Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Maria Morganti – L’unità di misura è il colore
In dialogo con l’architettura medievale, con l’intervento di Carlo Scarpa e con le collezioni ospitate,
il colore diventa per l’artista lo strumento di misura dello spazio, l’elemento, la “parola”, che lascia
la traccia del percorso individuale.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La mostra di Maria Morganti che si inaugurerà il 14 ottobre presso il Museo di Castelvecchio,
curata da Chiara Bertola in collaborazione con Paola Marini, direttrice del museo, è pensata come
un attraversamento degli spazi espositivi.
In dialogo con l'architettura medievale, con l’intervento di Carlo Scarpa e con le collezioni ospitate,
il colore diventa per l’artista lo strumento di misura dello spazio, l'elemento, la "parola", che lascia
la traccia del percorso individuale.
“A Castelvecchio, Maria Morganti sceglie di occupare i vuoti e di attraversare il museo in modo
decentrato, quasi nascosto, infiltrandosi negli interstizi delle tavole di supporto di una grande
pittura trecentesca, insinuandosi nella cornice lasciata vuota da un affresco ora in restauro,
inserendosi nel vuoto che ricostruisce un pezzo di una tavola andata perduta, o, ancora, in modo
precario, collocando il suo lavoro semplicemente a terra e appoggiato alla parete, in modo che
diventi quasi un basamento per i quadri appesi in alto…” (Chiara Bertola dal saggio nel catalogo
della mostra).
L'atteggiamento è quello di ascolto, di ‘empatia’, non certo impositivo nei confronti dello spazio, ma
piuttosto di accostamento ad esso con delicatezza, a partire dalla Galleria delle Sculture al piano
terra, in cui l’artista dispone, di fronte alla statua trecentesca della Santa Cecilia, un corpus di carte
e vetri concepito un anno fa per la Galleria di Caterina Tognon a Venezia, che, all'interno delle
suggestive sale di Castelvecchio, assume nuova forma.
Dal 1999 Maria Morganti dipinge con regolarità con pastelli a olio. Il metodo è sempre lo stesso,
pochissime sono le variazioni degli oli su tela rispetto a quelli su carta. Le carte sono tutte dipinte sempre in senso orizzontale. Quasi ogni giorno, con sistematicità Maria Morganti applica un nuovo
colore su una di esse.
Così descrive Chiara Bertola il suo modus operandi: “A variare sono piuttosto gli ‘appunti’ e i diari
cromatici le cui pagine corrispondono agli strati della pittura. In questa prospettiva occorre
svincolare le varie tele dai limiti del finito in cui siamo abituati a pensarle, per vederle come parte di
un unico movimento espressivo che le unisce organicamente una all'altra, nell’inesorabile
scansione dei giorni. Se guardo il suo lavoro da questo punto di vista e lo considero come un solo
quadro che si sviluppa continuando ogni volta su un'altra tela, ne colgo il procedere senza fine; un
procedere che si avvicina a quello di altri artisti i quali, con metodo rigoroso e ripetitivo, hanno
elaborato un progetto esclusivo e infinito, che è coinciso con la propria vita. La sua, dunque, deve
essere letta come un'opera organica, dinamica, in continuo movimento, perché inarrestabile e
irreversibile è il tempo di cui è intessuta”; come precisa del resto l’artista: “In fondo è come se
dipingessi un solo ed unico quadro per tutta la vita, fatto di tanti strati possibili, ma ogni tanto lo
interrompo e lo continuo su un'altra tela...” (C. Bertola, 2008).
“In fondo, gli elementi su cui gioca sono pochissimi: oltre al colore c’è la direzione verticale e
orizzontale in cui viene steso e la grandezza del formato della tela. Ma tutto avviene all’interno di
questa ‘cornice’, all’interno di questi elementi, con il solo e lento stratificarsi di pigmenti nel tempo.
Nei giorni e nella luce, ascoltando, nel silenzio e negli incontri. Qualcosa che per essere compreso
va inserito all’interno della disciplina esistenziale che Maria si è data: dipingere ha a che fare con il
suo tempo esistenziale, diario scritto, come un’impronta, negli strati di colore” (C. Bertola, 2005).
