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Raphaël Zarka – Rhombus Sectus
Il percorso espositivo si svolge attraverso una selezione di opere particolarmente significative prodotte negli ultimi quattro anni, testimonianze dell’eclettismo linguistico di questo artista che sembra muoversi con singolare disinvoltura tra i riferimenti alti della storia dell’arte e quelli della street culture.
Comunicato stampa
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Il Centre culturel français de Milan, diretto da settembre 2009 da Olivier Descotes, promuove un ciclo di mostre dal titolo Una certa idea della Francia, che si svolgerà nell’arco di due anni e coinvolgerà artisti francesi e curatori italiani. A partire da gennaio 2010, sei curatori, individuati dal direttore perchè attivi nella promozione dell'arte emergente internazionale, saranno chiamati a realizzare ciascuno una mostra personale o collettiva negli spazi del centro culturale, situati all’interno del Palazzo delle Stelline. Per il 2010 il compito è stato affidato, nell’ordine, a Marcello Smarrelli, Alessandro Rabottini e Simone Menegoi.
La scelta del titolo nasce dal desiderio di sottolineare lo sguardo dei curatori italiani sul panorama delle ultime due generazioni di artisti francesi, un modo per ribadire l’esistenza di un dialogo ininterrotto tra i due Paesi.
Se nell’immaginario collettivo dei francesi “Una certa idea della Francia” richiama la memoria patriottica riferibile al pensiero politico del generale de Gaulle, l’uso che se n’è fatto in queste mostre ha una matrice più intimistica che si ricollega ad un ricordo tutto italiano legato alla serie dei grandi noir francesi (C. Chabrol, P. Granier-Deferre, etc.), curata negli anni Ottanta da Claudio G. Fava e trasmessa dalla Rai. Un caso di memoria televisiva e adolescenziale, racconto di un paesaggio di finzione, che per i giovani italiani che seguirono la serie rappresentò una prima forma di conoscenza e di approccio verso la Francia. Il lavoro degli artisti proposti nelle tre mostre ha il sapore di una “archeologia visiva”, forse per via delle forme che essi usano – accompagnate sempre da qualcosa di arcaico o legata al detrito –, per la loro riflessione sull’architettura – vista come un oggetto sensibile che cambia col tempo –, e per una certa attitudine verso i materiali poveri, di scarto o di riuso, che vengono dotati di una nuova vita.
In questo senso appare paradigmatica la mostra di Raphaël Zarka (Montpellier, 1977, vive e lavora a Parigi), curata da Marcello Smarrelli, prima personale dell’artista in Italia che darà avvio al ciclo, visibile dal 20 gennaio al 30 marzo 2010. Partendo dall’assunto teorico che le forme in natura sono limitate e inevitabilmente si torna sempre a riproporre le stesse in momenti e situazioni diverse della storia, Zarka sembra riecheggiare le tesi dei corsi e ricorsi storici – traslandole dai comportamenti umani agli oggetti - del filosofo napoletano G.B. Vico, secondo cui ciò che si presenta di nuovo nella storia è sempre paragonabile per analogia a ciò che si è già manifestato.
Il percorso espositivo si svolge attraverso una selezione di opere particolarmente significative prodotte negli ultimi quattro anni, testimonianze dell’eclettismo linguistico di questo artista che sembra muoversi con singolare disinvoltura tra i riferimenti alti della storia dell’arte e quelli della street culture.
Influenzato in particolare dall’Arte Povera, dal Minimalismo e dalla Land Art, il lavoro di Zarka si basa su una ricerca quasi scientifica di spazi e di forme da esplorare, guidata dall’esigenza di trovare un ordine agli oggetti, “di organizzare - dice - il caos delle cose che m’interessano”. L’approccio sperimentale verso volumi, geometrie e materiali, gli deriva in gran parte dall’esperienza di skater al quale l’artista ha dedicato molti saggi e lavori, che gli ha permesso di familiarizzare con le superfici dinamiche dello spazio urbano, ma anche dalla passione per l’archeologia, che si riscontra nell’aspetto documentaristico delle sue opere, basate sempre su una ricerca precisa e rigorosa.
