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Senza titolo #1 – Landscapes (confini in disordine)
Landscapes / (confini in disordine) è la prima mostra di due mostre che Lorenzo Bruni curerà per Magazzino, attorno al concetto di paesaggio; la seconda si svolgerà a settembre 2011. Le due mostre saranno poi raccolte in una pubblicazione finale.
Comunicato stampa
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Senza titolo #1
“Landscapes” / (confini in disordine)
Roberto Ago, Slater Bradley, Pavel Buchler, Fernando Sánchez Castillo, Sabina Grasso,
Dmitry Gutov, Yuki Ichihashi, Jiri Kovanda, Anthony McCall, Ján Mančuška, Paolo Parisi
progetto a cura di Lorenzo Bruni
SCROLL DOWN FOR THE ENGLISH VERSION
Magazzino inaugura martedì 28 settembre 2010 la nuova stagione espositiva con la mostra “Landscapes” / (confini in disordine) a cura di Lorenzo Bruni, negli spazi della galleria e contemporaneamente in un contesto inedito quale è la chiesa di San Filippino in via Giulia n.134. Landscapes / (confini in disordine) è la prima di due mostre che Lorenzo Bruni curerà per Magazzino, attorno al concetto di paesaggio; la seconda si svolgerà a settembre 2011. Le due collettive saranno poi raccolte in una pubblicazione finale.
Roberto Ago, Slater Bradley, Pavel Buchler, Fernando Sánchez Castillo, Sabina Grasso, Dmitry Gutov, Yuki Ichihashi, Jiri Kovanda, Anthony McCall, Ján Mančuška e Paolo Parisi sono artisti internazionali di differenti generazioni e provenienze culturali che presentano opere accomunate dalla stessa riflessione attorno al concetto di paesaggio. A questo tema, che appare quasi banale in un presente dominato dallo scambio continuo di immagini/messaggi (per cui “il lontano” appare sempre a portata di mano), gli artisti rispondono con opere che mettono in evidenza lo spazio occupato in quel momento dallo spettatore o l’istante temporale in cui è stata realizzata quella specifica immagine del mondo. In questo caso la parola paesaggio, in senso classico, risulta negata poiché viene “rappresentato” il tempo dell’esperienza di quel particolare reale e non la sua immagine. Non si tratta di immagini da osservare passivamente, ma da praticare mentalmente o fisicamente. Infatti, il paesaggio per questi artisti non può esistere come concetto astratto ma solo come relazione rispetto al volto di chi lo guarda.
Il paesaggio, come notava George Simmel all’inizio del secolo appena terminato, è quell’immagine che è separata dallo spazio abitato in quel momento dal suo spettatore. Quando l’osservatore raggiunge quel luogo, esso cessa di essere orizzonte, confine o limite, per farsi spazio. Il novecento, come descrive Rosalind Krauss riflettendo sull’idea di scultura, è il secolo in cui l’arte si è evoluta rompendo di volta in volta le codificazioni con cui la società riconosceva quel dato prodotto come arte. Questo percorso però è soprattutto caratterizzato dalla ricerca di far coincidere lo spazio dell’opera con lo spazio reale occupato dallo spettatore, due dimensioni di spazio che solitamente nell’esperienza dell’osservatore sono intercambiabili (questo è evidente con la pittura figurativa), ma mai compresenti. Proprio l’esigenza di questa compresenza ha portato a sperimentare altre tecniche espressive (l’astrazione geometrica prima, le performance e le installazioni poi). Oggi con la progressiva smaterializzazione del reale a cui abbiamo assistito nei decenni passati (gli oggetti per comunicare sono sempre più piccoli e determinano il messaggio) dobbiamo forse riflettere nuovamente sulle dinamiche tra spazio osservato e quello praticato.
