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Pino Spagnulo – Porta della Luce
la Porta della Luce, opera solenne e grandiosa, appositamente realizzata quale monumento sepolcrale ai Vescovi della città.
Comunicato stampa
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Prato, 5 dicembre 2009: Si inaugura oggi, nel quinto anniversario della morte di S.E. Rev.ma Monsignor Pietro Fiordelli, primo Vescovo residenziale di Prato, la Porta della Luce, opera solenne e grandiosa, appositamente realizzata quale monumento sepolcrale ai Vescovi della città.
“La Porta della Luce del maestro Spagnulo è il frutto rappresentativo di un’arte che, senza disconoscere o umiliare la tradizione, esprime i doni perenni della fede con modulazioni nuove e all’insegna dell’odierna sensibilità artistica. Nel duomo di Prato, grande e preziosissimo scrigno di storia, devozione e arte, si possono introdurre con intelligenza e con l’opportuno discernimento opere di artisti di oggi per un continuo arricchimento culturale e spirituale.”
Nova et vetera, cose nuove e cose antiche, è la significativa espressione latina con cui si esprime Monsignor Simoni, Vescovo di Prato, a chiusura della sua dichiarazione circa l’installazione permanente della Porta della Luce di Spagnulo che, da oggi, occupa un significativo spazio nella preziosa e ricca basilica cattedrale di S. Stefano in Prato.
Monumentale e considerevole, l’opera del maestro Spagnulo si inserisce in quel percorso artistico che racchiude nella basilica di Prato un vero e proprio museo segnato dai nomi più importanti della storia dell’arte dal medioevo ad oggi: dai capolavori di Andrea Della Robbia, Donatello, Michelozzo, Agnolo Gaddi, Giovanni Pisano, Maso di Bartolomeo, Mino da Fiesole, Antonio Rossellino, Ridolfo Ghirlandaio, Paolo Uccello, Benedetto da Maiano, fino a giungere alle celebre quanto straordinaria Cappella Maggiore con le Storie di santo Stefano e san Giovanni Battista di Filippo Lippi. Ai Maestri del passato, si è aggiunto un significativo arricchimento nel ‘600, ‘700 ed ’800 e, ancora, hanno trovato posto capolavori dell’arte contemporanea quali il paliotto Dormitio Virginis di Emilio Greco e lo stupefacente altare di Robert Morris, con ambone e candeliere collegati.
Si ergerà da oggi, accanto a queste preziose testimonianze, la Porta della Luce di Pino Spagnulo: una grande lastra che poggia su un piccolo bastione a piedistallo: un parallelepipedo di ferro rugato da lunghi solchi, come pietra basilare per una “costruzione vivente”. L’opera, caratterizzata da un robusto spessore, un corpo compresso e complesso, forgiato a lungo dal fuoco, fa emergere la pelle e la carne di un mondo tragicamente abraso, attuale e inesauribile. Al centro, il Tau, un’apertura visibile che, all’incrocio dei due bracci, si apre e divarica verso gli angoli, divenendo una porta che schiude una luce vivida: estuario e fonte, benedizione e appello.
“Quando il ferro incandescente si è raffreddato, vediamo che dentro gli rimane sempre qualcosa del fuoco” dice Spagnulo.
I “grandi ferri” dell’artista, così come la nuova Porta della Luce del Duomo di Prato, sono realizzati per entrare in rapporto diretto con lo spazio, ed in simbiosi con esso. La potenza delle sue sperimentazioni scultoree si rapporta ad una manualità impetuosa. L’artista studia il rapporto tra la forma e lo spazio e attua una sorta di simbiosi tra un residuo antropomorfismo e una geometria smussata dalle qualità materiche della terra: misurata combinazione di geometrie razionali e gesti irrazionali.
Le grandi sculture in metallo che Spagnulo realizza utilizzano forme geometriche primarie, al cui interno si aprono tagli profondi, come il Tau nella pratese Porta della Luce. Ma non si tratta di lacerazioni materiche, di ferite metaforiche di stampo informale, piuttosto di fratture nettamente incise che disegnano geometricamente anche il volume cavo.
Si tratta di opere in cui la materia appare spezzata, strappata da un potente e drammatico gesto che rimanda al taglio delle Nature di Fontana. Grandi e piccoli "ferri" recuperano la geometria e la logica costruttiva del materiale con cui sono forgiati, e introducono le riflessioni dell'artista di fronte alla fisicità e alla fatica del lavoro dello scultore.
L'opera di Spagnulo è fortemente segnata da aspetti concettuali che mettono in evidenza I'interesse dell'artista per i processi ideativi e performativi attraverso cui l'opera d'arte si sviluppa. L’artista indaga, inoltre, all'interno dei procedimenti della fusione, della laminazione e del calco, in cui il passaggio dei materiali dallo stato grezzo a quello trattato conferisce alla scultura una forte valenza antropologica e una spazialità fondamentalmente arcaica.
Nei lavori di Spagnulo sottoposti alle “alchimie del fuoco” il fatto plastico s'identifica con il procedimento artistico e si trasforma in un evento, in un fatto vitale esteticamente intenzionato e realizzato: in questo senso, l'opera dello scultore diventa il modello di un'esperienza estetica globale e armonicamente integrata.
