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Adolfas Mekas – Hallelujah the Hills
Girato alla fine del 1962, Hallelujah the Hills (I magnifici Idioti), il primo lungometraggio di Adolfas Mekas – con assistente alla regia il fratello Jonas – è uscito a Parigi nel novembre 1963. In precedenza era stato presentato alla Settimana Internazionale della Critica di Cannes, e sarà in seguito selezionato per i Festival di Locarno (in cui riceve la Stella d’argento), Montreal, New York, Mannheim e Londra. Sembra che, all’uscita della proiezione del film a Cannes, vi furono i “contrari” e i “favorevoli”.
Comunicato stampa
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Girato alla fine del 1962, Hallelujah the Hills (I magnifici Idioti), il primo lungometraggio di Adolfas Mekas –
con assistente alla regia il fratello Jonas – è uscito a Parigi nel novembre 1963. In precedenza era stato
presentato alla Settimana Internazionale della Critica di Cannes, e sarà in seguito selezionato per i Festival di
Locarno (in cui riceve la Stella d’argento), Montreal, New York, Mannheim e Londra. Sembra che, all’uscita
della proiezione del film a Cannes, vi furono i “contrari” e i “favorevoli”.
(…) Perché in questo “land movie” o “wood movie” (piuttosto che un “road movie” prima del tempo) le strade
girano in tondo, ovvero da nessuna parte, al tempo stesso negli stessi luoghi e nell’altrove. I due personaggi – e
noi con loro – errano all’infinito in queste foreste del Vermont il più delle volte ricoperte di neve, fatto che
autorizza le eresie e le improvvisazioni più inaspettate. Perché la neve è una coltre, così come cantano i poeti, la
neve è catafalco mentre elimina i rilievi e i vuoti, e camuffa provvisoriamente i pericoli. Rassicura il viaggiatore
impenitente offrendogli al tempo stesso una strada piatta e monocorde e dei luoghi quasi senza scogli in cui non
emergono né spine, né sassi né altri accidenti minacciosi. Attutisce i passi, soffoca le grida, cancella le frontiere.
Il biancore di questo tappeto deriva dal più puro sogno di fanciullo desideroso di essere re in un reame senza
limiti, senza asperità, isolato provvisoriamente da qualsiasi irruzione (e)stran(e)a che gli sarebbe da ostacolo o
concorrenza, come se in definitiva questo elemento naturale simboleggiasse una presunzione d’innocenza, e al
suo contatto Jack e Leo si dilettano. La neve dunque si intona perfettamente con l‘ingenuità di questi due
intrepidi che senza tregua parodiano quanto resta della loro cultura cinematografica, avendo senza dubbio
dimenticato molto. Numerosi sfumati verso il bianco verranno ad arricchire questo legame ludico e magico fra i
due personaggi e quanto li circonda. Il bianco, infine, è anche lo schermo vergine dei nostri sogni intimi o
condivisi, dei nostri ricordi e della Storia quando la ricostruiamo con il pensiero (…).
(…) Ritroviamo con questo periplo importanti scene e grandi autori di cinema: Jules e Jim, Greed, Quarto
potere, Rashômon, il film di samurai, il western, i duo e le figure tradizionali (quali Laurel e Hardy, di cui Jack e
Leo sono al tempo stesso uno specchio piuttosto deformato al livello del non-senso e di perfetti antidoti per
quanto concerne le loro azioni; gli ergastolani…), un omaggio diretto a Griffith, delle ricorrenze alla Fairbanks,
un ammicco ad Antonioni, dei cenni discreti a Godard, l’enunciato di grandi nomi
(“Kurosawa!...Ozu!...Mizoguchi!...Toshiro Mifune!...”, formule magiche che danno forza e respiro), infine delle
parafrasi filmiche di registi, tanti che un elenco esaustivo risulterebbe fastidioso…
Naturalmente Mekas si autorizza qualsiasi arbitrio che è anche un omaggi: dissolvenze che collegano fra loro
due riprese della medesima scena, azioni di cui non si conosce mai la conclusione, panoramiche frammentate,
dei jump cuts1, dei rallentamenti e delle accelerate che costituiscono anche – così come gli effetti di sostituzioni
– dei tributi al mago Méliès e ai “primitivi”, il gesto identico di Jack fra la fine del quinto inverno e l’inizio del
sesto2, il disegno di un fiore per onorare Vera, un montaggio “alla Tati” fra suono e immagini…(…)
Frédérique Devaux
Scheda tecnica : scritto e realizzato da Adolfas Mekas, assistente alla regia Jonas Mekas.
Interpretato da : Jack : Peter H. Beard. Leo : Marty Greenbaum. Vera di Jack (inverno) : Sheila Finn.
Vera di Leo (estate) : Peggy Steffans. Il padre : Jerome Raphael. La madre : Blanche Dee. 1962 . Durata : 82’.
