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Carlo Dell’Amico – Riportati alla luce, lentamente
Il lavoro di Dell’Amico sfugge alle classificazioni, ponendosi in un instabile equilibrio e al contempo esercitando un rigore nel rendere manifeste le condizioni e i valori antropologici dell’estetico. La moltitudine di segni e stratificazioni che caratterizzano le sue opere veicolano la mente all’interno di un processo conoscitivo nelle diverse aree dell’attività umana, talvolta una fuga a ritroso sempre in bilico sulle intersezioni di una griglia tra il reale e il potenziale, mai illusorio, costantemente alla ricerca di quel fluido sensoriale/scambio di energia tra opera e spettatore, dentro un mondo magico e rituale dimenticato.
Comunicato stampa
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L’esposizione fa parte del ciclo di eventi curati da Massimo Riposati che il Modigliani Institut Archives Légales Paris – Rome dedica all’arte contemporanea. Pur mostrando una dedizione assoluta per la missione istituzionale dello sviluppo di una sempre migliore e più approfondita conoscenza della vita e delle opere di Amedeo Modigliani, l’istituto si apre alla valorizzazione dell’opera di artisti contemporanei che si sono distinti per spessore culturale e indiscutibile evidenza.
Nell’ambito del programma “Palazzo Taverna per l’Arte Contemporanea” promosso dal Modigliani Institut, è stata dedicata a Carlo Dell’Amico la mostra Riportati alla luce, lentamente.
L’esposizione è divisa in due sezioni: la prima (11 giugno – 9 luglio 2009) ha riproposto due installazioni del 1987 e due del 2009, la seconda (23 settembre – 31 ottobre 2009) presenterà tre grandi lavori recenti.
Il lavoro di Dell’Amico sfugge alle classificazioni, ponendosi in un instabile equilibrio e al contempo esercitando un rigore nel rendere manifeste le condizioni e i valori antropologici dell’estetico. La moltitudine di segni e stratificazioni che caratterizzano le sue opere veicolano la mente all’interno di un processo conoscitivo nelle diverse aree dell’attività umana, talvolta una fuga a ritroso sempre in bilico sulle intersezioni di una griglia tra il reale e il potenziale, mai illusorio, costantemente alla ricerca di quel fluido sensoriale/scambio di energia tra opera e spettatore, dentro un mondo magico e rituale dimenticato. Lo sconfinamento dei mezzi espressivi tradizionali in altri linguaggi mediali, contaminano e fondono opera e ambiente. Ha elaborato azioni con attori di strada in cui l’uso del mimo e dei suoi gesti silenziosi si trasformano in segni, memoria, significato, con l’obiettivo di cogliere gli stretti legami che si creano tra la forma e l’espressione culturale, una realtà pre-iconica che muta il senso dello spazio in modo assolutamente statico.
Questa sua ultima mostra si concentra maggiormente sul livello pittorico del suo lavoro presentando un numero di serigrafie di ampie dimensioni. Dice Angelo Capasso nel suo testo: “In questa ottica, la pittura di Carlo Dell'Amico ha grandi affinità con un archivio di impronte. Gli oggetti (i colori, i
materiali, i media) che sedimentano sulle opere di pittura di Carlo Dell'Amico ricostruiscono una grande tradizione attraverso degli indizi precisi, come tasselli di una grande storia, collettiva e personale, che persiste attraverso fluidi e forme, onde e maree che si muovono nel cuore della pittura solleticandone le radici.” (Angelo Capasso, Impronte, testo in catalogo)
Il 22 settembre, in occasione dell’inaugurazione, sarà presentato il catalogo della mostra edito da Edizioni Carte Segrete, curato da Massimo Riposati con un testo di Angelo Capasso.
Carlo Dell’Amico è nato a Perugia nel 1954.
Rappresenta un aspetto di autoanalisi del ricercatore di memoria e di sintesi, verso la percezione delle “radici”. Quest’idea di misura trova nella narrazione e nell’opera attuale dell’artista il dispiegarsi di un tema: tornare ciclicamente a scrutare l’imponderabile destino dell’umanità. Il lavoro di Dell’Amico sfugge alle classificazioni, ponendosi in un instabile equilibrio e al contempo esercitando un rigore nel rendere manifeste le condizioni e i valori antropologici dell’estetico. La moltitudine di segni e stratificazioni che caratterizzano le sue opere veicolano la mente all’interno di un processo conoscitivo nelle diverse aree dell’attività umana, talvolta una fuga a ritroso sempre in bilico sulle intersezioni di una griglia tra il reale e il potenziale, mai illusorio, costantemente alla ricerca di quel fluido sensoriale/scambio di energia tra opera e spettatore, dentro un mondo magico e rituale dimenticato.