“La Porta della Luce del maestro Spagnulo è il frutto rappresentativo di un’arte che, senza disconoscere o umiliare la tradizione, esprime i doni perenni della fede con modulazioni nuove e all’insegna dell’odierna sensibilità artistica. Nel duomo di Prato, grande e preziosissimo scrigno di storia, devozione e arte, si possono introdurre con intelligenza e con l’opportuno discernimento opere di artisti di oggi per un continuo arricchimento culturale e spirituale.”
Nova et vetera, cose nuove e cose antiche, è la significativa espressione latina con cui si esprime Monsignor Simoni, Vescovo di Prato, a chiusura della sua dichiarazione circa l’installazione permanente della Porta della Luce di Spagnulo che, da oggi, occupa un significativo spazio nella preziosa e ricca basilica cattedrale di S. Stefano in Prato.
Monumentale e considerevole, l’opera del maestro Spagnulo si inserisce in quel percorso artistico che racchiude nella basilica di Prato un vero e proprio museo segnato dai nomi più importanti della storia dell’arte dal medioevo ad oggi: dai capolavori di Andrea Della Robbia, Donatello, Michelozzo, Agnolo Gaddi, Giovanni Pisano, Maso di Bartolomeo, Mino da Fiesole, Antonio Rossellino, Ridolfo Ghirlandaio, Paolo Uccello, Benedetto da Maiano, fino a giungere alle celebre quanto straordinaria Cappella Maggiore con le Storie di santo Stefano e san Giovanni Battista di Filippo Lippi. Ai Maestri del passato, si è aggiunto un significativo arricchimento nel ‘600, ‘700 ed ’800 e, ancora, hanno trovato posto capolavori dell’arte contemporanea quali il paliotto Dormitio Virginis di Emilio Greco e lo stupefacente altare di Robert Morris, con ambone e candeliere collegati.
Si ergerà da oggi, accanto a queste preziose testimonianze, la Porta della Luce di Pino Spagnulo: una grande lastra che poggia su un piccolo bastione a piedistallo: un parallelepipedo di ferro rugato da lunghi solchi, come pietra basilare per una “costruzione vivente”. L’opera, caratterizzata da un robusto spessore, un corpo compresso e complesso, forgiato a lungo dal fuoco, fa emergere la pelle e la carne di un mondo tragicamente abraso, attuale e inesauribile. Al centro, il Tau, un’apertura visibile che, all’incrocio dei due bracci, si apre e divarica verso gli angoli, divenendo una porta che schiude una luce vivida: estuario e fonte, benedizione e appello.
“Quando il ferro incandescente si è raffreddato, vediamo che dentro gli rimane sempre qualcosa del fuoco” dice Spagnulo.
I “grandi ferri” dell’artista, così come la nuova Porta della Luce del Duomo di Prato, sono realizzati per entrare in rapporto diretto con lo spazio, ed in simbiosi con esso. La potenza delle sue sperimentazioni scultoree si rapporta ad una manualità impetuosa. L’artista studia il rapporto tra la forma e lo spazio e attua una sorta di simbiosi tra un residuo antropomorfismo e una geometria smussata dalle qualità materiche della terra: misurata combinazione di geometrie razionali e gesti irrazionali.
Le grandi sculture in metallo che Spagnulo realizza utilizzano forme geometriche primarie, al cui interno si aprono tagli profondi, come il Tau nella pratese Porta della Luce. Ma non si tratta di lacerazioni materiche, di ferite metaforiche di stampo informale, piuttosto di fratture nettamente incise che disegnano geometricamente anche il volume cavo.
Si tratta di opere in cui la materia appare spezzata, strappata da un potente e drammatico gesto che rimanda al taglio delle Nature di Fontana. Grandi e piccoli "ferri" recuperano la geometria e la logica costruttiva del materiale con cui sono forgiati, e introducono le riflessioni dell'artista di fronte alla fisicità e alla fatica del lavoro dello scultore.
L'opera di Spagnulo è fortemente segnata da aspetti concettuali che mettono in evidenza I'interesse dell'artista per i processi ideativi e performativi attraverso cui l'opera d'arte si sviluppa. L’artista indaga, inoltre, all'interno dei procedimenti della fusione, della laminazione e del calco, in cui il passaggio dei materiali dallo stato grezzo a quello trattato conferisce alla scultura una forte valenza antropologica e una spazialità fondamentalmente arcaica.
Nei lavori di Spagnulo sottoposti alle “alchimie del fuoco” il fatto plastico s'identifica con il procedimento artistico e si trasforma in un evento, in un fatto vitale esteticamente intenzionato e realizzato: in questo senso, l'opera dello scultore diventa il modello di un'esperienza estetica globale e armonicamente integrata.
05
dicembre 2009
Pino Spagnulo – Porta della Luce
05 dicembre 2009
presentazione
Location
CATTEDRALE DI SANTO STEFANO
Prato, Piazza Duomo, (Prato)
Prato, Piazza Duomo, (Prato)
Orario di apertura
gli stessi di apertura della Cattedrale
Vernissage
5 Dicembre 2009, ore 16.30
Ufficio stampa
ROSI FONTANA
Autore