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Le stanze dell’arte
I 17 pittori, scultori e fotografi del Gruppo Artistico “Quartodecimo” di Como espongono 300 opere su una superficie di circa 800 metri quadri all’interno della Caserma
Comunicato stampa
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Le stanze dell’arte
Le stanze della caserma diventano, un’altra volta ancora, stanze dell’arte. Una felice mutazione che si inserisce in una visione del mondo certo percepita e vissuta dagli artisti con grande intensità.
Ben si innesta in tutto questo la mostra che Quartodecimo propone quest’anno , raccogliendo gli artisti appartenenti al gruppo in una serie di personali che rendono il percorso espositivo estremamente vario, visto che l’intento non è quello di costruire una rassegna tematica quanto di documentare in modo efficace il lavoro e la poetica di ciascuno. E questo mi sembra il pregio di questo gruppo di artisti, che ha l’ambizione di sollecitare e favorire confronti, piuttosto che di cercare una linea comune. Un progetto impegnativo che con questa esposizione approda in città e che spazia in vari ambiti della produzione artistica contemporanea, dalla pittura tradizionale ad olio declinata magari sul filo di una astrazione onirica all’intervento su lastra d’acciaio o alla composizione fatta di oggetti di recupero, fino alla fotografia ormai pienamente acquisita al mondo dell’arte.
Ma andiamo oltre tecniche e materiali per confrontarci con le “immagini” che ci vengono proposte, rappresentazioni – attingiamo direttamente dal vocabolario - ora di un oggetto o di una figura reali, ora di una visione interiore o di una elaborazione della mente e dello spirito. Così posseggono la stessa valenza espressiva (e spesso anche narrativa) fotografie “classiche” come quelle di Daniele Alessi, capace di leggere oltre l’immediatezza delle figure, o le fotografie trasfigurate mediante una operazione digitale da Marco Besana che rilegge con il colore e con un taglio atipico alcuni monumenti dell’architettura o, ancora, quelle di Angelo Minardi che allunga l’obiettivo al di là dell’apparenza fissando visioni che stanno tra il reale e il fantastico. In questa logica si muove anche Fabrizio Bellanca, che interviene su lastre di acciaio che incide e ritaglia con modalità e rese diverse generando effetti di specchiature e graffiti. Più ampio è lo spettro operativo di Nicoletta Brenna che affronta con serietà la pittura ma non trascura interventi tridimensionali di particolare suggestione. Leggeri, anche se densi di valori narrativi e fondati su una maestria tecnica indiscutibile, sono i lavori di Vito Cimarosti, dove il legno vive di una fluidità inattesa e mima forme organiche in divenire. Enrica Frigerio mimetizza le sue figure in “luoghi” dell’anima, mentre Alberto Bogani agita la sua ricerca pittorica sollecitato dalle parole dell’Apocalisse e immerge la visione dentro i vortici dell’infinito. Dentro filoni diversi si situano Matteo Galvano e Stefano Maesani: il primo elabora figure di animali fantastici partendo da materiali di scarto che assembla e compone secondo una logica sua propria, mentre il secondo sintetizza nell’accumulo organizzato (architettonico, direi) di materiali d’uso comune la sua concezione di rapporto delle forme con lo spazio e nello spazio. Il rapporto con la dimensione spaziale è pure evidente nelle fotografie e nelle incisioni di Simona Muzzeddu, che cerca nelle sequenze fotografiche di dare evidenza alla percezione dell’evolversi del tempo e della visione. Varie le influenze nell’opera di Roberto Parisi, che opera a volte lungo percorsi narrativi molto densi di spunti e occasioni e altre volte con racconti rarefatti di particolare suggestione. Più complicata e dai risvolti psicanalitici evidenti appare l’opera di Alessandra Ronchetti: l’immagine sembra avvilupparsi su se stessa nel tentativo di ricondurre in unità elementi della memoria, dell’attesa, del sogno. Su una linea particolare si pongono le opere di Jo Taiana, dove si assiste al trionfo del segno grafico, che ora si fa pennellata, ora solo definisce un contorno, ora gradua la profondità spaziale, e nell’insieme diventa pittura sicura ed immagine efficace. Altrettanto incisivi sono gli “scatti” pittorici di Stefano Venturini che si sofferma con attenzione sulla frenesia della vita di ogni giorno, riprendendo a pennello con logica fotografica (figure a fuoco, elementi sfocati, evidenze di movimento) la presenza della gente nelle vie della città, mentre più ponderata e volutamente sulle linee di una pittura di tradizione novecentesca si pone l’opera di Aldo Scorza, lenta nella narrazione e attenta a cogliere l’individualità (e, in certi casi, l’universalità) dei suoi personaggi. A concludere la nostra carrellata tra gli artisti di Quartodecimo abbiamo volutamente lasciato Bruno Saba, la cui pittura interseca da sempre visione e realtà, spesso affidando all’astrazione il compito di riassumere e rendere assoluti valori che solo la percezione dell’artista o dell’uomo dallo spirito aperto riesce a percepire.
