggio per una personale.
L’ordine è quello che generalmente attribuiamo alle officine dell’arte: un autentico dinamismo armonico.
Di contro la varietà dei materiali che l’artista utilizza crea diversi punti fermi e rende al tempo stesso comprensibili, come da sempre conosciuti, gesti e forme che moltiplicano, per difetto, lo spazio.
Come per tutte le cose, si tratta di uno spazio reso vibrante dagli anfratti e dalle pieghe della materia usata, dai colori di pietre scelte accuratamente (come tutti gli scultori fanno in ogni tempo), di bronzi la cui modalità di fusione viene definita e seguita con cura e dedizione.
Pietre e gessi, variamente trattati, si impongono come categorie-guida nella riconoscibilità dei diversi periodi e delle diverse espressioni di un’arte personale che, nelle variabili della materia e nelle sue infinite possibilità di modellazione, mette in scena il proprio divenire.
Sistemate su diversi piani prospettici, lì le opere, e il loro modellato, manifestano inconfessata la passione per la creazione (delle forme), per un’espressione dinamica dove l’idea classica, nel divenire specchio del presente, risulta commista ad un pensiero essoterico, quello stesso pensiero che guida tutti verso lo stesso fine.
Nel fondo della sala-laboratorio, mentre si procede fra due ali di sculture, le grandi figure bianche delle opere giovanili affermano la necessità del continuo andare e venire che ogni giorno l’artista deve compiere per confrontarsi con la necessità dell’atto creativo. Una necessità che è connaturata al significato stesso della sua opera.
Dal figurativismo astratto delle prime opere in gesso (corpi librati nello spazio che subiscono la geometria del cosmo nelle arterie squadrate o, piuttosto, schiacciati come antichi graffiti risorgenti nella dimensione spazio- temporale a loro ignota), al levigato realismo dei ritratti, dalle effigi della temuta Medusa con il profilo di una giovane donna (da sempre conosciuta) all’espressività dei corpi dalle sagome eterne (i “tronchi” tanto amati dall’artista) in tutto domina, e chiaramente si legge, il rapporto semplice/complesso che ne governa l’opera.
L’uscita dal laboratorio nella piazzetta urbana su cui si apre l’ampia porta a vetri dà, alla fine della visita, il senso della continuità e dello scorrere dell’arte nella vita.
LA MATERIA DEL SENTIRE di Ettore Sessa
Esili confini fra i diversi campi delle arti visuali delimitano l’operato degli artisti più completi. È tuttavia opinabile non voler riconoscere una priorità disciplinare nel carattere della realizzazione di un prodotto d’arte visuale. Tale priorità, nel disvelare il sentire più profondo dell’autore, suggerisce il prevalere, secondo le singole personalità, della componente scultorea, di quella pittorica o, infine, di quella grafica, nella logica del fare artistico dei diversi soggetti creativi. Per Giuseppe Cuccio creazione artistica è modellazione introspettiva del proprio sentire che nell’atto di riverberarsi all’esterno traduce l’idea in forme plastiche, al di là della categoria esecutiva. Idee di corpi, di membrature, di organismi in equilibrio, di segmenti umani e di azioni o posture corporee vibrano della stessa drammaticità plastica, statica o dinamica che sia, tanto nelle rappresentazioni grafiche o pittoriche quanto nelle pietre scolpite, nelle fusioni o nella modellazione gessosa e dell’argilla.
Il suo mondo di subliminali squadrature corporee, silenti anche quando in preda a tensioni muscolari, rimanda alle geometrie nascoste della scolastica figurativa di Villard de Honnecourt senza nessuna volontaria citazione, ma con un pathos che pur rilanciando il senso di appartenenza alla cultura antica pre elladica ricorda gli slanci di audacia e vitalità di Antoine Bourdelle come pure l’energia pulsante di Auguste Rodin, non senza l’affiorare di un senso di inquieta fragilità esistenziale che è propria dei più enigmatici soggetti, in perenne esilio dalla realtà, della poetica di Salvator Dalì. Allo stesso modo le sue attonite figure totemiche emanano quel magnetismo arcaicizzante che è proprio delle culture cicladica e minoica e che, ancorandone il fare artistico ad una condizione vivificante della ricerca delle proprie origini, sembra compatibile con quel senso di grave mediterraneità metastorica che assicura robustezza concettuale al sentimento della classicità di Aristide Maillol.
Nella sua produzione artistica Giuseppe Cuccio esprime la volontà di far sì che la materia e il sentire diventino un unico elemento di rivelazione della condizione riflessiva dell’esistenza.
Cenni biografici
Giuseppe Cuccio , conseguito il diploma del liceo classico, il diploma dell’Accademia di Belle Arti nella sezione scultura ,docente per la materia Discipline Plastiche presso il Liceo Artistico “Damiani Almeyda” di Palermo, ha partecipato ad alcune mostre in Italia e tra i diversi riconoscimenti è stato premiato a Milano “artista dell’anno 2009” ( Premio delle Arti Premio della Cultura) . La sua ricerca espressiva è comprensiva della scultura della pittura della grafica e del disegno.
Sue opere sono in dotazione in collezioni private ed in musei.
L'artista vive ed opera a Palermo, in via Trentacoste n. 25 ed a Milano in via Luosi, 42 (studio) telefono - 3384503505
e-mail: cucciogiuseppe@libero.it.
11
dicembre 2010
Giuseppe Cuccio – Tracce Future
Dall'undici dicembre 2010 al 15 gennaio 2011
arte contemporanea
Location
PALAZZO SAMBUCA
Palermo, Via alloro, 26, (Palermo)
Palermo, Via alloro, 26, (Palermo)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato: 15. 00 - 20.00
Vernissage
11 Dicembre 2010, ore 18.30
Autore
Curatore