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Carlo Carrà – Oltre il futurismo
Saranno esposte 40 opere, una raccolta che a partire dagli anni Dieci fino agli anni Sessanta rappresenta diversi periodi della produzione artistica del maestro, realizzate con tecniche diverse, dalla pittura ai disegni alle incisioni accanto ad alcuni pezzi di grafica.
Comunicato stampa
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Venerdì 28 agosto 2009, nelle sale espositive del Palazzo De André di Ravenna, s’inaugura la mostra “Carlo Carrà. Oltre il futurismo”.
Saranno esposte fino al 14 settembre 40 opere, una raccolta che a partire dagli anni Dieci fino agli anni Sessanta rappresenta diversi periodi della produzione artistica del maestro, realizzate con tecniche diverse, dalla pittura ai disegni alle incisioni accanto ad alcuni pezzi di grafica.
Attraverso questa selezione di opere a far tempo dall’ultimo scorcio degli anni Dieci, la mostra cerca di investigare le ragioni ed i temi che conducono Carrà ad abbandonare l’avanguardia futurista per approdare ad una riflessione poetica che lo conduce dalla Metafisica ai “Valori plastici” fino al “Realismo mitico”, come lui stesso lo definiva, degli anni Venti e Trenta, infine agli esiti del dopoguerra.
Il nucleo principale della mostra risulta costituito da quella riflessione che prende avvio all’interno dell’esperienza “metafisica” – allorché Carrà ha modo di incontrare, a Ferrara, Giorgio de Chirico e Filippo de Pisis – per approdare ad una ricerca autonoma e solitaria verso la metà degli anni Venti, quando il tema del paesaggio comincia a definirsi secondo un paradigma originale. Quel “paesaggio come sogno”, che - secondo la definizione dell’artista - prevede non tanto di dipingere un motivo naturale, bensì addentrarsi, attraverso la pittura, verso la “trasformazione del paesaggio in poema pieno di spazio e di sogno”.
Rifiutando la retorica che contraddistingue sovente la poetica novecentista, Carrà sembra raggiungere proprio nella pittura di paesaggio l’apice del lirismo, quasi che in quella pittura emergesse una sorta di esigenza morale capace di fondere “le concezioni costruttive del pensiero francese moderno – secondo la testimonianza dello storico tedesco Werner Haftmann – con i grandi valori tradizionali dell’arte italiana”: vale a dire con le solide definizioni delle “cose” che provengono dalla tradizione di Giotto e di Masaccio. Un’arte che non appartiene più alle forme dell’espressione, ma che piuttosto cerca di raggiungere una determinazione formale di antica solennità e di malinconica grandezza.
I suoi dipinti appartengono ad una visione interiore la quale si sviluppa sempre sui dati che l'occhio fisico toglie dalla natura. Sono costruiti con cura e con gli stessi gesti, rappresentano sempre una sobria ricerca degli equilibri figurativi che si ripercuotono dentro un’iconografia della natura che Carrà rende semplice, riduce a sintesi, come una scena per sacre rappresentazioni, per azioni pastorali. Questo spiega il perché dei dipinti che formano la trama della mostra che, pur tra difficoltà imprevedibili, ha radunato un buon numero di capolavori: Meriggio 1927, Ponte caricatore a Forte dei Marmi 1927, Case fra i campi 1928, Capanne e pagliaio sulla spiaggia, 1931, Il trasporto dei marmi 1934, La torre 1948, Paesaggio marittimo 1950; Paesaggio in Versilia 1952; Pescatori, 1957 Paesaggio toscano, 1958; Fiori e Frutti, 1965, per citarne alcuni.
La critica ha usato a volte il termine realismo magico, nel “Realismo mitico”, come lui stesso lo definiva, di Carrà è certamente infuso un istinto sacrale; si esprime una inclinazione al sacro, quasi un residuo del mistero della realtà del mondo. Questo spiega anche perché, sempre, nelle opere di Carrà il sentimento della vita si insinua trepidante nel margine che esiste tra i contorni delle cose e la luce che le modella, le avvolge, le veste; ed in quello spazio inesprimibile scatta un richiamo alla mente e al cuore di chi guarda.
La mostra rende, in maniera chiara ed esauriente, il valore e la capacità espressiva dell’autore non solo sotto il profilo pittorico, ma anche sotto il profilo culturale, letterario e filosofico che l’autore ha espresso durante la sua vita.
Nel catalogo sono raccolti cenni artistici-storici dell’autore.
Cenni di biografia.
