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Franco Belsole – Sequenze
La fotografia di Franco Belsole è un campionamento della realtà, un documento oggettivo come attestazione dell’esistenza dell’umano, la prova dell’effettivo verificarsi di certi accadimenti nelle loro infinite variazioni
Comunicato stampa
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Belsole fa parte di quegli artisti interessati soprattutto ad un approccio critico e strutturale dell'indagine estetica, adoperando criteri di lettura e d’interpretazione che rafforzano i legami tra arte e percezione psicologica. La sua è una presa di coscienza delle possibilità di rendere visibili, per mezzo dell'apparecchio fotografico, fenomeni che sfuggono alla percezione oculare, occupata quest’ultima ad integrare l'immagine ottica con la nostra esperienza preconcetta.
La fotografia di Franco Belsole è un campionamento della realtà, un documento oggettivo come attestazione dell'esistenza dell’umano, la prova dell'effettivo verificarsi di certi accadimenti nelle loro infinite variazioni. Ciò a cui le foto rimandano è l’individuo assolutamente ordinario, quotidiano, che si confonde col comportamento degli individui che vivono nelle grandi città all’interno di un habitat in continua trasformazione. L’artista registra fedelmente la futilità dell’evento individuale in mezzo al moto incessante delle moltitudini che affollano i percorsi urbani, con lo sguardo allontanante dell’indagine scientifica di un antropologo che si disponga ad osservare il comportamento di una tribù primitiva.
Il suo linguaggio è vicino a quello cinematografico nel senso che il significato più ampio non viene da un’immagine isolata bensì dalla sequenza, che struttura la compattezza dell'opera nel suo insieme, affidando alle sue proprietà specifiche la rappresentazione diretta di una situazione. Si stabilisce una sorta di divisione dei compiti, l'immagine s’incarica di ancorare il racconto ad una determinata situazione spazio-temporale, che s’identifica con il presente; la sequenza dispone il filo sottile e concettuale della narrazione. Inoltre si percepisce con chiarezza che la sequenza è incompiuta, che può procedere senza alcuna soluzione di continuità, e che è diventata consapevolezza di eventi di cui d’ora in poi dovremo tener conto, confrontandoli con la nostra esperienza individuale.
Come in precedenti operazioni su New York, nelle foto di Berlino ed Helsinki, l’artista predilige gli scorci di folla ingabbiata in ostacoli che disturbano la percezione, tubi e transenne, porte di vetro quasi a sottolineare i limiti entro cui scorrono le esistenze. Immagini nell’immagine, i volti sorridenti dei manifesti pubblicitari si affiancano ai volti degli individui reali contribuendo a frammentare ulteriormente la casualità degli eventi, influenzando gli atteggiamenti ed inquinando i meccanismi del racconto.
Le città che fanno da sfondo e da contenitore indifferenziato di una fauna umana che ha perso le radici di appartenenza, non sono riconoscibili se non per qualche dettaglio. L’operazione di delocalizzazione degli avvenimenti urbani rimanda alle fotografie di Gursky sulle periferie delle grandi città, riprese lontano dai loro punti di riferimento identificativi, che non sono riconoscibili nemmeno tramite il titolo della foto. Le fotografie di Belsole non hanno bisogno di periferie per trasmettere il senso del “non luogo”, ma documentano la perdita d’identità anche nel tessuto urbano più qualificato dei grandi centri, i luoghi di passeggio e di shopping che portano allo stesso anonimato ed omologazione dei comportamenti.
La fotografia di Franco Belsole è un campionamento della realtà, un documento oggettivo come attestazione dell'esistenza dell’umano, la prova dell'effettivo verificarsi di certi accadimenti nelle loro infinite variazioni. Ciò a cui le foto rimandano è l’individuo assolutamente ordinario, quotidiano, che si confonde col comportamento degli individui che vivono nelle grandi città all’interno di un habitat in continua trasformazione. L’artista registra fedelmente la futilità dell’evento individuale in mezzo al moto incessante delle moltitudini che affollano i percorsi urbani, con lo sguardo allontanante dell’indagine scientifica di un antropologo che si disponga ad osservare il comportamento di una tribù primitiva.
Il suo linguaggio è vicino a quello cinematografico nel senso che il significato più ampio non viene da un’immagine isolata bensì dalla sequenza, che struttura la compattezza dell'opera nel suo insieme, affidando alle sue proprietà specifiche la rappresentazione diretta di una situazione. Si stabilisce una sorta di divisione dei compiti, l'immagine s’incarica di ancorare il racconto ad una determinata situazione spazio-temporale, che s’identifica con il presente; la sequenza dispone il filo sottile e concettuale della narrazione. Inoltre si percepisce con chiarezza che la sequenza è incompiuta, che può procedere senza alcuna soluzione di continuità, e che è diventata consapevolezza di eventi di cui d’ora in poi dovremo tener conto, confrontandoli con la nostra esperienza individuale.
Come in precedenti operazioni su New York, nelle foto di Berlino ed Helsinki, l’artista predilige gli scorci di folla ingabbiata in ostacoli che disturbano la percezione, tubi e transenne, porte di vetro quasi a sottolineare i limiti entro cui scorrono le esistenze. Immagini nell’immagine, i volti sorridenti dei manifesti pubblicitari si affiancano ai volti degli individui reali contribuendo a frammentare ulteriormente la casualità degli eventi, influenzando gli atteggiamenti ed inquinando i meccanismi del racconto.
Le città che fanno da sfondo e da contenitore indifferenziato di una fauna umana che ha perso le radici di appartenenza, non sono riconoscibili se non per qualche dettaglio. L’operazione di delocalizzazione degli avvenimenti urbani rimanda alle fotografie di Gursky sulle periferie delle grandi città, riprese lontano dai loro punti di riferimento identificativi, che non sono riconoscibili nemmeno tramite il titolo della foto. Le fotografie di Belsole non hanno bisogno di periferie per trasmettere il senso del “non luogo”, ma documentano la perdita d’identità anche nel tessuto urbano più qualificato dei grandi centri, i luoghi di passeggio e di shopping che portano allo stesso anonimato ed omologazione dei comportamenti.
08
giugno 2009
Franco Belsole – Sequenze
Dall'otto al 30 giugno 2009
fotografia
Location
AOCF58 – GALLERIA BRUNO LISI
Roma, Via Flaminia, 58, (Roma)
Roma, Via Flaminia, 58, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 17.30-20
Vernissage
8 Giugno 2009, ore 18.30
Autore