Le opere in mostra indagano, anche se in modi differenti, il rapporto e la contraddizione che esiste tra come viene osservato un luogo, come viene percepito e come viene vissuto e percorso, e infine raccontato; introducendo così l’idea di una costruzione costante del paesaggio, in quanto identità collettiva, e la sua possibile progettazione. I quadri di Pavel Buchler appaiono come puzzles astratti ottenuti ripulendo e capovolgendo quadri di paesaggio salvati dalle bancarelle di robivecchi. Il pannello a due colori di Roberto Ago dà vita ad un’immagine concreta della natura con la frase immagina se.. con cui inizia il racconto stampatovi sopra. La pittura di Fernando Sánchez Castillo, che apparentemente rientra in un filone paesaggistico fine-ottocento o in altri casi astrattista anni ‘40, è usata per soggetti come scene della guerra civile spagnola o manifestazioni del sessantotto, proprio per riflettere sui codici comuni con cui riconosciamo dignità ad episodi della memoria collettiva. L’immagine "Under the bridge (Simeto)" di Paolo Parisi, così come le sculture-sedute dello stesso autore, sono opere che riguardano il dialogo tra la bidimensionalità del disegno e lo spazio fisico, tra gli elementi della natura (cielo-gas e mare-acqua) e le persone che sostano in un luogo che attraversano. Ján Mančuška con l’opera Guided by the walls realizza un’installazione in cui frasi con lettere in metallo segnano lo spazio di una stanza mettendo a confronto l’esperienza fisica (il camminare seguendo l’andamento della lettura) con quella emotiva (evocata dal testo) di trovarsi in quel dato luogo. L’installazione A dog di Dmitry Gutov è un omaggio all’istinto dell’uomo, di scoprire nuovi territori per appropriarsene e farli suoi, evocandolo con il gesto semplice e giornaliero del cane che segna il suo territorio. L’opera Senza titolo di Jiri Kovanda definisce un orizzonte perfetto all’interno della stanza utilizzando dei cucchiai bianchi di plastica inseriti nella parete con cui evoca i codici del minimalismo, ma ribaltandoli visto che predispone un evento che si sta per compiere suggerito dalla vodka contenuta dai cucchiai.
Queste sono solo alcune delle opere che definiscono il progetto “Landscapes” / (confini in disordine). Le immagini del mondo e gli interventi nello spazio della galleria e della chiesa riflettono sul concetto attuale di paesaggio, mettendolo in relazione immediatamente con la possibilità di mapparlo, inventarlo e discuterne con “l’altro diverso da sé”. Questi metodi di orientamento si distaccano fortemente dalle possibilità fornite oggi dalle tecnologie dei GPS e dei sistemi satellitari per muoversi nel reale poiché prediligono, ad una dimensione distaccata e oggettiva, un’esperienza personale, e quindi condivisibile, di un dato contesto spazio/tempo.
SEDI: MAGAZZINO Via dei prefetti, 17
CHIESA DI SAN FILIPPINO Via Giulia 134
ORARI: Galleria mar-ven 11:00/15:00 e 16:00/20:00, sabato 11:00/13:00 e 16:00/20:00
Chiesa di San Filippino mar-sab 17:00/20:00
ARTISTI: Roberto Ago (Roma, 1972), Slater Bradley (San Francisco, 1975), Pavel Buchler (Praga, 1952), Fernando Sánchez Castillo (Madrid, 1970), Sabina Grasso (Genova 1975), Dmitry Gutov (Mosca, 1960), Yuki Ichihashi (Osaka), Jiri kovanda (Praga, 1953), Anthony McCall (Inghilterra, 1946), Ján Mančuška (Bratislava, 1972), Paolo Parisi (Catania, 1965).
Per informazioni contattare la galleria al n. 06 687 5951 o per email info@magazzinoartemoderna.com
Senza titolo #1
“Landscapes” / (confini in disordine)
Roberto Ago, Slater Bradley, Pavel Buchler, Fernando Sánchez Castillo, Sabina Grasso,
Dmitry Gutov, Yuki Ichihashi, Jiri Kovanda, Anthony McCall, Ján Mančuška, Paolo Parisi
Project curated by Lorenzo Bruni
On 28 September 2010 Magazzino will inaugurate the new exhibition season with the show “Landscapes” / (confini in disordine) curated by Lorenzo Bruni, in the gallery space and simultaneusly in an offsite location in the Church of San Filippino in via Giulia n. 134. Landscapes / (confini in disordine) is the first of two shows that Lorenzo Bruni will curate for Magazzino, and centers upon the concept of the paesaggio. The second will open in September 2011 and the series will be documented in a comprehensive publication.
