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Angela Chiti – Passi sospesi. Fotografie 2009-2010
Nella mostra “Passi sospesi”, divisa per vari gruppi tematici, Angela Chiti espone i suoi ultimi microcosmi informali. Queste immagini non hanno nessuna condizione fisica che materialmente le lega a un luogo come a una circostanza, ma respirano e trasmettono un sentire profondo e lontano, che non ha tempo e non ha luogo.
Comunicato stampa
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Spesso la realtà, - scrive Sonia Zampini - appare mostrando allo sguardo sensibile, come all’obiettivo di Angela Chiti, un lontano che perdura. Ritrovarne i segni, decifrarne l’entità, è svelare agli occhi l’esplicito nascosto del reale che appare. Immagini nelle immagini, vita sottaciuta nell’imminenza del dire, forme nascenti tra le pieghe di ciò che si mostra. Angela, grazie alla sua sensibilità che sa arrivare oltre, lì dove spesso le circostanze ci inducono a fermarci, asseconda con i suoi scatti il dialogo nascosto del mondo e lo mette in luce. La realtà sopraggiunge depurata da ogni condizione materiale, ed è puro sogno, pura metamorfosi, puro apparire. Avanza, come la poesia mira dritto al nostro sentire, e incede nella scoperta che presto avrà il dono di essere libera da ogni meraviglia e di diventare consapevolezza. Esse appaiono, allo sguardo che sa riconoscerle, come segni, indicazioni che emergono, con apparente casualità, da un mondo che si conosce e si è in grado di decodificare. Il loro mostrarsi parla però di una natura diversa rispetto a quella visibile, tale da risultare estraniante. Destabilizza, infatti, ogni visione logica e ci induce a pensare che la totalità dell’espressione, di qualunque espressione a cui questo reale faccia riferimento, è un nido di sentieri che conduce ad altri significati, come diversi punti di osservazione di un'unica definizione, solo apparentemente conosciuta. La fotografia di Angela Chiti sovverte l’idea che la foto, in quanto tale, immobilizzi, nella cattura del suo scatto, il reale manifesto ma, al contrario, ne rende ora visibile il suo esplicito imperscrutabile.
Angela è strumento - scrive Alessandra Borsetti Venier - che crea diaframmi con il mondo o per interpretarlo, a volte per negarlo o per cercare nel mondo quello che non c’è. E lancia il suo sguardo dentro, come aspettando qualcuno che passi nel vano del mondo, e azzarda la pretesa di catturare visioni dentro la gamma senza fine di un complesso - altro - orizzonte di senso. Angela dà forma all'incomprensibile. Con un linguaggio, che intuiamo ma che non riusciamo del tutto a decodificare, plasma materie implasmabili, si insinua nelle sequenze genomiche e geometriche delle più svariate superfici del sogno o della realtà. Sono immagini in assenza di peso specifico, aliene alla gravità, al tempo e a qualsiasi anatomia. Vi si possono immaginare lievi tracce materiche di realtà, ma forse è soltanto una necessità razionale di chi guarda e non accetta di lasciarsi andare al vuoto di pochi elementi immersi nella luce e nel colore. Un vuoto permeato da un’ “essenza” silenziosa che l’artista ha intuito e fermato attraverso la fotografia. Con l’intenzione - forse - di sospendere, anche solo per un istante, il ritmo convulso del vivere, e spostare l’attenzione su tutto ciò che ogni giorno sfugge, cancellato dall’urgenza.
Anche dalla poesia l’artista prende spunto per le sue opere ed ecco perché nel libro/catalogo, pubblicato da Morgana Edizioni per questa occasione, sono inseriti vari testi dei suoi autori preferiti come Amelia Rosselli, Sandro Penna, Alejandra Pizarnik, Dylan Thomas, Luciano Fintoni, che la accompagnano e la ispirano nella ricerca di semantiche nuove.