A Castelvecchio, nelle ‘pitture di carta’ delle sale superiori della Pinacoteca, alcuni elementi sono
proposti quasi a completamento delle pareti vuote. In particolare, un intervento pensato ad hoc per
la sala dedicata alla pittura veneta cinquecentesca, in cui le carte campiscono una cornice
scarpiana temporaneamente lasciata libera da un’opera di Morone in restauro, in dialogo con una
seconda opera del Morone che l’affianca e con l’allestimento realizzato dall’architetto veneziano,
con cui Maria Morganti si è già confrontata in passato nel museo della Fondazione Querini
Stampalia.
Un lavoro in cui è messa in luce tutta la nozione di relatività del colore, secondo cui un colore non
è mai assoluto e la sua qualità cambia non solo a seconda dei colori che gli stanno vicino e dietro,
ma chiaramente anche rispetto al suo contesto percettivo dato dalla luce, dalla dimensione, o dal
contorno che lo determina, e soprattutto dall’occhio soggettivo di chi lo incontra.
“Ciò che un pittore indaga non è la natura del mondo fisico, ma la natura delle reazioni di fronte ad
esse. Il pittore non si preoccupa delle cause ma dei meccanismi di certi suoi effetti, il suo è un
problema psicologico: quello di evocare un’immagine convincente, a onta del fatto che non una
delle sue pennellate corrisponde a quella che noi chiamiamo ‘realtà’. Per arrivare a sciogliere
questo enigma (nella misura in cui noi possiamo pretendere di risolverlo) la scienza dovrà
accingersi ad esplorare la capacità della nostra mente di registrare rapporti anziché singoli
elementi”. (E. Gombrich, Arte e Illusione, 1960)
“L’avventuroso percorso che questa mostra ci suggerisce, non solo nel castello dei Della Scala e
nell’allestimento di Scarpa ma, ben più internamente, nella struttura stessa della pittura, nel tempo
e nella percezione di entrambi, ha tutti i requisiti per essere affascinante, illuminante,
emozionante.” (Paola Marini dal saggio nel catalogo della mostra)
curata da Chiara Bertola in collaborazione con Paola Marini, direttrice del museo, è pensata come
un attraversamento degli spazi espositivi.
In dialogo con l'architettura medievale, con l’intervento di Carlo Scarpa e con le collezioni ospitate,
il colore diventa per l’artista lo strumento di misura dello spazio, l'elemento, la "parola", che lascia
la traccia del percorso individuale.
“A Castelvecchio, Maria Morganti sceglie di occupare i vuoti e di attraversare il museo in modo
decentrato, quasi nascosto, infiltrandosi negli interstizi delle tavole di supporto di una grande
pittura trecentesca, insinuandosi nella cornice lasciata vuota da un affresco ora in restauro,
inserendosi nel vuoto che ricostruisce un pezzo di una tavola andata perduta, o, ancora, in modo
precario, collocando il suo lavoro semplicemente a terra e appoggiato alla parete, in modo che
diventi quasi un basamento per i quadri appesi in alto…” (Chiara Bertola dal saggio nel catalogo
della mostra).
L'atteggiamento è quello di ascolto, di ‘empatia’, non certo impositivo nei confronti dello spazio, ma
piuttosto di accostamento ad esso con delicatezza, a partire dalla Galleria delle Sculture al piano
terra, in cui l’artista dispone, di fronte alla statua trecentesca della Santa Cecilia, un corpus di carte
e vetri concepito un anno fa per la Galleria di Caterina Tognon a Venezia, che, all'interno delle
suggestive sale di Castelvecchio, assume nuova forma.
Dal 1999 Maria Morganti dipinge con regolarità con pastelli a olio. Il metodo è sempre lo stesso,
pochissime sono le variazioni degli oli su tela rispetto a quelli su carta. Le carte sono tutte dipinte sempre in senso orizzontale. Quasi ogni giorno, con sistematicità Maria Morganti applica un nuovo
colore su una di esse.