L’occasione di questo incontro-proposta del gruppo Quartodecimo non è però chiusa in se stessa, ma vuole anche essere un’opportunità per avvicinarsi ad altre esperienze.
Così ecco aggiungersi le “stanze” di due ospiti: l’artista austriaco Mounty R. P. Zentara che presenta delle installazioni luminose tipiche della sua ricerca di indagine e trasformazione espressiva dello spazio e il gruppo comasco OLO creative farm (Mattia Amadori, Andrea Corti e Max de Ponti) che con Omar Dodaro presenta un video in cui protagonista è il tempo che, invisibile ma inesorabile , scandisce ogni attesa.
Il nostro viaggio nei corridoi e nelle stanze della Caserma De Cristoforis si conclude qui, ma certo i visitatori avranno la possibilità di soffermarsi nelle stanze più consone alla propria sensibilità e di approfondire la conoscenza con le opere, liberi sempre di leggere le immagini ben al di là dei significati e dei messaggi che gli artisti vi hanno racchiuso.
Luigi Cavadini
The rooms of art
The rooms of the barracks become, once more, the rooms of art. A pleasant change of purpose which shows a vision of the world that is certainly perceived and lived with great intensity by the artists.
The exhibition that Quartodecimo is proposing this year is well grafted on this reality, gathering the artists in this group into a series of one-man-exhibitions that make the journey through “The rooms of art” extremely varied, considering that the aim is not to create a thematic review but just to document everyone’s contribution in an effective way. This seems to me the value of this group of artists, who desire to urge and favour comparisons, instead of looking for a common line. It is a binding project which by this exhibition reaches the town and encompasses artistic contemporary production, from traditional oil painting brought forward on the thread of a dreamlike abstraction to intervention on steel plate or composition made with recycled materials, and photography which is by now completely acquired by the world of art.
But let us go beyond techniques and materials in order to examine the proposed “images”, representations – we are citing directly from the dictionary – sometimes of a real object or shape, sometimes of an inner vision or of an elaboration of the mind , or of the spirit. So you find the same expressive values (and often narrative ones as well) in “classic” photographs such as Daniele Alessi, who is capable of reading beyond the immediacy of the figures, or in the photographs transformed through a digital intervention by Marco Besana, who rereads with the colour and an atypical framing some architecture monuments, or in those of Angelo Minardi, who extends the objective beyond the appearance and fixes visions placed between reality and fantasy. In this sense Fabrizio Bellanca also engraves and cuts out steel plates with different methods resulting in mirror and graffito effects. Wider is the range of intervention of Nicoletta Brenna who deals seriously with painting without neglecting three-dimensional interventions full of awesomeness. Light, although full of narrative values and well-grounded on an unquestionable skill, are the works of Vito Cimarosti, in which the wood lives on an unexpected fluidity and mimes organic forms in development. Enrica Frigerio camouflages her figures into soul “places”, while Alberto Bogani stirs his pictorial research urged by the words of Apocalypse and plunges the vision into the whirl of the infinite. Matteo Galvano and Stefano Maesani use different styles: the former creates the figures of fantastic animals starting from waste materials which he assembles according to a logic of his own, while the latter synthesizes through the organized (architectural, I dare say) accumulation of common use materials, his concept of the relation of forms with space, and into the space. The relation with the spatial dimension is also evident in the photographs and the engravings of Simona Muzzeddu who tries in her photographic sequences to put in evidence the perception of the development of time and vision. There are various influences in the work of Roberto Parisi who sometimes operates along very dense narrative courses, hints and opportunities, and some other times in subtle tales of peculiar awesomeness. More complicated and with evident psychoanalytic implications is the work of Alessandra Ronchetti : the images appear to wrap themselves up in the attempt to bring to unity elements of memory, wait, dream. On a peculiar line are the works of Jo Taiana in which we can see the triumph of the graphic sign that sometimes becomes brush-stroke, sometimes just defines the outline, sometimes graduates the space depth and as a whole becomes skilful painting and effective image. The pictorial “snapshots” of Stefano Venturini are incisive. He pauses attentively on the frenzy of everyday life, reproducing with the brush in a photographic logic (sharp figures, blurred elements, evidences of movement) the human element in the town’s streets, while more weighed and intentionally on the lines of a twentieth-century tradition is the work of Aldo Scorza, slow in the narration and careful in catching the individuality (and, sometimes, the universality) of his characters. To end our roundup among the artists of Quartodecimo we intentionally left Bruno Saba whose painting has always been intersecting vision and reality, often entrusting to abstraction the duty to sum up and make absolute the values that only the artist’s, or the open spirit man’s, perception succeeds in catching.