1 Il primo film citato esplicitamente è Fino all’ultimo respiro, celebre per i suoi jump cuts e i suoi falsi accordi
2 Omaggio a Un chien andalou? o in senso più lato ai surrealisti?
con assistente alla regia il fratello Jonas – è uscito a Parigi nel novembre 1963. In precedenza era stato
presentato alla Settimana Internazionale della Critica di Cannes, e sarà in seguito selezionato per i Festival di
Locarno (in cui riceve la Stella d’argento), Montreal, New York, Mannheim e Londra. Sembra che, all’uscita
della proiezione del film a Cannes, vi furono i “contrari” e i “favorevoli”.
(…) Perché in questo “land movie” o “wood movie” (piuttosto che un “road movie” prima del tempo) le strade
girano in tondo, ovvero da nessuna parte, al tempo stesso negli stessi luoghi e nell’altrove. I due personaggi – e
noi con loro – errano all’infinito in queste foreste del Vermont il più delle volte ricoperte di neve, fatto che
autorizza le eresie e le improvvisazioni più inaspettate. Perché la neve è una coltre, così come cantano i poeti, la
neve è catafalco mentre elimina i rilievi e i vuoti, e camuffa provvisoriamente i pericoli. Rassicura il viaggiatore
impenitente offrendogli al tempo stesso una strada piatta e monocorde e dei luoghi quasi senza scogli in cui non
emergono né spine, né sassi né altri accidenti minacciosi. Attutisce i passi, soffoca le grida, cancella le frontiere.
Il biancore di questo tappeto deriva dal più puro sogno di fanciullo desideroso di essere re in un reame senza
limiti, senza asperità, isolato provvisoriamente da qualsiasi irruzione (e)stran(e)a che gli sarebbe da ostacolo o
concorrenza, come se in definitiva questo elemento naturale simboleggiasse una presunzione d’innocenza, e al
suo contatto Jack e Leo si dilettano. La neve dunque si intona perfettamente con l‘ingenuità di questi due
intrepidi che senza tregua parodiano quanto resta della loro cultura cinematografica, avendo senza dubbio
dimenticato molto. Numerosi sfumati verso il bianco verranno ad arricchire questo legame ludico e magico fra i
due personaggi e quanto li circonda. Il bianco, infine, è anche lo schermo vergine dei nostri sogni intimi o
condivisi, dei nostri ricordi e della Storia quando la ricostruiamo con il pensiero (…).
(…) Ritroviamo con questo periplo importanti scene e grandi autori di cinema: Jules e Jim, Greed, Quarto
potere, Rashômon, il film di samurai, il western, i duo e le figure tradizionali (quali Laurel e Hardy, di cui Jack e
Leo sono al tempo stesso uno specchio piuttosto deformato al livello del non-senso e di perfetti antidoti per
quanto concerne le loro azioni; gli ergastolani…), un omaggio diretto a Griffith, delle ricorrenze alla Fairbanks,
un ammicco ad Antonioni, dei cenni discreti a Godard, l’enunciato di grandi nomi
(“Kurosawa!...Ozu!...Mizoguchi!...Toshiro Mifune!...”, formule magiche che danno forza e respiro), infine delle
parafrasi filmiche di registi, tanti che un elenco esaustivo risulterebbe fastidioso…
Naturalmente Mekas si autorizza qualsiasi arbitrio che è anche un omaggi: dissolvenze che collegano fra loro
due riprese della medesima scena, azioni di cui non si conosce mai la conclusione, panoramiche frammentate,
dei jump cuts1, dei rallentamenti e delle accelerate che costituiscono anche – così come gli effetti di sostituzioni
– dei tributi al mago Méliès e ai “primitivi”, il gesto identico di Jack fra la fine del quinto inverno e l’inizio del
sesto2, il disegno di un fiore per onorare Vera, un montaggio “alla Tati” fra suono e immagini…(…)
Frédérique Devaux
Scheda tecnica : scritto e realizzato da Adolfas Mekas, assistente alla regia Jonas Mekas.
Interpretato da : Jack : Peter H. Beard. Leo : Marty Greenbaum. Vera di Jack (inverno) : Sheila Finn.
Vera di Leo (estate) : Peggy Steffans. Il padre : Jerome Raphael. La madre : Blanche Dee. 1962 . Durata : 82’.
1 Il primo film citato esplicitamente è Fino all’ultimo respiro, celebre per i suoi jump cuts e i suoi falsi accordi
2 Omaggio a Un chien andalou? o in senso più lato ai surrealisti?
24
settembre 2009
Adolfas Mekas – Hallelujah the Hills
24 settembre 2009
serata - evento
Location
KAPLAN’S PROJECT N. 3 – PALAZZO SPINELLI
Napoli, Via Dei Tribunali, 362, (Napoli)
Napoli, Via Dei Tribunali, 362, (Napoli)
Vernissage
24 Settembre 2009, ore 9 proiezione
Autore