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Paolo Catola – Zodiaco
Presso la nuova Galleria Tedofra, in via delle Belle Arti al n. 50, proprio accanto alla Pinacoteca e all’ Accademia di Belle Arti, verrà inaugurata una mostra di Paolo Catola.
Comunicato stampa
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Sabato 11 dicembre, alle 16,30 presso la nuova Galleria Tedofra, in via delle Belle Arti al n. 50, proprio accanto alla Pinacoteca e all’ Accademia di Belle Arti, verrà inaugurata una mostra di Paolo Catola.
Il titolo di questa esposizione è “Zodiaco”, proprio in riferimento ad una serie di dodici piccoli quadri dedicata ai segni zodiacali; in realtà la mostra contiene molto altro, dalla pittura informale ad alcuni pezzi di carattere concettuale, ma la scelta del titolo non è casuale e riguarda non solo la piccola serie sopracitata ma tutta la pittura esposta.
La pittura astratta, pur nelle sue molteplici varianti qualitative e anche se ormai storicamente non può certo definirsi una novità, continua a essere un affare per specialisti o comunque un campo guardato con indifferenza se non addirittura sospetto dai più. Secondo l’autore, ciò accade in primo luogo poiché l’osservatore, non trovando niente di familiare, si “distrae” e volge lo sguardo altrove; egli non trova quell’appiglio rappresentato dalla figura realmente riconoscibile, che funge da centro di gravità per la sua attenzione, non trova insomma quelle rassicurazioni che il linguaggio “codificato” garantisce. Se diamo per buono il fatto che l’arte è inutile, l’arte figurativa avrebbe però una qualche utilità poiché ricorderebbe cose utili, mentre l’arte astratta sarebbe l’arte sommamente inutile.
L’autore, che poi sarei io, sostiene però che il già noto stanca anche in fretta, poiché un’immagine dominata dal proprio linguaggio tende alla stasi e non “balla” più; ciò che dominiamo è anche fermo, altrimenti ci sfuggirebbe e non ci sarebbe più dominio, familiarità, sicurezza….e pregiudizio. In poche parole un’opera d’arte non dovrebbe esaurire il proprio interesse in pochi secondi, ma dovrebbe continuare a “vibrare” negli occhi dell’osservatore e a non “cristallizzare” nella sua mente, anche se la forma concreta dell’opera è inevitabilmente cristallizzata. Dovrebbe essere un’opera aperta, di una qualità musicale. In un’opera d’arte figurativa il generale consenso è spesso suscitato dalla perizia accademica dell’artista, dal “come “ è riuscito a fare quella figura, per come è riuscito a “sedurre”, a “convincere”, con un gran lavoro di correttezza e onestà. In realtà l’interesse autentico decade abbastanza rapidamente; è piuttosto una specie di gioco di società per confermare una conferma, per confermare che nessuno dei presenti ha qualcos’altro da dire, perché l’omologazione conviene ed è indecoroso avere idee completamente proprie. Bisognerebbe smettere di fare dell’arte sempre una questione del “come” a scapito del “cosa”, il come e il cosa sono aspetti inestricabilmente legati e la loro separazione è frutto della decadenza del pensiero moderno, che in arte significa anche commissione, celebrazione, proprietà privata.
Nel frattempo l’arte contemporanea ha preso le strade più diverse (apparentemente, perché anche in questi casi l’omologazione è spaventosa) e le cose di cui parlo, come tutte le possibilità non realizzate, sono diventate anacronistiche e fanno sorridere. Il discorso è quindi troppo ampio per essere trattato in questo spazio e la generalizzazione è inevitabile: ci sono stati e ci sono artisti eccezionali che dai temi più banali sono riusciti ad andare ben oltre, ma una casa ben dipinta è sempre una casa, per quanto ben dipinta, mentre un quartetto per archi di Mozart, una sinfonia di Bruckner o un pezzo di Stockhausen, anche se conosciuti a memoria, ad ogni nuovo ascolto significano qualcosa di diverso. Se ci fosse una vera educazione musicale, o comunque un interesse della società a promuovere l’ascolto della musica, della vera musica, anche la pittura astratta verrebbe intesa diversamente.
Con la serie dello Zodiaco ho voluto disperatamente ironizzare sul fatto che l’osservatore presterà attenzione almeno al proprio segno zodiacale,e da quel punto potrà muovere verso altre direzioni. Nessun omaggio quindi ad una qualche forma di superstizione, ma soltanto l’utilizzo di un linguaggio, di un tema, di un “luogo comune”, per stimolare un minimo di osservazione.
