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Dario Lazzaretto – Male Magnu Male Nostrum
Il lavoro proposto da Lazzaretto per l’occasione si svilupperà nello spazio ospite attraverso un’installazione audio-video dal forte impatto sociale, in grado, attraverso la pratica dell’ironia e della de-contestualizzazione di portare lo spettatore a riflettere sugli attuali meccanismi della comunicazione di massa
Comunicato stampa
Segnala l'evento
L’associazione YORUBA - Diffusione Arte contemporanea di Ferrara, attiva sul territorio nell’organizzazione e nella cura di mostre ed eventi inerenti il settore delle arti visive, propone l’esposizione personale dell’artista di Dario Lazzaretto.
Tale evento è inserito nel programma del Festival di INTERNAZIONALE a Ferrara 09, festival che raccoglie giornalisti da tutto il mondo.
Dario Lazzaretto nasce a Padova nel 1975, dove intraprende il cammino artistico che lo condurrà in numerose città italiane ed europee quali Napoli, Venezia, Milano, Roma, Barcellona, Valencia e Madrid, sino a giungere al Museo d'Arte Contemporanea di Santa Fe in Argentina.
Dal 2004, inoltre, lavora come illustratore al periodico Segnali del Comune di Padova, città che ospita lo spazio espositivo Noloco, gestito dall'artista e dedicato a giovani promesse dell'arte contemporanea.
Il lavoro proposto da Lazzaretto per l’occasione si svilupperà nello spazio ospite attraverso un’installazione audio-video dal forte impatto sociale, in grado, attraverso la pratica dell’ironia e della de-contestualizzazione di portare lo spettatore a riflettere sugli attuali meccanismi della comunicazione di massa
Testo critico
Male Magnu Male Nostrum
I “riti”, secondo una definizione antropologica, sono i promemoria attraverso i quali una società ripete a se stessa le fondamenta culturali sulle quali poggia. Quando i valori di riferimento mutano, i riti si adeguano: alcuni si perdono perché rimandano a dei significati ormai inattuali; altri diventano puro folklore, gusci svuotati dal loro contenuto simbolico; altri ancora si modificano in modo più o meno evidente, nel tentativo di accordarsi ai nuovi tempi. Oppure accade addirittura che si autogenerino sconcertanti ibridi, riti nuovi che fagocitano quelli superati, assumendone la forma e il linguaggio.
Questo è almeno quanto sembra suggerire l'artista nel momento in cui traveste da liturgia religiosa il regolamento di un celebre format televisivo - uno degli esempi più eclatanti di come alcuni prodotti del tubo catodico siano efficaci nel riplasmare costumi e comportamenti sociali.
Il culto cristiano, a cui rimanda la messa in scena, che è stato per secoli collante sociale del mondo occidentale e minimo comune denominatore in grado di concatenare una all'altra generazioni dalle esperienze storiche totalmente differenti, viene simbolicamente spodestato da un altro culto, più prosaico ma altrettanto invasivo e generalizzato, capace di indirizzare sia la vita privata che quella sociale dei suoi adepti: il culto del successo pop o quantomeno della visibilità mediatica. Mimetizzato sotto i paramenti di una funzione in latino, questo nuovo credo non solo si ammanta degli stessi toni sacrali ma, più in profondità, si insinua nelle pieghe di aspettative e bisogni sempre meno compensati dai riti tradizionali.
Allo stesso modo della religione nella sua forma più popolare, questa fede di inizio millennio dispensa speranze – l'illusione di ottenere un giorno il proprio posto al sole e di poter cambiare in un attimo il proprio destino – , garantisce l'autoconsolazione e promette una rivincita sulla durezza del vivere. Lo scopo ultimo rimane lo stesso: la conquista di una terra promessa, in questo caso il paradiso della facile popolarità.
Dettata attraverso le parole scorrevoli di un karaoke, questa nuova litania richiama ad una partecipazione collettiva che non significa tanto condividere quanto piuttosto uniformare in un'unica cantilena la pluralità delle voci: scelta significativa per alludere ad una società in cui si tende ad evidenziare il lato ludico di ogni esperienza e a depotenziare ogni idea trasformandola in ritornello, slogan o coro da stadio.
L'intenzione di Male Nostrum Male Magnum non è tanto scagliare un ulteriore anatema contro la cultura di massa televisiva. Inserita all'interno dell'attuale ricerca dell'artista, l'opera rappresenta piuttosto uno dei momenti di una più ampia riflessione, a tratti lucida e analitica, a tratti invece malinconica e poetica, sulla perdita contemporanea dell'identità: un'identità intercambiabile secondo le stagioni delle mode, che rischia di sfumare a causa di una società che macina il proprio passato, o, altrove, di smarrirsi, rimpianta, lungo le tratte dell'immigrazione.
