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Maurizio Fontanelli – Prove abbandono nave. Poesie per Maurizio
Mostra di opere grafiche di Maurizio Fontanelli ispirate all’omonima
raccolta di Giorgio Fontanelli .
Comunicato stampa
Segnala l'evento
"I lavori qui esposti possono e devono essere approcciati con più
chiavi di lettura.
Vogliono essere innanzitutto una riflessione/indagine sulla morte.
Ho cercato di condurla con sincerità, senza retorica intellettuale;
con il rispetto, l'umiltà e il pudore che ogni artista dovrebbe avere
ogni qual volta si confronta con la vita, con l'ambizione/presunzione
di descriverla e in qualche modo di spiegarla; cercando di sostituirsi
momentaneamente a Dio o chi per lui, oppure chiedendone in prestito
l'onnipotenza creatrice, per spiare i segreti che sono a fondamento
dell'esistenza.
Questi lavori vogliono realizzare una sorta di dialogo tra me vivo, da
sempre accompagnato dal pensiero della precarietà e della caducità
delle cose, e mio padre che in questa ultima raccolta la morte
cominciava a intravvederla e a viverla davvero.
In questi casi possono verificarsi due sole possibilità:
l'arte cede il passo alla vita reale, ammettendo l'inadeguatezza e
inopportunità della propria azione;
oppure essa procede senza alcun secondo fine se non quello di lasciar
fluire naturalmente i sentimenti e le sensazioni.
Ed è proprio questo che mio padre è riuscito a realizzare, credo, e
che io ho cercato timidamente di imitare, cercando di entrare in
sintonia con l'umore malinconico che pervade l'intera raccolta,
sospesa tra il ricordo struggente del passato e lo sguardo sgomento e
disincantato volto verso la fine incombente, che spesso appare come un
buio senza speranza inflittoci da un dio beffardo e lontano.
Tra la morte e il suo racconto vi è la stessa differenza che sussiste
tra vivere un fatto tragico di cronaca che accade ed esiste
"semplicemente", senza preavviso e programmazione in tutta la sua
brutalità; e il racconto fatto a tavolino dal giornalista/spettatore:
anche qualora sia guidato dalla volontà di farne un semplice resoconto
egli degenererà inesorabilmente verso la retorica. La vita è nuda e
cruda, non ha bisogno di orpelli, di colonne sonore: ogni aggiunta
risulterà fatalmente superflua e fastidiosa.
Quando si è occupati a vivere la vita non ci sfiora minimamente il
pensiero di tradurre in arte ciò che stiamo vivendo: l'arte arriva
sempre dopo la vita: essa, quando scaturisce da un artista vero, può
approfondire, spiegare, svelare la sua essenza; in caso contrario la
appesantirà, falsificherà, mistificherà, svilirà.
Rischierà di divenire uno strumento patetico, ridicolo, inutile nelle
mani di un egocentrico ammalato di immortalità; che gioca a simulare
sentimenti ma in realtà svilisce il suo proposito, svende la sua
anima, e si compiace di una masturbazione sterile, patetica ed
autocelebrativa.
L'arte deve essere una conseguenza naturale del vivere; non un vezzo,
uno status symbol, un talento da mercificare e prostituire a vantaggio
del miglior offerente.
Questi lavori vogliono essere anche un modesto atto di ringraziamento
rivolto a mio padre che mi ha eletto così spesso e non so quanto
meritatamente a suo interlocutore;
vogliono essere anche un atto di scusa verso di lui, per non essere
stato spiritualmente presente come avrei voluto durante la sua
malattia; per la mia immaturità, per il mio riserbo ingiustificato,
per i miei silenzi.
Vogliono essere un atto di scusa verso i miei genitori che avrebbero
meritato un figlio meno complicato e più spensierato e nonostante
questo mi hanno dato una vita meravigliosa.
In fondo sono riuscito forse nell'impresa di essere più idealista di
mio padre: quanto più grande è il mio amore per la vita, tanto più
grande il mio sgomento e la mia incredulità di fronte alla sua fine."
chiavi di lettura.
Vogliono essere innanzitutto una riflessione/indagine sulla morte.
