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Grandi e piccole
Una mostra che mette a confronto fotografie di grandi e piccole dimensioni scelte dalle collezioni del Museo di Fotografia Contemporanea. Una riflessione giocosa sul cambiamento di identità che la fotografia ha vissuto a partire dagli anni Novanta.
Comunicato stampa
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Una mostra che mette a confronto fotografie di grandi e piccole dimensioni scelte dalle collezioni del Museo di Fotografia Contemporanea. Una riflessione giocosa sul cambiamento di identità che la fotografia ha vissuto a partire dagli anni Novanta.
Opere di 30 autori italiani e stranieri dal 1960 ad oggi:
David Bailey, Marina Ballo Charmet, Gabriele Basilico, Olivo Barbieri, Maurizio Buscarino, Mario Cattaneo, Arnaud Claass, Mario Cresci, Paola De Pietri, Paola Di Bello, Peter Fischli e David Weiss, Mauro Galligani, Moreno Gentili, Mario Giacomelli, Paolo Gioli, Guido Guidi, Mimmo Jodice, Roberto Marossi, Paola Mattioli, Lello Mazzacane, Enzo Nocera, Cristina Nuñez, Tino Petrelli, Simone Romeo, Achille Sacconi, Marco Signorini, Hans van der Meer, Manfred Willmann, Nicolas Wollnik.
Grazie al continuo fecondo dialogo con diverse arti, dal video al cinema, dall’installazione alla performance, e a causa dell’impatto delle tecnologie digitali che hanno provocato una crisi delle pratiche artigianali, piuttosto velocemente sostituite da procedure di produzione industriali, la fotografia contemporanea ha vissuto negli ultimi vent’anni trasformazioni davvero profonde che ne hanno determinato una nuova l’identità. Tra queste, il cambiamento avvenuto nelle dimensioni delle opere e nella loro presentazione è un segnale molto evidente e molto significativo.
La grande dimensione è stata spesso, istintivamente, associata a un’idea di fotografia come pittura, poiché è anche grazie a questa, oltre che all’impiego di materiali per la stampa e per la presentazione più importanti e preziosi, che la fotografia è entrata definitivamente nel mondo dell’arte e del collezionismo. Tuttavia, a una analisi più attenta, essa può essere più correttamente collegata a due questioni: da un lato l’effettiva evoluzione della fotografia in oggetto artistico dotato di maggiore “presenza” estetica e maggiore valore economico anche in termini di materiali impiegati per la sua produzione; dall’altro, alla tendenza contemporanea dell’immagine fotografica a farsi schermo – sia esso schermo cinematografico o schermo video – oppure grande tableau, billboard, strumento dunque della grande comunicazione di massa nutrita dai mezzi tecnologici.
Le stampe in grande formato, realizzate nei laboratori industriali e non più nella tipica camera oscura del fotografo, sostenute e completate da una presentazione particolare che diviene parte stessa dell’opera (cornice scelta in base a precisi criteri, laminazione, Diasec, montaggio con plexiglass, ligh-box), creano una condizione percettiva nuova: siamo di fronte a un più forte impatto sull’osservatore, che viene indotto a immergersi nell’immagine, a entrarvi, in presenza di una sorta di dilatazione narrativa dei tempi di lettura.
E’ una dimensione della fruizione assai vitale e coinvolgente che da vent’anni ormai sempre di più caratterizza la fotografia, in precedenza pensata, prodotta e presentata in dimensioni ben più ridotte di quelle attuali. Con il grande formato la durata temporale dell’opera aumenta, il rapporto psico-percettivo con l’opera diviene più impressionante ed emozionante, decisamente più fisico. Il fruitore si muove nello spazio e si misura con la vasta superficie dell’opera con il suo stesso corpo, oltre che con lo sguardo.
