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Arte americana 1850-1960. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington
presenta alcuni capolavori di artisti come Edward Hopper e Georgia O’Keeffe, pionieri di un originale stile americano, che tagliò orgogliosamente i ponti con la cultura europea.
Comunicato stampa
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Al Mart i capolavori di Edward Hopper, Georgia O’Keeffe, Jackson Pollock, Mark Rothko.
Una selezione di opere mai vista in Italia, con i capolavori di grandi protagonisti della pittura americana. É quella proposta da “Arte americana 1850-1960. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington”, la grande mostra che sarà visitabile al Mart di Rovereto dal 5 giugno al 12 settembre 2010.
Dopo il grande successo della mostra "Da Goya a Manet, da Van Gogh a Picasso", che nel 2005 ha portato a Rovereto i capolavori dell’arte moderna della Phillips Collection, il Mart, con questa esposizione, continua la sua collaborazione con la prestigiosa istituzione di Washington. L’appuntamento è rivolto a diffondere una conoscenza più approfondita dell’arte americana in un arco storico, dalla seconda metà dell’800 secolo ai primi sessanta anni del ‘900, ancora poco noto al grande pubblico.
“Arte americana 1850-1960”, a cura di Susan Behrends Frank e Gabriella Belli, presenta alcuni capolavori di artisti come Edward Hopper e Georgia O’Keeffe, pionieri di un originale stile americano, che tagliò orgogliosamente i ponti con la cultura europea.
In mostra sono presenti oltre cento opere con capolavori di artisti quali John Sloan, Arthur Dove, Stuart Davis, Adolph Gottlieb, Philip Guston, Jackson Pollock, Robert Motherwell, Clyfford Still, Mark Rothko.
La completezza della mostra è resa possibile dalle caratteristiche uniche della Phillips Collection di Washington. Questa raccolta fu la prima, negli anni Venti del Novecento, ad acquisire ed esporre il modernismo e l’arte astratta, e conquistò una rilevanza internazionale con l’acquisizione di grandi capolavori dell’arte europea. Ma il collezionista, Duncan Phillips, promosse anche con grande lungimiranza le produzioni e le acquisizioni di arte americana, dagli anni Dieci fino alla morte, nel 1966. Questo collezionista appassionato attribuì sempre la propria personale evoluzione critica alle lezioni apprese dai pittori americani. La collezione del museo riflette un gusto personale, e presenta quindi molte opere degli artisti più amati dal collezionista, come Arthur Dove o John Marin.
Nel suo complesso, la Phillips Collection incarna un progetto – esplicito già all’atto di fondazione, nel 1921 – riassunto in questo modo dalla curatrice del museo Susan Behrends Frank: “l’impegno di una vita per assemblare una collezione della miglior pittura americana che tutti potessero vedere e apprezzare.”
Il confronto è dunque l’occasione per un’inedita e documentata riflessione sui complessi percorsi che hanno portato la pittura americana a trovare una strada autonoma rispetto alla tradizione europea. Un’evoluzione verso la modernità che in seguito, dopo la seconda guerra mondiale, ha assegnato alla produzione statunitense un ruolo di riferimento incontrastato per tutta l’arte internazionale.
LA MOSTRA
Il percorso espositivo prende le mosse con una sezione intitolata “Romanticismo e Realismo”, in cui sono presentate le opere di quegli “antichi maestri” d’America come George Inness, Winslow Homer, Thomas Eakins, Albert Pinkham Ryder, e James Abbott McNeill Whistler, nei quali Duncan Phillips aveva individuato le radici della modernità nella pittura americana.
L’impressionismo negli Stati Uniti è testimoniato da Childe Hassam e soprattutto da Maurice Prendergast e John Henry Twachtman, collezionati ampiamente da Phillips e decisivi nella transizione del suo gusto verso l’astrattismo. “Grazie all’enfasi sulla composizione sugli schemi, sui rapporti cromatici e sulla bidimensionalità che caratterizzava le loro opere – scrive Susan Behrends Frank – Phillips fu pronto ad accogliere una nuova generazione di modernisti americani.”
I dipinti di John Marin, come “ Weekhawken Sequence, No. 30”, (circa 1916) documentato nella sezione della mostra“Forze della natura”, impiegano un originale linguaggio astratto per evocare le forme naturali; Phillips scoprì Marin nel 1926 nella galleria newyorchese di Alfred Stieglitz, e fu il primo a impegnare il nome di un’istituzione per una personale di questo artista, nel 1929. Come documentato in catalogo dal testo di Elisabetta Barisoni, la Biennale del 1950 presentò una grande monografica di Marin con oltre cinquanta opere, di cui otto in prestito dalla Phillips Collection. Duncan Phillips fu l’autore del testo su Marin nel catalogo della Biennale, e si espresse in questi termini:“Nel suo ottantesimo anno John Marin dipinge ancora con forza, con entusiasmo e con originalità di colore e di disegno maggiori di quelli di ogni altro artista americano”.
