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Alexander Kantarovsky
Per la sua prima personale presso la galleria AMT | TORRI & GEMINIAN, Alexander Kantarovsky (Mosca, 1982) presenterà una serie di lavori comprendente alcune tele, lavori su carta e un video.
Comunicato stampa
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Per la sua prima personale presso la galleria AMT | TORRI & GEMINIAN, Alexander Kantarovsky (Mosca, 1982) presenterà una serie di lavori comprendente alcune tele, lavori su carta e un video.
Abbandonata la Russia nel 1992, all’indomani della caduta del regime sovietico ed emigrato negli Stati Uniti, egli ha intrapreso una ricerca fondata su un attento studio delle varie correnti artistiche, culturali e del design dell'epoca della Guerra Fredda e degli anni che la precedono.
Il titolo della mostra è un termine utilizzato in molteplici ambiti quali la biologia, l’economia e la politica.
In questo caso, l’accezione più congeniale al nostro contesto è quella desunta dalla biologia, che definisce il
mutualismo una forma d’interazione tra due individui di specie diversa, grazie alla quale entrambi riescono a
sopravvivere.
Così, nelle opere in mostra sono frequenti le giustapposizioni tra sfere e situazioni tra di loro opposte che, tuttavia, si integrano.
Parallelamente questo discorso può essere applicato alla storia e alle relazioni politiche intercorse tra gli Stati Uniti e la Russia negli anni della Guerra Fredda: le due potenze sono sempre state in competizione anche dal punto di vista culturale (nelle arti, nella musica, ecc.), eppure le diverse tendenze sono diventate mutualismi allo stesso modo in cui la storia, capovolgendosi, ha cercato di creare l’odierna globalizzazione dell’arte contemporanea.
Le tre grandi tele si ispirano, per l’ambientazione, al teatro d’avanguardia russa al volgere dell’ 800 (il teatro biomeccanico di Vsevolod Meyerhold) e per lo stile al movimento artistico Non-Conformista degli anni ’60, in una maniera che evoca il simbolismo realista del XIX secolo.
L’effetto finale è una contraddizione perché il soggetto rappresentato è in opposizione con lo stile con il quale è riprodotto.
Le altre tele presentano il medesimo incrocio di stili e informazioni – non è chiaro se i dipinti sono astratti, figurativi o se mostrino la mano dell’artista.
L’icona del profilo, riproposta in diversi lavori, fuoriesce dalle coordinate spazio-temporali per trasmettere un messaggio culturale che è, paradossalmente, sia generale che specifico.
In una tela viene riproposta un’illustrazione del caricaturista danese comunista Herluf Bidstrup, attraversata da un deciso tratto di pittura nera, come a volerla cancellare, criticare.
La comprensione del dipinto da parte dello spettatore è, quindi, ostacolata da segni e segnali che rendono precaria, incerta la sua bellezza e lo pongono di fronte ad una serie d’interrogativi: cosa vuole inscenare e che messaggio vuole trasmettere l’artista? Egli ama l’astrattismo o crede nella pittura figurativa?
Lo spettatore rimane così sospeso tra uno spazio di pura e tradizionale bellezza pittorica e l’ironia, frattura peraltro esistente tra l’arte del Realismo Socialista Sovietico e l’arte contemporanea occidentale e che rimarca l’identità dell’artista, le sue radici e l’arte che lo ha formato (sia quella sovietica che quella americana).
Il Video racchiude in sé tutte le intenzioni dell’artista.
Le frasi, qui proposte come se fossero gli incipit di ricordi o di storie, sono ripetutamente interrotte da un premeditato incidente; questo metodo ci riporta alla mente certi espedienti cinematografici utilizzati per rappresentare il cosiddetto “blocco dello scrittore” o per trasmettere cattivi presagi.
Ciò che accade nel Video è assimilabile all’esperienza di una persona colpita da amnesia o da mutismo, incapace di formulare mentalmente o verbalmente un pensiero compiuto perché qualcosa (in questo caso l’inchiostro che si rovescia) glielo impedisce.
Lo stile in cui è stato concepito e realizzato rimanda alla video art degli anni ‘70 e ’80 del Novecento; in particolare per le sue inquadrature semplici e ravvicinate e la sua immediata comprensione ricorda i primi video di Jack Goldstein, che visse e lavorò a Los Angeles, dove attualmente risiede l’artista.
La mostra è accompagnata da un libro contenente testi e immagini utili alla comprensione delle opere e volti a guidare lo spettatore nella scoperta del mondo dell’artista (le sue origini, la sua ricerca, le sue letture, i suoi ricordi).