Roberto Ago, Slater Bradley, Pavel Buchler, Fernando Sánchez Castillo, Sabina Grasso, Dmitry Gutov, Yuki Ichihashi, Jiri Kovanda, Antony McCall, Ján Mančuška and Paolo Parisi are international artists of different generations and cultural provenances who present work that shares a common reflection on the concept of the landscape. To this theme, which appears almost banal in a time dominated by the continuous exchange of images and in which the sensation that what is far away may be kept close at hand, the artists respond with work that highlights the space occupied in a specific moment by the spectator or the temporal instant in which a particular image of the world is realized. Here, the term “landscape” in the classical sense is negated and deconstructed, as the space of a particular experience is represented rather than its image. These are not works to be observed passively, but to be processed mentally or physically. Indeed, the landscape for these artists cannot exist as an abstract concept but only in relation to the viewer.
At the beginning of the 20th century, George Simmel described a landscape as an image separate from the space inhabited in a given moment by its spectator. When the observer reaches a horizon, in other words, it ceases to be a confine or a limit and becomes a space in and of itself. The 20th century, as described by Rosalind Krauss while reflecting on the idea of sculpture, is the age in which art evolved, breaking time and time again the codification with which society recognizes any given product as art. This route is characterized above all by an attempt to make the space of the artwork match with the portion of the real occupied by the spectator, that is, two dimensions of space which are usually interchangeable, though indeed never co-existent, in the experience of the spectator (this aspect is evident when one considers figurative painting). Today with the progressive dematerialization of the real which we have been witnessing these past decades (the objects with which we comunicate and transmit images have become smaller and smaller) we should perhaps reconsider the relation between the observed and practical space.
The works included in the exhibition reflect, through different modes, the contradiction that exists between the observation and the experience of a place, thus introducing the idea of a constant construction of landscape as collective identity, and its possible planning. Pavel Buchler's paintings appear as abstract puzzles obtained by inverting and washing discarded landscape paintings rescued from junk stalls. A two-color panel by Roberto Ago conjures a specific image of nature with the phrase imagine if... that begins the story printed on it. The paintings of Fernando Sánchez Castillo reflect upon the common codes through which we recognize the dignity of the collective memory of certain episodes. They draw upon art historical tranditions ranging from landscape painting at the end of the 19th century to Post-War abstraction and address subjects such as scenes from the Spanish Civil War and the events of 1968. Paolo Parisi's image "Under the bridge (Simeto)", as well as the seat-sculptures of the same author, are works that concern/talk about the dialogue between the bi-dimensionality of the drawing and the physical space, between natural elements (sky-glass and sea-water) and the people who stop/stand still in a place they are crossing. Ján Mančuška’s work Guided by the walls is an installation in which sentences in metal letters mark the space of a room by comparing the physical experience (the walk follows the course of reading) with the emotion (evoked by the text) of being at that place. The installation by Dmitry Gutov, A dog, is a tribute to man’s instinct to discover new territories to claim them as his own, evoking the simple act of a dog marking its territory. The work Untitled by Jiri Kovanda defines a horizon within the gallery space using plastic spoons, evoking the codes of minimalism while reversing them and creating an event via the dripping of vodka contained in the spoons.
The images of the world and the interventions in the exhibition spaces reflect on the concept of the landscape, relating it to the opportunity to map, to invent and to consider the landscape within the dialogue of “the other, the different”. These traditional methods of orienting one’s self strongly differ from those available today (GPS systems, for example, that facilitate movement in real space) because they establish a personal, subjective, shareable experience, rather than a detached and objective one, of a given time-space context.
VENUES: MAGAZZINO Via dei prefetti, 17
CHIESA DI SAN FILIPPINO Via Giulia 134
HOURS: Magazzino: Mon-Fri 11:00/15:00 e 16:00/20:00, Sat 11:00/13:00 e 16:00/20:00
Chiesa di San Filippino: Mon-Sat 17:00/20:00
ARTISTS: Roberto Ago (Roma, 1972), Slater Bradley (San Francisco, 1975), Pavel Buchler (Praga, 1952), Fernando Sánchez Castillo (Madrid, 1970), Sabina Grasso (Genova 1975), Dmitry Gutov (Mosca, 1960), Yuki Ichihashi (Osaka), Jiri Kovanda (Praga, 1953), Anthony McCall (Inghilterra, 1946), Ján Mančuška (Bratislava, 1972), Paolo Parisi (Catania, 1965).