Riding Modern Art, une collection photographique autour de Spatial Composition 3 (1928) de Katarzyna Kobro (2007), è un’installazione composta da una serie di undici fotografie di skater che realizzano delle figure su opere d’arte pubblica, e dalla riproduzione di una scultura dell’artista costruttivista polacca Katarzyna Kobro. Le immagini sono solo una selezione della collezione dell’artista che comprende più di circa cinquanta scatti acquisiti da fotografi di skate professionisti. Questo lavoro sottolinea la dinamicità nascosta in molte delle sculture moderne che incontriamo negli spazi aperti: “Ciò che mi colpisce – spiega Zarka – è il fatto che gli skater privilegino un rapporto meccanico con l’opera anziché un rapporto estetico. Per loro, tutto l’interesse di una scultura è dato dalla varietà di movimenti che essa suggerisce”. In questo senso Spatial Composition (1928) di Katarzyna Kobro rappresenta la scultura ideale su cui fare skateboard: appare infatti come una rampa di skate rivisitata secondo i canoni costruttivisti, sintesi fra curva e angolo retto.
Spesso Zarka trae ispirazione da opere di altri artisti, dando origine a diverse categorie di lavori: le sue non sono mai semplici copie, ma interpretazioni (“reprise”); ricostruzioni con oggetti di origine artigianale o industriale (“replique”); riproduzioni di oggetti virtuali; ready-made intesi come oggetti ritrovati elevati al rango di opera d’arte. A quest’ultimo genere appartiene l’opera in mostra Préfiguration de la Collection des Rhombis (2008), composta da una copia del trattato del frate matematico Luca Pacioli, Divina proporzione, sul quale sono posti due piccoli rombicubottaedri metallici con tutte le facce forate e filettate. La figura del rombicubottaedro compare in più opere dell’artista: si tratta di un poliedro con ventisei facce, quarantotto spigoli e ventiquattro vertici, raffigurato nel ritratto di Luca Pacioli dipinto da Jacopo de Barbari (1495). In questo lavoro, all'interno del trattato cinquecentesco, sono stati inseriti alcuni segnalibri che illustrano i rombi in diversi contesti.
Quando Zarka utilizza la fotografia lo fa sempre con l’atteggiamento dello scultore che cerca di documentare al meglio la sua opera, come usava fare Medardo Rosso. “Cerco prima di tutto forme astratte, nel senso proprio del termine: isolate dal contesto, come le parentesi in un racconto. Les Formes du repos ne sono l’esempio migliore”, così Raphaël Zarka introduce la serie di fotografie che ha iniziato a scattare nel 2001 e che aggiorna continuamente. Forme du repos nº9 (2006), in mostra, fa parte di questo progetto aperto che costituisce un’altra collezione di oggetti, questa volta in cemento, immortalati dall’artista come se fossero delle “sculture involontarie”. Il criterio con cui Zarka sceglie queste strutture non si basa sulla loro eventuale somiglianza con opere moderne, non ci sono allusioni o riferimenti, c’è piuttosto un effetto di riconoscimento: “È necessario - spiega l’artista - che l’oggetto mi sia familiare, che possa trovare per quest’ultimo un luogo in un intreccio di storie e di forme, una rete di conoscenza che mi sia propria”.
L’attitudine di Zarka a documentare e a collezionare si riscontra anche nella foto usata per l’invito, in cui l’artista appare intento a misurare due enigmatici volumi geometrici in cemento trovati casualmente nel 2001 percorrendo una strada nel sud della Francia: il suo primo incontro con i rombicubottaedri. Solo più tardi Zarka scoprirà di cosa si trattava, grazie a un disegno di Leonardo da Vinci che illustrò i rombi nel trattato di Pacioli. Da allora l’artista ha dato vita alla collezione di oggetti e immagini che riproducono quella forma, come altrettante testimonianze della sua presenza nel mondo. Gli inviti che l’artista realizza vengono considerati come opere autonome e parte di una collezione che si arricchisce in occasione di ogni nuova mostra.
