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Dennis Oppenheim – Material Interchange
Alla Galleria Fumagalli di Bergamo s’inaugura la prima mostra dedicata a Dennis Oppenheim, uno dei più acuti sperimentatori del dopoguerra che si è distinto per essere stato protagonista di alcune esperienze basilari come la la Land Art, la Body Art, L’Arte Ambientale e la Public Art.
Comunicato stampa
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Il 5 giugno 2010 alle ore 18.30 s’inaugura nello spazio della Galleria Fumagalli di Bergamo, diretta da Annamaria Maggi, la prima mostra dedicata a Dennis Oppenheim, uno dei più acuti sperimentatori del dopoguerra che si è distinto per essere stato protagonista di alcune esperienze basilari come la Land Art, la Body Art, L’Arte Ambientale e la Public Art. La rassegna, curata da Alberto Fiz, dal titolo Material Interchange, presenta sino al 20 novembre una serie di fondamentali opere storiche che vanno dal 1968 al 1974 concentrandosi sulla fase primaria della sua indagine quando, insieme a Bruce Nauman, Robert Smithson, Michael Heizer, Vito Acconci e Robert Morris, ha contribuito a modificare radicalmente il linguaggio artistico. Oppenheim ha fatto della dematerializzazione uno dei motivi fondamentali della sua indagine caratterizzata da continue e imprevedibili metamorfosi. La mostra è prevista sui due piani della galleria e lo spettatore sarà accolto da una straordinaria installazione del 1974 formata da 30 marionette in movimento di circa quaranta centimetri, mai esposta prima d’ora in Italia, dal titolo Theme for a Major Hit (Tema per una canzone di successo). Le motivazioni del fare arte sono sottolineate da un motivetto canoro scritto dallo stesso Oppenheim che recita così: “Non è quello che fai, è quello che ti spinge a farlo”. Come afferma Alberto Fiz: “E’ un lavoro di particolare significato in cui la disseminazione dell’io passa attraverso i suoi surrogati autobiografici sviluppandone un progressivo allontanamento”. Non è una performance ma un’anti-performance in cui le marionette simulano i movimenti dell’artista.
In un altro lavoro del medesimo anno, Attempt to Raise Hell, la marionetta Oppenheim viene colpita da una campana di bronzo ogni sessanta secondi producendo un frastuono in tutto l’ambiente.
Queste installazioni vengono poste in relazione con una serie di testimonianze emblematiche relative alla Body Art e alla Land Art. Viene, per esempio, presentato Annual Rings del 1968 un grande lavoro fotografico derivante da un intervento site-specific con gli anelli annuali che tagliano il confine politico tra Usa e Canada. Un lavoro che si pone come attraversamento di due realtà e, nello stesso tempo, integra l’elemento spaziale con quello temporale.
E’ del 1969 un’altra grande installazione lunga dieci metri 220 Yard Dash dove i passi rifrangono il loro suono silenzioso sulle zolle di terra disposte una sopra l’altra condensando l’energia in un lavoro che si avvicina poeticamente all’arte povera.
Come afferma Oppenheim “la Land Art sembra impadronirsi di nascosto del mio corpo. Il corpo appariva come un’area vitale, feconda di possibilità”. Così l’ingresso nella Body Art è quasi naturale e la mostra documenta questa fase con una serie di lavori di primaria importanza come Parallel Stress dove il corpo, nel suo massimo sforzo fisico, appare come lo strumento per misurare il mondo esterno, così come diventa il punto d’intersezione tra luoghi differenti. Ancora una volta per Oppenheim non contano le cose in sé ma il loro attraversamento. “Il mio lavoro”, afferma, “non è né mentale né visivo ma sta da qualche parte in mezzo”.
In mostra è esposta, poi, un’installazione con tre microproiettori Stills for Gingerbread Man del 1970-71 che fa riferimento al processo digestivo. In un ironico atto di cannibalismo l’artista mangia lentamente una serie di elementi con forme umane che diventano parte del suo sostentamento.
L’ipotesi rigenerativa e la continua metamorfosi all’interno di un universo precario e instabile sono alla base di tutto l’indagine di Oppenheim negli anni settanta, così come nei periodi successivi dove appare più evidente il rapporto con l’architettura. “Quello che conta non è quello che fai ma quello che ti spinge a farlo”, come recitano le sue marionette.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale con un saggio di Alberto Fiz
Dennis Oppenheim (Electric City, 1938), sin dagli anni sessanta ha contribuito in maniera determinante a modificare i linguaggi dell’arte contemporanea. La sua prima personale risale al 1968 ed è stata organizzata dalla John Gibson Gallery di New York. Da allora si sono svolte mostre nei principali musei e fondazioni del mondo tra cui la Tate Gallery di Londra, lo Stedelijk Museum di Amsterdam; il Whitney Museum of American Art e il Museum of Modern Art di New York; il Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris.
