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Elio Tisi – Marche di carta
Elio Tisi usa da sempre per le sue raffinate composizioni i fogli usciti dalle cartiere di Fabriano dove è nato e a cui è rimasto strettamente legato anche per certe affinità culturali che emergono dalle sue opere.
Comunicato stampa
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Testo di Luciano Caprile
LUOGHI DI NOSTALGICA LEGGEREZZA
La carta ha sempre goduto di un singolare potere evocativo tra le mani di un artista perché sovente su di essa viene fissata la folgorazione di un gesto prossimo all’idea che l’ha generato. Tale considerazione vale per qualunque tipo di carta che possa rispondere all’urgenza espressiva del momento. Poi c’è invece quella che l’artista sceglie per un lavoro ben definito: qui entra in gioco un fattore di tattilità, di sensibilità percettiva, di opportunità esecutiva. Per Elio Tisi occorre chiamare in causa un ulteriore valore che lo distingue e lo identifica: egli usa da sempre per le sue raffinate composizioni i fogli usciti dalle cartiere di Fabriano dove è nato e a cui è rimasto strettamente legato anche per certe affinità culturali che emergono dalle sue opere. A tale proposito se osserviamo i tre dittici in mostra, intitolati “Pensare il luogo”, si nota immediatamente e direi quasi istintivamente come le linee essenziali del paesaggio ricordino strutturalmente quei capolavori di Giotto che si conservano nella vicina Assisi. E che sono rimbalzati fino a noi attraverso la rilettura metafisica di Giorgio de Chirico e di Carlo Carrà.
Il clima è rimasto inalterato anche se le immagini offrono lo specchio timbrico e il contrasto formale di un nudo femminile. Il risultato percettivo uniformante è dovuto all’acrilico estremamente diluito che nei molteplici passaggi del pennellino raggiunge un effetto di “pixelizzazione” di ciò che viene raffigurato. Afferma lo stesso Tisi: “Grazie a questo procedimento le particelle microscopiche della pittura acrilica si dispongono automaticamente e in modo regolare su tutta la superficie”.
Nella triplice sequenza di “Pensare il luogo” il realismo del nudo si fonde cromaticamente con l’architettura e il pensiero di ogni fanciulla si materializza in una idealizzata realtà che appartiene all’ordine dell’armonia per cui quella ricerca dei contrasti emozionali perseguita in altre occasioni da Tisi si trasforma nell’attuale formulazione costruttiva in un dialettico, oltre che tonale, momento di incontro. È il suo caratteristico modo di impregnare e di impegnare la materia pittorica nella pagina che l’accoglie a fornire la particolarità del suo fare dove la mano e l’intenzione corrono di pari passo a stendere i successivi strati narrativi che catturano a poco a poco lo sguardo e lo rendono complice di ciò che appare. Si tratta di un lento processo di seduzione che sembra ripercorrere i pazienti passaggi creativi dell’autore stesso. Per tale motivo le ritagliate figure nello spazio si sposano felicemente con le forme geometriche che attingono la loro essenza, al di là della linea di
demarcazione, in un tempo privato di ogni misura umanamente concepibile.
Tutto è sigillato negli occhi chiusi delle tre officianti il sacro rito dell’appartenenza a un luogo ormai depositato nell’anima.
E il delicato transito cromatico delle scene regala a chi le contempla con spirito partecipe il silenzioso e magico profumo del sogno.
Un concetto parzialmente diverso sembra coinvolgere “Marche di carta”, un incontro di dodici lavori a formare un polittico di fughe gestuali e di attimi trattenuti sulla soglia della dissolvenza.
Il clima non muta, cambia soltanto il modo di evocarlo. La distillata perfezione del segno, l’accurata indagine di una velatura carnosa da consegnare a un palpabile corpo o la reiterata ricerca di una struttura da affidare a un determinato ordine compositivo vengono sostituite ora dall’impulso, dalla folgorazione, dal piacere di quella sorpresa che coglie lo stesso autore nel momento stesso della nascita dell’evento allorché la mano sembra anticipare per un attimo il desiderio. In tal maniera la manifesta stupefazione di Tisi ci contamina e ci introduce immediatamente nel suo mondo.