La frequentazione della galleria di Stiegliz, per Phillips, fu di enorme importanza. In quel contesto scoprì anche le opere di Arthur Dove e Georgia O’Keeffe, protagonisti in mostra della sezione “Natura e Astrazione” con opere come “Pattern of Leaves” (1923) o “My Shanty, Lake George” (1922) della O’Keeffe o “Red Sun” (1935) di Dove.
“Sunday” (1926) di Edward Hopper è il fulcro di una sezione intitolata “Tempi Moderni”. Questa tela è stata una dei primo dipinti dell’artista ad essere stato acquisito da un museo americano.
“La città” è una sezione particolarmente affascinante, che documenta un aspetto fondamentale e peculiare del modernismo americano. Le atmosfere della metropoli sono interpretate da neocubisti come Stefan Hirsch, dal realismo urbano di John Sloan, tra i protagonisti della “Ashcan school”, ma soprattutto da Edward Hopper (“Avvicinandosi a una città”, 1946) e da Charles Sheeler, il cui olio “Grattacieli” (1922) – uno dei capolavori di questa sezione – fu acquistato nel 1925 da Phillips, conquistato dalla “essenza emotiva della visione distorta dei grattacieli per uffici di New York”.
Particolarmente suggestiva le fotografie di Paul Strand, Berenice Abbott e Margaret Bourke White.
Anche “Memoria e identità”si confronta con un tema radicalmente americano. Pittori come John Kane, Horace Pippin, Jacob Lawrence, a ridosso della Grande Depressione dipingono le migrazioni verso il nord degli Stati Uniti, la vita nei sobborghi e l’epopea del jazz, documentando vicende e spazi urbani poco conosciuti spesso anche in patria.
“L’eredità del cubismo” è il tema di un excursus tematico che comprende opere di Karl Knaths, John Graham, e Stuart Davis, le cui composizioni fatte di linee e forme di colore piatte risentono degli influssi non solo di Picasso, ma anche di altri esponenti del modernismo europeo, come Henri Rousseau, Georges Braque e Matisse. Anche in questo caso, è da sottolineare l’impegno di Phillips in chiave internazionale. L’opera di Stuart Davis “Frullino sbattiuova n.4”, del 1928, presente in questa sezione, fu prestata da Phillips alla Biennale del 1952, insieme alla già ricordata tela di Hopper “Avvicinandosi a una città”. Nella stessa occasione Alexander Calder, che Phillips stava cominciando a collezionare, vinse il premio della Biennale per la scultura.
La linea espressiva dell’astrazione si sviluppa secondo forze che provengono appunto da “esuli” come Alexander Calder, o anche da pittori come Milton Avery, considerato dai critici “il Matisse americano”. Corrono in parallelo le personalissime rielaborazioni del surrealismo europeo che emergono negli esordi di Mark Rothko e Jackson Pollock.
Negli anni del secondo dopoguerra, la cultura artistica Americana assunse un’identità più radicale con l’Espressionismo Astratto, grazie a numerosi autori di grande autonomia espressiva, impegnati ad esplorare un’arte fatta di simbologie private e calligrafismi a cui era affidato il compito di far affiorare il subconscio. I “pittogrammi” di Adolph Gottlieb, ad esempio, nascevano da un interesse per l’arte tribale africana e per quella dei Nativi Americani, mentre l’opera di Robert Motherwell va letta come una metafora dei pensieri e sentimenti dell’artista. Anche per Mark Rothko la pittura era un veicolo per l’espressione di passioni interiori, come nel capolavoro “Untitled” del 1968, mentre le tele di Philip Guston e Sam Francis si caratterizzano per astrazioni di colore espressive e luminose.
La Phillips Collection è nata dall’intuizione di un connoisseur che per sessant’anni ha cercato di svelare l’arte americana ai suoi stessi connazionali. La mostra è un’occasione senza precedenti in Italia per rivivere questa scoperta attraverso le opere di tutti i suoi protagonisti.
“Il nostro proposito più entusiastico è di rivelare la ricchezza dell’arte
creata negli Stati Uniti, di stimolare i nostri artisti
autoctoni e offrir loro ispirazione...di mostrare come i nostri artisti americani
mantengano una parità, se non proprio una superiorità,
rispetto ai più noti contemporanei stranieri.”
Duncan Phillips (1886-1966), 1921
Extracts from the Minutes of First Annual Meeting of Trustees of Phillips Memorial Art Gallery, (Washington, 1921), p. 11.
Una selezione di opere mai vista in Italia, con i capolavori di grandi protagonisti della pittura americana. É quella proposta da “Arte americana 1850-1960. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington”, la grande mostra che sarà visitabile al Mart di Rovereto dal 5 giugno al 12 settembre 2010.