Così descrive Chiara Bertola il suo modus operandi: “A variare sono piuttosto gli ‘appunti’ e i diari
cromatici le cui pagine corrispondono agli strati della pittura. In questa prospettiva occorre
svincolare le varie tele dai limiti del finito in cui siamo abituati a pensarle, per vederle come parte di
un unico movimento espressivo che le unisce organicamente una all'altra, nell’inesorabile
scansione dei giorni. Se guardo il suo lavoro da questo punto di vista e lo considero come un solo
quadro che si sviluppa continuando ogni volta su un'altra tela, ne colgo il procedere senza fine; un
procedere che si avvicina a quello di altri artisti i quali, con metodo rigoroso e ripetitivo, hanno
elaborato un progetto esclusivo e infinito, che è coinciso con la propria vita. La sua, dunque, deve
essere letta come un'opera organica, dinamica, in continuo movimento, perché inarrestabile e
irreversibile è il tempo di cui è intessuta”; come precisa del resto l’artista: “In fondo è come se
dipingessi un solo ed unico quadro per tutta la vita, fatto di tanti strati possibili, ma ogni tanto lo
interrompo e lo continuo su un'altra tela...” (C. Bertola, 2008).
“In fondo, gli elementi su cui gioca sono pochissimi: oltre al colore c’è la direzione verticale e
orizzontale in cui viene steso e la grandezza del formato della tela. Ma tutto avviene all’interno di
questa ‘cornice’, all’interno di questi elementi, con il solo e lento stratificarsi di pigmenti nel tempo.
Nei giorni e nella luce, ascoltando, nel silenzio e negli incontri. Qualcosa che per essere compreso
va inserito all’interno della disciplina esistenziale che Maria si è data: dipingere ha a che fare con il
suo tempo esistenziale, diario scritto, come un’impronta, negli strati di colore” (C. Bertola, 2005).
A Castelvecchio, nelle ‘pitture di carta’ delle sale superiori della Pinacoteca, alcuni elementi sono
proposti quasi a completamento delle pareti vuote. In particolare, un intervento pensato ad hoc per
la sala dedicata alla pittura veneta cinquecentesca, in cui le carte campiscono una cornice
scarpiana temporaneamente lasciata libera da un’opera di Morone in restauro, in dialogo con una
seconda opera del Morone che l’affianca e con l’allestimento realizzato dall’architetto veneziano,
con cui Maria Morganti si è già confrontata in passato nel museo della Fondazione Querini
Stampalia.
Un lavoro in cui è messa in luce tutta la nozione di relatività del colore, secondo cui un colore non
è mai assoluto e la sua qualità cambia non solo a seconda dei colori che gli stanno vicino e dietro,
ma chiaramente anche rispetto al suo contesto percettivo dato dalla luce, dalla dimensione, o dal
contorno che lo determina, e soprattutto dall’occhio soggettivo di chi lo incontra.
“Ciò che un pittore indaga non è la natura del mondo fisico, ma la natura delle reazioni di fronte ad
esse. Il pittore non si preoccupa delle cause ma dei meccanismi di certi suoi effetti, il suo è un
problema psicologico: quello di evocare un’immagine convincente, a onta del fatto che non una
delle sue pennellate corrisponde a quella che noi chiamiamo ‘realtà’. Per arrivare a sciogliere
questo enigma (nella misura in cui noi possiamo pretendere di risolverlo) la scienza dovrà
accingersi ad esplorare la capacità della nostra mente di registrare rapporti anziché singoli
elementi”. (E. Gombrich, Arte e Illusione, 1960)
“L’avventuroso percorso che questa mostra ci suggerisce, non solo nel castello dei Della Scala e
nell’allestimento di Scarpa ma, ben più internamente, nella struttura stessa della pittura, nel tempo
e nella percezione di entrambi, ha tutti i requisiti per essere affascinante, illuminante,
emozionante.” (Paola Marini dal saggio nel catalogo della mostra)
14
ottobre 2010
Maria Morganti – L’unità di misura è il colore
Dal 14 ottobre 2010 al 09 gennaio 2011
arte contemporanea
Location
MUSEO DI CASTELVECCHIO
Verona, Corso Castelvecchio, 2, (Verona)
Verona, Corso Castelvecchio, 2, (Verona)
Orario di apertura
ore 8.30-19.30 – lunedì 13.30-19.30
Vernissage
14 Ottobre 2010, ore 18
Editore
SILVANA EDITORIALE
Autore
Curatore