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Site #2 – Sasha Vinci
Il torrente che fiancheggia Via Aleardi a Scicli diventerà temporanea scenografia naturale. Scultura, performance corporea, musica diverranno attori di un unico linguaggio. Un intervento site specific che vorrà emozionare e far riflettere.
Evoluzione, istinto, ragione, cultura, linguaggio, identità.
Comunicato stampa
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SITE #2
Sasha Vinci
Performance:Irénée Blin, Elena Rosa, Dara Siligato
Suoni e rumori delle acque assenti: Vincent Migliorisi
L’essenza dell’evoluzione è lo slancio vitale, contrariamente alla materia che si logora e si dissolve, si moltiplica nello spazio e si complica nel tempo.
Il pensiero è un impedimento alla rapidità delle decisioni.
L’istinto primordiale del caimano è la componente primaria dell’essere umano.
Sasha Vinci
L’istinto è un meccanismo nervoso organizzato gerarchicamente, sensibile a determinate stimolazioni ambientali che lo risvegliano, lo mettono in funzione e lo dirigono, alle quali esso risponde con movimenti ben coordinati che hanno per fine la conservazione dell’individuo o della specie.
N. Tinbegen
Site #2 è un luogo, seconda sosta di un percorso già immaginato da Sasha Vinci.
La scultura, a volte, non si accontenta della sua forma, dello spazio che occupa e del suo intorno prossemico. Chiede un intermediario che possa restituire l’immagine di sé più vicina a quella immaginata, il suo parto, la sua presentazione al mondo.
Questa la nuova esigenza di Sasha Vinci.
Sostare qui significa posarsi al suolo, lasciar gravare il peso della materia, riconoscerla e in essa riconoscersi, poi finalmente divenire reale, esistere.
Ogni luogo è buono, ma alcuni sono anche indicati.
Poter scegliere è una differenza.
Questo percorso immaginato ha deciso di adagiarsi pesante su quello che era il fondale del torrente che attraversava Scicli. Allora non sarebbe stato possibile riposare sul suo fondo, ma per nostra fortuna adesso lo è.
Chi, di recente, abbia avuto l’occasione di trascorrere la passeggiata che lo costeggia avrà probabilmente lasciato alla coda degli occhi osservarne l’assenza.
Chi lo ha divorato?
Le acque hanno cambiato percorso o hanno perduto la sorgente?
Qualcuno si chiede ancora se ci sia una responsabilità, o se così doveva andare.
L’immaginazione di cui narriamo ha deposto lì i suoi caimani, come sogno dai simboli intelligibili al sognatore in modo così chiaro da superare il ruolo del simbolo stesso.
Rettili simili a se stessi da tempi immemorabili, enormi carnivori che non temono predatori, eppure l’uomo.
Consapevoli assumeranno colpe per ciò che è stato fagocitato: chi si trovava da lì a oltrepassare, di lì a dissetarsi, il torrente stesso.
La natura predatrice è radice di mali, e da essa l’uomo si difende, per sua causa si ingegna, distrugge per poi costruire e inventare la sua realtà, rassicurante e priva di ogni pericolo perché estranea a quell’istinto.
Sulla passeggiata lungo il non torrente gli spettatori della nostra immaginazione osservano.
Chi avrà il coraggio di guardar giù vedrà quei rettili famelici puntare la preda: un essere dalle sembianze umane vestito di bianco e di bianco volto dipinto, in attesa di nuovi colori.
Da lassù, al sicuro da possibili aggressioni, i caimani sembreranno forse meno temibili nel singolo, distanti. Ma è la massa, il numero e la compattezza nelle intenzioni del gruppo che più spaventa.
Preparano l’agguato con lenti movimenti impercettibili, privi di ogni spreco, lontani da ogni inutilità. Utile è solo sbranare, senza rimorso e ringraziamento.
Come pifferaio magico, l’essere preda sembra condurre a sé quel branco di caimani, lontano dal posto dove la tragedia ha avuto inizio.
Unico superstite di quel tempo e quel luogo dove regnava l’armonia tra individui e collettività, tra uomo e sua natura.
Disperato ora si dimena e pare fuggire per poi rimanere immobile, sfinito e paralizzato.
“Quell’essere è portavoce delle nostre radici, della nostra cultura, venuto a ricordarci cosa eravamo e a dar senso alla bellezza che ci circonda. Troppo lontana e labile la sua voce per essere ascoltata, ormai satura nello spazio in forma di silenzio. Lui è in nostro martire, il nostro eroe!”.