Sono state molte le commissioni pubbliche e tra queste è sufficiente ricordare quelle del Ballerup Kommune di Copenhagen; della Neue Nationalgalerie di Berlino, del Whitney Museum of American Art di New York e dell’Olympic Park nella Corea del Sud.
Nel 2007 ha preso parte alla Vancouver Sculpture Biennale e nel 2009 il Marta Herford Museum di Herford in Germania ha presentato il suo percorso artistico recente in un’ampia esposizione.
In Italia, in occasione della Biennale di Venezia del 1997, si è svolta una sua personale nella zona industriale di Marghera curata da Germano Celant. Nel 2009 Oppenheim è stato protagonista della mostra Splashbuilding curata da Alberto Fiz nelle due sedi del Parco Archeologico di Scolacium e del museo MARCA di Catanzaro.
In un altro lavoro del medesimo anno, Attempt to Raise Hell, la marionetta Oppenheim viene colpita da una campana di bronzo ogni sessanta secondi producendo un frastuono in tutto l’ambiente.
Queste installazioni vengono poste in relazione con una serie di testimonianze emblematiche relative alla Body Art e alla Land Art. Viene, per esempio, presentato Annual Rings del 1968 un grande lavoro fotografico derivante da un intervento site-specific con gli anelli annuali che tagliano il confine politico tra Usa e Canada. Un lavoro che si pone come attraversamento di due realtà e, nello stesso tempo, integra l’elemento spaziale con quello temporale.
E’ del 1969 un’altra grande installazione lunga dieci metri 220 Yard Dash dove i passi rifrangono il loro suono silenzioso sulle zolle di terra disposte una sopra l’altra condensando l’energia in un lavoro che si avvicina poeticamente all’arte povera.
Come afferma Oppenheim “la Land Art sembra impadronirsi di nascosto del mio corpo. Il corpo appariva come un’area vitale, feconda di possibilità”. Così l’ingresso nella Body Art è quasi naturale e la mostra documenta questa fase con una serie di lavori di primaria importanza come Parallel Stress dove il corpo, nel suo massimo sforzo fisico, appare come lo strumento per misurare il mondo esterno, così come diventa il punto d’intersezione tra luoghi differenti. Ancora una volta per Oppenheim non contano le cose in sé ma il loro attraversamento. “Il mio lavoro”, afferma, “non è né mentale né visivo ma sta da qualche parte in mezzo”.
In mostra è esposta, poi, un’installazione con tre microproiettori Stills for Gingerbread Man del 1970-71 che fa riferimento al processo digestivo. In un ironico atto di cannibalismo l’artista mangia lentamente una serie di elementi con forme umane che diventano parte del suo sostentamento.
L’ipotesi rigenerativa e la continua metamorfosi all’interno di un universo precario e instabile sono alla base di tutto l’indagine di Oppenheim negli anni settanta, così come nei periodi successivi dove appare più evidente il rapporto con l’architettura. “Quello che conta non è quello che fai ma quello che ti spinge a farlo”, come recitano le sue marionette.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale con un saggio di Alberto Fiz
Dennis Oppenheim (Electric City, 1938), sin dagli anni sessanta ha contribuito in maniera determinante a modificare i linguaggi dell’arte contemporanea. La sua prima personale risale al 1968 ed è stata organizzata dalla John Gibson Gallery di New York. Da allora si sono svolte mostre nei principali musei e fondazioni del mondo tra cui la Tate Gallery di Londra, lo Stedelijk Museum di Amsterdam; il Whitney Museum of American Art e il Museum of Modern Art di New York; il Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris.
Sono state molte le commissioni pubbliche e tra queste è sufficiente ricordare quelle del Ballerup Kommune di Copenhagen; della Neue Nationalgalerie di Berlino, del Whitney Museum of American Art di New York e dell’Olympic Park nella Corea del Sud.
Nel 2007 ha preso parte alla Vancouver Sculpture Biennale e nel 2009 il Marta Herford Museum di Herford in Germania ha presentato il suo percorso artistico recente in un’ampia esposizione.
In Italia, in occasione della Biennale di Venezia del 1997, si è svolta una sua personale nella zona industriale di Marghera curata da Germano Celant. Nel 2009 Oppenheim è stato protagonista della mostra Splashbuilding curata da Alberto Fiz nelle due sedi del Parco Archeologico di Scolacium e del museo MARCA di Catanzaro.
05
giugno 2010
Dennis Oppenheim – Material Interchange
Dal 05 giugno al 20 novembre 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA FUMAGALLI
Bergamo, Via Giorgio E Guido Paglia, 28, (Bergamo)
Bergamo, Via Giorgio E Guido Paglia, 28, (Bergamo)
Orario di apertura
da martedì a sabato 10-12.30 e 15-19.30
Vernissage
5 Giugno 2010, ore 18.30
Ufficio stampa
PAOLA MANFREDI
Autore
Curatore