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The Mousetrap or Something old something new something borrowed something blue
La mostra prende in prestito il doppio titolo dall’Amleto e da un lavoro di Lawrence Weiner.
Comunicato stampa
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La mostra prende in prestito il doppio titolo dall'Amleto e da un lavoro di Lawrence Weiner. Facendo
riferimento alla rappresentazione nella rappresentazione, al “mise-en-abyme” (concepito e nominato “The
Mousetrap” dallo stesso Amleto) e ad un momento nell'arte concettuale in cui essa diventa una forma di
linguaggio “non narrativo”, The Mousetrap or Something old something new something borrowed
something blue, è una riflessione sulla capacità comunicativa dell'arte, in quanto auto - rappresentazione
o tautologia. La mostra mette a confronto una piccola selezione di artisti concettuali storici come Keith
Arnatt, William Anastasi e Christine Kozlov ed una generazione più giovane che include Nina Beier, Etienne
Chambaud, Alexander Gutke, Wolf von Kries e Kate Owens, evidenziando le differenze nell'uso che essi
fanno di specifiche strategie. Là dove Arnatt, Anastasi e Kozlov spesso cercavano di eliminare, quanto più
possibile, l'aspetto narrativo dalle proprie opere, Beier, Chambaud, Gutke, von Kries e Owens usano tecniche
sperimentate da quegli stessi artisti, ma con fini più analitici.
La complessità e l'immediatezza di queste esperienze, naturalmente, varia, passando da forme sublimate
di narrazione a momenti più evocativi ed ampi. Framing Paint, Painting, Picture (2010) di Nina Beier, per
esempio trasmette la storia della propria assenza e ripetuta esposizione, così come la sua sottrazione sia
letterale che figurata. L'opera è la foto di un wall painting blu monocromo, che era originariamente dipinto
dietro un'altra opera bidimensionale su parete. Ogni volta che l'artista espone questo lavoro lo ri -fotografa
in modo che esso divenga sistematicamente più piccolo, così da ritirarsi in sé, e raccontare la storia della
propria esposizione. L'auto-rappresentazione e il mise-en-abyme in questo caso assumono un significato
allegorico eludendo l'attrito che si crea guardando ripetutamente una stessa immagine. Allo stesso tempo
gli altri lavori in mostra, come Boomerang di Wolf von Kries, parlano di una più estesa percezione della
narrazione. Per questo lavoro Von Kries ha spedito un boomerang via posta ad un indirizzo immaginario a
Sydney in Australia, ma non trovando alcun destinatario o indirizzo corretto, esso è tornato ubbidientemente,
compiendo il suo viaggio intorno al mondo, dall'artista a Berlino. Come tale questo lavoro diventa una
metafora della soppressione e del ritorno della narrazione nell'arte occidentale del dopoguerra. Come il
percorso simbolicamente tracciato in questa mostra esso serve a ricordarci che, che ci piaccia o no, le
storie, saranno sempre, se evasive, un'essenziale parte dell'arte.
riferimento alla rappresentazione nella rappresentazione, al “mise-en-abyme” (concepito e nominato “The
Mousetrap” dallo stesso Amleto) e ad un momento nell'arte concettuale in cui essa diventa una forma di
linguaggio “non narrativo”, The Mousetrap or Something old something new something borrowed
something blue, è una riflessione sulla capacità comunicativa dell'arte, in quanto auto - rappresentazione
o tautologia. La mostra mette a confronto una piccola selezione di artisti concettuali storici come Keith
Arnatt, William Anastasi e Christine Kozlov ed una generazione più giovane che include Nina Beier, Etienne
Chambaud, Alexander Gutke, Wolf von Kries e Kate Owens, evidenziando le differenze nell'uso che essi
fanno di specifiche strategie. Là dove Arnatt, Anastasi e Kozlov spesso cercavano di eliminare, quanto più
possibile, l'aspetto narrativo dalle proprie opere, Beier, Chambaud, Gutke, von Kries e Owens usano tecniche
sperimentate da quegli stessi artisti, ma con fini più analitici.
La complessità e l'immediatezza di queste esperienze, naturalmente, varia, passando da forme sublimate
di narrazione a momenti più evocativi ed ampi. Framing Paint, Painting, Picture (2010) di Nina Beier, per
esempio trasmette la storia della propria assenza e ripetuta esposizione, così come la sua sottrazione sia
letterale che figurata. L'opera è la foto di un wall painting blu monocromo, che era originariamente dipinto
dietro un'altra opera bidimensionale su parete. Ogni volta che l'artista espone questo lavoro lo ri -fotografa
in modo che esso divenga sistematicamente più piccolo, così da ritirarsi in sé, e raccontare la storia della
propria esposizione. L'auto-rappresentazione e il mise-en-abyme in questo caso assumono un significato
allegorico eludendo l'attrito che si crea guardando ripetutamente una stessa immagine. Allo stesso tempo
gli altri lavori in mostra, come Boomerang di Wolf von Kries, parlano di una più estesa percezione della
narrazione. Per questo lavoro Von Kries ha spedito un boomerang via posta ad un indirizzo immaginario a
Sydney in Australia, ma non trovando alcun destinatario o indirizzo corretto, esso è tornato ubbidientemente,
compiendo il suo viaggio intorno al mondo, dall'artista a Berlino. Come tale questo lavoro diventa una
metafora della soppressione e del ritorno della narrazione nell'arte occidentale del dopoguerra. Come il
percorso simbolicamente tracciato in questa mostra esso serve a ricordarci che, che ci piaccia o no, le
storie, saranno sempre, se evasive, un'essenziale parte dell'arte.
03
giugno 2010
The Mousetrap or Something old something new something borrowed something blue
Dal 03 giugno al 30 luglio 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA TIZIANA DI CARO
Napoli, Piazzetta Nilo, 7, (Napoli)
Napoli, Piazzetta Nilo, 7, (Napoli)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì, dalle 15.00 alle 20.00 o su appuntamento
Vernissage
3 Giugno 2010, dalle ore 19.00 alle ore 22.00
Autore
Curatore