Abbandonata la Russia nel 1992, all’indomani della caduta del regime sovietico ed emigrato negli Stati Uniti, egli ha intrapreso una ricerca fondata su un attento studio delle varie correnti artistiche, culturali e del design dell'epoca della Guerra Fredda e degli anni che la precedono.
Il titolo della mostra è un termine utilizzato in molteplici ambiti quali la biologia, l’economia e la politica.
In questo caso, l’accezione più congeniale al nostro contesto è quella desunta dalla biologia, che definisce il
mutualismo una forma d’interazione tra due individui di specie diversa, grazie alla quale entrambi riescono a
sopravvivere.
Così, nelle opere in mostra sono frequenti le giustapposizioni tra sfere e situazioni tra di loro opposte che, tuttavia, si integrano.
Parallelamente questo discorso può essere applicato alla storia e alle relazioni politiche intercorse tra gli Stati Uniti e la Russia negli anni della Guerra Fredda: le due potenze sono sempre state in competizione anche dal punto di vista culturale (nelle arti, nella musica, ecc.), eppure le diverse tendenze sono diventate mutualismi allo stesso modo in cui la storia, capovolgendosi, ha cercato di creare l’odierna globalizzazione dell’arte contemporanea.
Le tre grandi tele si ispirano, per l’ambientazione, al teatro d’avanguardia russa al volgere dell’ 800 (il teatro biomeccanico di Vsevolod Meyerhold) e per lo stile al movimento artistico Non-Conformista degli anni ’60, in una maniera che evoca il simbolismo realista del XIX secolo.
L’effetto finale è una contraddizione perché il soggetto rappresentato è in opposizione con lo stile con il quale è riprodotto.
Le altre tele presentano il medesimo incrocio di stili e informazioni – non è chiaro se i dipinti sono astratti, figurativi o se mostrino la mano dell’artista.
L’icona del profilo, riproposta in diversi lavori, fuoriesce dalle coordinate spazio-temporali per trasmettere un messaggio culturale che è, paradossalmente, sia generale che specifico.
In una tela viene riproposta un’illustrazione del caricaturista danese comunista Herluf Bidstrup, attraversata da un deciso tratto di pittura nera, come a volerla cancellare, criticare.
La comprensione del dipinto da parte dello spettatore è, quindi, ostacolata da segni e segnali che rendono precaria, incerta la sua bellezza e lo pongono di fronte ad una serie d’interrogativi: cosa vuole inscenare e che messaggio vuole trasmettere l’artista? Egli ama l’astrattismo o crede nella pittura figurativa?
Lo spettatore rimane così sospeso tra uno spazio di pura e tradizionale bellezza pittorica e l’ironia, frattura peraltro esistente tra l’arte del Realismo Socialista Sovietico e l’arte contemporanea occidentale e che rimarca l’identità dell’artista, le sue radici e l’arte che lo ha formato (sia quella sovietica che quella americana).
Il Video racchiude in sé tutte le intenzioni dell’artista.
Le frasi, qui proposte come se fossero gli incipit di ricordi o di storie, sono ripetutamente interrotte da un premeditato incidente; questo metodo ci riporta alla mente certi espedienti cinematografici utilizzati per rappresentare il cosiddetto “blocco dello scrittore” o per trasmettere cattivi presagi.
Ciò che accade nel Video è assimilabile all’esperienza di una persona colpita da amnesia o da mutismo, incapace di formulare mentalmente o verbalmente un pensiero compiuto perché qualcosa (in questo caso l’inchiostro che si rovescia) glielo impedisce.
Lo stile in cui è stato concepito e realizzato rimanda alla video art degli anni ‘70 e ’80 del Novecento; in particolare per le sue inquadrature semplici e ravvicinate e la sua immediata comprensione ricorda i primi video di Jack Goldstein, che visse e lavorò a Los Angeles, dove attualmente risiede l’artista.
La mostra è accompagnata da un libro contenente testi e immagini utili alla comprensione delle opere e volti a guidare lo spettatore nella scoperta del mondo dell’artista (le sue origini, la sua ricerca, le sue letture, i suoi ricordi).
10
dicembre 2009
Alexander Kantarovsky
Dal 10 dicembre 2009 al 29 gennaio 2010
arte contemporanea
Location
AMT | TORRI & GEMINIAN
Milano, Via Lamberto De Bernardi, 1, (Milano)
Milano, Via Lamberto De Bernardi, 1, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a venerdì ore 15 - 19
Vernissage
10 Dicembre 2009, ore 18.30
Autore