Fino agli anni Ottanta del Novecento, le fotografie, con i loro formati più contenuti e per così dire più modesti, si ponevano in dialogo con l’osservatore in modo discreto, silenzioso, intimo. Le immagini, quasi sempre circondate da un sobrio passpartout di cartoncino che le “inquadrava” ordinatamente – e che rappresentava l’antico legame con la grafica, madre della fotografia in senso tecnico e storico – chiedevano un avvicinamento, una vicinanza dell’osservatore, che sostava davanti a esse con concentrazione esercitando soprattutto il senso della vista.
Due mondi profondamente diversi, e due fascinazioni diverse.
Il Museo di Fotografia Contemporanea conserva opere fotografiche dal secondo dopoguerra a oggi. Nella ampiezza delle sue collezioni (circa 2 milioni di immagini) è possibile osservare e studiare il mutamento delle dimensioni delle fotografie che ha segnato il passaggio da un mondo all’altro.
Nel suo lavoro di riflessione sulla contemporaneità, il Museo ha dunque deciso di selezionare una serie di opere provenienti da dieci dei ventotto fondi fotografici che conserva e studia, che vengono presentate in questa mostra secondo diciassette coppie definite da un'analogia nei soggetti.
E’ una sorta di gioco, che mette a confronto ogni volta una fotografia grande e una fotografia piccola, simili tra loro per tema ma molto diverse per formato e presentazione, nell’intento di portare il pubblico a riflettere sul profondo cambiamento di identità vissuto dalla fotografia.
La mostra vuole essere leggera, anche scherzosa, ma al tempo stesso riflessiva, coinvolgendo i visitatori in una analisi attenta e consapevole.
Gli autori sono stati scelti dai fondi fotografici: Raccolta antologica, Fondo Lanfranco Colombo, Fondo Milano senza confini, Fondo Idea di metropoli, Fondo Storia immaginate in luoghi reali, Fondo Premio Riccardo Pezza, Fondo Achille Sacconi, Fondo Mario Cattaneo, Fondo Paola Mattioli/Fabbrico, Fondo Enzo Nocera.
Opere di 30 autori italiani e stranieri dal 1960 ad oggi:
David Bailey, Marina Ballo Charmet, Gabriele Basilico, Olivo Barbieri, Maurizio Buscarino, Mario Cattaneo, Arnaud Claass, Mario Cresci, Paola De Pietri, Paola Di Bello, Peter Fischli e David Weiss, Mauro Galligani, Moreno Gentili, Mario Giacomelli, Paolo Gioli, Guido Guidi, Mimmo Jodice, Roberto Marossi, Paola Mattioli, Lello Mazzacane, Enzo Nocera, Cristina Nuñez, Tino Petrelli, Simone Romeo, Achille Sacconi, Marco Signorini, Hans van der Meer, Manfred Willmann, Nicolas Wollnik.
Grazie al continuo fecondo dialogo con diverse arti, dal video al cinema, dall’installazione alla performance, e a causa dell’impatto delle tecnologie digitali che hanno provocato una crisi delle pratiche artigianali, piuttosto velocemente sostituite da procedure di produzione industriali, la fotografia contemporanea ha vissuto negli ultimi vent’anni trasformazioni davvero profonde che ne hanno determinato una nuova l’identità. Tra queste, il cambiamento avvenuto nelle dimensioni delle opere e nella loro presentazione è un segnale molto evidente e molto significativo.
La grande dimensione è stata spesso, istintivamente, associata a un’idea di fotografia come pittura, poiché è anche grazie a questa, oltre che all’impiego di materiali per la stampa e per la presentazione più importanti e preziosi, che la fotografia è entrata definitivamente nel mondo dell’arte e del collezionismo. Tuttavia, a una analisi più attenta, essa può essere più correttamente collegata a due questioni: da un lato l’effettiva evoluzione della fotografia in oggetto artistico dotato di maggiore “presenza” estetica e maggiore valore economico anche in termini di materiali impiegati per la sua produzione; dall’altro, alla tendenza contemporanea dell’immagine fotografica a farsi schermo – sia esso schermo cinematografico o schermo video – oppure grande tableau, billboard, strumento dunque della grande comunicazione di massa nutrita dai mezzi tecnologici.