Carlo Carrà è nato a Quargnento (Alessandria) l'11 febbraio 1881. Nel 1906 entra all'Accademia di Brera dove stringe amicizia con Umberto Boccioni. Agli inizi del 1910 incontra F.T.Marinetti e con lui, Boccioni e Luigi Russolo, decide di lanciare un manifesto per un rinnovamento del linguaggio pittorico cui aderiscono Giacomo Balla e Gino Severini: nasce così il futurismo. Nell'autunno del 1911, Carrà si reca per la seconda volta a Parigi e avvia i primi contatti col mondo cubista. In questa occasione conosce Guillaume Apollinaire, Pablo Picasso, George Braque, Amedeo Modigliani, Henri Matisse, Fernand Léger, André Derain e Medardo Rosso. Richiamato alle armi Carrà per le sue cattive condizioni di salute è ricoverato all'Ospedale Militare di Ferrara: qui incontra Giorgio de Chirico, Alberto Savinio e Filippo de Pisis. Dopo il ’19 inizia un periodo di meditazioni e crisi interiori: la sua fase "purista". La ricerca volta alla semplificazione più scarna dell'immagine per fermarne l'essenza; ed è il presupposto diretto della nuova pittura che egli comincerà a realizzare nel 1921. Nel 1923 Carrà affronta il tema del paesaggio marino. Ora Carrà procede nel proprio lavoro in solitudine. Seguono anni di lavoro intenso sulla linea di quella che è ormai la sua poetica duratura. Lo dichiara egli stesso quando scrive che gli è necessario ricercare "un vero poetico sostenendo che l'immateriale cerca adeguata forma, e la forma crea la superiore armonia che ritorna all'immateriale svelato attraverso l'esperienza pittorica". È la sua poetica delle "cose ordinarie", le cose cioè che "esistono quando l’animo s'inarca e le cose non sono cose, ma espressione poetica del nostro spirito creatore". Carlo Carrà muore a Milano nel 1966.
I prestatori coinvolti in questo progetto, sono oltre a collezionisti privati le cui opere provengono dalla regione Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia, anche il Comune di Quargnento (città natale di Carrà), il Comune, la Provincia e la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria la Fondazione Mazzolini (Comune di Piacenza), il Museo 900 MAGI (Comune Pieve di Cento BO), la Casa Museo Remo Brindisi (Comune di Comacchio), il Comune di Rimini, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara. Con il contributo di: GAM Bologna, Galleria Bonioniarte di Reggio Emilia, Galleria Eroici Furori di Milano.
La mostra si avvale del contributo di: Agenzia Ritmo, Arimar, Club del Sole, Consar-Grar, Consorzio Ciro Menotti, Copura, Europa 2000, Fiat S.V.A., Idroexpert, Levante, Marinara, Moviter Strade Cervia, NADEP, Pentagramma Romagna S.p.a., Servizi Ferroviari gruppo Acmar.
Saranno esposte fino al 14 settembre 40 opere, una raccolta che a partire dagli anni Dieci fino agli anni Sessanta rappresenta diversi periodi della produzione artistica del maestro, realizzate con tecniche diverse, dalla pittura ai disegni alle incisioni accanto ad alcuni pezzi di grafica.
Attraverso questa selezione di opere a far tempo dall’ultimo scorcio degli anni Dieci, la mostra cerca di investigare le ragioni ed i temi che conducono Carrà ad abbandonare l’avanguardia futurista per approdare ad una riflessione poetica che lo conduce dalla Metafisica ai “Valori plastici” fino al “Realismo mitico”, come lui stesso lo definiva, degli anni Venti e Trenta, infine agli esiti del dopoguerra.
Il nucleo principale della mostra risulta costituito da quella riflessione che prende avvio all’interno dell’esperienza “metafisica” – allorché Carrà ha modo di incontrare, a Ferrara, Giorgio de Chirico e Filippo de Pisis – per approdare ad una ricerca autonoma e solitaria verso la metà degli anni Venti, quando il tema del paesaggio comincia a definirsi secondo un paradigma originale. Quel “paesaggio come sogno”, che - secondo la definizione dell’artista - prevede non tanto di dipingere un motivo naturale, bensì addentrarsi, attraverso la pittura, verso la “trasformazione del paesaggio in poema pieno di spazio e di sogno”.
Rifiutando la retorica che contraddistingue sovente la poetica novecentista, Carrà sembra raggiungere proprio nella pittura di paesaggio l’apice del lirismo, quasi che in quella pittura emergesse una sorta di esigenza morale capace di fondere “le concezioni costruttive del pensiero francese moderno – secondo la testimonianza dello storico tedesco Werner Haftmann – con i grandi valori tradizionali dell’arte italiana”: vale a dire con le solide definizioni delle “cose” che provengono dalla tradizione di Giotto e di Masaccio. Un’arte che non appartiene più alle forme dell’espressione, ma che piuttosto cerca di raggiungere una determinazione formale di antica solennità e di malinconica grandezza.