“Landscapes” / (confini in disordine)
Roberto Ago, Slater Bradley, Pavel Buchler, Fernando Sánchez Castillo, Sabina Grasso,
Dmitry Gutov, Yuki Ichihashi, Jiri Kovanda, Anthony McCall, Ján Mančuška, Paolo Parisi
progetto a cura di Lorenzo Bruni
SCROLL DOWN FOR THE ENGLISH VERSION
Magazzino inaugura martedì 28 settembre 2010 la nuova stagione espositiva con la mostra “Landscapes” / (confini in disordine) a cura di Lorenzo Bruni, negli spazi della galleria e contemporaneamente in un contesto inedito quale è la chiesa di San Filippino in via Giulia n.134. Landscapes / (confini in disordine) è la prima di due mostre che Lorenzo Bruni curerà per Magazzino, attorno al concetto di paesaggio; la seconda si svolgerà a settembre 2011. Le due collettive saranno poi raccolte in una pubblicazione finale.
Roberto Ago, Slater Bradley, Pavel Buchler, Fernando Sánchez Castillo, Sabina Grasso, Dmitry Gutov, Yuki Ichihashi, Jiri Kovanda, Anthony McCall, Ján Mančuška e Paolo Parisi sono artisti internazionali di differenti generazioni e provenienze culturali che presentano opere accomunate dalla stessa riflessione attorno al concetto di paesaggio. A questo tema, che appare quasi banale in un presente dominato dallo scambio continuo di immagini/messaggi (per cui “il lontano” appare sempre a portata di mano), gli artisti rispondono con opere che mettono in evidenza lo spazio occupato in quel momento dallo spettatore o l’istante temporale in cui è stata realizzata quella specifica immagine del mondo. In questo caso la parola paesaggio, in senso classico, risulta negata poiché viene “rappresentato” il tempo dell’esperienza di quel particolare reale e non la sua immagine. Non si tratta di immagini da osservare passivamente, ma da praticare mentalmente o fisicamente. Infatti, il paesaggio per questi artisti non può esistere come concetto astratto ma solo come relazione rispetto al volto di chi lo guarda.
Il paesaggio, come notava George Simmel all’inizio del secolo appena terminato, è quell’immagine che è separata dallo spazio abitato in quel momento dal suo spettatore. Quando l’osservatore raggiunge quel luogo, esso cessa di essere orizzonte, confine o limite, per farsi spazio. Il novecento, come descrive Rosalind Krauss riflettendo sull’idea di scultura, è il secolo in cui l’arte si è evoluta rompendo di volta in volta le codificazioni con cui la società riconosceva quel dato prodotto come arte. Questo percorso però è soprattutto caratterizzato dalla ricerca di far coincidere lo spazio dell’opera con lo spazio reale occupato dallo spettatore, due dimensioni di spazio che solitamente nell’esperienza dell’osservatore sono intercambiabili (questo è evidente con la pittura figurativa), ma mai compresenti. Proprio l’esigenza di questa compresenza ha portato a sperimentare altre tecniche espressive (l’astrazione geometrica prima, le performance e le installazioni poi). Oggi con la progressiva smaterializzazione del reale a cui abbiamo assistito nei decenni passati (gli oggetti per comunicare sono sempre più piccoli e determinano il messaggio) dobbiamo forse riflettere nuovamente sulle dinamiche tra spazio osservato e quello praticato.