Questa volta il racconto si snoda per appunti, per successive annotazioni che trovano legami ideali fra di loro al di là dell’ordine timbrico o costruttivo con cui questi appunti sono stati accostati gli uni agli altri. Un approccio informale, caratterizzato da ritmiche colature, accoglie immagini appena accennate, catturate nel loro divenire formativo oppure bloccate nell’attimo della rivelazione oppure ancora conservate in un contesto onirico che le rende preziose e misteriose ai nostri occhi.
La carta ne assorbe la sostanza restituendoci il fantasma di un desiderio o il profumo di una nostalgia che favorisce certe immersioni in un passato destinato alla pura beatitudine di attimi capaci di travalicare il loro ricordo. In simili elaborazioni la liquida sequenza delle figure si consuma e si rinnova per gemmazioni successive di farfalle, di alberi, di pesci, di uccelli che esistono nel desiderio di chi li ha evocati dal profondo del cuore e di chi è in grado di accoglierli con la necessaria sensibilità. Al di là del titolo, qui tutto ci appartiene o ci è straniero nella misura in cui siamo in grado di entrare compiutamente in sintonia con chi ha creato queste visioni. Solo allora l’ape che si stacca dal fiore col suo carico di nettare sarà l’ape che si moltiplicava nei prati della nostra infanzia al pari degli uccelli
da confondersi col verde mutevole dei boschi o dei miracoli che la nostra fervida immaginazione scopriva o disegnava nei cieli.
Solo allora il “luogo” preziosamente conservato ed elargito con poetica leggerezza da Elio Tisi sarà anche nostro per sempre.
Luciano Caprile, critico d’arte.
LUOGHI DI NOSTALGICA LEGGEREZZA
La carta ha sempre goduto di un singolare potere evocativo tra le mani di un artista perché sovente su di essa viene fissata la folgorazione di un gesto prossimo all’idea che l’ha generato. Tale considerazione vale per qualunque tipo di carta che possa rispondere all’urgenza espressiva del momento. Poi c’è invece quella che l’artista sceglie per un lavoro ben definito: qui entra in gioco un fattore di tattilità, di sensibilità percettiva, di opportunità esecutiva. Per Elio Tisi occorre chiamare in causa un ulteriore valore che lo distingue e lo identifica: egli usa da sempre per le sue raffinate composizioni i fogli usciti dalle cartiere di Fabriano dove è nato e a cui è rimasto strettamente legato anche per certe affinità culturali che emergono dalle sue opere. A tale proposito se osserviamo i tre dittici in mostra, intitolati “Pensare il luogo”, si nota immediatamente e direi quasi istintivamente come le linee essenziali del paesaggio ricordino strutturalmente quei capolavori di Giotto che si conservano nella vicina Assisi. E che sono rimbalzati fino a noi attraverso la rilettura metafisica di Giorgio de Chirico e di Carlo Carrà.
Il clima è rimasto inalterato anche se le immagini offrono lo specchio timbrico e il contrasto formale di un nudo femminile. Il risultato percettivo uniformante è dovuto all’acrilico estremamente diluito che nei molteplici passaggi del pennellino raggiunge un effetto di “pixelizzazione” di ciò che viene raffigurato. Afferma lo stesso Tisi: “Grazie a questo procedimento le particelle microscopiche della pittura acrilica si dispongono automaticamente e in modo regolare su tutta la superficie”.
