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il catalogo di stupri e gravidanze forzose; parricidi, matricidi e cannibalismi
che costellano la mitologia non solo occidentale. Quanto basta per convincersi
della potenza germinale del gesto violento; quanto basta perché Eve Sussman (Inghilterra,
1961; vive a New York) scelga di appropriarsi della leggenda per farne specchio
dell’attualità, in un’allegoria simmetrica che sfalsa i piani narrativi
annullando le distanze temporali, in una riuscita compenetrazione fra reale e
ideale.
Oltre
la videoarte, verso il cinema d’artista: per la prima volta
nel nostro Paese ecco gli oltre 80 minuti de Il Ratto delle Sabine,
prodotto collettivo di una Rufus Corporation che, per fluidità creativa, echeggia
gli esperimenti “cooperativistici” della factory warholiana; e che mette
sul piatto un prodotto intenso, intrepido, concettualmente ineccepibile e
visivamente coinvolgente.
Tema:
raccontare la crisi della società dei consumi, il bluff del boom;
la grande illusione data da “cose migliori per una vita migliore grazie alla
chimica”, direbbe Don DeLillo. Svolgimento: un film
senza dialoghi, a significare l’impoverimento della socialità e delle relazioni
di gruppo; un parallelo inquietante, quello con Il Ratto delle Sabine,
nel riferimento parodistico a una civiltà costruita con i mattoni della
violenza e della prevaricazione, dell’appropriazione indebita di carne altrui.
Una narrazione in cinque atti, quasi i movimenti di una sinfonia: il crescendo
di una tensione emotiva che si chiude nella morbida e sensuale battaglia
finale, più una danza drammatica che una lotta vera e propria, figlia dei
riferimenti a Poussin e a David. Curiosamente affine, non solo
per senso della monumentalità, alle ultime prove di Matteo Basilè.
Ulteriore
scarto fra passato e presente è dato dal tuffo nei pieni anni ‘60,
nell’individuazione dell’oggetto di design
come simbolo per la dissoluzione di una società che è accostamento
paratattico di solitudini, e non amalgama, non unione reale, non condivisione.
Spettrali ritmi rallentati, quasi annullati, nella lunga scena girata
all’interno di una splendida villa in stile; volti pietrificati, pose congelate
in un trionfo dell’estetica pura, fine a se stessa.
Questo
lo spazio dell’intimità: al di fuori dominano invece paesaggi riarsi,
crudi e spigolosi, mediterranei al punto da ricordare Pasolini. Paesaggi
catturati in Grecia, però: perché la Sussman sostiene che l’Italia, oggi, abbia
perso l’autentica ancestrale brutalità che la faceva terra di miti, degna delle
pagine – profumate di sangue e mirto – che Jean Giono dedicò a suo tempo alla Provenza. Il
Ratto delle Sabine non fa per l’Italia, Paese certo non moderno, a questo
punto nemmeno più Paese antico. Italia paese semplicemente,
desolatamente, vecchio.
Arte in film: Marinella Senatore
Riferimenti alti nei gruppi monumentali di
Matteo Basilé
francesco
sala
mostra
visitata il 13 febbraio 2011
dal 20 gennaio al 19 marzo 2011
Eve Sussman &
Rufus Corporation – Il Ratto delle Sabine
Impronte Contemporary Art
Via Montevideo, 11 (zona Porta Genova) – 20144 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 15-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0248008983; info@impronteart.com; www.impronteart.com
[exibart]