Cenni biografici
Il percorso espositivo di Angela Chiti inizia a Firenze nel 1986 a Palazzo Pitti con la collettiva “L’etrusco immaginato”, esposizione organizzata dalla Scuola Internazionale F64 di Luciano Ricci, anche se già nel 1985 lo stesso Ricci, partecipando al “SICOF” a Milano, aveva esposto una foto dell’allieva. Fin dagli esordi nella sua ricerca si evidenzia il morbido uso del bianco e nero, la capacità di cogliere i soggetti con naturalezza, dotando le immagini di un taglio lirico-realistico. Agli inizi degli anni Novanta l’artista si dedica al ritratto ed espone in una personale ritratti di bambini della comunità cinese dell’area fiorentina in rapporto all’integrazione scolastica. Dal 1995 al 2003 contribuisce all’arricchimento dell’archivio fotografico dell’Istituto Ernesto de Martino di Sesto Fiorentino (Fi), documentandone tutte le iniziative svolte nell’ambito della cultura e della musica popolare italiana. Nel 1996, durante un viaggio in Algeria con l’Associazione Ban Slout Larbi, Italia-Saharawi, realizza un rèportage incentrato proprio sul ritratto, cogliendo la profondità espressiva e la grande dignità di questo popolo. Sempre nel 1996, la fotografa Maria Teresa Giancoli svolge una tesi su di lei all’Hunter College (NYC) e scrive: “Angela Chiti ha sviluppato due corpi di lavoro: uno ambientato all’interno di un teatro abbandonato e l’altro ambientato nei caffè e in altri luoghi d’incontro, entrambi realizzati in giro per la Toscana. Il primo è coincidentalmente legato al lavoro sui teatri svolto da Hiroshi Sugimoto (Metropolitan Museum of Art, New York, novembre 1995 - gennaio 1996). Mentre Sugimoto fotografa ciascun teatro usando la stessa rigorosa posizione frontale, Angela Chiti fotografa da diversi punti di vista; per lei lo spazio teatrale è una celebrazione di umanità. Con pochi elementi e la luce naturale, Angela Chiti accende la particolare vita del teatro abbandonato e di tutto il suo vissuto”.
Nel 1997 avviene un cambiamento importante: ha inizio una ricerca visiva incentrata sugli elementi primari della natura. Nasce la serie ”Lito-grafia del Tempo”, immagini di segni e astrazioni raccolte nell’elemento terra, lasciati nel tempo dal Tempo. Siamo di fronte a un invito, quasi un’indicazione etica, a cogliere l’intrinseca poesia della natura. In seguito, dal 1998 al 2003 affronta, sempre con il consueto uso del bianco e nero, l’elemento acqua. La serie dal titolo “Fonti”, si basa esclusivamente sul movimento e sulla luce, cogliendo quei connotati simbolici e ancestrali che da sempre le vengono attribuiti. La qualità e la novità di questa serie vengono segnalate da Il giornale dell’Arte.
È soltanto nel 2007 che Angela Chiti inizia a utilizzare il colore e realizza la serie “a occhi chiusi”. Si tratta di una svolta decisiva nel suo percorso artistico ed espressivo.
“Angela Chiti - scrive Luca Landi - abita poeticamente il mondo, gli ambienti che la circondano e che si offrono al suo sguardo, secondo un’estetica dell’incontro e dell’esperienza che non è passiva registrazione di ciò che c’è, ma attivo posizionarsi nei confronti dell’immagine e della forma”. La mostra viene esposta a Firenze nella Limonaia di Palazzo Medici Riccardi e in seguito a Castelnuovo Val D'Elsa e al Palazzo Pretorio di Gubbio.
Angela è strumento - scrive Alessandra Borsetti Venier - che crea diaframmi con il mondo o per interpretarlo, a volte per negarlo o per cercare nel mondo quello che non c’è. E lancia il suo sguardo dentro, come aspettando qualcuno che passi nel vano del mondo, e azzarda la pretesa di catturare visioni dentro la gamma senza fine di un complesso - altro - orizzonte di senso. Angela dà forma all'incomprensibile. Con un linguaggio, che intuiamo ma che non riusciamo del tutto a decodificare, plasma materie implasmabili, si insinua nelle sequenze genomiche e geometriche delle più svariate superfici del sogno o della realtà. Sono immagini in assenza di peso specifico, aliene alla gravità, al tempo e a qualsiasi anatomia. Vi si possono immaginare lievi tracce materiche di realtà, ma forse è soltanto una necessità razionale di chi guarda e non accetta di lasciarsi andare al vuoto di pochi elementi immersi nella luce e nel colore. Un vuoto permeato da un’ “essenza” silenziosa che l’artista ha intuito e fermato attraverso la fotografia. Con l’intenzione - forse - di sospendere, anche solo per un istante, il ritmo convulso del vivere, e spostare l’attenzione su tutto ciò che ogni giorno sfugge, cancellato dall’urgenza.