Nella triplice sequenza di “Pensare il luogo” il realismo del nudo si fonde cromaticamente con l’architettura e il pensiero di ogni fanciulla si materializza in una idealizzata realtà che appartiene all’ordine dell’armonia per cui quella ricerca dei contrasti emozionali perseguita in altre occasioni da Tisi si trasforma nell’attuale formulazione costruttiva in un dialettico, oltre che tonale, momento di incontro. È il suo caratteristico modo di impregnare e di impegnare la materia pittorica nella pagina che l’accoglie a fornire la particolarità del suo fare dove la mano e l’intenzione corrono di pari passo a stendere i successivi strati narrativi che catturano a poco a poco lo sguardo e lo rendono complice di ciò che appare. Si tratta di un lento processo di seduzione che sembra ripercorrere i pazienti passaggi creativi dell’autore stesso. Per tale motivo le ritagliate figure nello spazio si sposano felicemente con le forme geometriche che attingono la loro essenza, al di là della linea di
demarcazione, in un tempo privato di ogni misura umanamente concepibile.
Tutto è sigillato negli occhi chiusi delle tre officianti il sacro rito dell’appartenenza a un luogo ormai depositato nell’anima.
E il delicato transito cromatico delle scene regala a chi le contempla con spirito partecipe il silenzioso e magico profumo del sogno.
Un concetto parzialmente diverso sembra coinvolgere “Marche di carta”, un incontro di dodici lavori a formare un polittico di fughe gestuali e di attimi trattenuti sulla soglia della dissolvenza.
Il clima non muta, cambia soltanto il modo di evocarlo. La distillata perfezione del segno, l’accurata indagine di una velatura carnosa da consegnare a un palpabile corpo o la reiterata ricerca di una struttura da affidare a un determinato ordine compositivo vengono sostituite ora dall’impulso, dalla folgorazione, dal piacere di quella sorpresa che coglie lo stesso autore nel momento stesso della nascita dell’evento allorché la mano sembra anticipare per un attimo il desiderio. In tal maniera la manifesta stupefazione di Tisi ci contamina e ci introduce immediatamente nel suo mondo.
Questa volta il racconto si snoda per appunti, per successive annotazioni che trovano legami ideali fra di loro al di là dell’ordine timbrico o costruttivo con cui questi appunti sono stati accostati gli uni agli altri. Un approccio informale, caratterizzato da ritmiche colature, accoglie immagini appena accennate, catturate nel loro divenire formativo oppure bloccate nell’attimo della rivelazione oppure ancora conservate in un contesto onirico che le rende preziose e misteriose ai nostri occhi.
La carta ne assorbe la sostanza restituendoci il fantasma di un desiderio o il profumo di una nostalgia che favorisce certe immersioni in un passato destinato alla pura beatitudine di attimi capaci di travalicare il loro ricordo. In simili elaborazioni la liquida sequenza delle figure si consuma e si rinnova per gemmazioni successive di farfalle, di alberi, di pesci, di uccelli che esistono nel desiderio di chi li ha evocati dal profondo del cuore e di chi è in grado di accoglierli con la necessaria sensibilità. Al di là del titolo, qui tutto ci appartiene o ci è straniero nella misura in cui siamo in grado di entrare compiutamente in sintonia con chi ha creato queste visioni. Solo allora l’ape che si stacca dal fiore col suo carico di nettare sarà l’ape che si moltiplicava nei prati della nostra infanzia al pari degli uccelli
da confondersi col verde mutevole dei boschi o dei miracoli che la nostra fervida immaginazione scopriva o disegnava nei cieli.
Solo allora il “luogo” preziosamente conservato ed elargito con poetica leggerezza da Elio Tisi sarà anche nostro per sempre.
Luciano Caprile, critico d’arte.
30
luglio 2010
Elio Tisi – Marche di carta
Dal 30 luglio al 10 ottobre 2010
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
MUSEO DELLA CARTA E DELLA FILIGRANA
Fabriano, Largo Fratelli Spacca, 2, (Ancona)
Fabriano, Largo Fratelli Spacca, 2, (Ancona)
Orario di apertura
dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 14.30 alle 19.30 (lunedí chiuso)
Vernissage
30 Luglio 2010, ore 18.30
Sito web
www.eliotisi.com
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