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Diego Tolomelli
Tra baci sensuali, sguardi ammiccanti e allusioni fetish, s’accende l’eros nel cuore della Città Eterna.
Comunicato stampa
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Prosegue l’impegno profuso sul fronte della promozione artistica da parte dello Studio Ferraro di Roma che quest’anno festeggia il suo primo lustro di attività. Con la mostra del giovane artista Diego Tolomelli in arte IKO, l’ormai nota galleria d’arte, molto apprezzata da collezionisti ed addetti ai lavori, propone uno degli eventi certamente più consoni allo spirito ardito che da sempre la caratterizza.
Autore che a pieno titolo possiamo oggi considerare tra i più audaci e irriverenti della scena artistica internazionale, Tolomelli si è contraddistinto fin da subito per la sua singolare arte, che vede nella scelta del medium espressivo e dei soggetti rappresentati, i suoi caratteri di assoluta unicità nel poliedrico universo della sperimentazione artistica.
Rifacendosi alla nobile e antichissima tradizione delle vetrate istoriate, per secoli esclusivo appannaggio dell’edilizia religiosa, poi impiegata anche a fini decorativi nelle ville nobiliari, egli è infatti riuscito a mutuare un linguaggio iconico che conferisce finalmente all’eros quella sacralità e quella dignità che per secoli gli è stata empiamente negata.
Frutto di un lungo e certosino processo di “preliminari” i suoi lightbox retroilluminati divengono ideali finestre atte a catturare lo sguardo voyeuristico di uno spettatore che voglia scrutare e lasciarsi travolgere dal caldo flusso dei sensi. Come se si fosse inoltrato in una sorta di dark room egli si ritroverà a compiere un viaggio in un mondo libidinoso a forti tinte, che man mano svelerà ai suoi bramosi occhi corpi tesi di desiderio, falli, seni, baci e pose sensuali in un ricco armamentario di tenute fetish, perizomi, corpetti sexy e tatuaggi che, accesi di colori vividi e passionali, sembreranno volerlo rendere complice di quegli intimi ménage.
Nonostante la natura hot dei soggetti trattati, Tolomelli riesce a rappresentare tutto ciò con estrema raffinatezza senza cedimenti, riuscendo a trasfondere nelle vitree trasparenze un mondo visionario e immaginifico che disvela con assoluta pregnanza e senza falsi pudori l’erotismo tra uomini.
L’omoerotismo non costituisce certamente una novità nell’ambito artistico. Molto prima che si delineasse il moderno concetto di identità di genere, la rappresentazione di soggetti a sfondo omoerotico ha avuto continui ricorsi nella storia dell’arte – basti pensare alla produzione vascolare dell’antica Grecia, ai bassorilievi persiani, a stagioni particolarmente feconde come il rinascimento o il barocco, fino a giungere alla vastissima produzione che prese il via in ogni parte del globo all’indomani degli anni ’60 ad opera di svariati artisti.
Grazie alle sue manifestazioni per il tramite dell’arte, l’omoerotismo ha puntualmente contrassegnato profondi mutamenti sociali, scandagliando il rapporto che l’individuo intrattiene con se e col diverso da se.
Opere pittoriche, scultoree, letterarie, fotografiche, cinematografiche rappresentano così una preziosa testimonianza del come l’amore che non osa pronunciare il suo nome sia stato visto e recepito nel corso delle varie epoche e in seno alle diverse civiltà.
L’opera di Diego Tolomelli si colloca degnamente in questo grande retaggio della narrazione erotica ed al contempo la supera; egli riesce a sublimare la licenziosità delle sue rappresentazioni con uno sguardo che le epura da ogni residuo inibitorio per rivestirle d’una eterea luce.
I suoi giovani amanti colti in estatici amplessi, sembrano come pervasi da un’aura di ieraticità, come rapiti da un sentimento mistico e sensuale. Sembra di trovarsi di fronte a delle epifaniche apparizioni, ad esseri che abitano un probabile Eden, o forse emersi da quel misterioso ed evanescente mondo onirico ove tutto può accadere. Gli amanti del Tolomelli sono creature fluide, leggere, che si beano nel lasciarsi travolgere da ogni loro istinto sensuale, ma pur privi d’ogni macchia e immuni dal senso del peccato.
Il loro è un erotismo puro, sacro, legittimo anche nelle sue forme più estreme.
Sono creature amorose, libere, gioiose, prive di ogni conflittualità con se stesse e perciò fiere della propria totalità identitaria.
Diego Tolomelli indica così, attraverso i suoi amanti, l’ideale di un’umanità finalmente riconciliata con se stessa, libera da certe discutibili codificazioni etico-moralistiche che non fanno altro che allontanare l’uomo da se stesso. Il suo diventa un inno all’amore che osa pronunciare il suo nome, e alla compiuta armonia tra la carne e lo spirito in cui ogni conflitto si esaurisce.