I suoi dipinti appartengono ad una visione interiore la quale si sviluppa sempre sui dati che l'occhio fisico toglie dalla natura. Sono costruiti con cura e con gli stessi gesti, rappresentano sempre una sobria ricerca degli equilibri figurativi che si ripercuotono dentro un’iconografia della natura che Carrà rende semplice, riduce a sintesi, come una scena per sacre rappresentazioni, per azioni pastorali. Questo spiega il perché dei dipinti che formano la trama della mostra che, pur tra difficoltà imprevedibili, ha radunato un buon numero di capolavori: Meriggio 1927, Ponte caricatore a Forte dei Marmi 1927, Case fra i campi 1928, Capanne e pagliaio sulla spiaggia, 1931, Il trasporto dei marmi 1934, La torre 1948, Paesaggio marittimo 1950; Paesaggio in Versilia 1952; Pescatori, 1957 Paesaggio toscano, 1958; Fiori e Frutti, 1965, per citarne alcuni.
La critica ha usato a volte il termine realismo magico, nel “Realismo mitico”, come lui stesso lo definiva, di Carrà è certamente infuso un istinto sacrale; si esprime una inclinazione al sacro, quasi un residuo del mistero della realtà del mondo. Questo spiega anche perché, sempre, nelle opere di Carrà il sentimento della vita si insinua trepidante nel margine che esiste tra i contorni delle cose e la luce che le modella, le avvolge, le veste; ed in quello spazio inesprimibile scatta un richiamo alla mente e al cuore di chi guarda.
La mostra rende, in maniera chiara ed esauriente, il valore e la capacità espressiva dell’autore non solo sotto il profilo pittorico, ma anche sotto il profilo culturale, letterario e filosofico che l’autore ha espresso durante la sua vita.
Nel catalogo sono raccolti cenni artistici-storici dell’autore.
Cenni di biografia.
Carlo Carrà è nato a Quargnento (Alessandria) l'11 febbraio 1881. Nel 1906 entra all'Accademia di Brera dove stringe amicizia con Umberto Boccioni. Agli inizi del 1910 incontra F.T.Marinetti e con lui, Boccioni e Luigi Russolo, decide di lanciare un manifesto per un rinnovamento del linguaggio pittorico cui aderiscono Giacomo Balla e Gino Severini: nasce così il futurismo. Nell'autunno del 1911, Carrà si reca per la seconda volta a Parigi e avvia i primi contatti col mondo cubista. In questa occasione conosce Guillaume Apollinaire, Pablo Picasso, George Braque, Amedeo Modigliani, Henri Matisse, Fernand Léger, André Derain e Medardo Rosso. Richiamato alle armi Carrà per le sue cattive condizioni di salute è ricoverato all'Ospedale Militare di Ferrara: qui incontra Giorgio de Chirico, Alberto Savinio e Filippo de Pisis. Dopo il ’19 inizia un periodo di meditazioni e crisi interiori: la sua fase "purista". La ricerca volta alla semplificazione più scarna dell'immagine per fermarne l'essenza; ed è il presupposto diretto della nuova pittura che egli comincerà a realizzare nel 1921. Nel 1923 Carrà affronta il tema del paesaggio marino. Ora Carrà procede nel proprio lavoro in solitudine. Seguono anni di lavoro intenso sulla linea di quella che è ormai la sua poetica duratura. Lo dichiara egli stesso quando scrive che gli è necessario ricercare "un vero poetico sostenendo che l'immateriale cerca adeguata forma, e la forma crea la superiore armonia che ritorna all'immateriale svelato attraverso l'esperienza pittorica". È la sua poetica delle "cose ordinarie", le cose cioè che "esistono quando l’animo s'inarca e le cose non sono cose, ma espressione poetica del nostro spirito creatore". Carlo Carrà muore a Milano nel 1966.
I prestatori coinvolti in questo progetto, sono oltre a collezionisti privati le cui opere provengono dalla regione Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia, anche il Comune di Quargnento (città natale di Carrà), il Comune, la Provincia e la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria la Fondazione Mazzolini (Comune di Piacenza), il Museo 900 MAGI (Comune Pieve di Cento BO), la Casa Museo Remo Brindisi (Comune di Comacchio), il Comune di Rimini, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara. Con il contributo di: GAM Bologna, Galleria Bonioniarte di Reggio Emilia, Galleria Eroici Furori di Milano.
La mostra si avvale del contributo di: Agenzia Ritmo, Arimar, Club del Sole, Consar-Grar, Consorzio Ciro Menotti, Copura, Europa 2000, Fiat S.V.A., Idroexpert, Levante, Marinara, Moviter Strade Cervia, NADEP, Pentagramma Romagna S.p.a., Servizi Ferroviari gruppo Acmar.
28
agosto 2009
Carlo Carrà – Oltre il futurismo
Dal 28 agosto al 14 settembre 2009
arte contemporanea
Location
PALAZZO DE ANDRE’
Ravenna, Viale Europa, 1, (Ravenna)
Ravenna, Viale Europa, 1, (Ravenna)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 18.30 alle 23.30, domenica dalle 18.00 alle 23.30
Vernissage
28 Agosto 2009, ore 21
Sito web
www.ilcerbero.it
Autore
Curatore