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La Fabbrica Ferniani. Ceramiche faentine dal barocco all’eclettismo
Presentazione del volume “La Fabbrica Ferniani. Ceramiche faentine dal barocco all’eclettismo”, a cura di Carmen Ravanelli Guidotti, con testi di Jadranka Bentini, Franca Serena Ferniani, Maria Teresa Ferniani, Teresa Vittoria Ferniani, Carmen Ravanelli Guidotti, Fiorenza Tarozzi
Comunicato stampa
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Il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, nell’ambito di un programma triennale di celebrazioni della sua fondazione (1908), già sviluppato nella realizzazione di molte iniziative e pubblicazioni, ha promosso l’uscita di un volume dedicato alla fabbrica Ferniani di Faenza. Per la prima volta un ampio repertorio di opere ceramiche del ‘700 e ‘800, per lo più inedite, pone in evidenza come il prestigio della maiolica di Faenza sia stato affidato nei suoi prodotti migliori alla Fabbrica a partire dal 1693, quando il conte Annibale Ferniani acquista l’antica e ormai dimessa bottega Tonducci Cavina Grossi. Da allora per ben due secoli la Ferniani detiene un ruolo-guida forte della realtà faentina, da secoli saldamente in possesso dell’“industria” ceramica, in grado di privilegiare sempre la qualità del prodotto come un imprescindibile valore per mantenere il primato sui mercati locali ed extralocali.
Il vaglio minuto dell’ampio materiale dell’Archivio Ferniani ha consentito di delineare un ampio profilo storico-artistico della fabbrica. Ne è nata un’indagine retrospettiva dedicata all’esperienza artistica della Ferniani nel suo complesso, nell’intenzione di restituire un quadro di insieme dell’attività collettiva dei tanti foggiatori, apprendisti, decoratori, capi d’arte, artisti, scultori, pittori, tecnici, Ministri, Direttori, ecc. i cui nomi si avvicendano, appaiono, scompaiono e ritornano a evocare umane vicende di lavoro, passioni, soddisfazioni e fatiche. Ne più ne meno delle ceramiche, le carte d’archivio - vacchette, inventari, bilanci, lettere - restituiscono, a saperle guardare, sia la semplice quotidianità sia il lustro di cui si compone la storia. Si è proceduto nell’indagine secondo una cronologia lineare, ordinata su punti d’appoggio certi: di ogni informazione importante o curiosa si è allungata notizia nelle note, abbondanti e in trascrizione per chi non voglia perderne la ricchezza e l’insospettata riserva di suggestioni. Dalle stesse carte d’archivio si sono potuti ricavare in molti casi nomi di artefici e date precise di esecuzione delle opere stesse: grazie a questo prezioso supporto documentario, dopo il profilo storico-artistico, ha preso forma un ampio Repertorio selezionato su quanto di più significativo e tipico fosse a disposizione soprattutto nell’attuale Museo-campionario della fabbrica, contemperando la scelta antologica con un ordinamento cronologico e tipologico per forme e decorazioni, e focalizzando i più significativi passaggi evolutivi del linguaggio artistico assunto dalla fabbrica durante i suoi due secoli di vita.
La storia della Ferniani attraverso i documenti e le opere si presenta nel suo complesso come un succedersi incalzante di ricerche formali e decorative, di sperimentazioni tecniche più o meno riuscite, di perfezionamenti e di indirizzi industriali più o meno duraturi. Avviata inizialmente una produzione che sfrutta il successo e la forza inerziale dei “bianchi” di Faenza, la fabbrica, verso la metà del ‘700, assimila un gusto decorativo ispirato in gran parte a mode europee, specie francesi, e dall’altra a suggestioni esotiche, di fatto le “cineserie”. Cenacolo culturale e centro propulsore di nuove tecnologie, durante la seconda metà del secolo XVIII, la Ferniani, dai tradizionali metodi di lavoro della maiolica si apre alle nuove tecnologie del “piccolo fuoco” e della terraglia, quest’ultima finissima e duttile materia avorio capace di interpretare perfettamente lo spirito e l’eleganza dello stile neoclassico faentino.
Nell’ ‘800 la fabbrica, insieme alla terraglia e alla maiolica tradizionale, saprà ancora tenere la scena accogliendo i migliori esponenti della locale scuola di pittura su ceramica che, imitando la pittura da cavalletto, hanno lasciato delicati paesaggi e intensi ritratti. Si assiste infine nell’ultimo quarto del secolo alla rivalutazione sia delle composizioni plastiche ispirate ai Della Robbia, in cui domina la figura di Giovanni Collina e dei suoi figli, sia del repertorio della maiolica rinascimentale, soprattutto il “raffaellesco”, dando luogo alla corrente eclettica con la quale si chiude l’ultima, feconda stagione della Ferniani, che fu schiacciata dal peso insostenibile delle sue monumentali realizzazioni robbiane e delle sue magistrali e stupefacenti opere uniche di eccelsa pittura, quando ormai molti opifici italiani, sulla spinta del progresso e dello spirito proprio dell’imprenditore, si avviano verso la serialità industriale sia della piastrella sia della vaseria di largo consumo.