Chiude il percorso espositivo l’opera che dà il titolo alla mostra, Rhombus Sectus (2009). Realizzato in occasione del 500° anniversario della pubblicazione del Divina proporzione, il film ha come soggetto la Biblioteca Nazionale di Minsk in Bielorussia, costruita tra il 2001 e il 2006 dagli architetti Vinogradov e Kamarenko. Le immagini sottolineano il contrasto, all’interno dello spazio urbano, fra lo scenario della vita quotidiana e la presenza metafisica e monumentale della Biblioteca. L’edificio, con i suoi ventidue piani e settantadue metri di altezza, è attualmente il più grande e il più sorprendente rombicubottaedro esistente al mondo e probabilmente il pezzo più importante della collezione di rombi di Zarka.
Al termine dell’intero ciclo di mostre sarà pubblicato un catalogo con un video di Anton Giulio Onofri.
Rhombus Sectus apre in contemporanea alla mostra/evento, presentata da Careof DOCVA, dal titolo Documents d’artistes (Milano, 19 gennaio – 27 marzo 2010) e curata da Chiara Agnello, Katia Anguelova e Guillaume Mansart, che nasce da un progetto di interscambio culturale fra Italia e Francia, in particolare fra Milano e Marsiglia.
Raphaël Zarka ha studiato alla Winchester School of Art e all'Ecole nationale supérieure des beaux-arts di Parigi. Ha esposto in numerosi spazi pubblici e privati in Francia e all’estero. Fra le mostre personali più recenti ricordiamo: Geometry Improved, Museum of Modern Art, Oxford (2009); L'abbé Nollet, Les Eglises, contemporary art center, Chelles (2009); Ratiocination, galerie Michel Rein, Parigi (2008). Fra quelle collettive, nel 2009: Le jardin aux sentiers qui bifurquent, Kunsthalle Mulhouse; Laura Bartlett gallery, Londra; Altri discorsi, Careof, Milano; Les Archipels réinventés/ les 10 ans du Prix d'entreprise Ricard, Centre Pompidou, Parigi. Nel 2008: Les Feuilles, Super, Parigi; Palais de Tokyo, Parigi; Foyer: language and space at the border, Contemporary Art Centre, Vilnius, Lithuania.
Nel 2008 vince la X edizione del Prix Fondation d’entreprise Ricard. È autore di due libri sullo skateboard: Une journée sans vague. Chronologie lacunaire du skateboard (2005) e La conjonction interdite. Notes sur le skateboard (2007).
La scelta del titolo nasce dal desiderio di sottolineare lo sguardo dei curatori italiani sul panorama delle ultime due generazioni di artisti francesi, un modo per ribadire l’esistenza di un dialogo ininterrotto tra i due Paesi.
Se nell’immaginario collettivo dei francesi “Una certa idea della Francia” richiama la memoria patriottica riferibile al pensiero politico del generale de Gaulle, l’uso che se n’è fatto in queste mostre ha una matrice più intimistica che si ricollega ad un ricordo tutto italiano legato alla serie dei grandi noir francesi (C. Chabrol, P. Granier-Deferre, etc.), curata negli anni Ottanta da Claudio G. Fava e trasmessa dalla Rai. Un caso di memoria televisiva e adolescenziale, racconto di un paesaggio di finzione, che per i giovani italiani che seguirono la serie rappresentò una prima forma di conoscenza e di approccio verso la Francia. Il lavoro degli artisti proposti nelle tre mostre ha il sapore di una “archeologia visiva”, forse per via delle forme che essi usano – accompagnate sempre da qualcosa di arcaico o legata al detrito –, per la loro riflessione sull’architettura – vista come un oggetto sensibile che cambia col tempo –, e per una certa attitudine verso i materiali poveri, di scarto o di riuso, che vengono dotati di una nuova vita.
In questo senso appare paradigmatica la mostra di Raphaël Zarka (Montpellier, 1977, vive e lavora a Parigi), curata da Marcello Smarrelli, prima personale dell’artista in Italia che darà avvio al ciclo, visibile dal 20 gennaio al 30 marzo 2010. Partendo dall’assunto teorico che le forme in natura sono limitate e inevitabilmente si torna sempre a riproporre le stesse in momenti e situazioni diverse della storia, Zarka sembra riecheggiare le tesi dei corsi e ricorsi storici – traslandole dai comportamenti umani agli oggetti - del filosofo napoletano G.B. Vico, secondo cui ciò che si presenta di nuovo nella storia è sempre paragonabile per analogia a ciò che si è già manifestato.