Questo il pensiero diffuso nell’istante, fluido come quelle acque assenti si insinua e lambisce individuo su individuo, identici potenziali ricettori.
Ma l’acqua di un torrente incontrerà sempre sasso da schivare, così qualche dissidente superstizioso oserà supporre un'altra verità:
“Lui è il condottiero che guida i caimani.
Lui insaziabile, loro ultimi superstiti mendicanti.
Lui che consuma e che viene a piangersi vittima di ciò che è fautore.
Non è lui la nostra cultura, lui impone e plagia, lui è un tiranno, un demone!”.
Ma queste voci sono rumore e polvere inevitabili del logorio che è insito nell’essere materia, nell’essere sasso di torrente.
Stesso prezzo paga l’immaginazione lungo tutto il tempo che la definisce tangibile, sino alla totale dissoluzione che la evolverà nuovamente in immaginazione.
Oltre gli spettatori e i dissidenti, gli indifferenti.
Come pietre di argine questi ultimi saranno stati lì prima, e dopo continueranno a essere indifferenti.
Se fosse scena sarebbero scenografia, incurante degli innumerabili occhi compiacenti e spettatori, irremovibile alle agitazioni dei dissidenti, insensibile al potere di chi su quella scena si troverebbe ad adescare attenzioni.
Imperturbabile ad ogni significato, ad ogni emozione.
L’indifferenza al resto è la prima risposta di coloro che hanno imparato a trovare unicamente nell’individualismo la propria identità.
Se, irritata dalla dubbia comprensione, l’immaginazione creatrice prendesse corpo, appesa dall’alto nell’atto di dar linfa alla materia che anima, a rendere esplicito il suo messaggio, essa si esporrebbe al giudizio pubblico.
A quel punto, se verità proferisse, poco importerebbero le interpretazioni.
Poche parole, o una parola sarebbe sufficiente a raccontare il vero. Il nome del colpevole, ad esempio.
La verità verrà osannata, o ripudiata e sacrificata.
Nel frattempo, stanco di attendere risposte, l’essere preda si rivolge al suo istinto, e superando ogni ragione pensa già come i suoi predatori.
Non Daniele Marranca
Sasha Vinci
Performance:Irénée Blin, Elena Rosa, Dara Siligato
Suoni e rumori delle acque assenti: Vincent Migliorisi
L’essenza dell’evoluzione è lo slancio vitale, contrariamente alla materia che si logora e si dissolve, si moltiplica nello spazio e si complica nel tempo.
Il pensiero è un impedimento alla rapidità delle decisioni.
L’istinto primordiale del caimano è la componente primaria dell’essere umano.
Sasha Vinci
L’istinto è un meccanismo nervoso organizzato gerarchicamente, sensibile a determinate stimolazioni ambientali che lo risvegliano, lo mettono in funzione e lo dirigono, alle quali esso risponde con movimenti ben coordinati che hanno per fine la conservazione dell’individuo o della specie.
N. Tinbegen
Site #2 è un luogo, seconda sosta di un percorso già immaginato da Sasha Vinci.
La scultura, a volte, non si accontenta della sua forma, dello spazio che occupa e del suo intorno prossemico. Chiede un intermediario che possa restituire l’immagine di sé più vicina a quella immaginata, il suo parto, la sua presentazione al mondo.
Questa la nuova esigenza di Sasha Vinci.
Sostare qui significa posarsi al suolo, lasciar gravare il peso della materia, riconoscerla e in essa riconoscersi, poi finalmente divenire reale, esistere.
Ogni luogo è buono, ma alcuni sono anche indicati.
Poter scegliere è una differenza.
Questo percorso immaginato ha deciso di adagiarsi pesante su quello che era il fondale del torrente che attraversava Scicli. Allora non sarebbe stato possibile riposare sul suo fondo, ma per nostra fortuna adesso lo è.
Chi, di recente, abbia avuto l’occasione di trascorrere la passeggiata che lo costeggia avrà probabilmente lasciato alla coda degli occhi osservarne l’assenza.
Chi lo ha divorato?
Le acque hanno cambiato percorso o hanno perduto la sorgente?
Qualcuno si chiede ancora se ci sia una responsabilità, o se così doveva andare.
L’immaginazione di cui narriamo ha deposto lì i suoi caimani, come sogno dai simboli intelligibili al sognatore in modo così chiaro da superare il ruolo del simbolo stesso.