La fabbrica Ferniani è dunque la depositaria autorevole dei valori della feconda matrice locale della maiolica faentina. D’altronde, come è vero che alla fine del ‘600 si esauriva la forza del Novus Ordo dei “bianchi”, che aveva portato alla “rifaentinizzazione” della maiolica italiana, al punto che la fama di Faenza sino a quel periodo si può dire che fosse affidata alla fortuna del binomio Faenza-faïence, così è altrettanto vero che dai primi del ‘700, nonostante i “nuovi idoli” della ceramica, la porcellana e la terraglia, l’arte della maiolica con la fabbrica Ferniani si è perpetuata sino al ‘900 nel quasi altrettanto inscindibile e straordinario binomio, Faenza-Ferniani.
Il volume è stato realizzato grazie al contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
Il vaglio minuto dell’ampio materiale dell’Archivio Ferniani ha consentito di delineare un ampio profilo storico-artistico della fabbrica. Ne è nata un’indagine retrospettiva dedicata all’esperienza artistica della Ferniani nel suo complesso, nell’intenzione di restituire un quadro di insieme dell’attività collettiva dei tanti foggiatori, apprendisti, decoratori, capi d’arte, artisti, scultori, pittori, tecnici, Ministri, Direttori, ecc. i cui nomi si avvicendano, appaiono, scompaiono e ritornano a evocare umane vicende di lavoro, passioni, soddisfazioni e fatiche. Ne più ne meno delle ceramiche, le carte d’archivio - vacchette, inventari, bilanci, lettere - restituiscono, a saperle guardare, sia la semplice quotidianità sia il lustro di cui si compone la storia. Si è proceduto nell’indagine secondo una cronologia lineare, ordinata su punti d’appoggio certi: di ogni informazione importante o curiosa si è allungata notizia nelle note, abbondanti e in trascrizione per chi non voglia perderne la ricchezza e l’insospettata riserva di suggestioni. Dalle stesse carte d’archivio si sono potuti ricavare in molti casi nomi di artefici e date precise di esecuzione delle opere stesse: grazie a questo prezioso supporto documentario, dopo il profilo storico-artistico, ha preso forma un ampio Repertorio selezionato su quanto di più significativo e tipico fosse a disposizione soprattutto nell’attuale Museo-campionario della fabbrica, contemperando la scelta antologica con un ordinamento cronologico e tipologico per forme e decorazioni, e focalizzando i più significativi passaggi evolutivi del linguaggio artistico assunto dalla fabbrica durante i suoi due secoli di vita.
La storia della Ferniani attraverso i documenti e le opere si presenta nel suo complesso come un succedersi incalzante di ricerche formali e decorative, di sperimentazioni tecniche più o meno riuscite, di perfezionamenti e di indirizzi industriali più o meno duraturi. Avviata inizialmente una produzione che sfrutta il successo e la forza inerziale dei “bianchi” di Faenza, la fabbrica, verso la metà del ‘700, assimila un gusto decorativo ispirato in gran parte a mode europee, specie francesi, e dall’altra a suggestioni esotiche, di fatto le “cineserie”. Cenacolo culturale e centro propulsore di nuove tecnologie, durante la seconda metà del secolo XVIII, la Ferniani, dai tradizionali metodi di lavoro della maiolica si apre alle nuove tecnologie del “piccolo fuoco” e della terraglia, quest’ultima finissima e duttile materia avorio capace di interpretare perfettamente lo spirito e l’eleganza dello stile neoclassico faentino.
Nell’ ‘800 la fabbrica, insieme alla terraglia e alla maiolica tradizionale, saprà ancora tenere la scena accogliendo i migliori esponenti della locale scuola di pittura su ceramica che, imitando la pittura da cavalletto, hanno lasciato delicati paesaggi e intensi ritratti. Si assiste infine nell’ultimo quarto del secolo alla rivalutazione sia delle composizioni plastiche ispirate ai Della Robbia, in cui domina la figura di Giovanni Collina e dei suoi figli, sia del repertorio della maiolica rinascimentale, soprattutto il “raffaellesco”, dando luogo alla corrente eclettica con la quale si chiude l’ultima, feconda stagione della Ferniani, che fu schiacciata dal peso insostenibile delle sue monumentali realizzazioni robbiane e delle sue magistrali e stupefacenti opere uniche di eccelsa pittura, quando ormai molti opifici italiani, sulla spinta del progresso e dello spirito proprio dell’imprenditore, si avviano verso la serialità industriale sia della piastrella sia della vaseria di largo consumo.
La fabbrica Ferniani è dunque la depositaria autorevole dei valori della feconda matrice locale della maiolica faentina. D’altronde, come è vero che alla fine del ‘600 si esauriva la forza del Novus Ordo dei “bianchi”, che aveva portato alla “rifaentinizzazione” della maiolica italiana, al punto che la fama di Faenza sino a quel periodo si può dire che fosse affidata alla fortuna del binomio Faenza-faïence, così è altrettanto vero che dai primi del ‘700, nonostante i “nuovi idoli” della ceramica, la porcellana e la terraglia, l’arte della maiolica con la fabbrica Ferniani si è perpetuata sino al ‘900 nel quasi altrettanto inscindibile e straordinario binomio, Faenza-Ferniani.
Il volume è stato realizzato grazie al contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
04
dicembre 2009
La Fabbrica Ferniani. Ceramiche faentine dal barocco all’eclettismo
04 dicembre 2009
presentazione
Location
ORATORIO DI SAN FILIPPO NERI
Bologna, Via Alessandro Manzoni, 5, (Bologna)
Bologna, Via Alessandro Manzoni, 5, (Bologna)
Vernissage
4 Dicembre 2009, ore 18
Editore
SILVANA EDITORIALE
Curatore