26 ottobre 2010

fino al 28.XI.2010 Franko B. Milano, Pac

 
Il tempo delle effusioni cruente è finito. Un percorso “sintetico, non antologico” che potrebbe preannunciare una svolta. Ma per ora l’opera è ancora al nero...

di

“Spegnete
i cellulari
”: la
preghiera accoglie i pochi fortunati che alle 19 in punto varcano l’ingresso
del Pac. Eppure suonerie d’ogni tipo, mescolate al clic di macchine
fotografiche e smartphone, continueranno a turbare il religioso silenzio della
performance di Franko B. (Milano, 1960; vive a Londra). Anzi, della doppia performance, visto
il prologo fuori programma dell’assessore Massimiliano Finazzer Flory, che
appare con volto e mani dipinti di nero a leggere un passaggio de Il corpo,
luogo di utopia

(e di insondabili “altrove”) di Michael Foucault.

Ieraticamente
presente, invece, il corpo dell’artista, nudo e total black, seduto di spalle
agli spettatori. Tutti col fiato sospeso. Finché il corpo dell’artista si alza
e, lentamente, attraversa la sala accarezzando gli animali tassidermizzati, ricoperti
con colate di acrilico dense come pece; raggiunge un orso impagliato e lo porta
– quasi danzando – dall’altro capo della “manica lunga” del padiglione; ripete
il percorso all’inverso trascinando uno scaffale, poi sparisce. Un attimo di
disorientamento, l’accensione delle luci, l’applauso. Alquanto tiepido.
Qualcuno, addirittura, scuote la testa.

Cos’è
accaduto? Niente di grave: semplicemente Franko B., alla soglia dei
cinquant’anni e di una nuova maturità, ha proposto altro. Svelando inconsciamente una
contraddizione del pubblico: la bulimia di nuovo, e insieme la riluttanza a
svezzarsi dai cliché. Insomma, la libertà dell’autore non ha corrisposto alle
aspettative – o alle abitudini – di quanti, come fossero al Colosseo,
trepidavano in attesa del sangue.

Stavolta
è un corpo buio come la notte, che ha eclissato il personalismo dei tatuaggi
“biografici”, a veicolare la muta condivisione del dolore, con una delicatezza
e una pietas ormai
inusitate. Niente passerella, niente ostensione rituale, bensì il pudore
elegiaco di una compassione universale (gli stessi animali imbalsamati sono
stati “adottati” in un mercatino londinese e “rivitalizzati” dall’arte), un
afflato d’amore tra esseri sferzati dalla stessa burrasca bituminosa.

Niente
di lugubre, nonostante i teschi e le morte spoglie; neppure i “black
paintings
”,
bilanciati dalla francescana luminosità delle tele “disegnate” col filo rosso.

Lodato
all’unanimità l’allestimento: l’accesso cruciforme alle foto Love in times
of pain
, la Forest di uccelli neri stagliata contro
il bianco abbacinante (che replica alla base dei trespoli il leitmotiv della
croce greca), la rossa vetrata sul giardino. Tra video e scatti di precedenti
performance, pezzi di repertorio come le panche da chiesa dorate, quadri con
baci omo, l’uomo al guinzaglio di Abu Ghraib, bambini soldato, bambini pugile o
bambini accovacciati in un angolo, tanti, tanti fiori. Nessuno scandalo
preconfezionato a intaccare i doni di un cuore innocente.

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pepe

mostra
visitata il 9 ottobre 2010


dal 9 ottobre al 28 novembre 2010

Franko
B – I still love

a
cura di Francesca Alfano Miglietti

PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea

Via Palestro,
14 (zona Porta Venezia) – 20121 Milano

Orario: lunedì
14.30-19.30; da martedì a domenica ore 9.30-19.30; giovedì fino alle ore 22.30

Ingresso:
intero € 6; ridotto € 4

Info: tel. +39
0276020400;
www.comune.milano.it/pac

[exibart]

1 commento

  1. Significativa e costruttiva svolta, che a mio parere sicuramente intensifica notevolmente l’efficacia della comunicazione artistica eliminando l’inevitabile barriera innalzata dal trauma. Poetica, pregnante, impeccabile la recensione. Complimenti!

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