Dalla seconda metà degli anni Settanta lo sconfinamento nella tradizione, non in quanto formalismo ma nel significato di accettare la condizione storica-umana si condensa in un corpus di oggetti, frammenti e reperti come un bizzarro manuale di archeologia: creando cortocircuiti linguistici tra strutture archetipe sepolte dentro di noi e le cose racchiuse nel perimetro del quotidiano. L’artista manifesta così la possibilità di una cultura arcaica, l’espressione di un rituale quasi mistico in un contesto di necessità contemporanee immutate ipotizzando l’opportunità di una coincidenza sull’orma dell’uomo presente. Dell’Amico non gioca all’etnologo, ma cerca il senso vitale originario nascosto nei reperti di cui ci parla. Sulle tracce primordiali e fino al contemporaneo, l’artista ha sempre elaborato lo spazio di una linea di confine con il dicibile ricorrendo alle forme espressive più diverse, in una grande libertà tecnica e creativa, attraverso la manipolazione dei segni ricompone l’immagine nella disintegrazione temporale. Lo sconfinamento dei mezzi espressivi tradizionali in altri linguaggi mediali, contaminano e fondono opera e ambiente. Ha elaborato azioni con attori di strada in cui l’uso del mimo e dei suoi gesti silenziosi si trasformano in segni, memoria, significato, con l’obiettivo di cogliere gli stretti legami che si creano tra la forma e l’espressione culturale, una realtà pre-iconica che muta il senso dello spazio in modo assolutamente statico. Nel 2006, al Museo Laboratorio dell’Università La Sapienza di Roma, un personaggio analogo coinvolgeva il pubblico femminile offrendo una torta al cioccolato, innescando così il meccanismo processuale dell’happening. Il magmatismo segnico tra simulacri e immagine reale da sempre caratterizza il lavoro dell’artista, mentre l’ambivalenza tra superficie e sommerso rivela l’enigmatica staticità dei simboli, che trascendono la parola subordinata a una specie di soggiacente necessità “architettonica”.
Nell’ambito del programma “Palazzo Taverna per l’Arte Contemporanea” promosso dal Modigliani Institut, è stata dedicata a Carlo Dell’Amico la mostra Riportati alla luce, lentamente.
L’esposizione è divisa in due sezioni: la prima (11 giugno – 9 luglio 2009) ha riproposto due installazioni del 1987 e due del 2009, la seconda (23 settembre – 31 ottobre 2009) presenterà tre grandi lavori recenti.
Il lavoro di Dell’Amico sfugge alle classificazioni, ponendosi in un instabile equilibrio e al contempo esercitando un rigore nel rendere manifeste le condizioni e i valori antropologici dell’estetico. La moltitudine di segni e stratificazioni che caratterizzano le sue opere veicolano la mente all’interno di un processo conoscitivo nelle diverse aree dell’attività umana, talvolta una fuga a ritroso sempre in bilico sulle intersezioni di una griglia tra il reale e il potenziale, mai illusorio, costantemente alla ricerca di quel fluido sensoriale/scambio di energia tra opera e spettatore, dentro un mondo magico e rituale dimenticato. Lo sconfinamento dei mezzi espressivi tradizionali in altri linguaggi mediali, contaminano e fondono opera e ambiente. Ha elaborato azioni con attori di strada in cui l’uso del mimo e dei suoi gesti silenziosi si trasformano in segni, memoria, significato, con l’obiettivo di cogliere gli stretti legami che si creano tra la forma e l’espressione culturale, una realtà pre-iconica che muta il senso dello spazio in modo assolutamente statico.