Dopo il grande successo della mostra "Da Goya a Manet, da Van Gogh a Picasso", che nel 2005 ha portato a Rovereto i capolavori dell’arte moderna della Phillips Collection, il Mart, con questa esposizione, continua la sua collaborazione con la prestigiosa istituzione di Washington. L’appuntamento è rivolto a diffondere una conoscenza più approfondita dell’arte americana in un arco storico, dalla seconda metà dell’800 secolo ai primi sessanta anni del ‘900, ancora poco noto al grande pubblico.
“Arte americana 1850-1960”, a cura di Susan Behrends Frank e Gabriella Belli, presenta alcuni capolavori di artisti come Edward Hopper e Georgia O’Keeffe, pionieri di un originale stile americano, che tagliò orgogliosamente i ponti con la cultura europea.
In mostra sono presenti oltre cento opere con capolavori di artisti quali John Sloan, Arthur Dove, Stuart Davis, Adolph Gottlieb, Philip Guston, Jackson Pollock, Robert Motherwell, Clyfford Still, Mark Rothko.
La completezza della mostra è resa possibile dalle caratteristiche uniche della Phillips Collection di Washington. Questa raccolta fu la prima, negli anni Venti del Novecento, ad acquisire ed esporre il modernismo e l’arte astratta, e conquistò una rilevanza internazionale con l’acquisizione di grandi capolavori dell’arte europea. Ma il collezionista, Duncan Phillips, promosse anche con grande lungimiranza le produzioni e le acquisizioni di arte americana, dagli anni Dieci fino alla morte, nel 1966. Questo collezionista appassionato attribuì sempre la propria personale evoluzione critica alle lezioni apprese dai pittori americani. La collezione del museo riflette un gusto personale, e presenta quindi molte opere degli artisti più amati dal collezionista, come Arthur Dove o John Marin.
Nel suo complesso, la Phillips Collection incarna un progetto – esplicito già all’atto di fondazione, nel 1921 – riassunto in questo modo dalla curatrice del museo Susan Behrends Frank: “l’impegno di una vita per assemblare una collezione della miglior pittura americana che tutti potessero vedere e apprezzare.”
Il confronto è dunque l’occasione per un’inedita e documentata riflessione sui complessi percorsi che hanno portato la pittura americana a trovare una strada autonoma rispetto alla tradizione europea. Un’evoluzione verso la modernità che in seguito, dopo la seconda guerra mondiale, ha assegnato alla produzione statunitense un ruolo di riferimento incontrastato per tutta l’arte internazionale.
LA MOSTRA
Il percorso espositivo prende le mosse con una sezione intitolata “Romanticismo e Realismo”, in cui sono presentate le opere di quegli “antichi maestri” d’America come George Inness, Winslow Homer, Thomas Eakins, Albert Pinkham Ryder, e James Abbott McNeill Whistler, nei quali Duncan Phillips aveva individuato le radici della modernità nella pittura americana.
L’impressionismo negli Stati Uniti è testimoniato da Childe Hassam e soprattutto da Maurice Prendergast e John Henry Twachtman, collezionati ampiamente da Phillips e decisivi nella transizione del suo gusto verso l’astrattismo. “Grazie all’enfasi sulla composizione sugli schemi, sui rapporti cromatici e sulla bidimensionalità che caratterizzava le loro opere – scrive Susan Behrends Frank – Phillips fu pronto ad accogliere una nuova generazione di modernisti americani.”
I dipinti di John Marin, come “ Weekhawken Sequence, No. 30”, (circa 1916) documentato nella sezione della mostra“Forze della natura”, impiegano un originale linguaggio astratto per evocare le forme naturali; Phillips scoprì Marin nel 1926 nella galleria newyorchese di Alfred Stieglitz, e fu il primo a impegnare il nome di un’istituzione per una personale di questo artista, nel 1929. Come documentato in catalogo dal testo di Elisabetta Barisoni, la Biennale del 1950 presentò una grande monografica di Marin con oltre cinquanta opere, di cui otto in prestito dalla Phillips Collection. Duncan Phillips fu l’autore del testo su Marin nel catalogo della Biennale, e si espresse in questi termini:“Nel suo ottantesimo anno John Marin dipinge ancora con forza, con entusiasmo e con originalità di colore e di disegno maggiori di quelli di ogni altro artista americano”.
La frequentazione della galleria di Stiegliz, per Phillips, fu di enorme importanza. In quel contesto scoprì anche le opere di Arthur Dove e Georgia O’Keeffe, protagonisti in mostra della sezione “Natura e Astrazione” con opere come “Pattern of Leaves” (1923) o “My Shanty, Lake George” (1922) della O’Keeffe o “Red Sun” (1935) di Dove.