Le opere in mostra indagano, anche se in modi differenti, il rapporto e la contraddizione che esiste tra come viene osservato un luogo, come viene percepito e come viene vissuto e percorso, e infine raccontato; introducendo così l’idea di una costruzione costante del paesaggio, in quanto identità collettiva, e la sua possibile progettazione. I quadri di Pavel Buchler appaiono come puzzles astratti ottenuti ripulendo e capovolgendo quadri di paesaggio salvati dalle bancarelle di robivecchi. Il pannello a due colori di Roberto Ago dà vita ad un’immagine concreta della natura con la frase immagina se.. con cui inizia il racconto stampatovi sopra. La pittura di Fernando Sánchez Castillo, che apparentemente rientra in un filone paesaggistico fine-ottocento o in altri casi astrattista anni ‘40, è usata per soggetti come scene della guerra civile spagnola o manifestazioni del sessantotto, proprio per riflettere sui codici comuni con cui riconosciamo dignità ad episodi della memoria collettiva. L’immagine "Under the bridge (Simeto)" di Paolo Parisi, così come le sculture-sedute dello stesso autore, sono opere che riguardano il dialogo tra la bidimensionalità del disegno e lo spazio fisico, tra gli elementi della natura (cielo-gas e mare-acqua) e le persone che sostano in un luogo che attraversano. Ján Mančuška con l’opera Guided by the walls realizza un’installazione in cui frasi con lettere in metallo segnano lo spazio di una stanza mettendo a confronto l’esperienza fisica (il camminare seguendo l’andamento della lettura) con quella emotiva (evocata dal testo) di trovarsi in quel dato luogo. L’installazione A dog di Dmitry Gutov è un omaggio all’istinto dell’uomo, di scoprire nuovi territori per appropriarsene e farli suoi, evocandolo con il gesto semplice e giornaliero del cane che segna il suo territorio. L’opera Senza titolo di Jiri Kovanda definisce un orizzonte perfetto all’interno della stanza utilizzando dei cucchiai bianchi di plastica inseriti nella parete con cui evoca i codici del minimalismo, ma ribaltandoli visto che predispone un evento che si sta per compiere suggerito dalla vodka contenuta dai cucchiai.
Queste sono solo alcune delle opere che definiscono il progetto “Landscapes” / (confini in disordine). Le immagini del mondo e gli interventi nello spazio della galleria e della chiesa riflettono sul concetto attuale di paesaggio, mettendolo in relazione immediatamente con la possibilità di mapparlo, inventarlo e discuterne con “l’altro diverso da sé”. Questi metodi di orientamento si distaccano fortemente dalle possibilità fornite oggi dalle tecnologie dei GPS e dei sistemi satellitari per muoversi nel reale poiché prediligono, ad una dimensione distaccata e oggettiva, un’esperienza personale, e quindi condivisibile, di un dato contesto spazio/tempo.
SEDI: MAGAZZINO Via dei prefetti, 17
CHIESA DI SAN FILIPPINO Via Giulia 134
ORARI: Galleria mar-ven 11:00/15:00 e 16:00/20:00, sabato 11:00/13:00 e 16:00/20:00
Chiesa di San Filippino mar-sab 17:00/20:00
ARTISTI: Roberto Ago (Roma, 1972), Slater Bradley (San Francisco, 1975), Pavel Buchler (Praga, 1952), Fernando Sánchez Castillo (Madrid, 1970), Sabina Grasso (Genova 1975), Dmitry Gutov (Mosca, 1960), Yuki Ichihashi (Osaka), Jiri kovanda (Praga, 1953), Anthony McCall (Inghilterra, 1946), Ján Mančuška (Bratislava, 1972), Paolo Parisi (Catania, 1965).
Per informazioni contattare la galleria al n. 06 687 5951 o per email info@magazzinoartemoderna.com
Senza titolo #1
“Landscapes” / (confini in disordine)
Roberto Ago, Slater Bradley, Pavel Buchler, Fernando Sánchez Castillo, Sabina Grasso,
Dmitry Gutov, Yuki Ichihashi, Jiri Kovanda, Anthony McCall, Ján Mančuška, Paolo Parisi
Project curated by Lorenzo Bruni
On 28 September 2010 Magazzino will inaugurate the new exhibition season with the show “Landscapes” / (confini in disordine) curated by Lorenzo Bruni, in the gallery space and simultaneusly in an offsite location in the Church of San Filippino in via Giulia n. 134. Landscapes / (confini in disordine) is the first of two shows that Lorenzo Bruni will curate for Magazzino, and centers upon the concept of the paesaggio. The second will open in September 2011 and the series will be documented in a comprehensive publication.
Roberto Ago, Slater Bradley, Pavel Buchler, Fernando Sánchez Castillo, Sabina Grasso, Dmitry Gutov, Yuki Ichihashi, Jiri Kovanda, Antony McCall, Ján Mančuška and Paolo Parisi are international artists of different generations and cultural provenances who present work that shares a common reflection on the concept of the landscape. To this theme, which appears almost banal in a time dominated by the continuous exchange of images and in which the sensation that what is far away may be kept close at hand, the artists respond with work that highlights the space occupied in a specific moment by the spectator or the temporal instant in which a particular image of the world is realized. Here, the term “landscape” in the classical sense is negated and deconstructed, as the space of a particular experience is represented rather than its image. These are not works to be observed passively, but to be processed mentally or physically. Indeed, the landscape for these artists cannot exist as an abstract concept but only in relation to the viewer.