Questa sua ultima mostra si concentra maggiormente sul livello pittorico del suo lavoro presentando un numero di serigrafie di ampie dimensioni. Dice Angelo Capasso nel suo testo: “In questa ottica, la pittura di Carlo Dell'Amico ha grandi affinità con un archivio di impronte. Gli oggetti (i colori, i
materiali, i media) che sedimentano sulle opere di pittura di Carlo Dell'Amico ricostruiscono una grande tradizione attraverso degli indizi precisi, come tasselli di una grande storia, collettiva e personale, che persiste attraverso fluidi e forme, onde e maree che si muovono nel cuore della pittura solleticandone le radici.” (Angelo Capasso, Impronte, testo in catalogo)
Il 22 settembre, in occasione dell’inaugurazione, sarà presentato il catalogo della mostra edito da Edizioni Carte Segrete, curato da Massimo Riposati con un testo di Angelo Capasso.
Carlo Dell’Amico è nato a Perugia nel 1954.
Rappresenta un aspetto di autoanalisi del ricercatore di memoria e di sintesi, verso la percezione delle “radici”. Quest’idea di misura trova nella narrazione e nell’opera attuale dell’artista il dispiegarsi di un tema: tornare ciclicamente a scrutare l’imponderabile destino dell’umanità. Il lavoro di Dell’Amico sfugge alle classificazioni, ponendosi in un instabile equilibrio e al contempo esercitando un rigore nel rendere manifeste le condizioni e i valori antropologici dell’estetico. La moltitudine di segni e stratificazioni che caratterizzano le sue opere veicolano la mente all’interno di un processo conoscitivo nelle diverse aree dell’attività umana, talvolta una fuga a ritroso sempre in bilico sulle intersezioni di una griglia tra il reale e il potenziale, mai illusorio, costantemente alla ricerca di quel fluido sensoriale/scambio di energia tra opera e spettatore, dentro un mondo magico e rituale dimenticato.
Dalla seconda metà degli anni Settanta lo sconfinamento nella tradizione, non in quanto formalismo ma nel significato di accettare la condizione storica-umana si condensa in un corpus di oggetti, frammenti e reperti come un bizzarro manuale di archeologia: creando cortocircuiti linguistici tra strutture archetipe sepolte dentro di noi e le cose racchiuse nel perimetro del quotidiano. L’artista manifesta così la possibilità di una cultura arcaica, l’espressione di un rituale quasi mistico in un contesto di necessità contemporanee immutate ipotizzando l’opportunità di una coincidenza sull’orma dell’uomo presente. Dell’Amico non gioca all’etnologo, ma cerca il senso vitale originario nascosto nei reperti di cui ci parla. Sulle tracce primordiali e fino al contemporaneo, l’artista ha sempre elaborato lo spazio di una linea di confine con il dicibile ricorrendo alle forme espressive più diverse, in una grande libertà tecnica e creativa, attraverso la manipolazione dei segni ricompone l’immagine nella disintegrazione temporale. Lo sconfinamento dei mezzi espressivi tradizionali in altri linguaggi mediali, contaminano e fondono opera e ambiente. Ha elaborato azioni con attori di strada in cui l’uso del mimo e dei suoi gesti silenziosi si trasformano in segni, memoria, significato, con l’obiettivo di cogliere gli stretti legami che si creano tra la forma e l’espressione culturale, una realtà pre-iconica che muta il senso dello spazio in modo assolutamente statico. Nel 2006, al Museo Laboratorio dell’Università La Sapienza di Roma, un personaggio analogo coinvolgeva il pubblico femminile offrendo una torta al cioccolato, innescando così il meccanismo processuale dell’happening. Il magmatismo segnico tra simulacri e immagine reale da sempre caratterizza il lavoro dell’artista, mentre l’ambivalenza tra superficie e sommerso rivela l’enigmatica staticità dei simboli, che trascendono la parola subordinata a una specie di soggiacente necessità “architettonica”.
22
settembre 2009
Carlo Dell’Amico – Riportati alla luce, lentamente
Dal 22 settembre al 31 ottobre 2009
arte contemporanea
Location
MODIGLIANI INSTITUT ARCHIVES LEGALES PARIS-ROME – PALAZZO TAVERNA
Roma, Via Di Monte Giordano, 36, (Roma)
Roma, Via Di Monte Giordano, 36, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 16 – 20. Sabato 10 – 13. Domenica chiuso
Vernissage
22 Settembre 2009, ore 18.30
Editore
CARTE SEGRETE
Autore
Curatore