Il titolo di questa esposizione è “Zodiaco”, proprio in riferimento ad una serie di dodici piccoli quadri dedicata ai segni zodiacali; in realtà la mostra contiene molto altro, dalla pittura informale ad alcuni pezzi di carattere concettuale, ma la scelta del titolo non è casuale e riguarda non solo la piccola serie sopracitata ma tutta la pittura esposta.
La pittura astratta, pur nelle sue molteplici varianti qualitative e anche se ormai storicamente non può certo definirsi una novità, continua a essere un affare per specialisti o comunque un campo guardato con indifferenza se non addirittura sospetto dai più. Secondo l’autore, ciò accade in primo luogo poiché l’osservatore, non trovando niente di familiare, si “distrae” e volge lo sguardo altrove; egli non trova quell’appiglio rappresentato dalla figura realmente riconoscibile, che funge da centro di gravità per la sua attenzione, non trova insomma quelle rassicurazioni che il linguaggio “codificato” garantisce. Se diamo per buono il fatto che l’arte è inutile, l’arte figurativa avrebbe però una qualche utilità poiché ricorderebbe cose utili, mentre l’arte astratta sarebbe l’arte sommamente inutile.
L’autore, che poi sarei io, sostiene però che il già noto stanca anche in fretta, poiché un’immagine dominata dal proprio linguaggio tende alla stasi e non “balla” più; ciò che dominiamo è anche fermo, altrimenti ci sfuggirebbe e non ci sarebbe più dominio, familiarità, sicurezza….e pregiudizio. In poche parole un’opera d’arte non dovrebbe esaurire il proprio interesse in pochi secondi, ma dovrebbe continuare a “vibrare” negli occhi dell’osservatore e a non “cristallizzare” nella sua mente, anche se la forma concreta dell’opera è inevitabilmente cristallizzata. Dovrebbe essere un’opera aperta, di una qualità musicale. In un’opera d’arte figurativa il generale consenso è spesso suscitato dalla perizia accademica dell’artista, dal “come “ è riuscito a fare quella figura, per come è riuscito a “sedurre”, a “convincere”, con un gran lavoro di correttezza e onestà. In realtà l’interesse autentico decade abbastanza rapidamente; è piuttosto una specie di gioco di società per confermare una conferma, per confermare che nessuno dei presenti ha qualcos’altro da dire, perché l’omologazione conviene ed è indecoroso avere idee completamente proprie. Bisognerebbe smettere di fare dell’arte sempre una questione del “come” a scapito del “cosa”, il come e il cosa sono aspetti inestricabilmente legati e la loro separazione è frutto della decadenza del pensiero moderno, che in arte significa anche commissione, celebrazione, proprietà privata.
Nel frattempo l’arte contemporanea ha preso le strade più diverse (apparentemente, perché anche in questi casi l’omologazione è spaventosa) e le cose di cui parlo, come tutte le possibilità non realizzate, sono diventate anacronistiche e fanno sorridere. Il discorso è quindi troppo ampio per essere trattato in questo spazio e la generalizzazione è inevitabile: ci sono stati e ci sono artisti eccezionali che dai temi più banali sono riusciti ad andare ben oltre, ma una casa ben dipinta è sempre una casa, per quanto ben dipinta, mentre un quartetto per archi di Mozart, una sinfonia di Bruckner o un pezzo di Stockhausen, anche se conosciuti a memoria, ad ogni nuovo ascolto significano qualcosa di diverso. Se ci fosse una vera educazione musicale, o comunque un interesse della società a promuovere l’ascolto della musica, della vera musica, anche la pittura astratta verrebbe intesa diversamente.
Con la serie dello Zodiaco ho voluto disperatamente ironizzare sul fatto che l’osservatore presterà attenzione almeno al proprio segno zodiacale,e da quel punto potrà muovere verso altre direzioni. Nessun omaggio quindi ad una qualche forma di superstizione, ma soltanto l’utilizzo di un linguaggio, di un tema, di un “luogo comune”, per stimolare un minimo di osservazione.
11
dicembre 2010
Paolo Catola – Zodiaco
Dall'undici dicembre 2010 al 06 gennaio 2011
arte contemporanea
Location
TEDOFRA ART GALLERY
Bologna, Via Delle Belle Arti, 50, (Bologna)
Bologna, Via Delle Belle Arti, 50, (Bologna)
Orario di apertura
merc-sab h 15 – 19,30
Vernissage
11 Dicembre 2010, ore 16.30
Autore