At the beginning of the 20th century, George Simmel described a landscape as an image separate from the space inhabited in a given moment by its spectator. When the observer reaches a horizon, in other words, it ceases to be a confine or a limit and becomes a space in and of itself. The 20th century, as described by Rosalind Krauss while reflecting on the idea of sculpture, is the age in which art evolved, breaking time and time again the codification with which society recognizes any given product as art. This route is characterized above all by an attempt to make the space of the artwork match with the portion of the real occupied by the spectator, that is, two dimensions of space which are usually interchangeable, though indeed never co-existent, in the experience of the spectator (this aspect is evident when one considers figurative painting). Today with the progressive dematerialization of the real which we have been witnessing these past decades (the objects with which we comunicate and transmit images have become smaller and smaller) we should perhaps reconsider the relation between the observed and practical space.
The works included in the exhibition reflect, through different modes, the contradiction that exists between the observation and the experience of a place, thus introducing the idea of a constant construction of landscape as collective identity, and its possible planning. Pavel Buchler's paintings appear as abstract puzzles obtained by inverting and washing discarded landscape paintings rescued from junk stalls. A two-color panel by Roberto Ago conjures a specific image of nature with the phrase imagine if... that begins the story printed on it. The paintings of Fernando Sánchez Castillo reflect upon the common codes through which we recognize the dignity of the collective memory of certain episodes. They draw upon art historical tranditions ranging from landscape painting at the end of the 19th century to Post-War abstraction and address subjects such as scenes from the Spanish Civil War and the events of 1968. Paolo Parisi's image "Under the bridge (Simeto)", as well as the seat-sculptures of the same author, are works that concern/talk about the dialogue between the bi-dimensionality of the drawing and the physical space, between natural elements (sky-glass and sea-water) and the people who stop/stand still in a place they are crossing. Ján Mančuška’s work Guided by the walls is an installation in which sentences in metal letters mark the space of a room by comparing the physical experience (the walk follows the course of reading) with the emotion (evoked by the text) of being at that place. The installation by Dmitry Gutov, A dog, is a tribute to man’s instinct to discover new territories to claim them as his own, evoking the simple act of a dog marking its territory. The work Untitled by Jiri Kovanda defines a horizon within the gallery space using plastic spoons, evoking the codes of minimalism while reversing them and creating an event via the dripping of vodka contained in the spoons.
The images of the world and the interventions in the exhibition spaces reflect on the concept of the landscape, relating it to the opportunity to map, to invent and to consider the landscape within the dialogue of “the other, the different”. These traditional methods of orienting one’s self strongly differ from those available today (GPS systems, for example, that facilitate movement in real space) because they establish a personal, subjective, shareable experience, rather than a detached and objective one, of a given time-space context.
VENUES: MAGAZZINO Via dei prefetti, 17
CHIESA DI SAN FILIPPINO Via Giulia 134
HOURS: Magazzino: Mon-Fri 11:00/15:00 e 16:00/20:00, Sat 11:00/13:00 e 16:00/20:00
Chiesa di San Filippino: Mon-Sat 17:00/20:00
ARTISTS: Roberto Ago (Roma, 1972), Slater Bradley (San Francisco, 1975), Pavel Buchler (Praga, 1952), Fernando Sánchez Castillo (Madrid, 1970), Sabina Grasso (Genova 1975), Dmitry Gutov (Mosca, 1960), Yuki Ichihashi (Osaka), Jiri Kovanda (Praga, 1953), Anthony McCall (Inghilterra, 1946), Ján Mančuška (Bratislava, 1972), Paolo Parisi (Catania, 1965).
28
settembre 2010
Senza titolo #1 – Landscapes (confini in disordine)
Dal 28 settembre al 30 novembre 2010
arte contemporanea
Location
MAGAZZINO
Roma, Via Dei Prefetti, 17, (Roma)
Roma, Via Dei Prefetti, 17, (Roma)
Orario di apertura
Galleria da martedì a venerdì 11-15 e 16-20, sabato 11-13 e 16-20 Chiesa di San Filippino da martedì a sabato 17-20
Autore
Curatore