Le stampe in grande formato, realizzate nei laboratori industriali e non più nella tipica camera oscura del fotografo, sostenute e completate da una presentazione particolare che diviene parte stessa dell’opera (cornice scelta in base a precisi criteri, laminazione, Diasec, montaggio con plexiglass, ligh-box), creano una condizione percettiva nuova: siamo di fronte a un più forte impatto sull’osservatore, che viene indotto a immergersi nell’immagine, a entrarvi, in presenza di una sorta di dilatazione narrativa dei tempi di lettura.
E’ una dimensione della fruizione assai vitale e coinvolgente che da vent’anni ormai sempre di più caratterizza la fotografia, in precedenza pensata, prodotta e presentata in dimensioni ben più ridotte di quelle attuali. Con il grande formato la durata temporale dell’opera aumenta, il rapporto psico-percettivo con l’opera diviene più impressionante ed emozionante, decisamente più fisico. Il fruitore si muove nello spazio e si misura con la vasta superficie dell’opera con il suo stesso corpo, oltre che con lo sguardo.
Fino agli anni Ottanta del Novecento, le fotografie, con i loro formati più contenuti e per così dire più modesti, si ponevano in dialogo con l’osservatore in modo discreto, silenzioso, intimo. Le immagini, quasi sempre circondate da un sobrio passpartout di cartoncino che le “inquadrava” ordinatamente – e che rappresentava l’antico legame con la grafica, madre della fotografia in senso tecnico e storico – chiedevano un avvicinamento, una vicinanza dell’osservatore, che sostava davanti a esse con concentrazione esercitando soprattutto il senso della vista.
Due mondi profondamente diversi, e due fascinazioni diverse.
Il Museo di Fotografia Contemporanea conserva opere fotografiche dal secondo dopoguerra a oggi. Nella ampiezza delle sue collezioni (circa 2 milioni di immagini) è possibile osservare e studiare il mutamento delle dimensioni delle fotografie che ha segnato il passaggio da un mondo all’altro.
Nel suo lavoro di riflessione sulla contemporaneità, il Museo ha dunque deciso di selezionare una serie di opere provenienti da dieci dei ventotto fondi fotografici che conserva e studia, che vengono presentate in questa mostra secondo diciassette coppie definite da un'analogia nei soggetti.
E’ una sorta di gioco, che mette a confronto ogni volta una fotografia grande e una fotografia piccola, simili tra loro per tema ma molto diverse per formato e presentazione, nell’intento di portare il pubblico a riflettere sul profondo cambiamento di identità vissuto dalla fotografia.
La mostra vuole essere leggera, anche scherzosa, ma al tempo stesso riflessiva, coinvolgendo i visitatori in una analisi attenta e consapevole.
Gli autori sono stati scelti dai fondi fotografici: Raccolta antologica, Fondo Lanfranco Colombo, Fondo Milano senza confini, Fondo Idea di metropoli, Fondo Storia immaginate in luoghi reali, Fondo Premio Riccardo Pezza, Fondo Achille Sacconi, Fondo Mario Cattaneo, Fondo Paola Mattioli/Fabbrico, Fondo Enzo Nocera.
25
settembre 2010
Grandi e piccole
Dal 25 settembre 2010 al 20 marzo 2011
fotografia
Location
MUFOCO – MUSEO DI FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA – VILLA GHIRLANDA
Cinisello Balsamo, Via Giovanni Frova, 10, (Milano)
Cinisello Balsamo, Via Giovanni Frova, 10, (Milano)
Orario di apertura
da mercoledì a venerdì 15-19; sabato e domenica 11-19. Chiuso lunedì e martedì chiuso al pubblico
dall'1 al 31 agosto 2010
Vernissage
25 Settembre 2010, ore 18
Autore
Curatore