The occasion of this meeting-proposal of Quartodecimo’s group however is not closed upon itself, but wishes to be also an opportunity to approach different experiences.
So in addition to this there are the “rooms” of two guests : the Austrian artist Mounty R.P. Zentara who is presenting some light installations typical of his research of investigation and expressive transformation of space, and the Como group OLO creative farm (Mattia Amadori, Andrea Corti and Max de Ponti) who together with Omar Dodaro are presenting a video in which the main character is the time that, invisible but inexorable, is scanning every waiting moment.
Our journey in the corridors and the rooms of De Cristoforis Barracks is ending here, but no doubt the visitors will have the opportunity to pause in the rooms more in harmony with their sensibility and look deeper into the significance of the works, always free to read the images well beyond the meanings and the messages the artists included.
Luigi Cavadini
Le stanze della caserma diventano, un’altra volta ancora, stanze dell’arte. Una felice mutazione che si inserisce in una visione del mondo certo percepita e vissuta dagli artisti con grande intensità.
Ben si innesta in tutto questo la mostra che Quartodecimo propone quest’anno , raccogliendo gli artisti appartenenti al gruppo in una serie di personali che rendono il percorso espositivo estremamente vario, visto che l’intento non è quello di costruire una rassegna tematica quanto di documentare in modo efficace il lavoro e la poetica di ciascuno. E questo mi sembra il pregio di questo gruppo di artisti, che ha l’ambizione di sollecitare e favorire confronti, piuttosto che di cercare una linea comune. Un progetto impegnativo che con questa esposizione approda in città e che spazia in vari ambiti della produzione artistica contemporanea, dalla pittura tradizionale ad olio declinata magari sul filo di una astrazione onirica all’intervento su lastra d’acciaio o alla composizione fatta di oggetti di recupero, fino alla fotografia ormai pienamente acquisita al mondo dell’arte.