Il percorso espositivo si svolge attraverso una selezione di opere particolarmente significative prodotte negli ultimi quattro anni, testimonianze dell’eclettismo linguistico di questo artista che sembra muoversi con singolare disinvoltura tra i riferimenti alti della storia dell’arte e quelli della street culture.
Influenzato in particolare dall’Arte Povera, dal Minimalismo e dalla Land Art, il lavoro di Zarka si basa su una ricerca quasi scientifica di spazi e di forme da esplorare, guidata dall’esigenza di trovare un ordine agli oggetti, “di organizzare - dice - il caos delle cose che m’interessano”. L’approccio sperimentale verso volumi, geometrie e materiali, gli deriva in gran parte dall’esperienza di skater al quale l’artista ha dedicato molti saggi e lavori, che gli ha permesso di familiarizzare con le superfici dinamiche dello spazio urbano, ma anche dalla passione per l’archeologia, che si riscontra nell’aspetto documentaristico delle sue opere, basate sempre su una ricerca precisa e rigorosa.
Riding Modern Art, une collection photographique autour de Spatial Composition 3 (1928) de Katarzyna Kobro (2007), è un’installazione composta da una serie di undici fotografie di skater che realizzano delle figure su opere d’arte pubblica, e dalla riproduzione di una scultura dell’artista costruttivista polacca Katarzyna Kobro. Le immagini sono solo una selezione della collezione dell’artista che comprende più di circa cinquanta scatti acquisiti da fotografi di skate professionisti. Questo lavoro sottolinea la dinamicità nascosta in molte delle sculture moderne che incontriamo negli spazi aperti: “Ciò che mi colpisce – spiega Zarka – è il fatto che gli skater privilegino un rapporto meccanico con l’opera anziché un rapporto estetico. Per loro, tutto l’interesse di una scultura è dato dalla varietà di movimenti che essa suggerisce”. In questo senso Spatial Composition (1928) di Katarzyna Kobro rappresenta la scultura ideale su cui fare skateboard: appare infatti come una rampa di skate rivisitata secondo i canoni costruttivisti, sintesi fra curva e angolo retto.
Spesso Zarka trae ispirazione da opere di altri artisti, dando origine a diverse categorie di lavori: le sue non sono mai semplici copie, ma interpretazioni (“reprise”); ricostruzioni con oggetti di origine artigianale o industriale (“replique”); riproduzioni di oggetti virtuali; ready-made intesi come oggetti ritrovati elevati al rango di opera d’arte. A quest’ultimo genere appartiene l’opera in mostra Préfiguration de la Collection des Rhombis (2008), composta da una copia del trattato del frate matematico Luca Pacioli, Divina proporzione, sul quale sono posti due piccoli rombicubottaedri metallici con tutte le facce forate e filettate. La figura del rombicubottaedro compare in più opere dell’artista: si tratta di un poliedro con ventisei facce, quarantotto spigoli e ventiquattro vertici, raffigurato nel ritratto di Luca Pacioli dipinto da Jacopo de Barbari (1495). In questo lavoro, all'interno del trattato cinquecentesco, sono stati inseriti alcuni segnalibri che illustrano i rombi in diversi contesti.
Quando Zarka utilizza la fotografia lo fa sempre con l’atteggiamento dello scultore che cerca di documentare al meglio la sua opera, come usava fare Medardo Rosso. “Cerco prima di tutto forme astratte, nel senso proprio del termine: isolate dal contesto, come le parentesi in un racconto. Les Formes du repos ne sono l’esempio migliore”, così Raphaël Zarka introduce la serie di fotografie che ha iniziato a scattare nel 2001 e che aggiorna continuamente. Forme du repos nº9 (2006), in mostra, fa parte di questo progetto aperto che costituisce un’altra collezione di oggetti, questa volta in cemento, immortalati dall’artista come se fossero delle “sculture involontarie”. Il criterio con cui Zarka sceglie queste strutture non si basa sulla loro eventuale somiglianza con opere moderne, non ci sono allusioni o riferimenti, c’è piuttosto un effetto di riconoscimento: “È necessario - spiega l’artista - che l’oggetto mi sia familiare, che possa trovare per quest’ultimo un luogo in un intreccio di storie e di forme, una rete di conoscenza che mi sia propria”.
