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Joao Maria Gusmao & Pedro Paiva – Analogy. The description of the world
Mostra personale
Comunicato stampa
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In Brasile abbiamo incontrato un uomo, Tarciso, un ex cercatore di topazi imperiali che vent’anni fa trovò la più grande pietra preziosa mai scoperta nello stato di Minas Gerias. A quel tempo era felice: si innamorò di una donna indigena, una “donna di fuoco” con la quale visse e fece l’amore per molti anni. In seguito lei se ne andò via, e la vita andò in malora, Tarciso si diede all’alcol e ora passa la sua vita a bere cachaça (rum), ripetendo continuamente la storia del più grande topazio del Brasile, l’incredibile pietra che un tempo aveva barattato con un mucchio di soldi - e di come si era bevuto tutti questi soldi in macchine, case, cachaça e ragazze.
Abbiamo chiesto a Tarciso di spiegarci quale fosse la somiglianza tra un topazio e una donna. “Che domanda sciocca, sono entrambi pietre preziose”. Non c’era nulla che nella vita di Tarciso non fosse espressa in termini di topazi: una gemma brasiliana che varia in trasparenza e che tende preferibilmente più al rosso che al giallo. Secondo Tarciso, qualcosa aveva valore solo se era una pietra, o se esisteva un’analogia con quelle proprietà quasi invisibili che solo un vero conoscitore di gemme sa apprezzare. “Un topazio gigantesco, lungo dalla mia mano fino al gomito, grande come un braccio! Così puro da avere il colore di questa cachaça”.
“Ecco cosa vuol dire essere un minatore. Non puoi tenerti i soldi: se vendi una pietra, devi spenderti tutto in una settimana, o altrimenti non ne troverai più un’altra! Ecco perché i cercatori sono poveri, perché spendono! Devono farlo. A che serve il denaro?”. E ci ha spiegato che la filosofia del ricercatore è come una lotteria. A volte si svegliava al mattino e trovava la pietra che aveva sognato la notte prima, ma di solito non trovava nulla. Era una questione di fortuna? Sì, e per questo Tarciso non voleva avere nulla a che spartire coi soldi, “Avere un sacco di soldi ti fa abbandonare dalla fortuna”. Durante la conversazione, abbiamo iniziato a realizzare che tutto ciò che sognava Tarciso erano topazi, e che, mentre dormiva, si immaginava mentre attraversava luccicanti campi geometrici dove tutto era trasformato in pietre preziose. Tarciso era magro. Ci hanno detto che chi beve rum non ha appetito, non ama mangiare, Forse nei suoi sogni si ciba di poliedri perfettamente cristallini.
“Nell’oscurità”, ci ha detto, “persino nell’oscurità sei in grado di dire se un cristallo è un topazio; deve avere quattro facce”. Ha chiuso gli occhi e ha messo la mano in tasca. Poi ha spiegato che tipo di uomo era stato un tempo, che vita irreprensibile aveva vissuto, iniziando subito a lavorare al mattino presto, e di come aveva gettato via quelle pietre che i cercatori oggi raccolgono. “Le pietre che trovano oggi sono come quelle che davo ai ragazzini da vendere ai turisti“. Se avessimo chiesto a Tarciso se gli altri ricercatori cercavano topazi nel posto giusto, avrebbe detto di no: “Questa montagna è solo terra e fango, non ci sono più pietre lì dentro!” Aveva già cercato lì, e aveva già trovato le gemme migliori. “Ora tutto ciò che resta è spazzatura”.
Ci ha anche detto che il topazio nel museo di Ouro Preto, una pietra impressionante che in seguito abbiamo visto nella collezione universitaria di minerali, era stato incollato nel mezzo ma che nessuno lo sapeva. Ormai già molto ubriaco, ha riso e ci ha detto “E’ un topazio magnifico, ma è rotto; ha la forma di una penna arancione. Il più chiaro possibile. Se ci guardi dentro, sembra come questa cachaça”. Era lui che glielo aveva venduto.
Abbiamo chiesto a Tarciso di spiegarci quale fosse la somiglianza tra un topazio e una donna. “Che domanda sciocca, sono entrambi pietre preziose”. Non c’era nulla che nella vita di Tarciso non fosse espressa in termini di topazi: una gemma brasiliana che varia in trasparenza e che tende preferibilmente più al rosso che al giallo. Secondo Tarciso, qualcosa aveva valore solo se era una pietra, o se esisteva un’analogia con quelle proprietà quasi invisibili che solo un vero conoscitore di gemme sa apprezzare. “Un topazio gigantesco, lungo dalla mia mano fino al gomito, grande come un braccio! Così puro da avere il colore di questa cachaça”.
“Ecco cosa vuol dire essere un minatore. Non puoi tenerti i soldi: se vendi una pietra, devi spenderti tutto in una settimana, o altrimenti non ne troverai più un’altra! Ecco perché i cercatori sono poveri, perché spendono! Devono farlo. A che serve il denaro?”. E ci ha spiegato che la filosofia del ricercatore è come una lotteria. A volte si svegliava al mattino e trovava la pietra che aveva sognato la notte prima, ma di solito non trovava nulla. Era una questione di fortuna? Sì, e per questo Tarciso non voleva avere nulla a che spartire coi soldi, “Avere un sacco di soldi ti fa abbandonare dalla fortuna”. Durante la conversazione, abbiamo iniziato a realizzare che tutto ciò che sognava Tarciso erano topazi, e che, mentre dormiva, si immaginava mentre attraversava luccicanti campi geometrici dove tutto era trasformato in pietre preziose. Tarciso era magro. Ci hanno detto che chi beve rum non ha appetito, non ama mangiare, Forse nei suoi sogni si ciba di poliedri perfettamente cristallini.
“Nell’oscurità”, ci ha detto, “persino nell’oscurità sei in grado di dire se un cristallo è un topazio; deve avere quattro facce”. Ha chiuso gli occhi e ha messo la mano in tasca. Poi ha spiegato che tipo di uomo era stato un tempo, che vita irreprensibile aveva vissuto, iniziando subito a lavorare al mattino presto, e di come aveva gettato via quelle pietre che i cercatori oggi raccolgono. “Le pietre che trovano oggi sono come quelle che davo ai ragazzini da vendere ai turisti“. Se avessimo chiesto a Tarciso se gli altri ricercatori cercavano topazi nel posto giusto, avrebbe detto di no: “Questa montagna è solo terra e fango, non ci sono più pietre lì dentro!” Aveva già cercato lì, e aveva già trovato le gemme migliori. “Ora tutto ciò che resta è spazzatura”.
Ci ha anche detto che il topazio nel museo di Ouro Preto, una pietra impressionante che in seguito abbiamo visto nella collezione universitaria di minerali, era stato incollato nel mezzo ma che nessuno lo sapeva. Ormai già molto ubriaco, ha riso e ci ha detto “E’ un topazio magnifico, ma è rotto; ha la forma di una penna arancione. Il più chiaro possibile. Se ci guardi dentro, sembra come questa cachaça”. Era lui che glielo aveva venduto.
21
gennaio 2010
Joao Maria Gusmao & Pedro Paiva – Analogy. The description of the world
Dal 21 gennaio al 20 febbraio 2010
arte contemporanea
Location
ZERO…
Milano, Via Alessandro Tadino, 20, (Milano)
Milano, Via Alessandro Tadino, 20, (Milano)
Orario di apertura
martedì-venerdì 11.00-13.30 e 14.30-19.30
sabato 15.00-19.30
Vernissage
21 Gennaio 2010, ore 19.00
Autore