“Sunday” (1926) di Edward Hopper è il fulcro di una sezione intitolata “Tempi Moderni”. Questa tela è stata una dei primo dipinti dell’artista ad essere stato acquisito da un museo americano.
“La città” è una sezione particolarmente affascinante, che documenta un aspetto fondamentale e peculiare del modernismo americano. Le atmosfere della metropoli sono interpretate da neocubisti come Stefan Hirsch, dal realismo urbano di John Sloan, tra i protagonisti della “Ashcan school”, ma soprattutto da Edward Hopper (“Avvicinandosi a una città”, 1946) e da Charles Sheeler, il cui olio “Grattacieli” (1922) – uno dei capolavori di questa sezione – fu acquistato nel 1925 da Phillips, conquistato dalla “essenza emotiva della visione distorta dei grattacieli per uffici di New York”.
Particolarmente suggestiva le fotografie di Paul Strand, Berenice Abbott e Margaret Bourke White.
Anche “Memoria e identità”si confronta con un tema radicalmente americano. Pittori come John Kane, Horace Pippin, Jacob Lawrence, a ridosso della Grande Depressione dipingono le migrazioni verso il nord degli Stati Uniti, la vita nei sobborghi e l’epopea del jazz, documentando vicende e spazi urbani poco conosciuti spesso anche in patria.
“L’eredità del cubismo” è il tema di un excursus tematico che comprende opere di Karl Knaths, John Graham, e Stuart Davis, le cui composizioni fatte di linee e forme di colore piatte risentono degli influssi non solo di Picasso, ma anche di altri esponenti del modernismo europeo, come Henri Rousseau, Georges Braque e Matisse. Anche in questo caso, è da sottolineare l’impegno di Phillips in chiave internazionale. L’opera di Stuart Davis “Frullino sbattiuova n.4”, del 1928, presente in questa sezione, fu prestata da Phillips alla Biennale del 1952, insieme alla già ricordata tela di Hopper “Avvicinandosi a una città”. Nella stessa occasione Alexander Calder, che Phillips stava cominciando a collezionare, vinse il premio della Biennale per la scultura.
La linea espressiva dell’astrazione si sviluppa secondo forze che provengono appunto da “esuli” come Alexander Calder, o anche da pittori come Milton Avery, considerato dai critici “il Matisse americano”. Corrono in parallelo le personalissime rielaborazioni del surrealismo europeo che emergono negli esordi di Mark Rothko e Jackson Pollock.
Negli anni del secondo dopoguerra, la cultura artistica Americana assunse un’identità più radicale con l’Espressionismo Astratto, grazie a numerosi autori di grande autonomia espressiva, impegnati ad esplorare un’arte fatta di simbologie private e calligrafismi a cui era affidato il compito di far affiorare il subconscio. I “pittogrammi” di Adolph Gottlieb, ad esempio, nascevano da un interesse per l’arte tribale africana e per quella dei Nativi Americani, mentre l’opera di Robert Motherwell va letta come una metafora dei pensieri e sentimenti dell’artista. Anche per Mark Rothko la pittura era un veicolo per l’espressione di passioni interiori, come nel capolavoro “Untitled” del 1968, mentre le tele di Philip Guston e Sam Francis si caratterizzano per astrazioni di colore espressive e luminose.
La Phillips Collection è nata dall’intuizione di un connoisseur che per sessant’anni ha cercato di svelare l’arte americana ai suoi stessi connazionali. La mostra è un’occasione senza precedenti in Italia per rivivere questa scoperta attraverso le opere di tutti i suoi protagonisti.
“Il nostro proposito più entusiastico è di rivelare la ricchezza dell’arte
creata negli Stati Uniti, di stimolare i nostri artisti
autoctoni e offrir loro ispirazione...di mostrare come i nostri artisti americani
mantengano una parità, se non proprio una superiorità,
rispetto ai più noti contemporanei stranieri.”
Duncan Phillips (1886-1966), 1921
Extracts from the Minutes of First Annual Meeting of Trustees of Phillips Memorial Art Gallery, (Washington, 1921), p. 11.
04
giugno 2010
Arte americana 1850-1960. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington
Dal 04 giugno al 12 settembre 2010
arte contemporanea
Location
MART – Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
Rovereto, Corso Angelo Bettini, 43, (Trento)
Rovereto, Corso Angelo Bettini, 43, (Trento)
Biglietti
intero: euro 10
ridotto: euro 7
gratuito fino a 18 anni e sopra i 65
scolaresche: euro 1 per studente
biglietto famiglia (valido per tutti i componenti di un nucleo famigliare): euro 20
gratuito per gli Amici del Museo
Orario di apertura
mar. – dom. 10.00 - 18.00
ven. 10.00 - 21.00
lunedì chiuso
Vernissage
4 Giugno 2010, ore 18
Editore
SILVANA EDITORIALE
Autore
Curatore