Rettili simili a se stessi da tempi immemorabili, enormi carnivori che non temono predatori, eppure l’uomo.
Consapevoli assumeranno colpe per ciò che è stato fagocitato: chi si trovava da lì a oltrepassare, di lì a dissetarsi, il torrente stesso.
La natura predatrice è radice di mali, e da essa l’uomo si difende, per sua causa si ingegna, distrugge per poi costruire e inventare la sua realtà, rassicurante e priva di ogni pericolo perché estranea a quell’istinto.
Sulla passeggiata lungo il non torrente gli spettatori della nostra immaginazione osservano.
Chi avrà il coraggio di guardar giù vedrà quei rettili famelici puntare la preda: un essere dalle sembianze umane vestito di bianco e di bianco volto dipinto, in attesa di nuovi colori.
Da lassù, al sicuro da possibili aggressioni, i caimani sembreranno forse meno temibili nel singolo, distanti. Ma è la massa, il numero e la compattezza nelle intenzioni del gruppo che più spaventa.
Preparano l’agguato con lenti movimenti impercettibili, privi di ogni spreco, lontani da ogni inutilità. Utile è solo sbranare, senza rimorso e ringraziamento.
Come pifferaio magico, l’essere preda sembra condurre a sé quel branco di caimani, lontano dal posto dove la tragedia ha avuto inizio.
Unico superstite di quel tempo e quel luogo dove regnava l’armonia tra individui e collettività, tra uomo e sua natura.
Disperato ora si dimena e pare fuggire per poi rimanere immobile, sfinito e paralizzato.
“Quell’essere è portavoce delle nostre radici, della nostra cultura, venuto a ricordarci cosa eravamo e a dar senso alla bellezza che ci circonda. Troppo lontana e labile la sua voce per essere ascoltata, ormai satura nello spazio in forma di silenzio. Lui è in nostro martire, il nostro eroe!”.
Questo il pensiero diffuso nell’istante, fluido come quelle acque assenti si insinua e lambisce individuo su individuo, identici potenziali ricettori.
Ma l’acqua di un torrente incontrerà sempre sasso da schivare, così qualche dissidente superstizioso oserà supporre un'altra verità:
“Lui è il condottiero che guida i caimani.
Lui insaziabile, loro ultimi superstiti mendicanti.
Lui che consuma e che viene a piangersi vittima di ciò che è fautore.
Non è lui la nostra cultura, lui impone e plagia, lui è un tiranno, un demone!”.
Ma queste voci sono rumore e polvere inevitabili del logorio che è insito nell’essere materia, nell’essere sasso di torrente.
Stesso prezzo paga l’immaginazione lungo tutto il tempo che la definisce tangibile, sino alla totale dissoluzione che la evolverà nuovamente in immaginazione.
Oltre gli spettatori e i dissidenti, gli indifferenti.
Come pietre di argine questi ultimi saranno stati lì prima, e dopo continueranno a essere indifferenti.
Se fosse scena sarebbero scenografia, incurante degli innumerabili occhi compiacenti e spettatori, irremovibile alle agitazioni dei dissidenti, insensibile al potere di chi su quella scena si troverebbe ad adescare attenzioni.
Imperturbabile ad ogni significato, ad ogni emozione.
L’indifferenza al resto è la prima risposta di coloro che hanno imparato a trovare unicamente nell’individualismo la propria identità.
Se, irritata dalla dubbia comprensione, l’immaginazione creatrice prendesse corpo, appesa dall’alto nell’atto di dar linfa alla materia che anima, a rendere esplicito il suo messaggio, essa si esporrebbe al giudizio pubblico.
A quel punto, se verità proferisse, poco importerebbero le interpretazioni.
Poche parole, o una parola sarebbe sufficiente a raccontare il vero. Il nome del colpevole, ad esempio.
La verità verrà osannata, o ripudiata e sacrificata.
Nel frattempo, stanco di attendere risposte, l’essere preda si rivolge al suo istinto, e superando ogni ragione pensa già come i suoi predatori.
Non Daniele Marranca
20
agosto 2010
Site #2 – Sasha Vinci
Dal 20 al 21 agosto 2010
arte contemporanea
performance - happening
performance - happening
Location
PIATTAFORMA CULTURALE PASS/O
Scicli, Via Brenta, 2, (Ragusa)
Scicli, Via Brenta, 2, (Ragusa)
Orario di apertura
venerdì ore 21:30
Vernissage
20 Agosto 2010, ore 21:30
Autore