Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Donato Maniello – Screams
Ciascun quadro proposto attinge dal reale. Sono infatti rappresentate persone, conosciute e non dall’artista, alle quali è stato chiesto di essere coinvolte nel progetto, prestando il loro urlo alla fase di rappresentazione.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Screams di Elena Santoni
Ogni essere umano può riconoscere il dolore nella semplice iconografia del volto urlante, giacché il dolore è un’oscura commistione di individuale e totale. E’ proprio l’aspetto collettivo del dolore che permette la sua descrivibilità, che fa in modo che il dolore giunga alla parola e non rimanga l’esperienza muta che è. Se il dolore è descrivibile è a maggior ragione visibile. Queste opere non sono collocate in una dimensione immaginaria, ma sono decisamente realistiche. I quadri sono ridotti all’essenziale, privi di decorazioni o rappresentazioni che nascondano la scelta del soggetto come sostanza morale del bisogno creativo. Le opere sono descrittive, prive di enfasi, esplicitamente figurative, spoglie di decorazione intesa come campo di fascinazione e indeterminatezza che distolga dal principale settore di attenzione su cui si ferma il soggetto. Non c’è spazio per lo sfondo, abbiamo solo il volto col quale siamo obbligati a confrontarci. Rimane solo la mimica facciale, ed il linguaggio del corpo è eliminato.
Donato si avvicina alla tematica classica del senso dell’esistenza e del destino, a ciò che l’uomo non conosce e non sa capire, come ad esempio la sofferenza. In un certo senso la sofferenza è naturale, così com’è naturale che l’uomo sia esposto alla vita. Sotto questo aspetto il dolore è innocente, privo di colpa quanto le sue vittime. Diventa perciò impossibile trovare la causa del dolore, ma solo darne espressione, presentarlo senza la pretesa di capirlo, come è rappresentato in queste opere. Se il dolore ha un motivo, sicuramente è l’impossibilità di difendersi dalla vita.
Ciascun quadro attinge dal reale. Sono infatti rappresentate persone, conosciute e non dall’artista, alle quali è stato chiesto di essere coinvolte nel progetto, prestando il loro urlo alla fase di rappresentazione.
La figurazione è ben salda, in alcuni casi sfocata, come se fosse vista attraverso un vetro che non permette di vedere bene, di conoscere. Il grido è l’apparenza, l’espressione del dolore, ma non il suo significato ultimo. L’immagine è allestita in modo teatrale, dove il patibolo è la sofferenza inflitta e l’urlo l’espressione di dolore. I volti sono frontali, quasi ieratici, hanno qualcosa di sacrale che viene barbaramente violato. Sono visti come le vittime sacrificali della noia e dell’apatia, di chi vuole eliminare e perversamente possedere l’incarnazione dei desideri pulsanti, vitali, agognati ma anche repressi e temuti dalla coscienza. L’origine del dolore è avvolta nel mistero, ma ha senso occuparsi del dolore senza una persona che soffra, come del male senza una vittima che manifesti la sua tragica presenza? Quando il dolore si traduce in ansia e inquietudine, nella paura archetipica della morte, nel terrore di ciò che è opposto alla vita, è possibile il passaggio dal non essere all’essere. La sofferenza può diventare fonte di forza creativa. Nei quadri il rapporto fra stile e soggetto vuole essere veicolo di un senso opposto: indica aspetti che non hanno niente che vedere con l’arte: la morte dell’anima, il disfacimento del sofferente a causa del dolore espresso dall’urlo. Quando la vita è annientata, l’arte è svanita. Per contraddizione, per errore del caso o per una legge superiore, la tematica della disgregazione fisica ed interiore, della perdita di forma si dà proprio attraverso la forma, attraverso la forma dell’arte pittorica figurativa, dove nella rappresentazione predominano valori estetici ed enunciati classici.
Questi volti non sono dei simboli, ma segni di qualcosa di preciso, che indicano in modo inequivocabile il dolore. Sono immagini significato, che si rivolgono ad uno spettatore – testimone con cui l’autore vuole instaurare una relazione. La reazione immediata ed istintiva dell’urlo non si compie solo nel disperato bisogno di esprimere il dolore e liberarsi dalla sofferenza, ma invoca un ascolto, esige un testimone; l’urlo ha necessità di essere sentito.