Giuseppe Maggiore (Amedit)
Autore che a pieno titolo possiamo oggi considerare tra i più audaci e irriverenti della scena artistica internazionale, Tolomelli si è contraddistinto fin da subito per la sua singolare arte, che vede nella scelta del medium espressivo e dei soggetti rappresentati, i suoi caratteri di assoluta unicità nel poliedrico universo della sperimentazione artistica.
Rifacendosi alla nobile e antichissima tradizione delle vetrate istoriate, per secoli esclusivo appannaggio dell’edilizia religiosa, poi impiegata anche a fini decorativi nelle ville nobiliari, egli è infatti riuscito a mutuare un linguaggio iconico che conferisce finalmente all’eros quella sacralità e quella dignità che per secoli gli è stata empiamente negata.
Frutto di un lungo e certosino processo di “preliminari” i suoi lightbox retroilluminati divengono ideali finestre atte a catturare lo sguardo voyeuristico di uno spettatore che voglia scrutare e lasciarsi travolgere dal caldo flusso dei sensi. Come se si fosse inoltrato in una sorta di dark room egli si ritroverà a compiere un viaggio in un mondo libidinoso a forti tinte, che man mano svelerà ai suoi bramosi occhi corpi tesi di desiderio, falli, seni, baci e pose sensuali in un ricco armamentario di tenute fetish, perizomi, corpetti sexy e tatuaggi che, accesi di colori vividi e passionali, sembreranno volerlo rendere complice di quegli intimi ménage.
Nonostante la natura hot dei soggetti trattati, Tolomelli riesce a rappresentare tutto ciò con estrema raffinatezza senza cedimenti, riuscendo a trasfondere nelle vitree trasparenze un mondo visionario e immaginifico che disvela con assoluta pregnanza e senza falsi pudori l’erotismo tra uomini.
L’omoerotismo non costituisce certamente una novità nell’ambito artistico. Molto prima che si delineasse il moderno concetto di identità di genere, la rappresentazione di soggetti a sfondo omoerotico ha avuto continui ricorsi nella storia dell’arte – basti pensare alla produzione vascolare dell’antica Grecia, ai bassorilievi persiani, a stagioni particolarmente feconde come il rinascimento o il barocco, fino a giungere alla vastissima produzione che prese il via in ogni parte del globo all’indomani degli anni ’60 ad opera di svariati artisti.
Grazie alle sue manifestazioni per il tramite dell’arte, l’omoerotismo ha puntualmente contrassegnato profondi mutamenti sociali, scandagliando il rapporto che l’individuo intrattiene con se e col diverso da se.
Opere pittoriche, scultoree, letterarie, fotografiche, cinematografiche rappresentano così una preziosa testimonianza del come l’amore che non osa pronunciare il suo nome sia stato visto e recepito nel corso delle varie epoche e in seno alle diverse civiltà.
L’opera di Diego Tolomelli si colloca degnamente in questo grande retaggio della narrazione erotica ed al contempo la supera; egli riesce a sublimare la licenziosità delle sue rappresentazioni con uno sguardo che le epura da ogni residuo inibitorio per rivestirle d’una eterea luce.
I suoi giovani amanti colti in estatici amplessi, sembrano come pervasi da un’aura di ieraticità, come rapiti da un sentimento mistico e sensuale. Sembra di trovarsi di fronte a delle epifaniche apparizioni, ad esseri che abitano un probabile Eden, o forse emersi da quel misterioso ed evanescente mondo onirico ove tutto può accadere. Gli amanti del Tolomelli sono creature fluide, leggere, che si beano nel lasciarsi travolgere da ogni loro istinto sensuale, ma pur privi d’ogni macchia e immuni dal senso del peccato.
Il loro è un erotismo puro, sacro, legittimo anche nelle sue forme più estreme.
Sono creature amorose, libere, gioiose, prive di ogni conflittualità con se stesse e perciò fiere della propria totalità identitaria.
Diego Tolomelli indica così, attraverso i suoi amanti, l’ideale di un’umanità finalmente riconciliata con se stessa, libera da certe discutibili codificazioni etico-moralistiche che non fanno altro che allontanare l’uomo da se stesso. Il suo diventa un inno all’amore che osa pronunciare il suo nome, e alla compiuta armonia tra la carne e lo spirito in cui ogni conflitto si esaurisce.
Giuseppe Maggiore (Amedit)
18
dicembre 2009
Diego Tolomelli
Dal 18 al 31 dicembre 2009
arte contemporanea
Location
STUDIO FERRARO – ARTE CONTEMPORANEA
Roma, Via Degli Scipioni, 39, (Roma)
Roma, Via Degli Scipioni, 39, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato dalle 10 alle 20
Vernissage
18 Dicembre 2009, ore 19
Autore