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Filippo Marignoli – Vertigo
Le opere in mostra al Museo Bilotti ricostruiscono la sua singolare carriera: momenti di grande successo suggellati dalla regolare collaborazione con alcuni tra i più importanti galleristi europei del dopoguerra (l’Attico di Bruno Sargentini a Roma, Denise Renè a Parigi) alternati a lunghe fasi di lavoro svolto in volontario isolamento.
Comunicato stampa
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Si inaugura il 15 settembre 2010 al Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese la mostra “Filippo Marignoli. Vertigo”. L’esposizione è promossa dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione - Sovraintendenza ai Beni Culturali con il patrocinio del Comune di Spoleto. Servizi museali ed organizzazione a cura di Zètema Progetto Cultura.
Filippo Marignoli (Perugia 1926 - Seattle 1995) fu, per educazione e vocazione, il più cosmopolita tra gli artisti italiani attivi nel dopoguerra. L’origine aristocratica, il matrimonio con una celebrata bellezza degli anni ’50, la principessa Kapiolani Kawananakoa delle Isole Hawaii, lo introdussero infatti ad esperienze internazionali negate alla maggior parte dei suoi coetanei italiani, consentendogli di tradurre una caratteriale irrequietezza in un nomadismo artistico speso tra Roma, New York, Honolulu e Parigi. Artista autonomo, fuori dagli schemi tanto nel linguaggio che nella carriera, collaborò tuttavia regolarmente con due tra le maggiori gallerie europee del dopoguerra: L’Attico di Bruno Sargentini a Roma e Denise René a Parigi e di lui si vollero occupare i critici più in auge del tempo: da Arcangeli a Carluccio, da Calvesi a Crispolti, senza considerare alcuni prestigiosi contributi della critica internazionale.
******
I primi lavori del pittore umbro si collocano nell’epoca del cosiddetto informale, alla fine degli anni ’50: tele - in controtendenza rispetto al gusto prevalente in quel momento in Italia - per lo più caratterizzate dal grande formato e che, dopo le mostre alla Galleria l’Attico, lo fanno presto considerare uno dei migliori interpreti della nuova arte italiana. Tuttavia, proprio al successo ottenuto all’esordio della carriera si deve un pregiudizio critico che, nel nostro paese, circoscrive il suo ricordo alla sola stagione dell’informale. In realtà, come vuole evidenziare questa mostra, le opere successive, spesso organizzate in cicli, sono progressivamente originali.
Una delle ragioni della scarsa conoscenza che se ne ha in Italia è che esse vennero spesso prodotte all’estero.
Sorprendentemente infatti, nel momento in cui la sua pittura raccoglie ampi consensi, l’irrequieto artista decide di trasferirsi negli Stati Uniti, dove vive, tra New York e le Isole Hawaii, sino al 1963.
La partenza, favorita dal matrimonio con la principessa Kapiolani Kawananakoa delle Isole Hawaii, segna una svolta nell’ambito della pittura di Marignoli, condotto da nuove ricerche lontano dagli esiti informali del primo periodo. Nella New York dei primi anni ’60 trova Action Painting e Abstract Expressionism nel momento del loro massimo fulgore e si inserisce in quella fervida temperie producendo – come ben evidenziano le assai poco conosciute opere del periodo americano esposte al Bilotti – dipinti aggiornatissimi e, insieme, vivamente personali.
Rientra in Italia nel 1963 per stabilirsi a Roma. Segue un decennio di totale isolamento dal milieu dell’arte. Il nuovo clima artistico ferocemente oggettuale, prima affermatosi in Usa e ora, sull’esempio della Pop Art, dilagato in Europa, lo trova sostanzialmente estraneo. Tuttavia la sua ricerca procede, indifferente alle tendenze dominanti ma originalissima negli esiti che preparano la sorprendente fase conclusiva della sua carriera. Marignoli appartiene infatti a quella minoranza di artisti la cui ispirazione prende linfa dal trascorrere del tempo.
Trasferitosi a Parigi nel 1974, inizia subito una fervida collaborazione con una delle più importanti galleriste europee del dopoguerra, la leggendaria Denise Renè.
Le opere francesi sono la rappresentazione di strapiombi mozzafiato, orizzonti talmente verticalizzati da richiedere il ricorso ad inconsueti formati molto lunghi e stretti. La critica più aggiornata ne parla come dei primi paesaggi radicalmente verticali della pittura contemporanea, un unicum di originalità assoluta, la rappresentazione in pittura di un’idea poco frequentata dall’arte occidentale: la sensazione della vertigine.
Le opere in mostra al Museo Carlo Bilotti ricostruiscono, passo dopo passo, la singolare ricerca e la strana carriera di un talento fuori norma, quello di Filippo Marignoli, l’artista che alternò con noncuranza momenti di grande successo ad altri di assoluto isolamento ed oblio, l’aristocratico bello e affascinante che fece innamorare dei suoi strani dipinti la gallerista più difficile di Parigi, quella Denise Renè che di lui amava raccontare anche l’ineffabile eleganza del vivere: “Questo nobile marchese di Spoleto non sdegnava nessuno dei piaceri dell’esistenza: la musica, le grandi riunioni amicali attorno a piatti raffinati che spesso preparava lui stesso
Filippo Marignoli (Perugia 1926 - Seattle 1995) fu, per educazione e vocazione, il più cosmopolita tra gli artisti italiani attivi nel dopoguerra. L’origine aristocratica, il matrimonio con una celebrata bellezza degli anni ’50, la principessa Kapiolani Kawananakoa delle Isole Hawaii, lo introdussero infatti ad esperienze internazionali negate alla maggior parte dei suoi coetanei italiani, consentendogli di tradurre una caratteriale irrequietezza in un nomadismo artistico speso tra Roma, New York, Honolulu e Parigi. Artista autonomo, fuori dagli schemi tanto nel linguaggio che nella carriera, collaborò tuttavia regolarmente con due tra le maggiori gallerie europee del dopoguerra: L’Attico di Bruno Sargentini a Roma e Denise René a Parigi e di lui si vollero occupare i critici più in auge del tempo: da Arcangeli a Carluccio, da Calvesi a Crispolti, senza considerare alcuni prestigiosi contributi della critica internazionale.