Ogni essere umano può riconoscere il dolore nella semplice iconografia del volto urlante, giacché il dolore è un’oscura commistione di individuale e totale. E’ proprio l’aspetto collettivo del dolore che permette la sua descrivibilità, che fa in modo che il dolore giunga alla parola e non rimanga l’esperienza muta che è. Se il dolore è descrivibile è a maggior ragione visibile. Queste opere non sono collocate in una dimensione immaginaria, ma sono decisamente realistiche. I quadri sono ridotti all’essenziale, privi di decorazioni o rappresentazioni che nascondano la scelta del soggetto come sostanza morale del bisogno creativo. Le opere sono descrittive, prive di enfasi, esplicitamente figurative, spoglie di decorazione intesa come campo di fascinazione e indeterminatezza che distolga dal principale settore di attenzione su cui si ferma il soggetto. Non c’è spazio per lo sfondo, abbiamo solo il volto col quale siamo obbligati a confrontarci. Rimane solo la mimica facciale, ed il linguaggio del corpo è eliminato.
Donato si avvicina alla tematica classica del senso dell’esistenza e del destino, a ciò che l’uomo non conosce e non sa capire, come ad esempio la sofferenza. In un certo senso la sofferenza è naturale, così com’è naturale che l’uomo sia esposto alla vita. Sotto questo aspetto il dolore è innocente, privo di colpa quanto le sue vittime. Diventa perciò impossibile trovare la causa del dolore, ma solo darne espressione, presentarlo senza la pretesa di capirlo, come è rappresentato in queste opere. Se il dolore ha un motivo, sicuramente è l’impossibilità di difendersi dalla vita.
Ciascun quadro attinge dal reale. Sono infatti rappresentate persone, conosciute e non dall’artista, alle quali è stato chiesto di essere coinvolte nel progetto, prestando il loro urlo alla fase di rappresentazione.
La figurazione è ben salda, in alcuni casi sfocata, come se fosse vista attraverso un vetro che non permette di vedere bene, di conoscere. Il grido è l’apparenza, l’espressione del dolore, ma non il suo significato ultimo. L’immagine è allestita in modo teatrale, dove il patibolo è la sofferenza inflitta e l’urlo l’espressione di dolore. I volti sono frontali, quasi ieratici, hanno qualcosa di sacrale che viene barbaramente violato. Sono visti come le vittime sacrificali della noia e dell’apatia, di chi vuole eliminare e perversamente possedere l’incarnazione dei desideri pulsanti, vitali, agognati ma anche repressi e temuti dalla coscienza. L’origine del dolore è avvolta nel mistero, ma ha senso occuparsi del dolore senza una persona che soffra, come del male senza una vittima che manifesti la sua tragica presenza? Quando il dolore si traduce in ansia e inquietudine, nella paura archetipica della morte, nel terrore di ciò che è opposto alla vita, è possibile il passaggio dal non essere all’essere. La sofferenza può diventare fonte di forza creativa. Nei quadri il rapporto fra stile e soggetto vuole essere veicolo di un senso opposto: indica aspetti che non hanno niente che vedere con l’arte: la morte dell’anima, il disfacimento del sofferente a causa del dolore espresso dall’urlo. Quando la vita è annientata, l’arte è svanita. Per contraddizione, per errore del caso o per una legge superiore, la tematica della disgregazione fisica ed interiore, della perdita di forma si dà proprio attraverso la forma, attraverso la forma dell’arte pittorica figurativa, dove nella rappresentazione predominano valori estetici ed enunciati classici.
Questi volti non sono dei simboli, ma segni di qualcosa di preciso, che indicano in modo inequivocabile il dolore. Sono immagini significato, che si rivolgono ad uno spettatore – testimone con cui l’autore vuole instaurare una relazione. La reazione immediata ed istintiva dell’urlo non si compie solo nel disperato bisogno di esprimere il dolore e liberarsi dalla sofferenza, ma invoca un ascolto, esige un testimone; l’urlo ha necessità di essere sentito.
05
dicembre 2009
Donato Maniello – Screams
Dal 05 al 28 dicembre 2009
arte contemporanea
Location
COMPLESSO MONUMENTALE DELL’ANNUNZIATA
Napoli, Via Dell'Annunziata, 34, (Napoli)
Napoli, Via Dell'Annunziata, 34, (Napoli)
Orario di apertura
lunedì - sabato:
9.00 - 19.00
Vernissage
5 Dicembre 2009, ore 16.30 presso la Sala dell’ Ipogeo
Autore
Curatore