Ho cercato di condurla con sincerità, senza retorica intellettuale;
con il rispetto, l'umiltà e il pudore che ogni artista dovrebbe avere
ogni qual volta si confronta con la vita, con l'ambizione/presunzione
di descriverla e in qualche modo di spiegarla; cercando di sostituirsi
momentaneamente a Dio o chi per lui, oppure chiedendone in prestito
l'onnipotenza creatrice, per spiare i segreti che sono a fondamento
dell'esistenza.
Questi lavori vogliono realizzare una sorta di dialogo tra me vivo, da
sempre accompagnato dal pensiero della precarietà e della caducità
delle cose, e mio padre che in questa ultima raccolta la morte
cominciava a intravvederla e a viverla davvero.
In questi casi possono verificarsi due sole possibilità:
l'arte cede il passo alla vita reale, ammettendo l'inadeguatezza e
inopportunità della propria azione;
oppure essa procede senza alcun secondo fine se non quello di lasciar
fluire naturalmente i sentimenti e le sensazioni.
Ed è proprio questo che mio padre è riuscito a realizzare, credo, e
che io ho cercato timidamente di imitare, cercando di entrare in
sintonia con l'umore malinconico che pervade l'intera raccolta,
sospesa tra il ricordo struggente del passato e lo sguardo sgomento e
disincantato volto verso la fine incombente, che spesso appare come un
buio senza speranza inflittoci da un dio beffardo e lontano.
Tra la morte e il suo racconto vi è la stessa differenza che sussiste
tra vivere un fatto tragico di cronaca che accade ed esiste
"semplicemente", senza preavviso e programmazione in tutta la sua
brutalità; e il racconto fatto a tavolino dal giornalista/spettatore:
anche qualora sia guidato dalla volontà di farne un semplice resoconto
egli degenererà inesorabilmente verso la retorica. La vita è nuda e
cruda, non ha bisogno di orpelli, di colonne sonore: ogni aggiunta
risulterà fatalmente superflua e fastidiosa.
Quando si è occupati a vivere la vita non ci sfiora minimamente il
pensiero di tradurre in arte ciò che stiamo vivendo: l'arte arriva
sempre dopo la vita: essa, quando scaturisce da un artista vero, può
approfondire, spiegare, svelare la sua essenza; in caso contrario la
appesantirà, falsificherà, mistificherà, svilirà.
Rischierà di divenire uno strumento patetico, ridicolo, inutile nelle
mani di un egocentrico ammalato di immortalità; che gioca a simulare
sentimenti ma in realtà svilisce il suo proposito, svende la sua
anima, e si compiace di una masturbazione sterile, patetica ed
autocelebrativa.
L'arte deve essere una conseguenza naturale del vivere; non un vezzo,
uno status symbol, un talento da mercificare e prostituire a vantaggio
del miglior offerente.
Questi lavori vogliono essere anche un modesto atto di ringraziamento
rivolto a mio padre che mi ha eletto così spesso e non so quanto
meritatamente a suo interlocutore;
vogliono essere anche un atto di scusa verso di lui, per non essere
stato spiritualmente presente come avrei voluto durante la sua
malattia; per la mia immaturità, per il mio riserbo ingiustificato,
per i miei silenzi.
Vogliono essere un atto di scusa verso i miei genitori che avrebbero
meritato un figlio meno complicato e più spensierato e nonostante
questo mi hanno dato una vita meravigliosa.
In fondo sono riuscito forse nell'impresa di essere più idealista di
mio padre: quanto più grande è il mio amore per la vita, tanto più
grande il mio sgomento e la mia incredulità di fronte alla sua fine."
07
novembre 2009
Maurizio Fontanelli – Prove abbandono nave. Poesie per Maurizio
Dal 07 al 21 novembre 2009
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
NUOVO TEATRO DELLE COMMEDIE
Livorno, Via Giuseppe Maria Terreni, 3, (Livorno)
Livorno, Via Giuseppe Maria Terreni, 3, (Livorno)
Orario di apertura
dalle ore 16 alle 19 Domenica e Lunedì chiuso
Vernissage
7 Novembre 2009, ore 18 Reading a cura di Beppe Ranucci, Simona Del Cittadino, Maila Nosiglia e Roberta Perone. Musiche originali di Jacopo Aliboni.
Sito web
www.mauriziofontanelli.it
Autore