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Federico Cinquetti
Kn studio presenta la personale di Federico Cinquetti, giovane artista veronese che, mettendo in pratica l’evidente abilità nel plasmare le resine, conduce una personale ricerca artistica strettamente legata alla tradizione dell’Informale “materico” in cui e’ il materiale a definire forma e pensiero
Comunicato stampa
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“Se volete credermi, bene. Ora dirò come è fatta Ottavia, città - ragnatela. C'è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettere il piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa.
Sotto non c'è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s'intravede più in basso il fondo del burrone. [...].
Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti d'Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.”
E’ questa Ottavia, una delle “città invisibili” nate dalla penna e dal genio creativo di Italo Calvino: urbe in sospensione organizzata attorno ad uno schema a regnatela che assurge simultaneamente a metafora di leggerezza e di fragilità universale.
Ed è con questa chiave di lettura che istintivamente ho reagito di fronte ai lavori di Federico Cinquetti, giovane artista veronese che, mettendo in pratica l’evidente abilità nel plasmare le resine, conduce una personale ricerca artistica strettamente legata alla tradizione dell’Informale “materico”, in cui e’ il materiale a definire forma e pensiero.
L’indagine semiotica ci insegna come molto spesso un significante (inteso nel senso usato da Ferdinand de Saussure come elemento esterno e formale) possa mutare in significato, cioè in elemento intrinseco e concettuale.
E’ in questi termini, seppur considerando l’arbitrarietà interpretativa, che la “resina”, letta come materia-tramite, conduce alla lucidità della coscienza dell’artista: la stessa versatilità della sostanza plastica, che ora è impeccabilmente modellata, ora grezza e grinzosa, riesce ad evocare le angosce, le malinconie, le lacerazioni esistenziali di un’epoca e più in generale dell’uomo che in essa si muove e si consuma.
Dalle levigate e riflettenti superfici nascono e s’aggrovigliano in rilievo contorte “ragnatele” che, spezzando l’innaturale perfezione del retrostante supporto pittorico, ne cambiano gli equilibri e ne destabilizzano ordine e perfezione precipua: una neo-formazione, quasi organica, che nella sua apparente saldezza strutturale sembra rivelare inaspettatamente la caducità della propria natura e di ciò che da essa ne deriva (così come accade nell'opera di Calvino).
Come una ragnatela, la resina, nella propria immanenza “biologica” e nella sua trascendenza formale è di per sé elemento “idealizzante” ed “idealizzato”: cattura, invischia, imprigiona, concedendo al contempo morte ed “immortalità”; ma nella fattispecie, con la sua proiezione verso l'esterno e la conseguente trasformazione, essa si tramuta nel tramite necessario all'esternazione della personale sfera emotiva: valvola di sfogo di intime pulsioni che s'accavallano l'una sull'altra.
Cinquetti così facendo realizza un complesso ed intricato (come la sua opera) sistema per antitesi dove coabitano staticità e movimento, fissità e slancio, certezze ed angosce, staticità e mutazione, prigionia e libertà, elaborando un linguaggio assolutamente originale e capace di trasformare (o se si vuole trasfigurare) la concreta fisicità della materia “reale” nella dimensione sospesa ed inquieta del proprio essere.
Nicola Silva
Sotto non c'è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s'intravede più in basso il fondo del burrone. [...].
Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti d'Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.”
E’ questa Ottavia, una delle “città invisibili” nate dalla penna e dal genio creativo di Italo Calvino: urbe in sospensione organizzata attorno ad uno schema a regnatela che assurge simultaneamente a metafora di leggerezza e di fragilità universale.
Ed è con questa chiave di lettura che istintivamente ho reagito di fronte ai lavori di Federico Cinquetti, giovane artista veronese che, mettendo in pratica l’evidente abilità nel plasmare le resine, conduce una personale ricerca artistica strettamente legata alla tradizione dell’Informale “materico”, in cui e’ il materiale a definire forma e pensiero.
L’indagine semiotica ci insegna come molto spesso un significante (inteso nel senso usato da Ferdinand de Saussure come elemento esterno e formale) possa mutare in significato, cioè in elemento intrinseco e concettuale.
E’ in questi termini, seppur considerando l’arbitrarietà interpretativa, che la “resina”, letta come materia-tramite, conduce alla lucidità della coscienza dell’artista: la stessa versatilità della sostanza plastica, che ora è impeccabilmente modellata, ora grezza e grinzosa, riesce ad evocare le angosce, le malinconie, le lacerazioni esistenziali di un’epoca e più in generale dell’uomo che in essa si muove e si consuma.
Dalle levigate e riflettenti superfici nascono e s’aggrovigliano in rilievo contorte “ragnatele” che, spezzando l’innaturale perfezione del retrostante supporto pittorico, ne cambiano gli equilibri e ne destabilizzano ordine e perfezione precipua: una neo-formazione, quasi organica, che nella sua apparente saldezza strutturale sembra rivelare inaspettatamente la caducità della propria natura e di ciò che da essa ne deriva (così come accade nell'opera di Calvino).
Come una ragnatela, la resina, nella propria immanenza “biologica” e nella sua trascendenza formale è di per sé elemento “idealizzante” ed “idealizzato”: cattura, invischia, imprigiona, concedendo al contempo morte ed “immortalità”; ma nella fattispecie, con la sua proiezione verso l'esterno e la conseguente trasformazione, essa si tramuta nel tramite necessario all'esternazione della personale sfera emotiva: valvola di sfogo di intime pulsioni che s'accavallano l'una sull'altra.
Cinquetti così facendo realizza un complesso ed intricato (come la sua opera) sistema per antitesi dove coabitano staticità e movimento, fissità e slancio, certezze ed angosce, staticità e mutazione, prigionia e libertà, elaborando un linguaggio assolutamente originale e capace di trasformare (o se si vuole trasfigurare) la concreta fisicità della materia “reale” nella dimensione sospesa ed inquieta del proprio essere.
Nicola Silva
23
aprile 2010
Federico Cinquetti
Dal 23 aprile al 18 giugno 2010
arte contemporanea
Location
KN STUDIO
Verona, Via San Giovanni In Valle, 19, (Verona)
Verona, Via San Giovanni In Valle, 19, (Verona)
Orario di apertura
da lunedì a martedì ore 10-13 e 15.30-19
sabato e domenica su appuntamento
Vernissage
23 Aprile 2010, ore 18.00
Autore
Curatore