Anche dalla poesia l’artista prende spunto per le sue opere ed ecco perché nel libro/catalogo, pubblicato da Morgana Edizioni per questa occasione, sono inseriti vari testi dei suoi autori preferiti come Amelia Rosselli, Sandro Penna, Alejandra Pizarnik, Dylan Thomas, Luciano Fintoni, che la accompagnano e la ispirano nella ricerca di semantiche nuove.
Cenni biografici
Il percorso espositivo di Angela Chiti inizia a Firenze nel 1986 a Palazzo Pitti con la collettiva “L’etrusco immaginato”, esposizione organizzata dalla Scuola Internazionale F64 di Luciano Ricci, anche se già nel 1985 lo stesso Ricci, partecipando al “SICOF” a Milano, aveva esposto una foto dell’allieva. Fin dagli esordi nella sua ricerca si evidenzia il morbido uso del bianco e nero, la capacità di cogliere i soggetti con naturalezza, dotando le immagini di un taglio lirico-realistico. Agli inizi degli anni Novanta l’artista si dedica al ritratto ed espone in una personale ritratti di bambini della comunità cinese dell’area fiorentina in rapporto all’integrazione scolastica. Dal 1995 al 2003 contribuisce all’arricchimento dell’archivio fotografico dell’Istituto Ernesto de Martino di Sesto Fiorentino (Fi), documentandone tutte le iniziative svolte nell’ambito della cultura e della musica popolare italiana. Nel 1996, durante un viaggio in Algeria con l’Associazione Ban Slout Larbi, Italia-Saharawi, realizza un rèportage incentrato proprio sul ritratto, cogliendo la profondità espressiva e la grande dignità di questo popolo. Sempre nel 1996, la fotografa Maria Teresa Giancoli svolge una tesi su di lei all’Hunter College (NYC) e scrive: “Angela Chiti ha sviluppato due corpi di lavoro: uno ambientato all’interno di un teatro abbandonato e l’altro ambientato nei caffè e in altri luoghi d’incontro, entrambi realizzati in giro per la Toscana. Il primo è coincidentalmente legato al lavoro sui teatri svolto da Hiroshi Sugimoto (Metropolitan Museum of Art, New York, novembre 1995 - gennaio 1996). Mentre Sugimoto fotografa ciascun teatro usando la stessa rigorosa posizione frontale, Angela Chiti fotografa da diversi punti di vista; per lei lo spazio teatrale è una celebrazione di umanità. Con pochi elementi e la luce naturale, Angela Chiti accende la particolare vita del teatro abbandonato e di tutto il suo vissuto”.
Nel 1997 avviene un cambiamento importante: ha inizio una ricerca visiva incentrata sugli elementi primari della natura. Nasce la serie ”Lito-grafia del Tempo”, immagini di segni e astrazioni raccolte nell’elemento terra, lasciati nel tempo dal Tempo. Siamo di fronte a un invito, quasi un’indicazione etica, a cogliere l’intrinseca poesia della natura. In seguito, dal 1998 al 2003 affronta, sempre con il consueto uso del bianco e nero, l’elemento acqua. La serie dal titolo “Fonti”, si basa esclusivamente sul movimento e sulla luce, cogliendo quei connotati simbolici e ancestrali che da sempre le vengono attribuiti. La qualità e la novità di questa serie vengono segnalate da Il giornale dell’Arte.
È soltanto nel 2007 che Angela Chiti inizia a utilizzare il colore e realizza la serie “a occhi chiusi”. Si tratta di una svolta decisiva nel suo percorso artistico ed espressivo.
“Angela Chiti - scrive Luca Landi - abita poeticamente il mondo, gli ambienti che la circondano e che si offrono al suo sguardo, secondo un’estetica dell’incontro e dell’esperienza che non è passiva registrazione di ciò che c’è, ma attivo posizionarsi nei confronti dell’immagine e della forma”. La mostra viene esposta a Firenze nella Limonaia di Palazzo Medici Riccardi e in seguito a Castelnuovo Val D'Elsa e al Palazzo Pretorio di Gubbio.
12
settembre 2010
Angela Chiti – Passi sospesi. Fotografie 2009-2010
Dal 12 al 26 settembre 2010
arte contemporanea
Location
CENTRO ESPOSITIVO ANTONIO BERTI
Sesto Fiorentino, Via Pietro Bernini, 57, (Firenze)
Sesto Fiorentino, Via Pietro Bernini, 57, (Firenze)
Orario di apertura
da lunedì a sabato 16.00 – 19.30, domenica 10.00 – 12.00
Vernissage
12 Settembre 2010, ore 11
Autore
Curatore