Ma andiamo oltre tecniche e materiali per confrontarci con le “immagini” che ci vengono proposte, rappresentazioni – attingiamo direttamente dal vocabolario - ora di un oggetto o di una figura reali, ora di una visione interiore o di una elaborazione della mente e dello spirito. Così posseggono la stessa valenza espressiva (e spesso anche narrativa) fotografie “classiche” come quelle di Daniele Alessi, capace di leggere oltre l’immediatezza delle figure, o le fotografie trasfigurate mediante una operazione digitale da Marco Besana che rilegge con il colore e con un taglio atipico alcuni monumenti dell’architettura o, ancora, quelle di Angelo Minardi che allunga l’obiettivo al di là dell’apparenza fissando visioni che stanno tra il reale e il fantastico. In questa logica si muove anche Fabrizio Bellanca, che interviene su lastre di acciaio che incide e ritaglia con modalità e rese diverse generando effetti di specchiature e graffiti. Più ampio è lo spettro operativo di Nicoletta Brenna che affronta con serietà la pittura ma non trascura interventi tridimensionali di particolare suggestione. Leggeri, anche se densi di valori narrativi e fondati su una maestria tecnica indiscutibile, sono i lavori di Vito Cimarosti, dove il legno vive di una fluidità inattesa e mima forme organiche in divenire. Enrica Frigerio mimetizza le sue figure in “luoghi” dell’anima, mentre Alberto Bogani agita la sua ricerca pittorica sollecitato dalle parole dell’Apocalisse e immerge la visione dentro i vortici dell’infinito. Dentro filoni diversi si situano Matteo Galvano e Stefano Maesani: il primo elabora figure di animali fantastici partendo da materiali di scarto che assembla e compone secondo una logica sua propria, mentre il secondo sintetizza nell’accumulo organizzato (architettonico, direi) di materiali d’uso comune la sua concezione di rapporto delle forme con lo spazio e nello spazio. Il rapporto con la dimensione spaziale è pure evidente nelle fotografie e nelle incisioni di Simona Muzzeddu, che cerca nelle sequenze fotografiche di dare evidenza alla percezione dell’evolversi del tempo e della visione. Varie le influenze nell’opera di Roberto Parisi, che opera a volte lungo percorsi narrativi molto densi di spunti e occasioni e altre volte con racconti rarefatti di particolare suggestione. Più complicata e dai risvolti psicanalitici evidenti appare l’opera di Alessandra Ronchetti: l’immagine sembra avvilupparsi su se stessa nel tentativo di ricondurre in unità elementi della memoria, dell’attesa, del sogno. Su una linea particolare si pongono le opere di Jo Taiana, dove si assiste al trionfo del segno grafico, che ora si fa pennellata, ora solo definisce un contorno, ora gradua la profondità spaziale, e nell’insieme diventa pittura sicura ed immagine efficace. Altrettanto incisivi sono gli “scatti” pittorici di Stefano Venturini che si sofferma con attenzione sulla frenesia della vita di ogni giorno, riprendendo a pennello con logica fotografica (figure a fuoco, elementi sfocati, evidenze di movimento) la presenza della gente nelle vie della città, mentre più ponderata e volutamente sulle linee di una pittura di tradizione novecentesca si pone l’opera di Aldo Scorza, lenta nella narrazione e attenta a cogliere l’individualità (e, in certi casi, l’universalità) dei suoi personaggi. A concludere la nostra carrellata tra gli artisti di Quartodecimo abbiamo volutamente lasciato Bruno Saba, la cui pittura interseca da sempre visione e realtà, spesso affidando all’astrazione il compito di riassumere e rendere assoluti valori che solo la percezione dell’artista o dell’uomo dallo spirito aperto riesce a percepire.
L’occasione di questo incontro-proposta del gruppo Quartodecimo non è però chiusa in se stessa, ma vuole anche essere un’opportunità per avvicinarsi ad altre esperienze.
Così ecco aggiungersi le “stanze” di due ospiti: l’artista austriaco Mounty R. P. Zentara che presenta delle installazioni luminose tipiche della sua ricerca di indagine e trasformazione espressiva dello spazio e il gruppo comasco OLO creative farm (Mattia Amadori, Andrea Corti e Max de Ponti) che con Omar Dodaro presenta un video in cui protagonista è il tempo che, invisibile ma inesorabile , scandisce ogni attesa.
Il nostro viaggio nei corridoi e nelle stanze della Caserma De Cristoforis si conclude qui, ma certo i visitatori avranno la possibilità di soffermarsi nelle stanze più consone alla propria sensibilità e di approfondire la conoscenza con le opere, liberi sempre di leggere le immagini ben al di là dei significati e dei messaggi che gli artisti vi hanno racchiuso.
Luigi Cavadini
The rooms of art
The rooms of the barracks become, once more, the rooms of art. A pleasant change of purpose which shows a vision of the world that is certainly perceived and lived with great intensity by the artists.
The exhibition that Quartodecimo is proposing this year is well grafted on this reality, gathering the artists in this group into a series of one-man-exhibitions that make the journey through “The rooms of art” extremely varied, considering that the aim is not to create a thematic review but just to document everyone’s contribution in an effective way. This seems to me the value of this group of artists, who desire to urge and favour comparisons, instead of looking for a common line. It is a binding project which by this exhibition reaches the town and encompasses artistic contemporary production, from traditional oil painting brought forward on the thread of a dreamlike abstraction to intervention on steel plate or composition made with recycled materials, and photography which is by now completely acquired by the world of art.