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I primi lavori del pittore umbro si collocano nell’epoca del cosiddetto informale, alla fine degli anni ’50: tele - in controtendenza rispetto al gusto prevalente in quel momento in Italia - per lo più caratterizzate dal grande formato e che, dopo le mostre alla Galleria l’Attico, lo fanno presto considerare uno dei migliori interpreti della nuova arte italiana. Tuttavia, proprio al successo ottenuto all’esordio della carriera si deve un pregiudizio critico che, nel nostro paese, circoscrive il suo ricordo alla sola stagione dell’informale. In realtà, come vuole evidenziare questa mostra, le opere successive, spesso organizzate in cicli, sono progressivamente originali.
Una delle ragioni della scarsa conoscenza che se ne ha in Italia è che esse vennero spesso prodotte all’estero.
Sorprendentemente infatti, nel momento in cui la sua pittura raccoglie ampi consensi, l’irrequieto artista decide di trasferirsi negli Stati Uniti, dove vive, tra New York e le Isole Hawaii, sino al 1963.
La partenza, favorita dal matrimonio con la principessa Kapiolani Kawananakoa delle Isole Hawaii, segna una svolta nell’ambito della pittura di Marignoli, condotto da nuove ricerche lontano dagli esiti informali del primo periodo. Nella New York dei primi anni ’60 trova Action Painting e Abstract Expressionism nel momento del loro massimo fulgore e si inserisce in quella fervida temperie producendo – come ben evidenziano le assai poco conosciute opere del periodo americano esposte al Bilotti – dipinti aggiornatissimi e, insieme, vivamente personali.
Rientra in Italia nel 1963 per stabilirsi a Roma. Segue un decennio di totale isolamento dal milieu dell’arte. Il nuovo clima artistico ferocemente oggettuale, prima affermatosi in Usa e ora, sull’esempio della Pop Art, dilagato in Europa, lo trova sostanzialmente estraneo. Tuttavia la sua ricerca procede, indifferente alle tendenze dominanti ma originalissima negli esiti che preparano la sorprendente fase conclusiva della sua carriera. Marignoli appartiene infatti a quella minoranza di artisti la cui ispirazione prende linfa dal trascorrere del tempo.
Trasferitosi a Parigi nel 1974, inizia subito una fervida collaborazione con una delle più importanti galleriste europee del dopoguerra, la leggendaria Denise Renè.
Le opere francesi sono la rappresentazione di strapiombi mozzafiato, orizzonti talmente verticalizzati da richiedere il ricorso ad inconsueti formati molto lunghi e stretti. La critica più aggiornata ne parla come dei primi paesaggi radicalmente verticali della pittura contemporanea, un unicum di originalità assoluta, la rappresentazione in pittura di un’idea poco frequentata dall’arte occidentale: la sensazione della vertigine.
Le opere in mostra al Museo Carlo Bilotti ricostruiscono, passo dopo passo, la singolare ricerca e la strana carriera di un talento fuori norma, quello di Filippo Marignoli, l’artista che alternò con noncuranza momenti di grande successo ad altri di assoluto isolamento ed oblio, l’aristocratico bello e affascinante che fece innamorare dei suoi strani dipinti la gallerista più difficile di Parigi, quella Denise Renè che di lui amava raccontare anche l’ineffabile eleganza del vivere: “Questo nobile marchese di Spoleto non sdegnava nessuno dei piaceri dell’esistenza: la musica, le grandi riunioni amicali attorno a piatti raffinati che spesso preparava lui stesso
15
settembre 2010
Filippo Marignoli – Vertigo
Dal 15 settembre al 21 novembre 2010
arte contemporanea
Location
MUSEO CARLO BILOTTI – ARANCIERA DI VILLA BORGHESE
Roma, Viale Fiorello La Guardia, 4, (Roma)
Roma, Viale Fiorello La Guardia, 4, (Roma)
Biglietti
Biglietto integrato Museo + Mostra: € 6 intero, € 4 ridotto. Riduzioni e gratuità per le categorie previste dalla tariffazione vigente.
Dal martedì al venerdì accesso con visita accompagnata ogni 30 minuti, dalle 9 alle 18. Durata della visita 45 minuti. Sabato e domenica: visita libera.
Sconto del 10% sulla consumazione presso la caffetteria della Casina del Lago presentando il biglietto del Museo, nel giorno di acquisto.
Orario di apertura
da martedì a domenica 9-19; la biglietteria chiude alle ore 18.30; lunedì chiuso
Vernissage
15 Settembre 2010, ore 18- 21,30
Editore
SILVANA EDITORIALE
Ufficio stampa
SCARLETT MATASSI
Ufficio stampa
ZETEMA
Autore
Curatore