La gioia per la vita, l’entusiasmo per la pittura, la spiritualità dell’anima: sono questi gli ingredienti principali dell’arte di Graziella Schenetti. Questa sua prima mostra personale tutta reggiana è una tappa importante che segna il traguardo della prima maturità.

Una sperimentazione artistica che dura ormai da diversi anni, che la vede impegnata in una continua ricerca avventurandosi sui percorsi dell’anima, infiniti, misteriosi, sempre candidi e sinceri, proprio come Graziella. Il suo lavoro non è una montatura, un lavoro su commissione, ma la pura manifestazione della sua interiorità in continua tensione, in continua lotta per riuscire a scavare sempre più in profondità quell’eterno mistero che è l’essere umano, la sua psiche e il suo cuore.

Questa mostra allestita nella suggestiva sala del Palazzo del Capitano nel cuore di Reggio, è a tutti gli effetti un’antologica, dove in poche opere simboliche è possibile leggere e comprendere il cammino della pittrice dagli esordi fino alle ultime tendenze. Il filo conduttore è l’anima, che si può manifestare in diversi modi, dagli splendidi paesaggi, talvolta ispirati dalla sua terra natia caratterizzata dalla dolcezza delle colline, alla delicatezza raffinata delle chine fino ad arrivare ai “bianchi” veri e propri capolavori che riassumono in toto la ricerca di questi anni.

I “bianchi” se da una parte sono la conquista di Graziella, sono anche però un punto di partenza per esplorare altri mondi ancora sconosciuti che lei, come i grandi esploratori dei secoli scorsi, vorrebbe conoscere e poter “fermare” eternamente sulla tela per renderci partecipi di quelle emozioni nuove di cui ancora non possiamo avere idea. Sì, perché Graziella non è autoreferenziale, ma ogni sua pennellata è un meraviglioso regalo per chi si ferma ad ammirare la sua creazione. La sua arte non è un egoistico ed egocentrico mezzo utilizzato esclusivamente per parlare di se stessa, ma un’apertura verso gli altri,verso chi ha voglia di tuffarsi nell’incontaminato e allo stesso tempo misterioso mare di una delle sue tele, per poi perdersi inconsapevolmente.

Forse non è possibile catalogare la Schenetti all’interno di una corrente artistica piuttosto che di un’altra, ma se dovessimo sceglierne una, quella che più si avvicina a lei, allora sicuramente opteremmo per il Romanticismo, quello senza tempo, nel quale è sempre più raro imbattersi. Chi ha avuto la fortuna di conoscere Graziella potrebbe confermarlo.

Stefano Antichi