Elena Roncaglia
Tale evento è inserito nel programma del Festival di INTERNAZIONALE a Ferrara 09, festival che raccoglie giornalisti da tutto il mondo.
Dario Lazzaretto nasce a Padova nel 1975, dove intraprende il cammino artistico che lo condurrà in numerose città italiane ed europee quali Napoli, Venezia, Milano, Roma, Barcellona, Valencia e Madrid, sino a giungere al Museo d'Arte Contemporanea di Santa Fe in Argentina.
Dal 2004, inoltre, lavora come illustratore al periodico Segnali del Comune di Padova, città che ospita lo spazio espositivo Noloco, gestito dall'artista e dedicato a giovani promesse dell'arte contemporanea.
Il lavoro proposto da Lazzaretto per l’occasione si svilupperà nello spazio ospite attraverso un’installazione audio-video dal forte impatto sociale, in grado, attraverso la pratica dell’ironia e della de-contestualizzazione di portare lo spettatore a riflettere sugli attuali meccanismi della comunicazione di massa
Testo critico
Male Magnu Male Nostrum
I “riti”, secondo una definizione antropologica, sono i promemoria attraverso i quali una società ripete a se stessa le fondamenta culturali sulle quali poggia. Quando i valori di riferimento mutano, i riti si adeguano: alcuni si perdono perché rimandano a dei significati ormai inattuali; altri diventano puro folklore, gusci svuotati dal loro contenuto simbolico; altri ancora si modificano in modo più o meno evidente, nel tentativo di accordarsi ai nuovi tempi. Oppure accade addirittura che si autogenerino sconcertanti ibridi, riti nuovi che fagocitano quelli superati, assumendone la forma e il linguaggio.
Questo è almeno quanto sembra suggerire l'artista nel momento in cui traveste da liturgia religiosa il regolamento di un celebre format televisivo - uno degli esempi più eclatanti di come alcuni prodotti del tubo catodico siano efficaci nel riplasmare costumi e comportamenti sociali.
Il culto cristiano, a cui rimanda la messa in scena, che è stato per secoli collante sociale del mondo occidentale e minimo comune denominatore in grado di concatenare una all'altra generazioni dalle esperienze storiche totalmente differenti, viene simbolicamente spodestato da un altro culto, più prosaico ma altrettanto invasivo e generalizzato, capace di indirizzare sia la vita privata che quella sociale dei suoi adepti: il culto del successo pop o quantomeno della visibilità mediatica. Mimetizzato sotto i paramenti di una funzione in latino, questo nuovo credo non solo si ammanta degli stessi toni sacrali ma, più in profondità, si insinua nelle pieghe di aspettative e bisogni sempre meno compensati dai riti tradizionali.
Allo stesso modo della religione nella sua forma più popolare, questa fede di inizio millennio dispensa speranze – l'illusione di ottenere un giorno il proprio posto al sole e di poter cambiare in un attimo il proprio destino – , garantisce l'autoconsolazione e promette una rivincita sulla durezza del vivere. Lo scopo ultimo rimane lo stesso: la conquista di una terra promessa, in questo caso il paradiso della facile popolarità.
Dettata attraverso le parole scorrevoli di un karaoke, questa nuova litania richiama ad una partecipazione collettiva che non significa tanto condividere quanto piuttosto uniformare in un'unica cantilena la pluralità delle voci: scelta significativa per alludere ad una società in cui si tende ad evidenziare il lato ludico di ogni esperienza e a depotenziare ogni idea trasformandola in ritornello, slogan o coro da stadio.
L'intenzione di Male Nostrum Male Magnum non è tanto scagliare un ulteriore anatema contro la cultura di massa televisiva. Inserita all'interno dell'attuale ricerca dell'artista, l'opera rappresenta piuttosto uno dei momenti di una più ampia riflessione, a tratti lucida e analitica, a tratti invece malinconica e poetica, sulla perdita contemporanea dell'identità: un'identità intercambiabile secondo le stagioni delle mode, che rischia di sfumare a causa di una società che macina il proprio passato, o, altrove, di smarrirsi, rimpianta, lungo le tratte dell'immigrazione.
Elena Roncaglia
02
ottobre 2009
Dario Lazzaretto – Male Magnu Male Nostrum
Dal 02 al 04 ottobre 2009
arte contemporanea
Location
SPAZIO ZERO
Ferrara, Via Buonporto, 1, (Ferrara)
Ferrara, Via Buonporto, 1, (Ferrara)
Orario di apertura
Durante i giorni del festival 11.00 > 13.00 | 15.00 > 18.00
Vernissage
2 Ottobre 2009, ore 18
Sito web
www.yoruba.it
Autore
Curatore