But let us go beyond techniques and materials in order to examine the proposed “images”, representations – we are citing directly from the dictionary – sometimes of a real object or shape, sometimes of an inner vision or of an elaboration of the mind , or of the spirit. So you find the same expressive values (and often narrative ones as well) in “classic” photographs such as Daniele Alessi, who is capable of reading beyond the immediacy of the figures, or in the photographs transformed through a digital intervention by Marco Besana, who rereads with the colour and an atypical framing some architecture monuments, or in those of Angelo Minardi, who extends the objective beyond the appearance and fixes visions placed between reality and fantasy. In this sense Fabrizio Bellanca also engraves and cuts out steel plates with different methods resulting in mirror and graffito effects. Wider is the range of intervention of Nicoletta Brenna who deals seriously with painting without neglecting three-dimensional interventions full of awesomeness. Light, although full of narrative values and well-grounded on an unquestionable skill, are the works of Vito Cimarosti, in which the wood lives on an unexpected fluidity and mimes organic forms in development. Enrica Frigerio camouflages her figures into soul “places”, while Alberto Bogani stirs his pictorial research urged by the words of Apocalypse and plunges the vision into the whirl of the infinite. Matteo Galvano and Stefano Maesani use different styles: the former creates the figures of fantastic animals starting from waste materials which he assembles according to a logic of his own, while the latter synthesizes through the organized (architectural, I dare say) accumulation of common use materials, his concept of the relation of forms with space, and into the space. The relation with the spatial dimension is also evident in the photographs and the engravings of Simona Muzzeddu who tries in her photographic sequences to put in evidence the perception of the development of time and vision. There are various influences in the work of Roberto Parisi who sometimes operates along very dense narrative courses, hints and opportunities, and some other times in subtle tales of peculiar awesomeness. More complicated and with evident psychoanalytic implications is the work of Alessandra Ronchetti : the images appear to wrap themselves up in the attempt to bring to unity elements of memory, wait, dream. On a peculiar line are the works of Jo Taiana in which we can see the triumph of the graphic sign that sometimes becomes brush-stroke, sometimes just defines the outline, sometimes graduates the space depth and as a whole becomes skilful painting and effective image. The pictorial “snapshots” of Stefano Venturini are incisive. He pauses attentively on the frenzy of everyday life, reproducing with the brush in a photographic logic (sharp figures, blurred elements, evidences of movement) the human element in the town’s streets, while more weighed and intentionally on the lines of a twentieth-century tradition is the work of Aldo Scorza, slow in the narration and careful in catching the individuality (and, sometimes, the universality) of his characters. To end our roundup among the artists of Quartodecimo we intentionally left Bruno Saba whose painting has always been intersecting vision and reality, often entrusting to abstraction the duty to sum up and make absolute the values that only the artist’s, or the open spirit man’s, perception succeeds in catching.
The occasion of this meeting-proposal of Quartodecimo’s group however is not closed upon itself, but wishes to be also an opportunity to approach different experiences.
So in addition to this there are the “rooms” of two guests : the Austrian artist Mounty R.P. Zentara who is presenting some light installations typical of his research of investigation and expressive transformation of space, and the Como group OLO creative farm (Mattia Amadori, Andrea Corti and Max de Ponti) who together with Omar Dodaro are presenting a video in which the main character is the time that, invisible but inexorable, is scanning every waiting moment.
Our journey in the corridors and the rooms of De Cristoforis Barracks is ending here, but no doubt the visitors will have the opportunity to pause in the rooms more in harmony with their sensibility and look deeper into the significance of the works, always free to read the images well beyond the meanings and the messages the artists included.
Luigi Cavadini
12
giugno 2009
Le stanze dell’arte
Dal 12 giugno al 05 luglio 2009
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
CASERMA DE CRISTOFORIS
Como, Piazzale Monte Santo, 2, (Como)
Como, Piazzale Monte Santo, 2, (Como)
Orario di apertura
martedì/venerdì e domenica dalle 15 alle 19,30; sabato dalle 10 alle 12,30 e dalle 15 alle 19,30
Vernissage
12 Giugno 2009, ore 18
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