L’attitudine di Zarka a documentare e a collezionare si riscontra anche nella foto usata per l’invito, in cui l’artista appare intento a misurare due enigmatici volumi geometrici in cemento trovati casualmente nel 2001 percorrendo una strada nel sud della Francia: il suo primo incontro con i rombicubottaedri. Solo più tardi Zarka scoprirà di cosa si trattava, grazie a un disegno di Leonardo da Vinci che illustrò i rombi nel trattato di Pacioli. Da allora l’artista ha dato vita alla collezione di oggetti e immagini che riproducono quella forma, come altrettante testimonianze della sua presenza nel mondo. Gli inviti che l’artista realizza vengono considerati come opere autonome e parte di una collezione che si arricchisce in occasione di ogni nuova mostra.
Chiude il percorso espositivo l’opera che dà il titolo alla mostra, Rhombus Sectus (2009). Realizzato in occasione del 500° anniversario della pubblicazione del Divina proporzione, il film ha come soggetto la Biblioteca Nazionale di Minsk in Bielorussia, costruita tra il 2001 e il 2006 dagli architetti Vinogradov e Kamarenko. Le immagini sottolineano il contrasto, all’interno dello spazio urbano, fra lo scenario della vita quotidiana e la presenza metafisica e monumentale della Biblioteca. L’edificio, con i suoi ventidue piani e settantadue metri di altezza, è attualmente il più grande e il più sorprendente rombicubottaedro esistente al mondo e probabilmente il pezzo più importante della collezione di rombi di Zarka.
Al termine dell’intero ciclo di mostre sarà pubblicato un catalogo con un video di Anton Giulio Onofri.
Rhombus Sectus apre in contemporanea alla mostra/evento, presentata da Careof DOCVA, dal titolo Documents d’artistes (Milano, 19 gennaio – 27 marzo 2010) e curata da Chiara Agnello, Katia Anguelova e Guillaume Mansart, che nasce da un progetto di interscambio culturale fra Italia e Francia, in particolare fra Milano e Marsiglia.
Raphaël Zarka ha studiato alla Winchester School of Art e all'Ecole nationale supérieure des beaux-arts di Parigi. Ha esposto in numerosi spazi pubblici e privati in Francia e all’estero. Fra le mostre personali più recenti ricordiamo: Geometry Improved, Museum of Modern Art, Oxford (2009); L'abbé Nollet, Les Eglises, contemporary art center, Chelles (2009); Ratiocination, galerie Michel Rein, Parigi (2008). Fra quelle collettive, nel 2009: Le jardin aux sentiers qui bifurquent, Kunsthalle Mulhouse; Laura Bartlett gallery, Londra; Altri discorsi, Careof, Milano; Les Archipels réinventés/ les 10 ans du Prix d'entreprise Ricard, Centre Pompidou, Parigi. Nel 2008: Les Feuilles, Super, Parigi; Palais de Tokyo, Parigi; Foyer: language and space at the border, Contemporary Art Centre, Vilnius, Lithuania.
Nel 2008 vince la X edizione del Prix Fondation d’entreprise Ricard. È autore di due libri sullo skateboard: Une journée sans vague. Chronologie lacunaire du skateboard (2005) e La conjonction interdite. Notes sur le skateboard (2007).
20
gennaio 2010
Raphaël Zarka – Rhombus Sectus
Dal 20 gennaio al 30 marzo 2010
arte contemporanea
Location
CENTRE CULTUREL FRANÇAIS
Milano, Corso Magenta, 63, (Milano)
Milano, Corso Magenta, 63, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato dalle 15.00 alle 19.00 (lun./dom. chiuso)
Vernissage
20 Gennaio 2010, ore 18.30
Autore
Curatore